mercoledì 29 febbraio 2012

Mr. T Experience – Everybody's entitled to their own opinion (1986)


Mattacchioni di Berkeley, i Mr. T Experience esordirono con questo piccolo, entusiasmante  capolavoro nell'anno di scioglimento dei Black Flag, ovvero alla fine dell'era hardcore.
Il disimpegno era nell'aria, e i californiani riuscirono a declinarlo nella forma spensierata di un post-punk melodico ed irresistibile: cascami degli anni Sessanta e Settanta (surf music, Kinks, tirate alla Ramones), una certa allure goliardica e un orecchio finissimo per i ritornelli accattivanti formano una godibile miscela che, nell'arco della mezzora, non ha cedimenti.
Una bevanda rinfrescante in un pomeriggio assolato: il disco scorre che è un piacere, a partire da One big lie a Marine recruiter sino a Big mistake e Mary Mary. Incastonata tra queste veloci meraviglie melodiche e scherzi blasfemi (Surfin' Mozart) il micidiale poker Andy Partridge, Scientific, Disconnection e Surfin' cows.
I Mr. T Experience non hanno preoccupazioni politiche o sociali: i testi (“my old girlfriend just went insane/disconnection in her brain”) sono allegrotti e funzionali alla carica innocua, ma bruciante di tutte le quattordici tracce. D'altra parte Mr. T non era il protagonista, steroideo e simpaticamente brutale, di un incruento telefilm d'azione degli anni Ottanta, A-Team? In tale serie il team riesce a far deflagrare ordigni letali, consumare santebarbare di proiettili, stritolare furgoni, edifici ed associazioni deliquenziali senza, apparentemente, versare una sola goccia di sangue: il ghigno furbacchione di George Peppard col cigarillo è il compendio di questa divertente farsa in cui nessuno si fa male; così gli Experience che, dimenticati gli eroici furori degli anni precedenti, esplodono le proprie munizioni a salve, carnevalesche ed irresistibili.
Il loro esordio rimane, al netto di queste considerazioni, una gemma melodica e il punto di riferimento per i numerosi gruppi pop-punk all'acqua di rose che inonderanno la scena nei decenni a venire, dagli Offspring ai Green Day.

lunedì 27 febbraio 2012

Nico - 8 concerts




La personalità della tedesca Christa Päffgen, in arte Nico (Colonia 1938 – Ibiza 1988), compare tuttora nelle storie musicali come un problema irrisolto e vertiginoso. Chi vi si accosta rimane sconcertato dalla varietà e grandezza dei nomi a lei connessi (Alain Delon, Brian Jones, Jim Morrison, Warhol e Velvet Underground, Federico Fellini, Tangerine Dream, Eno, Jimmy Page, Philippe Garrel, Bob Dylan) e dalla semplice profondità d’una musica che ha generato esegesi inestricabili e, di fatto, inservibili: “[nel suo stile] confluirono elementi della tragedia greca, del monologo shakespeariano, del Faust, di Lulu, del teatro brechtiano ... dal lied romantico di Schubert, dalla salmodia responsoriale, dai Carmina Burana, dal song elisabettiano, per arrivare alla chanson noire e alle litanie dei muezzin*”.
Il tentativo di risolvere biograficamente la questione, peraltro, inscrivendo l'artista nel milieu pregresso della Germania nazionalsocialista (dall'ascesa weimariana – con la dissoluzione del Secondo Reich – sino alla disfatta del 1945), se appare in parte giustificato, lascia complessivamente insoddisfatti.
Il problema Nico, divenuto enigma, rimarrà tale se non facciamo tesoro di una verità che il connazionale Friedrich Nietzsche espresse in Ecce homo: “La affinità con i propri genitori è minima: sarebbe il segno estremo della volgarità essere affini ai propri genitori. Le nature superiori  hanno la loro origine infinitamente più indietro, per arrivare a esse si è dovuto raccogliere, risparmiare, accumulare come per nessun altro. I grandi individui sono i più vecchi: non lo capisco, ma Giulio Cesare potrebbe essere mio padre ...”.
Nature eccezionali, delicate e preziose come cristalli, appartenenti all'aristocrazia dell'animo, paiono ricapitolare in se stesse il sentimento millenario d’una gente: quanto si è sofferto e combattuto,  quanto dolore, comprensione e folle amore si è consumato perché alcuni individui unici potessero comprendere in loro stessi e nelle loro creazioni il genio d’un popolo! Nico è la miracolosa epitome del sentire tragico della propria patria, la Germania, la Pallida Madre (Mütterlein): in lei rivive il lamento della sposa esiliata o del  viaggiatore errante (Drama of exile) dell'elegia anglosassone; la vendetta di Crimilde, prima tenera sposa, poi furia vendicativa (Nibelungen); la nobiltà cortese dei Minnesänger medioevali (The falconer, Le petit chevalier); il Romanticismo tedesco che celebrava le antiche gesta, il mistero della notte, la Patria, l’incanto naturale e la composta classicità; l’annientamento di Isotta sul cadavere di Tristano, “nell'alitante Tutto/annegare/sprofondare/ignara/gioia suprema!”.
In Nico tutte queste manifestazioni sussistono e danno ragione delle numerose suggestioni che i critici ritrovano: gotiche, decadenti, classiche, romantiche, rinascimentali. Al fondo di queste ramificazioni contingenti giace, però, gigantesca, la radice antichissima di un popolo che, al tempo stesso, ha presagito come nessun altro l'aspra catena del Destino invincibile (Wyrd) e che ha cercato comunque di assaltare il cielo, gioioso nella sconfitta inevitabile**.
Non è quindi sconcertante, ma naturale che The end si chiuda con un lancinante Das Lied der Deutschen, un impasto fra nostalgia delle origini, solitudine, fierezza ed incongrua felicità; quella felicità che nasce da uno stato dell'anima (Stimmung) in cui convivono la vita irrefrenabile e la consapevolezza dell'inanità di qualsivoglia azione, un mondo sospeso eminentemente tragico come attesta L'Edipo di Sofocle (l'opera perfetta secondo la tedesca Nascita della tragedia) o l'Amleto del sassone Shakespeare.
Nico riassume il mondo germanico; uno stralcio poetico di Nietzsche, di struggente malinconia, Abschied (Commiato), riassume Nico. Abschied ha lo stesso titolo d'un compianto di Desert shore, scritto in morte di Brian Jones; forse ne è l’ispiratore (come di alcuni temi 'invernali' di Marble index, Frozen warnings, Roses in the snow).
Esso recita:                                 

