mercoledì 31 luglio 2013

Sisters of Mercy - EP/singles/rarities/demos/promos 1980-1992 1^ parte/2^ parte/3^ parte

Quando, nel 1985, uscì First and last and always parecchi di noi si entusiasmarono parecchio. Nessuno poteva sapere che i Nostri operavano dal 1980 circa e che la prima opera lunga non era che la compilazione di singoli, EP e raffinamenti portati avanti da cinque anni.
Fino al 1987 (con la recrudescenza del 1992 quando uscì l'immortale versione di Temple of love con Ofra Haza) essi rappresentarono la corrente post punk (lato oscuro) più gettonata presso le latitudini romane. Se la coldwave francese risentiva di certi languori e liquidità  proprie di quelle regioni (una sorta di detumescenza decadente che seguiva, necessariamente, l'epoca del punk), il dark dei Sisters of Mercy aveva il pregio di arricchirsi progressivamente dei ritmi martellati di certa elettronica new wave e fonderla con un melodismo ballabile e travolgente. Da questo punto di vista This corrosion, assieme a Temple of love, sono i loro capolavori indiscussi.
Non li sentivo da almeno vent'anni. Come scrisse Italo Calvino*… ci dovrebbe essere un tempo nella vita adulta dedicato a rivisitare le letture più importanti della gioventù. Se i libri sono rimasti gli stessi (ma anch'essi cambiano, nella luce d'una prospettiva storica mutata) noi siamo certamente cambiati, e l'incontro è un avvenimento del tutto nuovo”. 
Certo, come spiegato, gioca anche un fattore nostalgia, ma rileggere e ri-giudicare si rende necessario. I Sisters sopportano bene la rilettura: i due brani anzidetti, Lucretia, my reflectionWalk awayDominionMarian sono davvero capisaldi dell'immaginario anni Ottanta (quello giusto).
La raccolta presentata ha il pregio di collezionare tutti i classici e di introdurre alla loro produzione marginale e sottovalutata.

* Italo Calvino, Italiani, vi esorto ai classici, L'Espresso, 28 Giugno 1981.

(1980) Damage done
(1981) Floorshow
(1983) Alice
(1983) - Anaconda (EP)
(1983) Temple of love
(1983) The reptile house (EP)
(1984) Body and soul
(1984) Emma Ghostrider live (mini-CD)
(1984) Walk away
(1985) No time to cry
(1985) Sins & secrets (demos)
(1987) This corrosion (EP)
(1987a) More
(1988) Dominion
(1988) Lucretia my reflection
(1992) Temple of love
(1980-198?) Rarities

domenica 28 luglio 2013

Hawkwind - Warrior on the edge of time (1975; Paganesimo Elettrico nr. 1)


