venerdì 30 marzo 2012

Can - Free concert (1972-1973)/Live in Stuttgart (1975)/Radio waves (1997; rarities 1969-1972)


Un concerto tenuto presso la loro città d’origine nel 1972 (Free concert, con l’aggiunta di un concerto europeo del 1973; con Damo Suzuki e tre brani da Tago Mago), un bootleg (registrato a Stoccarda, senza Damo Suzuki; due pezzi da Future days e Soon over Babaluma più due improvvisazioni di venti e trenta minuti) e una raccolta di rarità (Radio waves, anni 1969-1972, in cui spiccano i trentacinque minuti di Up the Bakerloo line with Anne, già proposto nelle loro BBC sessions) sono le posterule secondarie a cui accedere al magnifico tempio dei Can.
Come chiunque sa, si formarono a Colonia alla fine degli anni Sessanta: due maturi allievi di Karl-Heinz Stockhausen, il pianista Irmin Schmidt e il bassista Holger Czukay, l'altrettanto navigato Jaki Liebezeit (batteria, proveniente dal free-jazz), il più giovane Michael Karoli (chitarra, allievo a sua volta di Czukay) e l’afroamericano Malcom Mooney (che ideò il nome del gruppo) poi sostituito dal vagabondo giapponese Damo Suzuki, reclutato, per uno di quei miracoli artistici impossibili eppure reali, mentre i Nostri sorseggiavano un caffè presso un locale di Monaco.
Karl-Heinz Stockhausen, un nome che è l’avanguardia musicale del Novecento, perfezionista, esteta, allievo del grande Olivier Messiaen; Stockhasen, quello che teneva seminari per Grace Slick e Jerry Garcia e fu avvistato ad un concerto dei Jefferson Airplane: quelli furono tempi gravidi di possibilità - tempi in cui un pugno di crucchi maturati in questo brodo accademico, suggestionati dalle prime sperimentazioni rock e amanti degli influssi etnici (il capolavoro Canaxis 5 di Czukay è del 1968), potevano creare, con l’ausilio di un paio di sciroccati fuori sede, alcune delle opere fondamentali del secolo passato.
La loro produzione fu discontinua, altalenante e dispersiva: alcune gemme sono tuttora poco ascoltate. Rimangono, come i Faust, diversi da tutti, anche da quei corrieri cosmici che rappresentarono una delle più fulgide alternative al mainstream dei Settanta.
Impossibile definire univocamente il fascino del loro suono che vi costringerà a seguirli, con stupefatta ammirazione ed immutato piacere, anche nelle tracce più impegnative ed estese.
Non rimane che ascoltarli.

martedì 27 marzo 2012

VV.AA. - A cure for the blues vol. 3 (2012)

" ... I really love that guitar solo in Reaching upwards ... "

Who - Young man blues
Lou Reed - Blue mask
Brian Eno - King’s lead hat
Tim Buckley - Driftin’
Gong - Witch’s song/I’m your pussy
Clash - Lose this skin
Anekdoten - Thoughts in absence
Violent Femmes - Hallowed ground
Cat Power - He war
Ultramarine - Kingdom
Lida Husik - Halloween
Upskirts of Infinity - Reaching upwards
Belle & Sebastian - The stars of track and field
XTC - Making plans for Nigel
Mountain Goats - Tallahassee
Mission of Burma - Weatherbox
Sonic Youth - Teenage riot
Fugazi - Waiting room
Neutral Milk Hotel - King of carrot flowers part 2 & 3
Dead Kennedys - Holiday in Cambodia
Dream Syndicate - The days of wine and roses
Dinosaur Jr. - Don’t
Hüsker Dü - Reoccurring dreams
Rage Against the Machine - Renegades of funk
Pere Ubu - Humor me
Terza (e penultima?) puntata della cura per la tristezza (anche se ne farò un'ulteriore edizione kraut).
Numero tondo: 25 canzoni, con due cover, una degli Who (da Mose Ellison) e una dei Rage Against the Machine (da Afrika Bambaata e Soul Sonic Force).
Se le conoscete tutte consideratevi da subito uomini e donne dabbene, crema del mondo e sale della terra; se vi sembrano familiari venti di queste (80%) siete, senza ombra di dubbio, ragazzi bennati e lodevoli; se ne conoscete 15 (60%) dovrete studiare, e di brutto; se crollate al 40% (10 su 25) siete dei bruti e la redenzione è lontana, ma possibile: applicatevi; se registrate percentuali inferiori lo scopo della vostra vita in questa valle di lacrime è alquanto nebuloso: avete mai provato a trattenere il respiro per cinque minuti? Fatelo, ve ne saremo grati.

