mercoledì 21 novembre 2012

Copy, paste & enjoy! - £ed Zeppe£in 1^ parte/2^ parte


I poeti immaturi imitano; i maturi rubano” sentenziò Thomas Stearns Eliot. Siam d’accordo con l’autore di The waste land che, riguardo ai furti, era un artista. Tale capolavoro, The waste land appunto, è un collage di citazioni (Dante, ad esempio), allusioni (ai miti della fertilità trattati dalla Weston e da Frazer), prese di possesso di interi versi (Spenser, ad esempio) e di intere stanze poetiche (dalla moglie), nonché di eleganti appropriazioni dal poema del contemporaneo Madison Cawein che, modestamente, scrisse un'operina titolata, udite gente!, The waste land. Che tale rospo (come ne scrisse un critico) fosse ulteriormente vagliato nello stile, migliorato nella struttura, limato nelle esagerazioni (da Ezra Pound) rende veritiera la frase iniziale; il Vate alla Terra desolata contribuì pochino e, nella sentenza prima riportata, evidentemente, si riferiva a se stesso (scrivo “se stesso” senza accento: tale è l’opinione dell’Accademia della Crusca). 
Ovviamente T.S.E. rimane un genio. Andiamo avanti. I Led Zeppelin furono degli eccitanti musicisti; dopo anni li si ascolta ancora con piacere, ma, diciamolo, adesso siamo un po’ più cattivi e smaliziati. Trent’anni fa ascoltavo un centinaio di dischi all’anno, soprattutto compilazioni di fortuna su vecchie cassettacce BASF o MAXELL (al ferro! Al cromo costavano care), da 46 o da 60, perché quelle da 90 sforzavano troppo il mio macinino, un pezzo d’antiquariato comprato a Porta Portese (di marca si chiamava Silvano; era fornito di due manopole rotonde per radio AM/FM; di una manopola per RW/STOP/PLAY + levetta per FW e, sulla sinistra, di un tasto che, premuto assieme al PLAY permetteva di registrare la voce su nastro, grazie anche ad un microfono; le registrazioni accendevano una spia centrale che s’illuminava in proporzione all’intensità del suono). Ora gusto almeno tre o quattro dischi al giorno e ne spizzico altrettanti. Mi sono emendato da ogni autorità in materia; sento, paragono, giudico; alle mie spalle vi sono decine di migliaia di ascolti. Non ho timori reverenziali; non ho miti; non ho nostalgie; non ho amici da favorire. Mi son liberato dai macigni del passato e da libri della scuola dell’obbligo che se ne uscivano con tesi come queste: “tra la musica popolare e rock ci sono begli esempi di canzone. La canzone napoletana, ad esempio. Oppure Michelle, dei Beatles. Possiamo dire che la più bella canzone rock o popolare si avvicina alla più brutta aria classica oppure orchestrale”. Direbbe Pantagruele: “molto ben ca-cantato”. In altre parole non ho più rispetto per nessuno, mando al diavolo chiunque per un nonnulla, odio il più piccolo caso di divismo musicale, non sopporto certe pose glam, brucerei volentieri tutte le copertine con rockettari in posa, i Live Aid mi fanno imbizzarrire come un elefante imbizzarrito, la sola visione di Rolling Stones Italia mi provoca fumo dalle narici, alle magnificazioni di Black Keys o Green Day o Muse le mie gambe cominciano a muoversi da sole trascinandomi in un bilioso ballo di San Vito. Sono un nemico del partito preso, del mainstream, ma anche dell’underground, dell’off, dell’off-off, dei melodici, degli atonali, dei cori russi e della nera africana e soprattutto di coloro che, a fronte di milioni di opere prodotte dall’uomo in campo musicale riascoltano sempre le stesse cose, quelle che gli hanno instillato a dodici anni o quelle che, a ruota, propongono gli assassini seriali delle radio a pagamento. Liberiamoci. Rivalutiamo. Milioni di dischi. Migliaia di gruppi misconosciuti. Migliaia di sopravvalutati. Con calma. Sarà un lavoro di decenni, ma la rivoluzione arriverà. Torniamo a noi. I Led Zeppelin scopiazzavano. È un fatto. Anche Stairway? Certo, ragazzo, anche quella ha il suo piccolo scheletro nell’armadio. E Dazed? Quella è proprio rubata. E Moby Dick? Pure chilla, guagliò, ma Bonham è salvo. I can’t quit you, baby e You shook me? No, quelle erano già cover, il problema sono le altre, non accreditate. E Baby, I’m gonna leave you? Pure quella, pure quella … Non abbattiamoci troppo. Capisco, la nostalgia è canaglia, qualcuno si sente ferito, ma è così. Valutiamoli come tanti altri: Led Zeppelin, Granicus, Medusa … Amedeo Tommasi, Aphex Twin, Zanagoria … Genesis, Muffins, Pink Floyd, Jane … È il web, bellezza, è il web e tu non puoi farci niente, niente.
Onore ai Led Zeppelin!