Le cornacchie gridano a stormo
volano alla città tra un frullo d'ali
nevicherà tra poco -
Felice chi ha ancora – un focolare!

Ora stai rigido,
ti guardi indietro, ahimé! Ormai da tempo!
Perché tu sei fuggito,
pazzo, nel mondo, prima dell'inverno?

Il mondo – una porta
su mille deserti muti e freddi!
Chi l'ha perduto una volta,
mai non si ferma, quello che perdesti.

Ora stai smunto,
maledetto a errare negli inverni,
simile al fumo,
che cerca sempre cieli più freddi.

Vola, uccello, il tuo canto
stridi nel tono dell'uccello del deserto!-
Nascondi, o pazzo,
il tuo cuore sanguinante nel gelo e nello scherno!

Le cornacchie gridano a stormo
volano alla città tra un frullo d'ali
nevicherà tra poco -
Felice chi ha ancora – un focolare!

** Due scritti di Borges: Annotazione al 23 Agosto 1944, in cui Hitler anela inconsciamente la propria sconfitta; Deutsches requiem in cui il protagonista, un nobile nazista, gioisce della disfatta.

sabato 25 febbraio 2012

Eastern Europe in the 70s vol. 4 (Yugoslavia) 1^ parte/2^ parte/3^ parte/4^ parte

Igra Staklenih Perli
Nonostante i pochi album ascoltati (circa 25) posso giudicare la scena jugoslava interessante e meritevole di un approfondimento.
Gli Igra Staklenih Perli sono un gruppo eccellente, autori, purtroppo, di due sole opere alla fine degli anni Settanta: essi propongono uno space-rock tributario dei Pink Floyd, era Ummagumma, nonché di Hawkwind e Gong. I Kornelyans registrarono in Italia un vero gioiellino (Not an ordinary life) che, per la destrezza e felicità dell'esecuzione, merita di far parte di quella cerchia di lavori (a livello europeo) unanimemente elogiati. 
Per approfondimenti sui migliori album dell'area jugoslava riferirsi qui; per eventuali ascolti, nati dalla curiosità e dalla passione, è d'obbligo Jugorockforever

Compilation 1

Atomsko Skloniste - Ne cvikaj generacijo
Den Za Den - Fatamorgana
Den Za Den - Tako treba
Igra Staklenih Perli - Gušterov Trg
Igra Staklenih Perli - Kvadrant G
Igra Staklenih Perli - Vrt svetlosti
Indexi - Modra rijeka
Kornelyans - Generation 1942
Kornelyans - Not an ordinary life
Pop Masina - Kiselina
Smak - Perle
Zebra - Eto!
Compilation 2

Den Za Den - Vodopad
Divlje Jagode - Želim da te imam
Igra Staklenih Perli - Čarobnjaci
Igra Staklenih Perli - Pečurka
Igra Staklenih Perli - Tiha eksplozija
Indexi - Blago
Kornelyans - Rising
Pop Masina - Povratak Zvezdama
Smak - What’s that, man
Smak - White sails
Time - Divlje guske
Zebra - Zebrodrom
Compilation 3

Atomsko Skloniste - Otmica nase ljubavi
Atomsko Skloniste - Saznao sam dijagnozu
Buldozer - Ljubav na prvi krevet
Den Za Den - Galeb
Divlje Jagode - Divlje Jagode
Igra Staklenih Perli - Majestetski kraj
Igra Staklenih Perli - Putovanje u plavo
Indexi - More
Kornelyans - Fall off the land of woman
Kornelyans - Man with a white flag
Pop Masina - Na drumu za haos
Pop Masina - Trazim put
Compilation 4