domenica 25 marzo 2012

CoH - Seasons (2003)


Russo di nascita, ma svedese di adozione sin dalla metà degli anni Novanta, Ivan “CoH” Pavlov (CoH, pare, sia cirillico per sogno o sonno) perviene con Seasons alla maturità dopo gli esordi legati alla techno e all’elettronica glitch ovvero alla musica sperimentale costruita su materiale sonoro derivato da errori digitali, rumori, falle di sistema.
Seasons si compone di quattro quadri perfetti, di eguale lunghezza (circa dieci minuti) e similmente strutturati: in ciascuno d’essi uno strumento classico si contrappone ad un elemento sonoro non  tradizionale in modo da creare un apparente effetto di discrasia e straniamento.
In The colour of beauty - Summer is red, secondo lo schema anzidetto, il violino tormentato risponde ad una serie di effetti elettronici; l’atmosfera è sospesa ed ominosa, tipica di un meriggio canicolare.
Nella successiva As ripe as Autumn's tears le registrazioni di una pioggia campestre si alternano ai rarefatti tocchi di un pianoforte, come se dai rami d’un albero (quello della copertina?) sgocciolassero lentissimi i depositi del rovescio autunnale.
In Winter brooding underneath il ronzio di un drone, sempre più circolare e minaccioso, sovrasta l’agitarsi d’un violoncello - il nascente, ma imperioso risveglio della vita entro il grembo della morta stagione.
Springs come shooting - make love, make war vede le impetuose fluttuazioni sonore generate da un computer mutarsi in un assolo per chitarra elettrica che, infine, rovina su se stesso – in altre parole la continua ed irresistibile metamorfosi della primavera, quella che il poeta Dylan Thomas chiamava “the force that through the green fuse drives the flower”, la forza che per il verde stelo spinge il fiore.
Come i titoli dei brani fanno largamente intravedere, il primo livello evocativo (l’aspetto naturale), coesiste felicemente con una seconda lettura per cui i quattro momenti valgono anche come impressioni psicologiche di cui le stagioni sono correlativo. Ascriviamo volentieri al musicista russo questo ulteriore merito.

giovedì 22 marzo 2012

Swans – Discografia completa 1/3: Filth (1983)/Cop (1984)/Greed (1986)



