martedì 30 ottobre 2012

Erik Satie - The complete piano works vol. 1 (1885-1897)

Incontrai la prima Gnossienne di Erik Satie (1866-1925) nel film di Orson Welles La storia immortale. Colpito dall’ascolto, decisi di compulsare il decimo volume de La storia della musica della Feltrinelli (The new Oxford history of music. The modern age 1890-1960); rilevai questo giudizio: “Fu un eccentrico, un clown intellettuale, un imbroglione e un mistificatore dichiarato – in breve un vero e proprio enfant terrible, che tuttavia sotto la maschera di pagliaccio nascondeva una tenerezza infantile e una sottile malinconia. Per tutta la vita provò un sacro orrore per lo stile accettato dal sistema, che per lui era sinonimo di pedante autoritarismo accademico. Satie quindi aderiva idealmente a quei circoli parigini … in cui si coltivava l’esprit frondeur – l’istintiva ribellione a ogni forma di autoritarismo, tipica dei francesi”. E più avanti: “la musica è piuttosto accademica … semplici linee melodiche …”. Et cetera et cetera. Quest’uomo – pensai – ha peccato come pochi altri. Un altro storico, Armando Gentilucci, in Guida all’ascolto della musica contemporanea: “gli effettivi raggiungimenti artistici [sono] scarsi e i clamori si estinguono prevalentemente nel giro di aspirazioni letterarie, culturalistiche ed estetizzanti”.
Reincontrai la Gnossienne no. 1 in Violent cop di Takeshi Kitano; in Boiling point, dello stesso regista, si reinterpretavano altri temi di Satie. La questione era da approfondire. Effettivamente Satie fu un eccentrico: collezionava ombrelli che teneva secretati in una delle due camere del proprio appartamento, aderì alla setta dei Rosacroce, creò una propria chiesa, s’intabarrava di velluto nero come un diabolista alla Enoch Soames, frequentava music hall come l’ultimo dei bohemien e, sì, pare che al Conservatorio fu  tenuto in poco conto per mancanza di talento. La colpa mi sfuggiva. Intanto accumulai informazioni.
Nel balletto Parade (a cui collaborò assieme a Jean Cocteau e Pablo Picasso) compaiono suoni concreti: macchine da scrivere, bottiglie di latte … Il concretismo, insomma, anticipato di qualche decennio; forse il merito, dice qualcuno, fu di Cocteau, esperto di scandali: chissà. Nel 1893 crea Vexation, trentacinque battute da ripetere 840 volte per un totale di quasi venti ore: la musica minimalista nasce con lui, con qualche decennio d’anticipo. I minimalisti, da Reich a Conrad, gli rendono onore. Ancora: in Le piège de Méduse (1921) egli suona un piano denaturato: un’altra anticipazione, di qualche decennio su Cage. Ancora, a proposito della musica composta per una commedia di Max Jacob rappresentata durante una mostra di pittura: “[La musica] doveva servire da puro sottofondo sonoro  e il compositore si aggirava fra i visitatori incitandoli a discorrere e a non occuparsi di ciò che veniva suonato”. La si chiamò musica da tappezzeria o musica da arredamento (Musique d'ameublement); non si intuisce, da tale spietata definizione, come un preannuncio di musica da aeroporti o da ascensori, di ambient, di Brian Eno? Con qualche decennio d’anticipo, naturalmente, come sempre. Ed è un peccato che, per meri motivi anagrafici, Satie non conoscesse l’elettronica: avremmo avuto qualche anticipazione anche qui. Concretismo, minimalismo, ricerca timbrica, attentato alla tradizione: si è invocato il genio per molto meno. Allora? Quale la colpa? Forse solo una: lo svilimento della musica da arte universale, indipendente, regolata da una tradizione millenaria a musica come accessorio slegata dal mondo tonitruante dell’accademia e accostata al gioco e al cabaret, resa ancella di arti minori, semplificata sino al bozzetto impressionistico, come nella Gymnopedie lent et douloureux, un acquarello autunnale semplice e struggente. Lo scandalo Satie può, infatti, dirsi parallelo a quello degli Impressionisti, che, il 15 Aprile 1874 esposero le loro opere contro l’arte ufficiale del Salon. Anche lì secoli di bottega e di claustrale e gelosa tradizione (preparazione dei fondi, centellinazione degli ingredienti dei medium, studio maniacale della prospettiva e delle proporzioni, macinazione dei colori, velature, stesure grasso su magro …) venivano eluse e preterite a favore d’un idea improvvisa, bruciante; dell’oggettivazione d’uno stato animo ottenuta con pochi colpi di pennello. 
A dirla tutta, son d’accordo con gli scandalizzati. Alfred Eric Leslie Satie, tuttavia, rimane uno snodo fondamentale per la musica moderna. I suoi infantili giochi con gli zolfanelli prefigurano (in qualche caso contribuiscono ad appiccare) gli incendi catastrofici delle avanguardie novecentesche. Basterebbe questa attitudine profetica a renderlo degno del nostro ascolto, del nostro omaggio.