Può darsi che qualcuno di voi abbia già scorso uno dei paganesimi elettrici di Evil Monkey, amministratore del blog omonimo. Già online, ora sono fruibili in un agile volumetto provvisto di introduzione chiarificatrice.
Anzitutto una breve definizione di paganesimo elettrico: esso è una nuova forma di recensione. Stanco dei consueti e snervanti giri di parole, Evil cerca di vivificare, in modo assolutamente nuovo, la consunta arte dell’elogio (o della stroncatura) musicale. In che modo? “Non si è rinunciato ai dischi preferiti …” scrive “ma si è cercato di collocarli, ricontestualizzandoli per semplici associazioni di idee, in una prospettiva ... letteraria tutta differente. Ne sono così risultate recensioni romanzate, o meglio romanzesche … che inseriscono un gruppo rock, un suo album, la sua storia, in uno scenario spazio temporale completamente differente”.
Ogni paganesimo ha un album di riferimento ed è connesso ad altri dischi a latere. Facciamo un esempio: La battaglia di Deorham, primo Paganesimo, trae ispirazione e suggestione dall’omonimo disco degli High Tide ed è ambientato, appunto, al tempo della battaglia di Deorham o Dyrham combattuta nel 577 fra  i Britanni e i Sassoni, che, vincitori, occuparono Gloucester, Bath (la romana Aquae Sulis) e Cirencester (Corinium); a margine di questo corpo centrale abbiamo altri ammicchi musicali: Misunderstood, Third Ear Band, Wishbone Ash, Juicy Lucy, Hawkwind.
E perché proprio tali collocazioni temporali pagane (anche gli altri scritti evocano epoche astoriche e leggendarie)? “Il paganesimo” afferma Evil “qualunque paganesimo … rappresenta la resistenza, l’alternativa all’egemonia del pensiero dominante … proponendo un nuovo orizzonte culturale, una diversa visione del mondo e delle sue leggi …”. In questo il Nostro è in buona compagnia: anche Nietzsche nell’Anticristo si lamentava: “Quasi due millenni e non un solo nuovo Dio!”. Il monoteismo, insomma, liquidando definitivamente le antiche divinità, e asservendosi alla metafisica greca, ha progressivamente soppresso qualsiasi vitalità creatrice. Nessun dio ci sussurra più nelle foreste e presso le fonti; i templi da cui vociferava la Pizia vanno in rovina; ogni preghiera esce già disseccata da cuori indifferenti. Il paganesimo, quindi, come il politeismo ancora superstite (degli aborigeni australiani, delle popolazioni native di tutti i continenti), oltre a servire da avamposto per la battaglia contro l’omologazione del Nuovo Potere pubblicitario e turbo capitalista, è IL rifugio, necessario, per qualsiasi artista che voglia trovare sacche creatrici ancora incontaminate.
Il mio post sulla Third Ear Band e la serie della musica popolare ispirata dalle riflessioni di Pasolini vanno in tale direzione (e sono il motivo principale per cui questo blog “refuses to die”).
Ancora qualche parola sul destino della recensione che Evil analizza nell’introduzione. Egli parte da una triplice considerazione: 
1. I blog, quasi tutti, esauriscono il proprio compito nell’esaltare il proprio corredo di album favoriti. Ne nasce, per ciò stesso, un florilegio di glorificazioni spesso grottesche (si suona la tromba per gruppetti progressive italiani che suonavano nel tinello o per formazioni di quart’ordine pompate in ragione della loro emarginazione o di una storia artistica bislacca). 
2. Ha ancora senso, nel 2013, quando un album si può scaricare comodamente a casa, a costo zero, recensire un disco? In altre parole è utile scrivere di rock quando l'utente medio ragiona in tal modo: mi scarico il disco, se mi piace bene, lo masterizzo, altrimenti, con un colpetto di mouse cestino quegli MP3 importuni, e sotto con il prossimo, ci metto un attimo, non ho bisogno del tuo giudizio, ragazzo.
3. Qualcuno ascolta ancora album nella propria interezza? O piuttosto crea le proprie playlist personali, ignorando la filologia delle discografie, ben impilate per autore e anno? 
Da tali riflessioni Evil parte per organizzare la nuova arte della recensione, che abbiamo prima esposto.
Con tali riflessioni sono, tuttavia, solo in parte d’accordo. Risponderò con una triplice difesa della funzione del blogger (e delle riviste musicali: di quelle più avvertite).