Buldozer - Sto to radis, Buldozeru jedan!
Divlje Jagode - Čekam da sunce zađe
Igra Staklenih Perli - Solarni modus
Smak - Put od balona
Spektar - Spektar I
Time - Balada o 2000
Time - Istina masina
Yu Grupa - Nesto si mi umorna i bleda
Yu Grupa - Samo napred, guraj, guraj
Zebra - Kvar
Zebra - Sarena laza

giovedì 23 febbraio 2012

VV.AA. - A cure for the blues vol. 1 (2012)

Mark Twain (Samuel Langhorne Clemens, 1835 – 1910)
Nel racconto A cure for the blues, Mark Twain individua nel bizzarro libercolo di un tal G. Ragsdale McClintock, Il nemico conquistato ovvero l'amore trionfante, il proprio personale antidoto alla melanconia. Il lettore avveduto, come lo scrittore stesso, "lo tiene a portata di mano, accanto al suo Omero e Shakespeare, e lo riprende molte e molte volte, nei momenti in cui il mondo gli appare tenebroso, e si sente scoraggiato, e allora subito si sente confortato e rinnovato". Twain, spiritosa canaglia, spiega subito: "il lettore non deve credere che troverà in esso saggezza, brillantezza, fecondità d'invenzione, ingegnosità di costruzione, eccellenza di forma, purezza di stile, perfezione di immagini, aderenza al vero, chiarezza di esposizione ... no, il fascino ricco e profondo di questo libro sta nella totale, miracolosa assenza da esso di tutte queste qualità ...". Eppure la strada viene indicata con sicurezza: cosa fare quando il mondo si colora di nero, il quotidiano prosaico incombe, la trivialità ci prende alla gola, la vita sembra uno scherzo di deità imperscrutabili e tutte le gerarchie di valore si offuscano? Occorre possedere, come Twain, un proprio Baedeker che, opportunamente compulsato, ridoni un senso e una coloritura logica alla nostra esistenza, oltre a confermarci l'esistenza del bello ("Fermati, sei bello!"). E tali guide sarà bene approntarle con rapidità poiché i tempi esigono, da subito, depressioni, mediocrità, ceppi da schiavi e parecchie gocce del vostro sangue.
Una prima via di fuga eccola qua:

- Soft Machine - Moon in June (live at the BBC 10.06.1969) -
- Jimi Hendrix - Are you experienced? -
- Grace Slick - Manhole -
- Bob Dylan - Jokerman -
- Neil Young - Cortez the killer (live 1978) -
- Bob Dylan - I shall be released (performed by Chrissie Hynde) -
- Frank Zappa - Andy -
- Naked Prey - What price for freedom -
- Quicksilver Messenger Service - Maiden of the Cancer moon -
- Roxy Music - A song for Europe -
- Van der Graaf Generator - A Plague of lighthouse keepers-The sleepwalkers (live at the BBC 24.10.77) -
- Pixies - Where is my mind? -
- Doors - The end -
- Talking Heads - Heaven -

Non sono scelte soggettive. Le scelte soggettive le compiono coloro che ascoltano gli stessi cinquanta dischi tutta la vita. Le mie sono scelte personali, legate, certamente, alla contingenza, ma anche ad una serie d'ascolti trentennali. Sono, certamente, canzoni con una melodia spiccata e riconoscibile (difficile inserire Steve Roach o John Cage) e appartenenti ad un'epoca precisa (1967-1987). E no, non c'è Stairway to heaven (ma potrei inserire un pezzo di Hairway to Steven o Lady sniff), né Impressioni di Settembre, né Smells like teen spirit, né Auld lang syne. E non ci sono italiani, ma compariranno nel volume secondo (assieme a Van Morrison, dimenticato colpevolmente).
E tuttavia: come non provare brividi all'entrata di Hammill al minuto 6'47''?  E al saliscendi vocale di Grace Slick? All'epica fuga dei Naked Prey? Alla perfetta costruzione di Frank Zappa?
Quattordici brani. Ma il canone evangelico si allargherà. 



martedì 21 febbraio 2012

Flipper - Generic (1982)/Gone fishin' (1984)/American grafishy (1993)/Love (2008)/Sex bomb baby (1987; singles collection)