Valse-Ballet Op.62 (1885)
Fantaisie-Valse (1885)
4 Ogives (1886)
Trois Sarabandes (1887)

Trois Gymnopédies (1888)

Gnossiennes (1889-1891)

Première Pensée Rose + Croix (1891)
Le Fils des étoiles (Préludes) (1892)

01 Satie - Valse-Ballet Op 62 (1'45")
02 Satie - Fantaise-Valse (2'20")
03 Satie - 4 Ogives - Les Anges (2'5")
04 Satie - 4 Ogives - Elegie (2'51")
05 Satie - 4 Ogives - Sylvie (2'11")
06 Satie - 4 Ogives - Les Fleurs (3'0")
07 Satie - Trois Sarabandes (11'25")
08 Satie - Trois Gymnopedies - Lent et Douloureux (3'48")
09 Satie - Trois Gymnopedies - Lent et Triste (3'4")
10 Satie - Trois Gymnopedies - Lent et Grave (2'43")
11 Satie - Gnossienne No 5 (2'50")
12 Satie - Gnossienne No 1 (3'51")
13 Satie - Gnossienne No 2 (1'58")
14 Satie - Gnossienne No 3 (2'47")
15 Satie - Gnossienne No 4 (2'46")
16 Satie - Premiere Pensee Rose et Croix (0'58")
17 Satie - Le Fils des Etoiles - Preludes (9'29")

Sonneries de la Rose + Croix (1892)
Quatre Préludes (1892)
Uspud "Ballet Chrétien en 3 Actes" (1892)
Danses Gotiques (Neuvaine pour le plus grand calme et la forte tranquillité de mon âme) (1893)
Prélude de La Porte héroïque du ciel (1894)

01 Satie - Sonneries de la Rose et Croix - Air de l'Ordre (3'44")
02 Satie - Sonneries de la Rose et Croix - Air du Grand Maitre (4'34")
03 Satie - Sonneries de la Rose et Croix - Air du Grand prieur (2'57")
04 Satie - 4 Preludes - Fete donnee par des Chevaliers Normands en l'honneur d'une jeune Demoiselle (3'09")
05 Satie - 4 Preludes - Prelude d'Eginhard (1'56")
06 Satie - 4 Preludes - Premier Prelude du Nazareen (6'30")
07 Satie - 4 Preludes - Deuxieme Prelude du Nazareen (3'39")
08 Satie - Uspud - Ballet Chretien en 3 Actes - Act I (8'3")
09 Satie - Uspud - Ballet Chretien en 3 Actes - Act II (4'55")
10 Satie - Uspud - Ballet Chretien en 3 Actes - Act III (7'10")
11 Satie - Danses Gothiques (10'26")
12 Satie - Prelude de La Porte heroique du ciel (4'23")