1bis. Il mercato è in continua espansione. C’è bisogno di scrematura. Non solo rispetto al futuro, ma, ancor di più, verso il passato. Il problema è proprio l’enorme disponibilità venutasi a creare con il web. Fino a metà degli anni Novanta quanti album si riusciva ad ascoltare nella propria vita? Cinquecento? Sempre i soliti, comunque. Nel migliore dei casi Led Zeppelin, Beatles, Rolling Stones, Hendrix, Neil Young, Pink Floyd, progressive, metal, californiana et cetera. Alcuni di noi si spingevano verso Zappa e Beefheart, ma già Fowley, Fugs, Third Ear Band, Pere Ubu, Faust, Klaus Schulze rimanevano, in media, puri nomi. Quando si parlava fra di noi i gruppi e gli autori che emergevano erano i soliti. L’ostacolo era non solo il prezzo, ma l’effettiva disponibilità dei titoli e, soprattutto, la mancanza di testi che ragionassero della totalità della musica prodotta: veniva impedita alla fonte una considerazione estetica generale e definitiva della musica rock prodotta sin lì. Con gravi omissioni e sopravvalutazioni. Ora è tutto cambiato: siamo stati letteralmente alluvionati da decine di migliaia di nuove opere; quelle nuove e soprattutto quelle più risalenti (che ignoravamo del tutto). Si rende necessaria, quindi, una quadrata legione di filologi, filosofi e gente dallo stomaco di ferro che ascolti TUTTO e decida LE NUOVE GERARCHIE sonore. C’è gente che ascolta cento dischi in tutta la vita: a sedici anni canticchia Hey Jude, a cinquanta si ritrova sulla spiaggia a tentare Hey Jude con Eko acustica di ordinanza (è successo a me: ai primi accordi mi è preso un moto di nervosismo che è sfociato in una bella litigata: “Ancora con questa cazzo di Hey Jude!”; donne imbarazzate, atmosfera serotina irrimediabilmente rovinata; scandalo e disdoro sulla protervia di Tepes). Il primo a provvedere un solido grimaldello per scassinare le graduatorie acquisite fu Piero Scaruffi, comunque lo si voglia giudicare. Di Scaruffi spero ne nascano a centinaia. Il suo cappello alla recensione (piuttosto liquidatoria) della discografia dei Beatles è un classico del nuovo atteggiamento, che approvo in pieno e spero dilaghi. Per questo motivo nel mio blog ho spesso infierito sui Led Zeppelin, nel post sui loro plagi o in quello sugli AC/DC: non perché li ritenga degli untorelli (anzi mi piacciono), ma in odio al giudizio cristallizzato e imbozzolato su di loro (il feticcio Stairway to heaven! Non provate accordi con la EKO quando ci sono io o ve la sfascio sulla zucca). La tradizione belante e incondizionatamente positiva sui Led Zeppelin (fasulla, poiché si basa su dati incompleti) blocca la ricerca filologica su altri, numerosi gruppi hard rock, seppelliti nelle pieghe del tempo e dell’anonimato, meritevoli di ascolto o addirittura, in qualche caso, meritevoli di figurare più in alto degli inglesi nella considerazione storica (per questo ho ideato la serie Fools, villains oppure Early British punk: non si può passare la vita a sentire solo Never mind the bollocks). Questo ci porta a:
2bis. la recensione serve perché rende chiaro il passato, allarga la conoscenza e rende scettici e sanamente irriguardosi riguardo il marketing pubblicitario delle case discografiche. Bene, mi vuoi rifilare i Puddle of Mudd o Limp Bizkit o l’ultima frattaglia dei Queen o Vasco Rossi come il top? Ma ho già ascoltato Melvins, Germs, o la discografia sotterranea dei Type 0 Negative o Claudio Lolli: cosa vuoi che me freghi di queste rock ‘n’ roll swindles? Mi pigli per i fondelli, maledetto venduto?
Ancora: il blogger ha, a sua disposizione, per affermare tale visione del mondo anche la recensione silente: su ciò che si aborre e di cui ci si vuole liberare (o vendicare) deve calare un silenzio chiarificatore. Vedrete mai un mio post sui Queen? Ne dubito. Gianfranco Contini ignorò del tutto Elsa Morante. Scandalo! Ma Contini aveva una propria idea di letteratura e la Morante non gli sfagiolava. Che protestassero pure i puri di cuore. Il silenzio è la migliore stroncatura. Bisogna diventare irriverenti, profanare le chiese pubblicitarie, azzannare le gole mainstream, officiare maledizioni nell'oscurità, inscenare guerriglie impopolari, mozzare le mani al giudizio acquisito, annientare le cittadelle del luogo comune: Rolling Stone, XL e pattume simile.
3bis. La credibilità del blogger: se Webbaticy (ma potrebbe essere La Scighera o altri che trovate nel blogroll) mi fa una recensione positiva e invitante dello sconosciuto Daniele Patucchi, mi tocca scaricarlo e andarlo a sentire. Perché Webbaticy ascolta migliaia di dischi, seleziona, ridimensiona (vedi, da ultimo, i Pavement), ricerca, risente, insiste; non guadagna niente da tale attività (anzi), non ha pregiudizi, ma solo una visione estetica derivata da una vita dedicata al rock; possiede, quindi, una propria credibilità: se mi dice che Patucchi è da sentire lo prendo sul serio; se Rolling Stone assegna cinque stellette a Tizio o Caio mi faccio una risata (potrei aver torto in qualche caso, ma, per la legge dei grandi numeri, quasi mai).
Insomma le recensioni sono ancora necessarie. Adesso molto più di prima. E basta delegare il proprio gusto agli altri. I maestri servono come necessaria prima guida, poi ognuno dovrà diventare un esploratore sonoro e il proprio Greil Marcus.