I Flipper*, da San Francisco, ad onta della loro produzione di studio, scarna e diluita nel tempo, sono uno dei gruppi più influenti della musica americana (Shutter e DePace provenivano da un'altra formazione seminale del tempo, i Negative Trend – i cui altri due membri, Craig Gray e Tim Mooney, fondarono i Toiling Midgets).
Eccezionali dal vivo, per giudizio unanime dei maggiori protagonisti della scena hardcore, a cominciare da Henry Rollins, la loro fama, nei lavori in studio, riposa quasi esclusivamente sull'album Generic, ma, in realtà sia Gone fishin' che American grafishy, senza raggiungere le altezze di quel caposaldo, sono al passo col predecessore; persino il postremo Love, pur nella mancanza di episodi di punta, non sfigura accanto alla vecchia gemma.
Generic è un baccanale quasi giocoso: da Ever a Life a Shed no tears a The way of the world i pezzi si caratterizzano per un incedere sferragliante e slabbrato che solo la linea di basso, come un timoniere nella tempesta, cerca di tenere in rotta; il pachiderma sonoro, caracollante e sbuffante, può decelerare in una sorta di slowcore alla Melvins (I saw you shine) o eccitarsi in una sarabanda inusitata, con tanto di sassofono (Sex bomb). Il successivo Gone fishin' appare più cupo e ignora l'irruente baldanza del predecessore; non mancano, tuttavia, i capolavori: The light, the sound, the rhythm, the noise, alla Joy Division; i singulti jazz di First the heart; gl'ipnotici giri di basso di In life, my friends (che ricorda certe tirate di Neu 2), la finale e straziante One by one in cui la patina drammatica donata dalle percussioni e dai rimbombi di basso sembra un epitaffio all'era hardcore, chiusasi con una sconfitta.
Dopo la morte di Shutter i nostri si riorganizzano con Dougherty al basso: in piena era grunge esce American grafishy. Il lavoro fu variamente giudicato: a distanza di anni possiamo valutarlo davvero notevole. Difficile trovare punti di cedimento, da Someday a Fucked up again a Distant illusion sino alle più facili, ma irresistibili Exist or else, Flipper twist o We're not crazy (che ho ascoltato con piacere centinaia di volte). In realtà American grafishy spezzerebbe le reni alla quasi totalità dei lavoretti grunge-mainstream del periodo – per  la sincerità e la ruvida grazia delle melodie – ma, in ossequio all'aureo luogo comune per cui ogni periodo ha i suoi eroi, non sta bene dirlo.
Love, a distanza di quasi trent'anni dal primo lavoro, si giova dell'apporto dell'ex Nirvana Novoselic; il risultato risente, come detto, della mancanza di una traccia davvero trascinante e caratterizzante, ma il monolite Old graves dà tono a tutta l’opera.
Rimarchevoli anche i singoli dei primi anni Ottanta (riuniti nell'ottimo Sex bomb baby), a cominciare da Love canal e Ha ha ha, inni che inaugurarono il loro stile inconfondibile, un viluppo sonoro rallentato, pericolante, implacabile.

* Bruce Loose (voce, basso); Will Shutter (voce, basso), morto nel 1987, sostituito da John Dougherty su American grafishy e Krist Novoselic su Love; Ted Falconi (chitarra); Ted DePace (batteria)

domenica 19 febbraio 2012

French coldwave - Compilation 1/Compilation 2/Compilation 3/Compilation 4

Baroque Bordello
Dissolti gli ultimi incendi punk e hardcore, la musica europea, memore delle sperimentazioni della coppia Bowie-Eno, cauterizzò i passati eccessi con dosi controllate di elettronica, minimalismo compositivo,  désengagement, languidezze decadenti, ritmiche martellate e ballabili.  Facile dire chi influenzò chi: nei solchi della new (dark) wave francese, infatti, si ritrovano i più disparati echeggiamenti d'Oltremanica. Siouxsie Sioux, Bauhaus, Joy Division, Cure, Gary Numan, persino le pulsioni anaffettive dei P.I.L. di Lydon (che visse da protagonista entrambe le epoche) sono, indubbiamente, le matrici del suono transalpino, anche se gruppi come Baroque Bordello o Siglo XX seppero rielaborare la materia con distaccata aristocrazia.
Il fenomeno della new wave fu reputato, socialmente e musicalmente, come un ripiegamento rispetto agli eroici furori di qualche anno prima; questo è indubbiamente vero, e fu un ripiegamento inevitabile e, oserei dire, naturale, come l'espirazione che segue dopo un profondissimo respiro. A noi resta l'onere non di giudicare il rivolgimento storico, ma la sincerità d'esso e la sua profondità estetica. Ascoltandolo, come sempre, con ampiezza ed attenzione. 

Compilation 1


Asylum Party - Before the smile
Asylum Party - Julia
Asylum Party - Sweetness of pain
Asylum Party - The sabbath
Asylum Party - White light
Clair Obscur - Die Kinder sind Allein
Clair Obscur - Kriegs opera
Clair Obscur - Pessimiste combattif
Clair Obscur - The pilgrim’s progress
Clair Obscur - Tremendous
Clair Obscur - Zeda
Excès Nocturne - Echo des lumières
Excès Nocturne - Evacuation immediate
Excès Nocturne - Le soleil s’est noye
Excès Nocturne - L’ennemi
Excès Nocturne - L’or a
Guerre Froide - Demain Berlin
Guerre Froide - Ersatz
Guerre Froide - Mauve
Guerre Froide - Peine perdue
Opera de Nuit - Ami amant
Opera de Nuit - Amoir noir
Opera de Nuit - Invitation
Opera de Nuit - L’appel du froid

Compilation 2


Kas Product - One of the kind
Kas Product - Man of time
Kas Product - Underground movie
Kas Product - So young but so cold
Kas Product - Sober
End of Data - End of Data
End of Data - If I’m not a killer
End of Data - If you like follow me & so
End of Data - Sahrah
End of Data - Trottodaf
Gestalt - Deuxième ombre
Leitmotiv - Attendre encore
Resistance - Across the ocean
Siglo XX - Answer
Siglo XX - Dreams of pleasure (II)
Siglo XX - Individuality
Siglo XX - The art of war
Siglo XX - Youth sentiment
Tanit - Can an actor bleed