Fondati a New York da Michael Gira e Jonathan Kane, nei primi anni Ottanta, gli Swans* hanno dato vita, in quasi trent'anni (l'ultimo disco, dopo quattordici anni di silenzio è del 2010), a una delle discografie più radicali ed impervie mai esibite dal rock.
Discendono dai Chrome, preconizzano l'industrial più cupo (quello dei Cop Shoot Cop, ad esempio), e, ideologicamente, sono affini ai Throbbing Gristle; pur privi del fascino nichilista e morboso degli inglesi, essi calcano però, consapevolmente, i sentieri da loro tracciati nei territori più desolati dell'animo umano; anzi, l'impressione è che, dopo le vociferazioni di Genesis P. Orridge e compagni, tutto sia stato detto o fatto: non rimane, da un luogo eminente che abbracci la sconfinata desertificazione dell'umanità attuale, che decretare la fine della speranza e recitare le ultime definitive litanie funebri. Il turiferario Michael Gira, su un tappeto di chitarra noise e d'una monumentale sezione ritmica, declama, angoscioso, il desolante lascito testamentario sulla“più perniciosa razza di ributtanti vermiciattoli cui la natura abbia mai permesso di strisciare sulla terra”*.
Filth (Right wrong, Stay here, Gang) è una collezione di disperanti trenodie; Cop ripete la struttura della precedente opera, ma, se possibile, ne accentua le cadenze rituali: il suono è più rallentato e massiccio, grazie alla chitarra di Westberg che amplia il suo imperio, con distorsioni e feeback inesorabili (Your property, Thug, Cop, una Half life alla Black Sabbath); Gira ruggisce come un predicatore millenarista.
Siamo in territori di confine; oltre non si trova che la dissoluzione, musicale e concettuale. Un passo decisivo di fronte al quale letterati, filosofi e scienziati sommi vacillarono: alcuni scelsero il silenzio; altri il gran rifiuto, i più conseguenti s'incamminarono oltre. Fuori dell'angusto cono di luce della ragione umana ci si spinge a proprio rischio: il prezzo da pagare è enorme: Nietzsche e Cantor, fra gli altri, impazzirono coerentemente; Huysmans si gettò ai piedi della croce (l'alternativa era un proiettile nel cervello); Gira si ritrae dall'orizzonte degli eventi che rischiava di inghiottirlo (e di indurlo artisticamente alla catatonia e all'autoparodia) e, grazie alla collaborazione di Jane Jarboe (voce e tastiere; sua compagna anche nella vita), derubrica l'impatto delle prime incursioni in un suono più sommesso, vicino ad alcuni accenti di Black Tape for a Blue Girl, ma, a differenza di questi, semplice e austero come un chiaroscuro d'architettura gotica; la bellissima Fool, lenta e profonda come una processione liturgica, assieme a Greed e Heaven, riassumono la nuova estetica degli Swans.
Nei capitoli successivi tale svolta partorirà i capolavori Children of god e White light from the mouth of infinity, che pubblicheremo (assieme a tutti gli album e gli EP di studio).

* Michael Gira, voce; Harry Crosby, basso; Norman Westberg, chitarra; Jonathan Kane, batteria; Roli Mosimann, batteria; Jane Jarboe (Greed), tastiere.
** Jonathan Swift, Gulliver's travels (righe finali dell'episodio di Brobdingnag).

mercoledì 21 marzo 2012

Krautrock party vol. 3 - Ejwuusl Wessahqqan - Ejwuusl Wessahqqan (1975)/Tyll - Sexphonie (1975)/Seedog - I hope to see you (1974)

Ejwuusl Wessahqqan

Ejwuusl Wessahqqan: il nome deriva da quello d'un personaggio delle novelle di Clark Ashton Smith, autore fantastico d'ispirazione lovecraftiana. Gruppo semisconosciuto di Monaco strutturato alla Egg, senza chitarra e con tastiere in forte evidenza (di Michael "Hieronymus" Winzker); gli esiti ricordano certa psichedelia allucinata alla German Oak (come nella jam Hobbl-Di-Wobbl). Il disco originale del 1975 si compone di quattro tracce; in seguito, nella riedizione in CD, ne aggiungeranno altre quattro, le prime due sempre a firma Ejwuusl, le altre come Koala-Bär, gruppo nato dalla dissoluzione della prima formazione.

Michael "Hieronymus" Winzker, tastiere; René Filous, basso; Jürgen "Yogi" Wollen, batteria.

Tyll: Sexfonie è l'unico prodotto di tale gruppo originato da membri dei Royal Servants e Eulenspygel. Bizzarria in cui vengono miscelati ritmi orientali, folk, spunti psichedelici. Da sentire.

Michael Scherf, voce; Ulrike Schempp, voce; Susanne Schempp, voce; Det Fonfara, chitarra; Achim Bosch, basso; Günter Klinger, batteria.

Seedog: ensemble berlinese, in cui confluirono musicisti di Agitation Free e Lied des Teufels, autore di un rock ordinario e piacevole, derivato dalla scena californiana coeva.