giovedì 25 luglio 2013

Kim Fowley - Outrageous (1968)/Good clean fun (1968)


Personaggio al limite; non solo perché bislacco e oltraggioso, e attratto irresistibilmente (lui, di buona famiglia) dai fenomeni più alternativi e quasi baracconeschi della musica leggera, ma per la presenza costante, lungo il mezzo secolo di carriera, al limitare della fama. Kim Fowley c'é: come produttore di complessini inizio Sessanta, mentore delle proto-riot grrls Runaways, incoraggiatore dei Soft Machine, officiante in studio di registrazione assieme a Frank Zappa in Freak out!; c'é con Gene Vincent, i Byrds, Jonathan Richman and The Modern Lovers. Produttore, autore. C'è con Kris Kristofferson, ma anche con Leon Russell e, incredibile, con maestri del bon ton come Alice Cooper e Kiss. 
Kim Fowley gira attorno a fenomeni da milioni di copie, ma non lo conosce nessuno, o quasi.
In anticipo su tutto? Forse, ma soprattutto autore indefinibile, sorta di creatore di un vaudeville eterogeneo, in cui il guitto sul palco rimane lo stesso durante ogni canzoncina: egli offende, rutta (su Animal man: "I'm vulgar" e Barefoot country boy), bestemmia, si lamenta, ammicca lascivo, fa versacci, ansima, dà in escandescenze orgasmiche, se la ride di gusto e sinceramente.
Animal man è, ovviamente, un capolavoro di questa tendenza al garage sbalestrato: chissà se l'aveva presente Zappa con Dinah Moe Humm. Probabilmente no, ma insomma ... 
Wildfire, Nightrider, Up sono le altre tappe istrionesche di un genio a metà. Nella prima registrazione, però, incontrollata, sorgiva e selvatica, un genio a metà assolutamente memorabile.

lunedì 22 luglio 2013

Epic live performances vol. 3 (scelte da Webbaticy, again)


Beach House - Holy dances (from live 2008-04-28 Juan's Basement)
Cure - Forever (from Curiosity, live 1977-1984)
Cure - The drowning man (from Peel sessions 1981)
Peter Hammill - Peel session 1974-08-19
Peter Hammill - My Room (from Typical 1999)
Led Zeppelin - Since I've been loving you (from BBC Sessions 1971)
Magazine - The light pours out of me (from Play, 1980)
Pink Floyd - Cymbaline (from 8th Rd from the moon, 1969)
Soft Machine - Moon in June (from The Peel sessions 1967-71)
Talk Talk - Tomorrow started (from live in London, 1986)
Van der Graaf Generator - Black room (from Time vaults 1972-75)

domenica 21 luglio 2013

Alcune nuove proposte (mnttaB/Peopling/[ówt krì]/17 Pygmies/Vanity)


mnttaB. Nuovo album, Welcome to my planet, dear. Si può ascoltare qui.



Peopling. Nuova registrazione, Bulbout. Elettronica sperimentale, da Brooklyn. Pagina Facebook; pagina twitter.


[ówt krì]. Nuovo album, The new seed. [ówt krì] è un artista finlandese: alcune informazioni su di lui e sulla registrazione; il download può effettuarsi qui
Experimental/ambient/drone/industrial. "I feel like an outcast of this world, gazing upon reality through the eyes of an outsider. I monitor and record happenings that the zombies of society cannot fathom. My mind picks up signals from the ever changing environment and molds them into new shapes that fill my mind with neon colors that glow like decorations of a whorehouse. Life begins it's course through a deep gray mist when I sit down to hammer on the plastic keys of my keyboard or caress the cold metal strings of my guitar. My documentations of happenings and events bloat and lose perspective and form. My thoughts become abstracts like paintings of Rothko. I am just a vessel for these alternate realities to emerge. I have been [ówt krì] since late 2005 and for equally long, [ówt krì] has been ‘me’. Since then I have had the courage to cast of convention and dwell inside sound, making it my playground. Inspiration lies in everything around me. Every word and sound I hear, every picture I see and every path I take. Each experience in life leads to an experiment in art".


17 Pygmies. Per il trentesimo anniversario della formazione (costola dei californiani Savage Republic), quella di Jedda by the sea, un nuovo lavoro, Isabel. Per informazioni cliccare qui. Il loro account Facebook funge da sito ufficiale.