Messe des pauvres (1895)
Pages mystiques (1895)
Gnossienne No.6 (1897)
Gnossienne No.7 (1897?)
Danse de travers (1897)
Je te veux (1897)
Caresse (ca. 1897)

01 Satie - Messe des pauvres - Kyrie eleison - Dixit Domine (7'13")
02 Satie - Messe des pauvres - Priere de Orgues (4'27")
03 Satie - Messe des pauvres - Commune qui mundi nefas (2'22")
04 Satie - Messe des pauvres - Chant ecclesiastique - Priere pur les voyageurs (1'39")
05 Satie - Messe des pauvres - Priere pour le salut de mon ame (2'46")
06 Satie - Pages mystiques - I Priere (1'58")
07 Satie - Pages mystiques - II Harmonie 1 (0'48")
08 Satie - Pages mystiques - II Harmonie 2 (1'41")
09 Satie - Pages mystiques - II Harmonie 3 (0'32")
10 Satie - Pages mystiques - III Vexations (22'56")
11 Satie - Gnossienne No 6 (1'9")
12 Satie - Gnossienne No 7 (3'26")
13 Satie - Danse de travers (2'11")
14 Satie - Je te veux (5'18")
15 Satie - Caresse (2'17")


domenica 28 ottobre 2012

G-L-O-R-I-A = Gloria! - Covers 1964-2012 1^ parte/2^ parte



Il 6 Novembre 1964 (cinque mesi dopo The house of the rising sun) usciva il 45 giri Baby please don’t go/Gloria, autori i Them, capitanati dall’ombroso irlandese George Ivan Morrison. Baby please don’t go, lato A, era uno dei numerosi rifacimenti del blues di Big Joe Williams, edito nel 1935 - rifacimenti in cui si cimentarono MC5, Amboy Dukes, Alvin Lee, AC/DC, Doors, oltre a Muddy Waters, John Lee Hooker, Big Bill Broonzy e colleghi. Il lato B, quello che interessa, era Gloria, una canzoncina che originerà a sua volta numerosi rifacimenti; tra gli altri AC/DC (Spektors) e Doors ... Belle le versioni di Hendrix e Johnny Thunders, oltre a quelle, classiche, di Patti Smith e Doors. Sorprendenti, ancora una volta, i Santa Esmeralda. Nessuna ha, però, il potere di contrastare l’originale: Van Morrison (come Robert Wyatt, Grace Slick o Peter Hammill) riesce ad emozionare e commuovere; e non parlo per metafore: dopo il millesimo ascolto di Caravan si ha ancora il groppo in gola.
D
iciassette anni più tardi altri quattro irlandesi pubblicheranno una diversa Gloria, a rendere plastico il disinganno e il riflusso sociale. Gloria in Te, Domine a fronte di un celta lurco e lascivo che attendeva in camera la sua Caitlin, occhi verdi ed efelidi, un bocciuolino di ragazza, circa un metro e sessanta, un po’ larga di fianchi, ma insomma …
La Storia si rivela nei particolari, e il diavolo nei dettagli.

13th Floor Elevators
101’ers
Belles
Bob Breen
Bruce Springsteeen
Chubby & the Dots
David Bowie [Jean Genie-Gloria medley]
Delfini
Doors
Eddie & The Hot Roads
Gandalf Murphy
Glen Baker
Grateful Dead
Jimi Hendrix
Johnny Thunders
Kenny & The Casuals
Kontikis
Los Rockin’ Devils
Nick Cave & The Bad Seeds
Os Aranhas
Patti Smith
Pidzama Porno
Pleazers
Ray Brown & The Whispers
Rick Springfield
Robb London
Santa Esmeralda
Seymour
Shadows of Knight
Simple Minds
Status Quo
Teddy Robin & The Playboys
Them
Tom Petty
Tragically Hip
Van Morrison & Shane McGowan
White Animals