Klaus Pankau, voce, chitarra; Lothar Muschinski, voce, chitarra; Jörg Hahnfeld, basso, chitarra acustica; Dietmar Burmeister, batteria, percussioni; Michael Sauber, sassofono tenore e soprano, flauto; Bernie Schumacher, sassofono tenore.


martedì 20 marzo 2012

Trumans Water - Spasm smash XXX0X0X ox and ass (1993)/Godspeed the punchline (1993)/Peel sessions (1995)


Signore e signori, gli sgangheroni. Messi insieme durante i primissimi anni Novanta, i Trumans Water (Kirk Branstetter, chitarra; Glen Galloway, voce, chitarra; Kevin Branstetter, basso; Ely Moyal, batteria) rappattumano da subito un paio di EP in cui, fieramente, rivendicano, forse a loro insaputa, il primato della melodia sbrindellata, del giro strumentale raffazzonato, dell'andamento alticcio.
Dopo un primo album, Of thick tum, del 1992, i californiani celebrano la propria estetica strimpellata nel doppio Spasm smash. Già dalla prima traccia, Aroma of Gina Arnold (8'19''), essi improvvisano una jam strutturata davvero con spasmi chitarristici, reiterazioni insistite, rapidissimi ghirigori, cesure dissonanti da cui ripartire con le peculiari tirate, tintinnanti e fuori registro. Questo non impedisce creazioni quasi ortodosse (Speeds exciting, Our doctors think we're blind, K-song mindstar forklift), ma la cifra estenuante della loro arte si ritrova in Athlete who is suck o nel girotondo allucinato di Rations, condito da urla sgraziate, o in Death to death things in cui cercano, con successo, tramite la ripetizione sferragliante di alcune frasi musicali, di saturare l'orecchio dell'ascoltatore e gettarlo nella costernazione più attonita. L'impressione generale retrospettiva di tale orgia d'elettricità sbilenca è, però, grandiosa: nella sua ossessività (dei suoi ottanta minuti) conduce fisicamente a riconsiderare i limiti delle proprie esperienze sonore.
Non mancano, peraltro, le sorprese: la traccia finale, The sad skinhead, è una cover dei Faust (da Faust IV); quella precedente, apparentemente incongrua nel titolo, Bladder stomp - Krautrock sembrerebbe ispirata più che da Krautrock (sempre dallo stesso lavoro dei Faust) dalle parti chitarristiche di Barrett su Interstellar Overdrive: ne vien fuori, al netto dell'iniziale crescendo, uno strumentale acido ed astratto, uno degli apici dell'intera opera.

domenica 18 marzo 2012

My Bloody Valentine - EP 1985-1987/EP 1988-1991

Formatisi a Dublino nella prima metà degli anni Ottanta, My Bloody Valentine sono unanimente noti per la coppia Isn't anything e Loveless, registrati alla fine della decade.
Il loro suono, uno dei più caratteristici ed innovativi, è sostanziato, in tale fase più matura, da cascate di feedback chitarristici, distorsioni, e, pur secondariamente, da interventi elettronici: il risultato è un mantra celestiale e mesmerico, a tratti più apparentato alla nuova psichedelica che agli spigoli rock (e, in questo ultimo ambito, più ai Cocteau Twins che ai Jesus and Mary Chain).
I due album citati sono largamente diffusi in rete; non è così per gli EP: ho cercato, per quanto possibile, di ricostruire cronologicamente il progressivo formalizzarsi dello stile dei My Bloody Valentine (in parallelo coi cambi di formazione): dagli inizi, debitori della nuova corrente dark-wave (con influenza dei Cramps), sino alla svolta del 1987-1988, con l'ingresso in formazione della chitarrista Bilinda Butcher e la registrazione di You made me realise e Feed me with your kiss. 

1985 - This is your bloody valentine (David Conway, voce; Kevin Shields, chitarra, Colm O'Ciosoig, batteria; Debbie Googe, basso; Tina, organo)

01 - Forever and again
02 - Homelovin' guy
03 - Don't cramp my style
04 - Tiger in my tank
05 - The love gang
06 - Inferno
07 - The last supper

1985 - Geek!