Compilation 3


Martin Dupont - Bent at the window
Martin Dupont - I met the beast
Martin Dupont - Just because
Martin Dupont - Take a look
Martin Dupont - Welcome to the dissidents
Norma Loy - 1964 shadows
Norma Loy - Glance in your eyes
Norma Loy - Lesbische voodoo teenagers
Norma Loy - Power of spirit
Norma Loy - Romance
Norma Loy - Shiny dream
Norma Loy - Tragic Venus
Norma Loy - Where friends are
Pavillon 7B - Black generation
Pavillon 7B - Overdose
Pavillon 7B - You’re so special
Twilight Ritual - Closed circuit
Twilight Ritual - I never called you a dream

Compilation 4


Baroque Bordello - Au dessous du volcan
Baroque Bordello - Corrida
Baroque Bordello - Distances
Baroque Bordello - Les jouets
Baroque Bordello - Pass by
Baroque Bordello - Regards
Baroque Bordello - Subir
Baroque Bordello - Voyageur
Complot Bronswick - Born in a cage
Complot Bronswick - Friendship
Complot Bronswick - Landscape
Complot Bronswick - Yellow face
L’Enfance Éternelle - Violet winter
L’Enfance Éternelle - Behind the beauty
L’Enfance Éternelle - Consumed passion
L’Enfance Éternelle - Les jeux du cirque
L’Enfance Éternelle - Shine on passion
L’Enfance Éternelle - Smile of an old clown
Opera Multi Steel - Oraison minimes
Opera Multi Steel - Paulette à la plage
Opera Multi Steel - Prométhée
Opera Multi Steel - Un froid seul
Trisomie 21 - Djakarta
Trisomie 21 - Memories
Trisomie 21 - Nightflight
Trisomie 21 - Pleasure
Trisomie 21 - The last song
Trisomie 21 - Waiting for



venerdì 17 febbraio 2012

Cop Shoot Cop - Consumer revolt (1990)/White noise (1991)/Ask questions later (1993)


Creati dalla dissoluzione di alcuni gruppi della costa atlantica (Tod Ashley e Phil Puleo provenivano dai Dig Dat Hole, di Providence; Jack Natz dagli Undead, di New York), i Cop Shoot Cop* riuscirono a formalizzare in una serie di tracce ben definite (addirittura, in Ask questions later, tracce cantabili) una carica iniziale brutale, priva di linee di chitarra e caratterizzata dai martellamenti del doppio basso e dalle percussioni ossessionanti di Puleo.
Questo andamento da martello pneumatico li inserì di prepotenza nella corrente, quanto mai lasca, della musica industriale. Un'attribuzione, però, ampiamente meritata; Smash retro! (con presa per i fondelli di Robert Plant), Burn your bridges, Eggs for ribs o Fire in the hole, dal loro primo, radicale, album, sono metafore sonore di un mondo senza coscienza della propria malattia ed improntato, nei desideri e nelle speranze, alla catena di montaggio. A differenza dei Throbbing Gristle, recentementi esaminati, i Cop Shoot Cop mancano di una visione assolutamente disperante e di una coinvolgente morbosità: essi puntano su una base di ritmi incalzanti sino allo stordimento, sui campionamenti e sulla interpretazione di Ashley, tre elementi che, da soli, bastano ad evocare il guscio orrifico di una società meccanizzata. Se gli inglesi, insomma, registrano uno sfacelo irredimibile e universale (nella tradizione della letteratura distopica del loro paese, da H.G. Wells a J.G. Ballard), gli americani prendono atto, quali cinici cronisti dell'oggi. Questa 'mancanza', tuttavia, è compensata dalla decisa e felice evoluzione sonora che i Nostri imprimono da White noise in poi: le implacabili ritmiche metalmeccaniche di Consumer revolt (che si ritrovano anche nel nuovo disco, basta ascoltare Relief, Discount rebellion, Heads I win tails you lose) virano, a volte, verso ballate che Nick Cave o Mark Lanegan potrebbero recitare con profitto (la bellissima If tomorrow ever comes o Hung again); il tono, in genere, è più variato e alcuni ritornelli fanno propendere verso la forma-canzone canonica.
Nell'ulteriore, monumentale, Ask questions later tale versante è sviluppato nella piena maturità: aprono i giochi due meraviglie assolute come Surprise surprise e Room 429: le ritmiche alla Steve Albini del primo lavoro si sciolgono felicemente in una struttura classica che, pur non rinnegando l'innata radicalità dei Cop, si apre alla riconoscibilità melodica (notevoli in questo senso anche All the clocks are broken, Cut to the chase, con influssi orientaleggianti, e, soprattutto, l'eccezionale Everybody loves you). Tutti i sessanta minuti dell'album, peraltro, non vivono mai di cadute di ritmo o di rendite di posizione (che almeno tre superbe hit gli garantirebbero) e non cedono, di un solo millimetro, rispetto alle scansioni industrial degli esordi. I testi, come sempre laconici e gelidi, contribuiscono alla creazione di uno dei migliori lavori dei Novanta: “Life is so much better when you're dead/Conversation's easy when there's nothing to be said” oppure “Nobody can find you when you're nowhere/Living on the other side of hope”; stralci dall'ennesimo livre de chevet del nichilismo musicale postmoderno. 