Like to tell ya about my baby
You know she comes around
She about five feet four
A-from her head to the ground
You know she comes around here
At just about midnight
She make ya feel so good, Lord
She make ya feel all right
And her name is G-L-O-R-I
G-L-O-R-I-A (GLORIA)
G-L-O-R-I-A (GLORIA)
I'm gonna shout it all night (GLORIA)
I'm gonna shout it everyday (GLORIA)
Yeah-yeah-yeah-yeah-yeah-yeah
She comes around here
Just about midnight
Ha, she make me feel so good, Lord
I wanna say she make me feel alright
Comes a-walkin' down my street
When she comes to my house
She knocks upon my door
And then she comes in my room
Yeah, an' she make me feel alright
G-L-O-R-I-A (GLORIA)
G-L-O-R-I-A (GLORIA)
I'm gonna shout it all night (GLORIA)
I'm gonna shout it everyday (GLORIA)
Yeah-yeah-yeah-yeah-yeah
Looks so good (GLORIA) alright
Just so good (GLORIA) alright, yeah

 

sabato 27 ottobre 2012

Nurse With Wound list vol. 17 (Luc Ferrari/Fille Qui Mousse/Floh de Cologne/Flying Lizard/Food Brain/Walter Franco)

NWW list vol. 17. Floh de Cologne

96. Luc Ferrari (Francia) - Presque rien (1995; recordings 1967-1989). Luc Ferrari appartiene al filone del concretismo francese assieme ai capifila Pierre Schaeffer e Pierre Henry (vedi le registrazioni su una spiaggia che formano La lever du jour au bord  de la mer), ma egli fu in contatto proficuo anche con Edgard Varèse e con la ‘colonia elettronica’ di Darmstadt. L’edizione di Presque rien qui presentata colleziona pezzi del periodo 1967-1970 (Music promenade e Presque rien n. 1), 1980 (Presque rien n. 2) e del 1989 (Presque rien avec filles).
 
97. Fille Qui Mousse (Francia) - Trixie Stapelton 291. Se taire pour une femme trop belle (1972). Riuniti attorno alla figura di Henri-Jean Enu, giornalista e artista d’avanguardia (‘plasticien’), gli sperimentatori francesi oscillano fra elettroacustica e krautrock d’ascendenza Faust. Henri-Jean Enu, voce; Denis Gheerbrandt, voce; Benjamin Legrand, voce, tastiere; Dominique Lentin, percussioni; Daniel Hoffmann, chitarra; François Guildon, chitarra; Léo Sab, violino.
 
98. Floh de Cologne (Germania) - Geyer-Symphony in Rock-Dur (1974). Formatasi nel 1966 ad opera di un gruppo di studenti anarchici, Floh de Cologne diverrà la formazione principe del cabaret politico tedesco (nella loro produzione spiccano sia Vietnam che Mumien, contro, rispettivamente, l’intervento americano in Asia e il colpo di stato in Cile). I tre brani (7’17’’, 12’56’’, 22’25’’) sono franti in recitativi militanti, marcette sarcastiche, tirate rock, il che rende ragione del termine ‘sinfonia’ adottato. Dick Städtler, voce, chitarra, basso; Theo König, voce, sassofono, clarinetto, armonica; Gerd Wollschon, voce, basso, percussioni; Markus Schmid, voce, chitarra, basso, percussioni; Dieter Klemm, voce, percussioni; Vridolin Enxing, voce, chitarra, tastiere, violoncello; Hans-Jorg "Hansi" Frank, voce, batteria.

99. Flying Lizards (Gran Bretagna) - Flying Lizards (1979). Dopo Grey scale (NWW71), David Cunningham vira verso il pop elettronico, tipico del post-punk dell’epoca, ma ne accentua il lato sperimentale (Events during flood o la versione devoluta di Summertime blues). L’insieme, notevole, è un vaudeville intellettuale alla Bonzo Dog attualizzato dagli effetti elettronici.
David Cunningham; tastiere; Deborah Evans-Stickland, voce; Patti Palladin, voce; Vivien Goldman, voce; David Toop; Steve Beresford; Michael Upton.