01 - No place to go
02 - Moonlight
03 - Love machine
04 - Sandman never sleeps

1986 - The new record by My Bloody Valentine

01 - Lovelee sweet Darlene
02 - By the danger in your eyes
03 - Another rainy Saturday
04 - We're so beautiful

1987 – Sunny Sundae smile

01 - Sunny Sundae smile
02 - Sylvie's head
03 - Paint a rainbow
04 - Kiss the eclipse

1987 - Strawberry wine (Bilinda Butcher, chitarra; Kevin Shields, chitarra; Deborah Googe, basso; Colm O'Ciosoig, batteria)

01 - Strawberry wine
02 - Never say goodbye
03 - Can I touch you

1987 – Ecstasy

01 - She loves you no less
02 - The things I miss
03 - I don't need you
04 - (You're) Safe in your sleep (by this girl)
05 - Clair
06 - You're got nothing
07 - (Please) Lose yourself in me

1988 – Feed me with your kiss

01 - Feed me with your kiss
02 - I believe
03 - Emptiness inside
04 - I need no trust

1988 – You made me realise

01 - You made me realise
02 - Slow
03 - Thorn
04 - Cigarette in your bed
05 - Drive it all over me

1990 – Glider

01 - Soon
02 - Glider
03 - Don't ask why
04 - Off your face

1991 – Tremolo

01 - To here knows when
02 - Swallow
03 - Honey power 
04 - Moon song


 

venerdì 16 marzo 2012

American punk-hardcore 1980-1986 vol. 7 (Connecticut-DC-Maryland-Massachussetts-New Jersey-Vermont) - 1^ parte/2^ parte



76% Uncertain - Critic (1985)
76% Uncertain - Another (1985)
Bad Attitude - Holy war (1985)
CIA - Commie control (1983)
CIA - Violence (1984)
CIA - Who cares (1983)
Fatal Vision - Bloodbath (1985)
Fatal Vision - Fatal Vision (1985)
Lost Generation - Mind control (1982)
Lost Generation - Silent strangers (1982)
Reflex from Pain - Chemicals (1983)
Reflex from Pain - Media control (1983)
Reflex from Pain - Urban decay (1983)
Seizure - Guns (1985)
Seizure - Slaughterhouse (1985)
Vatican Commandos - Hit squad for God (1983)
Vatican Commandos - Wonder bread (1985)
Violent Children - Violent Children (1983)
White Pigs - Dropout (1984)
White Pigs - Kill kop (1984)
White Pigs - Pigs theme (1984)
Youth Korps - Get a gun (1982)
Youth Korps - Hang on Belushi (1982)

MARYLAND

Bollocks (Baltimore) - All rock stars should be drafted (1982)
Bollocks (Baltimore) - War on drugs (1982)
Law 'n' Order (Baltimore) - Money (1982)

MASSACHUSSETS

All White Jury - Mind control (1983)
All White Jury - Phi Kappa wanker (1983)
Cancerous Growth - Be yourself (1985)
Cancerous Growth - No chance (1985)
Decadance (Boston) - Slam (1982)
Deep Wound - Deep Wound (1983)
Deep Wound - Don't need (1983)
Deep Wound - Lous anxiety song (1983)
DYS (Boston) - Circle storm (1983)
DYS (Boston) - More than fashion (1983)
DYS (Boston) - Wolfpack (1983)
Gang Green (Boston) - Have fun (1982)
Gang Green (Boston) - Kill a commie (1982)
Gang Green (Boston) - Lie lie (1982)
GG Allin (Boston) - Gimme some head (1982)
GG Allin (Boston) - Hard cock candy (1984)
Grinoids (Boston) - Angel (1982)
Grinoids (Boston) - Empty skull (1983)
Impact Unit (Boston) - Complaint (1984)
Impact Unit (Boston) - My friends-The pit (1984)
Jerry's Kids (Boston) - Machine gun (1983)
Jerry's Kids (Boston) - Straight jacket (1982)
Jerry's Kids (Boston) - Uncontrollable (1982)
Negative FX (Boston) - Government war plans (1982)
Negative FX (Boston) - Might makes right (1982)
Negative FX (Boston) - Negative FX (1982)
Outpatients - GPD (1984)
Outpatients - Land of the lost (1984)
Psycho (Boston) - Destruction (1984)
Psycho (Boston) - Love me (1986)
Siege - Cold war (1985)
Siege - Sad but true (1985)
Slapshot (Boston) - Straight in your face (1986)
SS Decontrol (Boston) - Boiling point (1982)
SS Decontrol (Boston) - Fight them (1982)
SS Decontrol (Boston) - Wasted youth (1982)
The Freeze (Boston) - Boston not LA (1982)
The Freeze (Boston) - Idiots at happy hour (1982)
The Freeze (Boston) - Sacrifice not suicide (1982)
The Fus (Boston) - The CETA sucker (1982)
The Fus (Boston) - Peer police (1982)
The Fus (Boston) - Time is money (1982)
The Proletariat (Boston) - Options (1982)
The Proletariat (Boston) - Religion is the opium of the masses (1982)