* Tod Ashley (voce, basso); Jack Natz (basso); David Ouimet (tastiere, campionamenti); Phil Puleo (percussioni); Jim Coleman (campionamenti).


giovedì 16 febbraio 2012

Ashera - Color glow (2001)


Ashera, progetto dell'australiano Anthony Wright, è un'immersione, articolata in undici brani, in una regione monocroma e fluttuante dell'anima. Monocroma poiché nessuna evidente sfumatura turba la profondissima distesa lattea delle tastiere di Wright; fluttuante perché le sonorità dell'autore configurano un mondo sospeso e rallentato indeciso fra i tre elementi di acqua, terra o aria. Savannah mirage sembra allargarsi nella contemplazione di un alba maestosa; Music box, invece, ricreare, coi suoi brevi tocchi tastieristici, le profondità marine, ricche di liquidi bisbigli e dense d'una vita sfuggente e rallentata; l'eponima Colour glow, coi suoi cori celestiali, invero al limite del kitsch, pare evocare purissime dimensioni eteree. A dispetto del titolo, è il bianco, ovvero la somma di tutte le gradazioni cromatiche (e quindi la loro negazione), a dare il tono all'opera; tale monotonia è resa in una monolinguismo musicale che, deprivato di qualsiasi sfumatura, rientro o crepa come una perfetta superficie di alabastro, assume le benigne sembianze d'una escursione 'paradisiaca'. Herman Melville (Moby Dick, cap 42, La bianchezza della balena) mostra la duplice natura del bianco: “... in molti oggetti naturali la bianchezza aumenta e raffina la bellezza, come se le impartisse una sua speciale virtù … vari popoli hanno riconosciuto in questo colore una qualche preminenza regale … [ma] sebbene … l'uomo si compiaccia di simboleggiare col bianco tante cose delicate e grandiose, nessuno può negare che nel suo più profondo, ideale significato, la bianchezza evochi nell'anima come uno strano fantasma”. Ashera preterisce del tutto questo secondo significato (che non si riverbera, quindi, nell'espressione musicale), e la sua creazione, benché pregevole, ne esce limitata come un bel manufatto senza le proprie naturali ombreggiature.

martedì 14 febbraio 2012

Andrew Chalk - East of the sun (1997)


Membro del collettivo Ora, di cui abbiamo presentato Amalgam, Andrew Chalk perviene, in questo East of the sun, ad un monocromatismo ambientale estremo, che poi sfocerà nel descrittivismo minimale dei paesaggi sonori successivi.
L'opera si compone di due tracce, Winter arc (49'12'') e The plain (13'43'').
La prima consiste in un bordone in lentissima rotazione variegato da rimbombi, suoni naturali, echi temporaleschi, modesti interventi elettronici; queste screziature, però, accompagnano e mai prevaricano la linea principale: si suscita nell'ascoltatore, quindi, anche in virtù della durata, un mondo dalla vita sospesa, attutito, in cui la natura, ora letargica, pulsa debolmente sotto la scorza della stagione morta. Difficile, ancora una volta, descrivere a parole le suggestioni provocate: l'impressione generale non è fondata su singoli momenti definiti, ma su uno stato dell'animo ingenerato, minuto dopo minuto, da questo incedere implacabile e quasi ieratico. Solo la letteratura fantastica di stampo anglosassone, con M.P. Shiel (La nube purpurea), E.A. Poe (Gordon Pym), A. Blackwood (I salici), ha lasciato, seppur a tratti, descrizioni naturali che possano rendere queste vaste desolazioni sonore.
The plain condensa in minor tempo le evocazioni di Winter arc, ma le rende ancor più cupe e minacciose.
Ancora una volta, da un'occasione descrittiva (una stagione, una plaga pianeggiante), il musicista inglese, inserito nella tradizione più vicina al lato romantico tedesco, concreta due poemi sonori quali metafore di stati dell'animo.

domenica 12 febbraio 2012

American punk-hardcore 1980-1986 vol. 6 (Illinois-Indiana-Kansas-Louisiana-Michigan-Ohio-Oklahoma-Wisconsin-Canada) 1^ parte/2^ parte


Indice generale/General index

ILLINOIS

Articles of Faith (Chicago) - AOF (1981)
Articles of Faith (Chicago) - Bad attitude (1982)
Articles of Faith (Chicago) - Up against a wall (1984)
Life Sentence - Punk for profit (1986)
Naked Raygun (Chicago) - I lie (1983)
Naked Raygun (Chicago) - Potential rapist (1983)
Rights of the Accused (Chicago) - Fuck up (1984)
Rights of the Accused (Chicago) - In school (1984)
The Effigies (Chicago) - Below the drop (1981)
The Effigies (Chicago) - Strong box (1981)

INDIANA

Battered Youth (Indianapolis) - New patriot (1982)
Delinquents (Indianapolis) - Systems pressure (1982)
Delinquents (Indianapolis) - Blind patriot (1983)
Killing Children (Indianapolis) - Killing children (1983)
Killing Children (Indianapolis) - Happy mutants-Certain death (1983)
Repellents (Anderson) - Think for yourself (1982)
Repellents (Anderson) - New image (1983)
Zero Boys (Indianapolis) - Drive in (1984)
Zero Boys (Indianapolis) - High places (1982)