100. Food Brain (Giappone) - Bansan (aka Social gathering) (1970). Piacevoli tirate stramentali fra psichedelia e progressive per un supergruppo che pescava da Speed, Glue & Shinki, Golden Cups e Apryl Fool. Shinki Chen, chitarra; Masayoshi Kabe, basso; Hiro Yanagida, tastier; Hiro Tsunoda, batteria.

101. Walter Franco (Brasile) - Ou não (1973). Interessante cantautore fiorito durante il periodo della dittatura militare (1964-1985), in aperto contrasto sia politico che artistico con la tradizione brasiliana. Oltre ad arrangiamenti inconsueti e innovativi, egli aderì alle tematiche della poesia concreta (nata proprio in Brasile alla fine dei Cinquanta) con cui venivano esaltate le caratteristiche sonore della parola (spingendosi sino alla distorsione e allo spasmo) a danno dello stretto significato d’essa (come nel finale di Misturação o in No fundo do poço). Da ascoltare.

giovedì 25 ottobre 2012

Early psychedelia vol. 7 (Shadows of Knight/Music Machine/Seeds/Leaves)

The Seeds

Shadows of Knight (USA, Chicago, Illinois) - Gloria (1966). Psichedelia devota al blues americano e interpretata con piglio britannico. L’esordio è sostenuto dal superclassico Gloria e da altri episodi felici: Oh yeah di McDaniels (a cui avrà dato un orecchio David Bowie per Jean Genie), It always happens that way e Dark side, queste ultime due farina del loro sacco. Nel secondo disco, Back door man, appare una bella cover di Hey Joe. Jim Sohns, voce; Jerry McGeorge, chitarra; George Kelley, Chitarra, armonica; Warren Rogers, basso; Tom Schiffour, batteria. 

Music Machine (USA, San José, California) - (Turn on) The Music Machine (1966). Effimeri, famosi per Talk talk, i Machine dovrebbero venir, in parte, rivalutati almeno per l'energia sottesa ad alcuni brani. Non manca la reinterpretazione di Hey Joe. Sean Bonniwell, voce, chitarra; Mark Landon, chitarra; Doug Rhodes, tastiere; Keith Olsen, basso; Ron Edgar, batteria.

Seeds (USA, Los Angeles, California) - Seeds (1966). Can’t seem to make you mine e l’oscena Pushin’ too hard, il tono jaggeriano del cantante Saxon (Gigi Proietti lo definirebbe: piacionico) e una psichedelia elementare bastarono a creare una sicura leggenda. Difficile dire se furono i tempi del flower power a creare i Seeds o furono questi ultimi, astutamente, a sfruttarne la scia. Il disco, comunque, rimane piacevole. Sky Saxon, voce, basso, armonica; Jan Savage, chitarra; Daryl Hooper, tastiere; Rick Andridge, batteria. 

Leaves (USA, San Fernando Valley, California) - Hey Joe (1966). Cresciuti con il folk elettrico di ascendenza MCGuinn i Leaves basarono le proprie fortune sulla cover (ancora!) di Hey Joe (una delle primissime); tutta l’operina, tuttavia, si fa ancora ascoltare con gusto, specie quando i Nostri allentano le briglie (Back on the Avenue). John Beck, voce, chitarra; Robert Lee Reiner, chitarra; Bobby Arlin, voce, chitarra; Bill Rinehart, voce, chitarra; Jim Pons, voce, basso; Tom Ray, batteria.