NEW JERSEY

Accelerators - Reaganomics fuck off (1984)
Adrenaline (OD) - Infiltrate the State (1985)
Adrenaline - Love song (1985)
Adrenaline - Paul's not home (1981)
Bedlam - Mongoofy (1985)
Bedlam - Knife in my back (1985)
Bodies in Panic - Bodies in Panic (1984)
Bodies in Panic - This ain't rock 'n' roll (1984)
Child Abuse - Live too fast (1983)
Child Abuse - Life to them (1983)
Children in Adult Jails - Houseoweenies (1985)
Chronic Desorder - Blood and honor (1983)
Chronic - Waiting (1985)
Chronic Sick - Dress code (1982)
Chronic Sick - There goes the neighborhood (1982)
Cyanamid - NJ is a mall (1985)
Detention - Start (1984)
Drunk Injuns (Santa Cruz) - Question authority (1983)
Fatal Rage - Die Lady Di (1983)
Fatal Rage - Struggle (1983)
Genocide - Bad name (1983)
Genocide - Peggy's got a problem (1983)
Hogan's Heroes - Corporate life (1985)
Hogan's Heroes - Drugs (1985)
Misfits - Ghouls night out (1980)
Misfits - Green hell (1983)
Misfits - Horror hotel (1980)
Mourning Noise - Underground zero (1982)
My 3 Sons - People who bleed (1985)
Pleased Youth - Nightmare reality (1985)
Pleased Youth – Obedience school (1985)
Psychos - Before (1985)
Rosemary's Babies - Blood lust (1982)
Rosemary's Babies - I'm gonna be sick (1982)
Sacred Denial - Sacred Denial (1985)
Sacred Denial - What religion (1985)
Sand in the Face - I wanna be dead (1983)
Stetz - MADD (1985)
Stetz - Top secret (1985)
Suburbicide - Fugitive (1982)
The Burnt - Midland Park police (1986)

VERMONT

The Wards – Pershing two (1984)
The Wards - Poison gas (1984)

WASHINGTON DC

Artificial Peace (DC) - Artificial Peace (1982)
Artificial Peace (DC) - Outside looking in (1982)
Bad Brains (NY-DC) - How low can a punk get (1982)
Bad Brains (NY-DC) - Pay to cum (1980)
Bad Brains (NY-DC) - Sailin' on (1982)
Beaver - Georgetown sucks (1981)
Beaver - Trendy (1981)
Black Market Baby - Potential suicide (1981)
Deadline - Stolen youth (1982)
Double O - Putting DC on the map (1983)
Double O - The end (1981)
Government Issue - Cowboy fashion (1981)
Government Issue - No rights (1983)
hate from Ignorance - Through posterity (1982)
Iron Cross - New breed (1982)
Iron Cross - Wargames (1982)
Malefice - Lost sheep (1983)
Malefice - Overboard (1983)
Marginal Man - Identity (1984)
Marginal Man - Marginal man (1984)
Media Disease - Life unfullfilled (1982)
Media Disease - Redneck asshole (1982)
Media Disease - Sit down (1982)
Minor Threat - Filler (1981)
Minor Threat - Stand up (1982)
No Trend - Mass sterilization (1983)
No Trend - Teen love (1983)
Nuclear Crayons - Nuclear Crayons (1982)
Red C - Assassins (1982)
Red C - Pressures on (1982)
Scream - Came without warning (1982)
Scream - U. suck A./We're fed up (1982)
Scream – Fight/American justice (1982)
SOA - Disease (1982)
SOA - Lost in space (1981)
Social Suicide - Beat them (1982)
Social Suicide - Born again (1982)
Teen Idles - I drink milk (1982)
Teen Idles - Teen Idles (1981)
The Faith - Face to face (1982)
The Faith - You're x'ed (1982)
The Untouchables - Nic fit (1982)
The Untouchables - The patrol (1982)
United Mutations - DC screws the world (1982)
United Mutations - Out of hand (1982)
Void - Black Jewish 'n' poor (1983)
Void - Who are you-Time to die (1982)
Youth Brigade - It's about time (1982)
Youth Brigade - Moral majority (1982)

giovedì 15 marzo 2012

Steve Hillage - BBC live sessions 1976-1979



04.12.1976 (Paris Theatre)
 
