Nww list vol. 37. Achim Reichel |
214. Public Image Limited (Gran Bretagna) - Metal box aka Second edition (1979). Già recensito qui.
215. Red Crayola (Stati Uniti) - The parable of arable land (1967). Webbaticy:
“Sono passati 46 anni e il suo ascolto
ancora colpisce; le 6 Free form freak out, frutti di cacofoniche improvvisazioni in libertà con un capannello di
amici, furono quanto di più radicale all'epoca e c'è poco da sorridere sulla
loro naiveté. Ciò che resta impresso nella memoria è ovviamente costituito
dalle canzoni presumibilmente normali, contrassegnate peraltro da un melodismo
e da un dosaggio esponenziale e deviato di psichedelia tipica dell'epoca,
comunque in grado di sballare grazie alle infinite trovate ad effetto, su tutte
Hurricane fighter plane e Pink
stainless tail”.
216. Red Noise (Francia) - Sarcelles-Lochères (1970). Si parte
piano, tra flatulenze di sassofoni, canti da ubriachi, provocazioni concrete;
quindi il disco si assesta a mezzo fra brani jazz e canzoncine scheletriche:
una esitante e variegata propedeutica ai diciotto minuti finali di Sarcelles c’est l’avenir, sorta di
fluviale Sister Ray acida stranita dai fiati e ossessionata dalle
percussioni: un mezzo capolavoro. Da ascoltare. Patrick Vian, voce, chitarra;
Jean-Claude Cenci, voce, flauto, sassofono; Daniel Geoffroy, voce, basso; Philip
Barry, voce, chitarra, batteria
217. Reform Art Unit (Austria) - Reform Art Unit (1975). Introvabili.
218. Steve Reich-Richard Maxfield-Pauline Oliveros (Stati Uniti) - New sounds in electronic music (1967). Tre brani: il primo, di Maxfield (1927-1969), Night music, risale alla fine degli anni
Cinquanta: è una delle testimonianze sonore sopravvissute di uno dei fondatori
della musica elettronica americana; si compone di una serie di effetti prodotti
da un registratore e un oscilloscopio; storico; il secondo, Come out (1966), di Steve Reich (1936), uno dei padri del minimalismo, riafferma l’essenza ciclica della sua estetica: un
frammento discorsivo viene ripetuto indefinitamente sino al proprio
annullamento di senso; il terzo, I of IV (20’45’’),
di Pauline Oliveros (1932), è il capolavoro del terzetto: i ‘segnali’,
variamente ottenuti, costituiscono una foresta sonora inquietante, ricca di
echi e rifrazioni misteriose. Composto presso l’Università di Toronto nel 1966.
Da ascoltare, ovvio.
219. Achim Reichel & Machines (Germania) - Echo
(1972). Un caposaldo della psichedelia europea: cinque lunghe jam in cui ogni
adepto del kraut che si rispetti troverà rispondenze e richiami con i maggiori
attori della produzione tedesca coeva, a partire dagli Amon Düül; si potrebbe
parlare di folk psichedelico (il ‘fondo’ di chitarra acustica, le dilatazioni
sonore, lo sfasamento), ma l’impasto di Reichel è geneticamente diverso dal
consimile genere angloamericano, quello più conosciuto; in Reichel opera,
infatti, una tradizione culturale naturalmente ricca di echi magici: basti
leggere alcune pagine dei romantici tedeschi più obliqui (Hoffmann, ad esempio): qui ogni evento, anche quello apparentemente più innocuo, rimanda a un
sottofondo insondabile, ma vivo, che coincide con l’anima millenaria della
Germania, succube dell’idea del fato e dell’ineluttabile. Ecco perché Scaruffi
può dire, a proposito degli Amon Düül (ma il tutto può estendersi a Reichel): “Il loro sound era ‘gotico’ nel senso più`
autentico (e meno spettacolare) del termine, non per il gusto di evocare
atmosfere terrificanti ma per la natura stessa delle loro radici culturali”.
Da mettere sul piatto subito. Achim Reichel, voce, strumenti vari; Helmut
Franke, chitarra; Norbert Jacobsen, voce, clarinetto; Arthur C. Carstens, arpa;
Jochen Petersen, sassofono; Dicky Tarrach, batteria; Lemmy Lembrecht, batteria,
percussioni; Hans "Flippo" Lampe, percussioni; Kalle Trapp,
percussioni; Rolf Köhler, percussioni; Conny Plank, voce; Klaus Schulze, voce,
Matti Klatt, voce; Frank Dostal, suoni; Pete Becker, suoni.
220 Residents (Stati Uniti) - The third Reich 'n' roll (1976). Circa
trenta hit (anni Sessanta-Settanta) costituiscono i due mostruosi ircocervi del
disco: Swastikas on parade (17’36’’)
e Hitler was a vegetarian (18’33’’). Da
Let’s twist again a To Sir with love, da Hey Jude a In-a-gadda-da-vida, tali punte mainstream del rock sono distorte,
amputate, deformate, giustapposte e, infine, riassemblate in forma di collage;
il risultato esula dalla parodia accattivante, anzi si colora di tinte sinistre
e quasi malsane: l’ascolto è ostico, ma la genialità di alcuni passaggi lo
rende doveroso. Nei bonus prendono per i fondelli Rolling (ancora: la traccia
isolata di Satisfaction) e Bitolz. Ah,
che grandi canaglioni. ?; Honeydew, Pamela Zeibak, voci
221 Catherine Ribeiro + Alpes (Francia) - N°
2 (1970). Patrice Moullet (compositore, inventore di strumenti, attore) e
Catherine Ribeiro (d’origine portoghese, anch’ella attrice: con Godard) sono il
nucleo di tale sottovalutato ensemble in cui il folk (Ballada des aguas, 15 Août
1970) si sposa a brani
psichedelici di rara intensità: Sirba,
dominata dall’organo Farfisa, Silen von
Kathy e i diciotto minuti di Poème
non épique ) sono i vertici sonori, esornati dai vocalizzi della Ribeiro, le cui
inflessioni melodrammatiche, tipiche della chanson transalpina, rilucono di una
certa teatralità ghiacciata alla Nico; è solo una suggestione, però: le ascriviamo la piena originalità. Da
ascoltare. Catherine Ribeiro, voce; Patrice Moullet, voce, chitarra, tastiere; Isaac
Robles Monteiro, chitarra; Pires Moliceiro, chitarra; Denis Cohen, tastiere,
percussioni.
Thankyou, thankyou, for this continuing sequence of wonder. It's truly appreciated.
RispondiEliminaCould you re-up the PiL? That would be a joy. xx
RispondiEliminaQui Darjeeling, il primo LP dei Reform Art Unit : )
RispondiEliminahttp://prettybrian.blogspot.it/2013/11/the-reform-art-unit-featuring-sitar-of.html
Qui tra i commenti c'è il doppio LP, Masters of Unorthodox Jazz + Reform Art Unit: http://inconstantsol.blogspot.it/2010/10/vienna-1970-1-masters-of-unorthodox.html
RispondiEliminaBene, ma non è il disco del 1975.
EliminaA meno che i due compilatori della NWW non si riferissero proprio a tali opere.
Prima o poi staneremo anche quello! : )
EliminaIl sitar di Ram Chandra in Darjeeling regala atmosfere davisiane esotiche e minacciose. Un bel disco.
Il secondo, dalla copertina molto opinabile, lo devo ancora ascoltare.
Many many thanks for the re-up Vlad. What a place this is! Incredible. xx
RispondiEliminaComprendo ora il "da ascoltare subito" di Achim Reichel & Machines
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