KANSAS

Mortal Micronotz - The police song (1982)

LOUISIANA

Shellshock (New Orleans) - Movie maker (1983)
Shellshock (New Orleans) - Garbage can (1983)
The Manic Depressives (New Orleans) - Silence on the radio (1981)
Toxin III (Crowley) - I wanna be arrested (1981)

MICHIGAN

Angry Red Planet (Detroit) - Apathy (1982)
Angry Red Planet (Detroit) - You're one too (1982)
Blight (Detroit) - The dream was dead (1983)
Blight (Detroit) - Blight (1982)
Bored Youth (Detroit) - Warning (1981)
Bored Youth (Detroit) - Sympathy (1981)
Bored Youth (Detroit) - Bored youth (1981)
Born Without a Face (Grand Rapids) - Maelstrom (1986)
Crucifucks (Detroit-Lansing) - Democracy spawns bad taste (1982)
Crucifucks (Detroit-Lansing) - Hinkley had a vision (1982)
Fate Unknown (Detroit) - Can't have it all (1981)
Fate Unknown (Detroit) - You lose (1981)
Latin Dogs (Battle Creek) - Killed in jail (1982)
Latin Dogs (Battle Creek) - What's wrong (1982)
McDonalds (Detroit) - Miniature golf (1981)
Meatmen (Detroit) - Meatmen stomp (1981)
Meatmen (Detroit) - I'm glad I'm not a girl (1982)
Meatmen (Detroit) - Down to go (1982)
Necros (Detroit) - Bad dream (1981)
Necros (Detroit) - I.Q. 32 (1981)
Necros (Detroit) - Past comes back to haunt me (1981)
Negative Approach (Detroit) - Ready to fight (1982)
Negative Approach (Detroit) - Friend or foe (1983)
Negative Approach (Detroit) - Lost cause (1981)
Radical Left (Detroit) - Society hates you (1982)
Radical Left (Detroit) - LALA (1982)
The Fix (Detroit) - Vengeance (1980)
The Fix (Detroit) - In this town (1980)
The Fix (Detroit) - No idols (1981)
The State (Detroit) - New right (1983)
The State (Detroit) - Attention (1983)
Violent Apathy (Kalamazoo) - I can't take (1981)
Violent Apathy (Kalamazoo) - Hypocrite (1981)
Youth Patrol (Detroit) - America's power (1981)

OHIO

Agitated (Cleveland) - Death warmed over (1983)
Dogs of War - Crime watch block parents (1981)
Idiot Savants (Cleveland) - School's prison (1983)
Moslem Birth - Horror snores (1983)
Negative Element - National socialism (1982)
Negative Element - Anti-pac man (1982)
Negative Element - Just be yourself (1982)
ODFX (Cleveland) - Drop the bomb on me (1984)
Outerwear (Cleveland) - Knife lust (1983)
Primer Gray - Abortion (1984)
Spike Haytrid - Death to preppies (1982)
Starvation Army - Payback (1984)
Suburban Decay - 715 (1984)
The Guns (Cleveland) - Locked inside (1983)
Toxic Reasons (Dayton) - Drunk and disorderly (1982)
Toxic Reasons (Dayton) - Rally round the flag boys (1982)
Zero Defex (Cleveland) - By the day (1983)
OKLAHOMA

NOTA (Tulsa) - This country (1982)
NOTA (Tulsa) - Take away your rights (1982)
NOTA (Tulsa) - Disconnected (1984)

WISCONSIN

Clitboys (Milwaukee) - I hate the Ku Klux Klan (1982)
Clitboys (Milwaukee) - Funny (1982)
Clitboys (Milwaukee) - I don't play the game (1983)
Die Kreuzen (Milwaukee) - Think for me (1982)
Die Kreuzen (Milwaukee) - Don't say please (1982)
Die Kreuzen (Milwaukee) - Hate me (1981)
Distain - Killer kops (1983)
Distain - School (1983)
GFO - Police raid (1983)
GFO - Girl problems (1983)
Imminent Attack - Who are you (1983)
Imminent Attack - Bad habits (1983)
Killdozer (Madison) - Ed Gein (1984)
Malignance - Interrogation (1983)
Malignance - Frozen popsicle (1983)
Mecht Mensch (Madison) - Govt lies (1982)
Mecht Mensch (Madison) - Functional riot (1982)
Mecht Mensch (Madison) - Acceptance (1982)
NFOD - Stand your ground (1983)
No - Anti-Christ (1983)
No Response - Dirty layer (1984)
No Response - I (1984)
Sacred Order - The right to be poor and radical (1983)
Sacred Order - Eric Estrada (1983)
Suburban Mutilation - Police state (1983)
Suicidal Youth (Waukesha) - Punks and skins and anarchy (1985)
Suicidal Youth (Waukesha) - Suicidal youth (1985)
Tar Babies (Madison) - Be humble (1982)
Tar Babies (Madison) - Red white and blues (1983)
The Crusties (Milwaukee) - Dairyland youth (1983)
The Crusties (Milwaukee) - Who cares so what (1983)