martedì 23 ottobre 2012

Musique concrète - L'opera di Pierre Henry vol. 1 (1950-1958) 1^ parte/2^ parte


Allievo di Olivier Messiaen e Nadia Boulanger al Conservatorio di Parigi, Henry, alla fine degli anni Quaranta, passa al Club d’Essay della RTF (Radiodiffusion Télévision Française); qui, in collaborazione con Pierre Schaeffer, per circa dieci anni contribuisce alle prime sperimentazioni e allo sviluppo della musica concreta (ovvero derivata da eventi sonori preesistenti, più o meno denaturati) divenendone uno dei pilastri assieme al più anziano collega e a Bernard Parmegiani.
I suoi massimi capolavori possono situarsi proprio in questo periodo. Tra questi i lavori con Schaeffer (già esaminati: Symphonie pour un homme seul, del 1950, poi rielaborata nel 1953, nel 1956 e, dal solo Henry, nel 1966; L’Orphée, del 1953; quindi La course au kilocycle, 1950, Bidule en ut, 1950, Toute la lyre, 1951, Sahara d'aujourd'hui) e quelli autonomi:
Concerto des ambïguités (1950). I due pianoforti del concerto vengono suonati secondo il capriccio dell’esecutore; il loro suono viene distorto progressivamente, grazie alla denaturazione degli strumenti, o mediante interpolazioni sonore. Già si coglie, tuttavia, a differenza di Schaeffer, rigido archivista, non solo la maggior statura di Henry come compositore, ma il suo congenito rifuggire dall’assoluta casualità donando
agli effetti un’interpretazione, un proprio stile, un’atmosfera (come nella sezione Etendu).
Musique sans titre (1950). I dettami della musica concreta vengono eseguiti scrupolosamente, ma le sei sezione dell’opera confermano uno ‘schema’ creativo.
Le microphone bien temperé (1950-1952) ove si ritrovano field recordings, effetti elettronici e strumenti tradizionali trattati come nel Concerto.
Notevoli, oltre a Le voile d’Orphée, Spatiodynamisme, 1954, Spirale, 1955, Haut-voltage, 1956, e soprattutto Coexistence, del 1958, dove, sempre più, gli esperimenti sonori che rischiavano di rimanere isolate curiosità, tendono a raggrumarsi in unità emozionali, quasi colonne sonore d’un esperienza oltreumana (vedi la sezione Andante, presaga di certa avanguardia ambientale).
Nel 1958 Henry (che aveva già incontrato Edgard Varèse) romperà definitivamente con Pierre Schaeffer: per lui si aprirà un decennio di nuove esperienze che lambiranno persino il rock (come nella collaborazione con gli Spooky Tooth).


Tre nuove proposte (e mezzo): Tachdé/Mount Fuji/Jud Norman/Research Turtles


Tachdé (Portorico) - Deluge (2012). Il gruppo (Marcos Rodriguez, voce, chitarra; Fernando Samalot, voce, chitarra; Pachy García, voce, tastiere, basso; Daniel Sierra, voce, batteria) proclama varie influenze (Einstürzende Neubauten, This Heat, Swans, Nick Drake, Suicide), abbastanza eterogenee, ma l'ascolto parla di uno stile compatto e già ben definito, un post-rock abile a costruire atmosfere dai tratti apocalittici (Fukushima, Wind). Per maggiori informazioni visitate il loro sito.

Mount Fuji (Germania, Lipsia) - Mount Fuji (2012). Gruppo metal strutturato secondo il canonico chitarra, basso, batteria; ritmi marziali e un buon coraggio nello spingersi verso terreni impervi e più impegnativi (le lunghe Simple depression guide e Zehn). Qui il loro sito dove è possibile scaricare gratuitamente il disco (free download).

Jud Norman (USA, Louisiana) - Baby step (2012). Il bassista e cantante dei Research Turtles non si allontana troppo dal sentiero tracciato col gruppo. Le arie sono più rilassate e morbide, ma quando il ritmo si vivacizza (ad esempio in She got something) riaffiora il latente power pop di fondo. Bella l'eponima Baby step e l'omaggio ad Alison Mosshart, cantante di Kills e Dead Weather. Per scaricare gratuitamente qui.

Research Turtles (Usa, Louisiana) - Mankiller [part 2] (2012). La prima parte, già recensita, viene confermata dal secondo episodio. Freschezza e felici intuizioni melodiche ancora una volta i punti di forza del quartetto (sentite The fancy). La loro intera discografia si può scaricare da qui (free download).