Creati dalla dissoluzione di alcuni gruppi della costa atlantica (Tod Ashley e Phil Puleo provenivano dai Dig Dat Hole, di Providence; Jack Natz dagli Undead, di New York), i Cop Shoot Cop* riuscirono a formalizzare in una serie di tracce ben definite (addirittura, in Ask questions later, tracce cantabili) una carica iniziale brutale, priva di linee di chitarra e caratterizzata dai martellamenti del doppio basso e dalle percussioni ossessionanti di Puleo.
Questo andamento da martello pneumatico li inserì di prepotenza nella corrente, quanto mai lasca, della musica industriale. Un'attribuzione, però, ampiamente meritata; Smash retro! (con presa per i fondelli di Robert Plant), Burn your bridges, Eggs for ribs o Fire in the hole, dal loro primo, radicale, album, sono metafore sonore di un mondo senza coscienza della propria malattia ed improntato, nei desideri e nelle speranze, alla catena di montaggio. A differenza dei Throbbing Gristle, recentementi esaminati, i Cop Shoot Cop mancano di una visione assolutamente disperante e di una coinvolgente morbosità: essi puntano su una base di ritmi incalzanti sino allo stordimento, sui campionamenti e sulla interpretazione di Ashley, tre elementi che, da soli, bastano ad evocare il guscio orrifico di una società meccanizzata. Se gli inglesi, insomma, registrano uno sfacelo irredimibile e universale (nella tradizione della letteratura distopica del loro paese, da H.G. Wells a J.G. Ballard), gli americani prendono atto, quali cinici cronisti dell'oggi. Questa 'mancanza', tuttavia, è compensata dalla decisa e felice evoluzione sonora che i Nostri imprimono da White noise in poi: le implacabili ritmiche metalmeccaniche di Consumer revolt (che si ritrovano anche nel nuovo disco, basta ascoltare Relief, Discount rebellion, Heads I win tails you lose) virano, a volte, verso ballate che Nick Cave o Mark Lanegan potrebbero recitare con profitto (la bellissima If tomorrow ever comes o Hung again); il tono, in genere, è più variato e alcuni ritornelli fanno propendere verso la forma-canzone canonica.
Nell'ulteriore, monumentale, Ask questions later tale versante è sviluppato nella piena maturità: aprono i giochi due meraviglie assolute come Surprise surprise e Room 429: le ritmiche alla Steve Albini del primo lavoro si sciolgono felicemente in una struttura classica che, pur non rinnegando l'innata radicalità dei Cop, si apre alla riconoscibilità melodica (notevoli in questo senso anche All the clocks are broken, Cut to the chase, con influssi orientaleggianti, e, soprattutto, l'eccezionale Everybody loves you). Tutti i sessanta minuti dell'album, peraltro, non vivono mai di cadute di ritmo o di rendite di posizione (che almeno tre superbe hit gli garantirebbero) e non cedono, di un solo millimetro, rispetto alle scansioni industrial degli esordi. I testi, come sempre laconici e gelidi, contribuiscono alla creazione di uno dei migliori lavori dei Novanta: “Life is so much better when you're dead/Conversation's easy when there's nothing to be said” oppure “Nobody can find you when you're nowhere/Living on the other side of hope”; stralci dall'ennesimo livre de chevet del nichilismo musicale postmoderno.
* Tod Ashley (voce, basso); Jack Natz (basso); David Ouimet (tastiere, campionamenti); Phil Puleo (percussioni); Jim Coleman (campionamenti).
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