I Flipper*, da San Francisco, ad onta della loro produzione di studio, scarna e diluita nel tempo, sono uno dei gruppi più influenti della musica americana (Shutter e DePace provenivano da un'altra formazione seminale del tempo, i Negative Trend – i cui altri due membri, Craig Gray e Tim Mooney, fondarono i Toiling Midgets).
Eccezionali dal vivo, per giudizio unanime dei maggiori protagonisti della scena hardcore, a cominciare da Henry Rollins, la loro fama, nei lavori in studio, riposa quasi esclusivamente sull'album Generic, ma, in realtà sia Gone fishin' che American grafishy, senza raggiungere le altezze di quel caposaldo, sono al passo col predecessore; persino il postremo Love, pur nella mancanza di episodi di punta, non sfigura accanto alla vecchia gemma.
Generic è un baccanale quasi giocoso: da Ever a Life a Shed no tears a The way of the world i pezzi si caratterizzano per un incedere sferragliante e slabbrato che solo la linea di basso, come un timoniere nella tempesta, cerca di tenere in rotta; il pachiderma sonoro, caracollante e sbuffante, può decelerare in una sorta di slowcore alla Melvins (I saw you shine) o eccitarsi in una sarabanda inusitata, con tanto di sassofono (Sex bomb). Il successivo Gone fishin' appare più cupo e ignora l'irruente baldanza del predecessore; non mancano, tuttavia, i capolavori: The light, the sound, the rhythm, the noise, alla Joy Division; i singulti jazz di First the heart; gl'ipnotici giri di basso di In life, my friends (che ricorda certe tirate di Neu 2), la finale e straziante One by one in cui la patina drammatica donata dalle percussioni e dai rimbombi di basso sembra un epitaffio all'era hardcore, chiusasi con una sconfitta.
Dopo la morte di Shutter i nostri si riorganizzano con Dougherty al basso: in piena era grunge esce American grafishy. Il lavoro fu variamente giudicato: a distanza di anni possiamo valutarlo davvero notevole. Difficile trovare punti di cedimento, da Someday a Fucked up again a Distant illusion sino alle più facili, ma irresistibili Exist or else, Flipper twist o We're not crazy (che ho ascoltato con piacere centinaia di volte). In realtà American grafishy spezzerebbe le reni alla quasi totalità dei lavoretti grunge-mainstream del periodo – per la sincerità e la ruvida grazia delle melodie – ma, in ossequio all'aureo luogo comune per cui ogni periodo ha i suoi eroi, non sta bene dirlo.
Love, a distanza di quasi trent'anni dal primo lavoro, si giova dell'apporto dell'ex Nirvana Novoselic; il risultato risente, come detto, della mancanza di una traccia davvero trascinante e caratterizzante, ma il monolite Old graves dà tono a tutta l’opera.
Rimarchevoli anche i singoli dei primi anni Ottanta (riuniti nell'ottimo Sex bomb baby), a cominciare da Love canal e Ha ha ha, inni che inaugurarono il loro stile inconfondibile, un viluppo sonoro rallentato, pericolante, implacabile.
* Bruce Loose (voce, basso); Will Shutter (voce, basso), morto nel 1987, sostituito da John Dougherty su American grafishy e Krist Novoselic su Love; Ted Falconi (chitarra); Ted DePace (batteria)
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