Vanity. Band toscana. Qui due loro video, tratti dall'album Occult youSleeping tears e Pagan hearts
"Un videoclip che si fa spazio tra scontro epico, pellegrinaggio esoterico e terribili rivelazioni. Se le dissolvenze e le ombre di Under black ice, primo videoclip di Vanity, rappresentavano l'inconscio, il sogno (o l'incubo) dell'avvento della catastrofe, in Pagans (in cui ritroviamo la porta nera) la narrazione si sposta sul piano del reale. Pagans è stato girato interamente in Toscana, tra la casa di N, frontman della band, e le ambientazioni circostanti. La natura Toscana sinonimo di idilli pastorali, qui si trasforma in elemento avverso e solennemente liturgico".
Per informazioni

venerdì 19 luglio 2013

Joy Division - Les Bains Douches, live 18 December 1979 (2001)/Preston, live 28 February 1980 (1999)


Cosa incide nella valutazione di un disco, di un'epoca? Riusciamo, insomma, ad essere freddi giudici e a mantenere altero il nostro sguardo su ciò che ha segnato l'età più indimenticabile della vita?
Probabilmente no. A tenerci in scacco sono principalmente due fattori.
La nostalgia, ovviamente, quel filo sottile che riannoda alcuni ascolti a vicende piacevoli o amori che, nel ricordo, ancora possono struggerci. E l'imprinting, ossia quel fenomeno per cui dischi tutto sommato secondari ancora si fanno spazio ostinatamente nella mente solo perché gustati in un momento in cui tutto ci pareva nuovo, e la musica cominciava ad aprirsi nelle sue mille possibilità. Per tacere della nostalgia a latere, quella del collezionista, che ci induce ad amare, che so, i Big Country solo perché trovati a metà prezzo in qualche bottega ora defunta (e le stesse argomentazioni valgono anche per il vestimento dei dischi: come non godersi, a distanza di anni, Lotus di Santana, quel triplo vinile dai colori psichedelici che si apriva come un codice?).
Un buon avvocato difensore potrebbe, tuttavia, invocare opposte considerazioni: non è che questi dischi, poiché ascoltati in tempi in cui si ignorava la gigantesca totalità dell'ascoltabile, sono stati trascurati e sottovalutati?
Non è che si è un po' snobbati Rolling Stones e Deep Purple solo perché li si passava incisi sulle BASF 90 minuti, nel registratore anni Settanta, quando ci spuntavano i primi peli?
Ascoltare è bene, ma più importante è riascoltare. Qualcuno dei vecchi leoni non reggerà il riesame, qualcuno ci risulterà ingenuo o indifferente, altri ci sorprenderanno guadagnandosi, magari, qualche lode in più.
I Joy Division sicuramente reggono il riascolto, anzi i loro difetti,  in questi due live ufficiali, fra stecche e attacchi a vanvera, li rendono ancor più grandi a distanza di trentatré anni. 33. Si invecchia, ragazzi.

martedì 16 luglio 2013

Epic live performances vol. 2 (Scelte da Webbaticy)


Una prima parte di performance musicali memorabili selezionate dal blogger Webbaticy


American Music Club - Patriot's heart (from A toast to you, 2005)
Arab Strap - Girls of summer (from Mad for sadness, 1999)
Black Sabbath - Snowblind (from Live at last, 1980)
Tim Buckley - Troubador (from Dream letter, 1968)
Colosseum - Lost Angeles (Live 1971)
Genesis - The light dies down on Broadway (Live London, 1975)
Idaho - Here to go (from People like us should be stopped vol. 1, 2000)
Mogwai - Like Herod (from Government commissions, 2005)
Pink Floyd - A saucerful of secrets (from Ummagumma, 1969)
Soft Machine - Noisette/Backwards (from Noisette, 1970)
Thin White Rope - Some velvet morning (from The one that got away, 1992)
Neil Young - Rockin' in a free world (live Weld 1991)


sabato 13 luglio 2013

Q: Are we not men? A: We are Devo! (1978)/Duty now for the future (1979)/New traditionalists (1981)