01 - Babe I'm gonna leave you. L’autrice è Anne Bredon. La canzone è stata ripresa, fra gli altri, da Joan Baez di cui presentiamo la versione. Una causa legale obbligò i Led Zeppelin a riconoscere la maternità del pezzo, ora firmato Bredon/Page/Plant.
02 - Black mountain side. In realtà un tradizionale arrangiato splendidamente da Bert Jansch.
03 - Dazed and confused. La canzone è di Jake Holmes. Forse l’appropriazione più sconcertante. Holmes rinunciò a citare gli Zeppelin.
04 - How many more times. Centone composto, nella prima parte, da How many more years di Howlin’ Wolf e, nella seconda, dalle liriche di The hunter di Albert King; nella parte centrale si riecheggia il Beck’s bolero di Jeff Beck, da Truth.
05 - Communication breakdown. I due minuti più fulminanti del rock classico potrebbero derivare da Nervous breakdown di Eddie Cochran. A primo orecchio si negherà la derivazione, ma riascoltando …
06 - Whole lotta love. Liriche riprese da You need love di Willie Dixon. Invocate affinità con You need loving degli Small Faces, soprattutto per la vocalità di Steve Marriott, vicina a quella di Plant (anzi, il contrario).
07 - The lemon song. Altra cover, questa volta da Howlin’ Wolf. Led Zeppelin citati e costretti all’accordo. Alcuni versi derivano da Travellin’ riverside blues del pioniere del Delta Robert Johnson.
08 - Moby Dick. Cover di Watch your step di Bobby Parker, al netto dell’assolo di batteria, pleonastico ed evitabile già al tempo.
09 - Bring it on home. Già di Willie Dixon, fu riproposta da Sonny Boy Williamson. Da meditare la prima parte.
10 - Since I’ve been loving you. I testi sono ripresi da Never dei Moby Grape.
11 - Hat’s off to Roy Harper. La musica è quella di Shake ‘em down di Booker Bukka White.
12 - Staiway to heaven. Il celeberrimo arpeggio iniziale di Stairway to heaven ricorda brandelli di Taurus, strumentale degli Spirit.
13 - Custard pie. Si invoca ancora Booker Bukka White, con Shake ‘em down, ma i testi sono di Drop down Mama di Sleepy John Estes.
14 - In my time of dying. L’esecuzione di Sleepy John Estes, Jesus make up my dying bed, e la relativa cover del primissimo Bob Dylan, In my time of dyin’, sono alle basi della canzone.
15 - Nobody’s faults but mine. Ascoltare l’omonima di Blind Willie Johnson.
16 - White summer. Affinità con lo strumentale  She moved through the fair di Davey Graham.
17 - Rock and roll. Simpatiche coincidenze con Keep a knockin’ di Little Richard.
18 - When the levee breaks. Graziose coincidenze con l’omonimo classico blues, qui nella versione di Kansas Joe McCoy.
19 - Your time is gonna come. Eleganti coincidenze con Dear Mr. Fantasy, dei Traffic.
20 - Bron-y-aur stomp. Deliziose coincidenze con The waggoner's lad di Bert Jansch.
21 - Black dog. Curiose coincidenze con Oh well dei Fleetwood Mac.

8 commenti:

  1. Ricordo un articolo di Bertoncelli su un Rockerilla di circa 17-18 anni fa in cui si scriveva praticamente le stesse cose che sostieni tu, anche se con il suo classico approccio moderato ed educato.
    Tutto vero, ma non posso negare che in passato li ho idolatrati principalmente per le loro performaces: gli originali non mi avrebbero detto un granchè.

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    1. In passato ... comunque mi piacciono ancora, come detto. Bastava ammettere certe libertà poetiche.

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  2. An inspired piece of work Vlad! Thankyou. :)

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  3. Altre simpatiche coincidenze tra Black Dog e Oh Well dei Fleetwood Mac!
    ..ma il bello degli Zeppelin sta proprio qui: nessuno poteva permettersi di essere strafottenti come loro e farla, sotto ogni aspetto, perennemente franca (che si trattasse di groupies, camere d'albergo, cause legali miste, uso di droghe e canzoni altrui): hanno insegnato ad una generazione di musicisti di sbattersene della "legalità" (in senso artistico) e dell'equilibrio, di provare in ogni modo a fregare il proprio pubblico e lo hanno fatto in modo fantastico! Averne di bastardi del genere!

    Comunque, forza Granicus: voi e tanti altri ve la siete bevuta a lla grande e non ne avete ricavato nulla. Ma per fortuna qui c'è chi si ricorda di voi!

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    1. Son d'accordo con te, ma ciò che mi preme è giudicare i dischi senza quell'aura leggendaria di strafottenza, sesso, satanismo, stupefacenti che, spesso, prevarica sull'aspetto estetico puro.
      Nessuno gli vuol togliere la gloria, solo ridimensionarla sotto questi aspetti, che non sono secondari. Altrimenti vado a casa, strimpello Moon in june e lo pubblico come Wyatt/Tepes.

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  4. Hai dimenticato Bron-y-Aur Stomp anche quella con l'introduzione rubata alla versione del compianto (ma vivente nelle sue registrazioni) Bert Jansch. Avevo scritto un panegirico ma l'ho cancellato. Devo finire questo messaggio in qualche maniera. Forse così'. Va bene?

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    1. Perfetto, e grazie del suggerimento.

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    2. Ma ho dimenticato di dire il nome del pezzo: "The Waggoner's Lad" in "Jack Orion" !

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