CANADA

Direct Action (Toronto) - Damn age (1986)
DOA (Vancouver) - Fucked up Ronnie (1981)
DOA (Vancouver) - The prisoner (1981)
Flesh Colums (Windsor) - Where did they go (1984)
Flesh Colums (Windsor) - Muammar Khadafi (1984)
Neos (Vancouver) - Ripped off (1982)
Personality Crisis - Waiting (1981)
Suburban Menace (Victoria) - Serena Dank go away (1982)
Suburban Menace (Victoria) - Get outta my way (1982)

sabato 11 febbraio 2012

Elio e le Storie Tese - Does humor belong to music? (2012)


Di gran lunga il miglior gruppo mainstream italiano, Elio e le Storie Tese mostrano, da circa trent'anni, una capacità mirabolante di riprodurre ed utilizzare i più svariati materiali sonori (tanto più fruibili quanto più kitsch); la loro opera, che gode anche di una coinvolgente ballabilità, è cifrata di rimandi, brevi plagi, covers, prese per i fondelli, puerili coprofilie e vorticosi cambi di ritmo e genere: la fluidità dei pezzi non ne viene intaccata, grazie ad una perizia strumentale ed arrangiativa davvero non comune (almeno nel nostro paese).
Formatisi a Milano, nel 1980 circa, furono, per il fatale decorso dei tempi, emancipati dall'impaccio di qualsivoglia ideologia; stretti fra l'Artide del terrorismo e l'Antartide della globalizzazione, essi ripiegarono sulle presunte età dell'oro della nazione: l'Italia del Boom (le canzonette, il bozzettismo regionale, i B movies, la RAI) e il periodo del riflusso a cavallo fra Settanta e Ottanta (l’estetica Fininvest, la disco music, la distruzione dell'istruzione pubblica, la pornografia) – due volti, in realtà, del secolare odio italiano per l'intelligenza - interrotto da pochi anni di tentativi di scardinamento.
Da allora essi hanno traversato lo sfacelo italiano senza scomporsi, forti della nuova estetica dell'orrido (che, purtroppo, ormai informa anche altri ambiti artistici); la maschera sardonica e impassibile del cantante Belisari (Elio) è il nuovo Zanni del declino italico. Quando, ne Il secondo tragico Fantozzi (1976), Paolo Villaggio reclama la visione di Giovannona Coscialunga contro La corazzata Potëmkin, lancia, sotto le spoglie di  una farsa, il richiamo liberatorio ad una seconda Marcia dei Quarantamila* a cui gl’Italiani s’accoderanno, di lordura in lordura, sino ad oggi.
Elio e le Storie Tese si formarono, loro malgrado, in tale clima, che Altan, con la consueta icasticità, riassunse nella frase: “Dopo il gelo degli anni di piombo godiamoci il calduccio di questi anni di merda”; non solo, ma ebbero a derubricare gradatamente il proprio atteggiamento da provocatore a compiaciuto a complice, tanto da essere finalmente accolti dai ritrovi radiotelevisivi e giornalistici più squallidi (televisioni generaliste, radio da playlist, festival canori ... insomma i consueti, inesausti opifici d’insipienza); tale arrendevolezza era, peraltro, evidente sin dalla scelta del materiale con cui ridere, reazionario e di piccolo cabotaggio. E il segno che siano stati accolti da tali consessi che, di solito, hanno un fiuto finissimo per i loro veri nemici (le libere intelligenze), significa che la proposta da essi offerta (al netto dei meriti musicali già riconosciuti) è, al fondo, di desolante superficialità. I loro strali, infatti, si esercitano sempre contro i modi più facili ed evidenti del provincialismo; i rapporti fra i sessi sono improntati ad una riedizione dei porno fumetti dei Settanta; affiora costantemente, nel tessuto delle canzoni, un certo insinuante criptoleghismo (per significare il lassismo e lo sbraco si ricorre inevitabilmente a frasi idiomatiche romanesche o napoletane); la fucilazione dei fenomeni circensi rimane limitata alla derisione di sicure nullità; la scorticatura dei potenti è un semplice peeling.
Essi traggono linfa, e acclamazione, da quella parte d'Italia giovanilista e terrorizzata dal mondo, ripiegata su se stessa, felice d'essere tagliata fuori dalle correnti più vive della cultura internazionale.

* http://it.wikipedia.org/wiki/Marcia_dei_quarantamila

01 - La terra dei cachi
02 - John Holmes (una vita per il cinema)
03 - Omosessualità
04 - Nessuno allo stadio
05 - Pipppero
06 - La follia della donna
07 - Cassonetto differenziato per il frutto del peccato
08 - Nubi di ieri sul nostro domani odierno (Abitudinario)
09 - Servi della gleba
10 - Born to be Abramo
11 - Cateto
12 - Supergiovane
13 - Disco music
14 - Cara ti amo (Risvolti psicologici nei rapporti fra giovani uomini e giovani donne)
15 - Ti amo campionato
16 - Il rock and roll
17 - Uomini col borsello (Ragazza che limoni sola)
18 - Il vitello dai piedi di balsa
19 - Nella vecchia azienda agricola
20 - Pagàno
21 - Piattaforma
22 - Tapparella
23 - Mio cuggino
24 - Gimmi I.