Jerry e Bob Casale, Mark e Bob Mothersbaugh ed Alan Myers, i cinque buffoni coi vasi da fiori in testa, avevano visto giusto. Più di trent'anni fa. L'umanità ha ormai raggiunto il suo apice e sta imboccando la discesa a velocità impazzita. A dir la verità non si riesce a stabilire quando questo presunto climax sia stato raggiunto, ma una cosa è sicura: siamo nella parte destra della parabola; e ci piace stare lì evidentemente.
L'altro giorno, con i miei propri occhi, ho scorto il segno inequivocabile dell'apocalisse: nella metro è comparsa la pubblicità di un marchio di sigarette elettroniche. A sinistra l'ammicco sessuale (due belle labbra sensuali), a destra, per invogliare economicamente il consumatore già stuzzicato sessualmente, queste sei parole: "I primi 3 mesi svapi gratis". Ragazzi, questo è un proclama scritto da Azathoth in persona. Come si possa infarcire una frase di sei parole (ed una è un articolo!) con un avverbio latino, un numero arabo e un vero neologismo da cretinismo devolutivo è un mistero solo per chi non riesce a scorgere il doppio fondo dei fenomeni sociali. Avevano ragione i Devo; e pure Jonathan Swift che delinea un futuro in cui i cavalli (gli Houyhnhnms), nobili e bennati, dominano su un'umanità (gli Yahoos) regredita allo stato ferino: "Essi avevano una lunga capigliatura ricadente sulla fronte e sul collo; e codesta chioma era liscia in certuni, riccioluta in certi altri. Avevano il petto, il dorso e le gambe anteriori coperte di fitto pelo, e una barba da caproni al mento; ma tutto il resto del loro corpo non aveva ombra di pelo, tranne una lunga stria lungo il dorso: la loro pelle era d'un bruno giallastro. Non avevano coda, e il didietro era senza pelo fuorché intorno all'ano: probabilmente per proteggere codesta parte quando stavano seduti, perché questa era la loro posizione prediletta, sebbene stessero anche sdraiati o ritti sulle zampe posteriori. Agili come scoiattoli s'arrampicavano, saltavano e camminavano sui rami degli alberi, aiutandosi con le unghie lunghissime e ricurve che guarnivano tutte e quattro le loro estremità. Le femmine erano un po' più piccole dei maschi, avevano il volto senza pelo, lunghissimi e lisci capelli e il corpo non era affatto peloso, fuorché intorno all'ano e sulle pudenda; fra le loro zampe davanti penzolavano le mammelle, che spesso, nel camminare ch'esse facevano, toccavano in terra. Il pelame, poi, di tutti codesti esseri era dei più svariati colori: bruno, rosso, nero e giallo". 
Not with a bang, but a whimper ...

mercoledì 10 luglio 2013

Early British punk from A to Z vol. 11 (Joe Cool & The Killers/Johnny Moped/Johnny & The Self Abusers/Jolt/K9's/Killjoys/Last Words/Le Ritz)

Johnny & The Self Abusers

Joe Cool & The Killers (Brighton) - Killer (1978). Joe Cool, voce; Souchart; Slitz McDangle; Mike Malice.

Johnny Moped (Londra) - Cycledelic (1978). Johnny Moped, voce; Slimey Toad, chitarra; Fred Berk, basso; Dave Berk, batteria.

Johnny & The Self Abusers (Glasgow) - Johnny & The Self Abusers. 1^ formazione: Alan Neetsheke, voce; Charlie Argue, chitarra; Johnnie Plague, chitarra; Sid Syphilis, chitarra; Tony Donald, basso; Pripton Weird (Jim Kerr), tastiere; Brian McGee, batteria. 2^ formazione: Jim Kerr, voce, tastiere; John Milarky, voce, chitarra, sassofono; Charlie Burchill, chitarra, violino; Alan McNeil, chitarra; Tony Donald, basso;     Brian McGee, batteria.

Jolt (Wishaw/Shotts) - All I can do/You’re cold (1977; 7’’). Robert Collins, voce, chitarra; Doak, voce, basso; Ian Shedden, batteria.

K9’s (Glasgow) - The k9 hassle (1979; 7’’). Rick Dellar, voce; Greg Muden, chitarra; Ian Sprogg Aird, basso; Kev Drain, batteria.

Killjoys (Birmingham) - Johnny won’t get to heaven (1977; 7’’). Kevin Rowland, voce; Heather Tonge, voce; Mark Phillips, chitarra;  Ghislaine Weston (aka Gem), basso; Lee Burton (aka Joe 45), batteria.

Last Words (Sidney/Londra) - Animal world/No music in the world today (1979; 7’’). Malcolm Baxter, voce; Andy Groome, chitarra; Ricky Leigh Kendall, basso; John Gunn, batteria.

Lazers (Bracknell). Gary Miller, voce; Paul, chitarra; Maggie, basso; John Cozie Coit, batteria. Introvabili.

Le Ritz (Leominster) - Hey punker/What a sucker (1977; 7’’). Steve Minight, voce; Chuck Key, chitarra; Buss White, chitarra; Bernie Bolt, tastiere; Dick Tater, basso; Lofty Brooks, batteria.


sabato 6 luglio 2013

Early psychedelia vol. 13 (Finchley Boys/Haunted/Litter)

Finchley Boys
Indice generale/General index

Finchley Boys (USA, Chicago, Illinois) - Everlasting tribute (1972; recordings 1968-1969). Tinteggiature psichedeliche (bella Swelling waters) su una solida base hard blues e garage sostenuta dalla chitarra dell’oriundo olandese Oostdyck (Outcast, Hooked). Da risentire e rivalutare. George Faher, voce, armonica; Garrett Oostdyck, chitarra; Tabe, basso; J. Michael Powers, percussioni.

Haunted (Canada, Montreal) - The Haunted (1967). Altro gruppo parecchio sottovalutato. Notevoli ammicchi al suono rock melodico britannico (Who, Them e compagnia), ma le partiture originali (1-2-5, Horror show) e le suggestioni dylaniane (Untie me) delineano un quadro generale inaspettatamente all’altezza dei gruppi migliori. John Monk, voce; Jurgen Peter, chitarra; Al Birmingham, voce, chitarra; Bob Bozak, basso; Nick Farlowe, batteria.

Litter (USA, Minneapolis, Minnesota) - 100 $ fine (1968). Psichedelia virata verso il rock più roccioso della sponda d’oltreoceano e alleggerita da tocchi beat. Non mancano tentativi arditi di smagliare il tessuto musicale consueto (Apologies to 2069 e la versione da nove minuti di She’s not there, degli Zombies). Da sentire. Dan Rinaldi, voce, chitarra; Danny Waite, voce, tastiere; Tom ‘Zippy’ Caplan, chitarra; Jim Kane, basso; Tom Murray, batteria.

mercoledì 3 luglio 2013

Type O Negative - Bloody kisses (1993)/The best of Type O Negative (2006)


E se il lato migliore dei Type O Negative (da New York: Kenny Hickey, chitarra; Peter 'Steele' Ratajczyk, voce, basso; Josh Silver, tastiere; Sal Abruscato, batteria, sostituito, nel 1994, da Johnny Kelly) consistesse in una resa? Dopo l'esperienza con i Fallout e i fasti brutali dei Carnivore (con sublimi follie a metà fra l'Aryan Nations e l'eccezionalismo della destra americana: Male supremacy, Hitler Jesus, Armageddon, Sex and violence), Steele inaugura i Type O Negative con Slow, deep and hard; il disco, un repertorio di spunti per incubi (per dirla con Conrad), è davvero una delle pietre miliari del metal degli anni Novanta, in equilibrio fra psicopatia, potenza strumentale e il tappeto tastieristico; tutto questo al netto di alcune madornali scivolate nel kitsch più turgido (lamenti di dannati, torture assortite, rumor cruento di motoseghe, dichiarazioni omicidiali da cornuto), quell'impasto di puerilità e ferocia che, alla lunga, ha schiantato diversi sacerdoti metallici. Non che il kitsch non possieda un certo fascino, ma solo se preso a piccole dosi omeopatiche, per sanamente ingaglioffirsi, come usava fare un nostro antenato comune, Niccolò Machiavelli.
Bloody kisses già derubrica con cautela quegli assalti sonori: Black no. 1, Christian woman, la traccia eponima, Blood and fire sono i brani in cui le melodie si coloriscono, arricchendosi, di toni chiaroscurali e gotici (solo il frontismo di Kill all the white people rievoca gli antichi ardori nichilisti e fascisti; nonché alcuni brevi ed evitabili siparietti grand guignol).
I successivi lavori proseguiranno su tale falsariga. Ormai i Type O Negative navigano in pieno stile Sisters of Mercy grazie anche all'interpretazione catacombale di Steele; la facilità AOR tende agguati mortali, ma prima di caderne vittima i Nostri riescono a donarci, fra le altre cose, Everyone I love is deadToo late frozen e, soprattutto Love you to death, dove la magniloquenza della ritmica e delle tastiere entrano in simbiosi perfetta con un sorprendente afflato romantico.
Un piccolo capolavoro autunnale, sospeso (come sempre) fra Amore e Morte.