- Hurdy Gurdy Glissando
-
The Salmon Song

28.04.1979 (Paris Theatre)

- Unidentified (Flying Being)
- Radio
- New Age Synthesis
- Electric Gypsies
- It's All Too Much
- 1988 Activator
- Crystal City
- Activation Meditation
- The Glorious Om Riff




mercoledì 14 marzo 2012

Tre nuove proposte: The Star Pillow - Fattore ambientale (2012)/Peopling/FluiD-John 3:16


The Star Pillow - Fattore ambientale (2012)

I due musicisti presentano il disco: "Il lavoro segna la collaborazione di Paolo [Monti] con un vecchio amico dei tempi del liceo, il pianista Federico Gerini. Sull'onda dell'interesse suscitato da due live quasi totalmente improvvisati, di cui uno come apertura ai Fuzz Orchestra, importante gruppo dell'area rock alternativa europea, Paolo e Federico si riuniscono a fine 2011 ... lavorando su alcune piccole bozze compositive, espandendole fino a renderle il più possibile visive, ciascuna con la sua storia da raccontare. Il risultato finale è di ben 70 minuti di musica. Il lavoro di Federico, a tratti minimale, a tratti jazzistico è stato quasi interamente improntato sul suono di un rhodes e di un piano digitale trattato. Per quel che riguarda le chitarre Paolo è partito da un concetto di colore e densità piuttosto che musicale, cercando di lavorare ad un chitarrismo generativo (per dirla con le parole del padre della musica Ambient, Brian Eno...) che sfruttasse il looping senza condividerne l'inespressiva ripetizione, unito ad un sapiente lavoro con archetto ed e-bow.
Dentro al disco ci sono tanti riferimenti: Kid a e Amnesiac dei Radiohead, le colonne sonore di Angelo Badalamenti e Thomas Newman, Michael Nyman, Miles Davis, Steve Reich e il minimalismo americano, ovviamente Brian Eno e la musica
ambient di fine '70 - inizio '80 e tanto altro."


Peopling - Peopling (2011)

Artista di Bushwick (Brooklyn, New York), Peopling propone una miscela noise-elettronica molto spinta, sicuramente interessante. 
Rintracciabile presso il sito; Facebook e iTunes

FluiD-John 3:16 - The pursuit of salvation (2011)

Il disco è un notevole 12'' che riunisce cinque tracce, tre di FluiD (industrial/dub/ambient, vero nome Chris Gilmore da Chicago, Illinois), due di John 3:16 (Post rock/ambient/drone, vero nome Philippe Gerber), entrambi artisti della Alrealon Musique.
Per i curiosi, il vangelo di Giovanni, capitolo 3, versetto 16 recita: "Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna".
Sito di Fluid e di John 3:16

The Star Pillow
Peopling
FluiD - John 3:16

martedì 13 marzo 2012

Polvo - Cor-crane secret (1992)/Today's active lifestyles (1993)


I Polvo (Ash Bowie, chitarra; Dave Brylawski, chitarra; Steve Popson, basso; Eddie Watkins, batteria) si formano a Chapel Hill, nel North Carolina; sono conterranei, quindi, dei Rodan.
I loro primi due album sono, di fatto, una collezione di brevi jam inclassificabili basate, principalmente, sugli infuocati duetti chitarristici, dove, però, entrambe le linee strumentali  seguono vie tutte proprie rifiutandosi di formalizzarsi in melodie determinate; anzi, l'effetto precipuo suscitato è quello dell'improvvisazione non ancorata né a rispetti formali evidenti né a nette influenze musicali (al contrario dei Rodan su cui il cono d'ombra degli Slint si staglia netto). Potrebbero invocarsi i Sonic Youth (Vibracobra, Can I ride), ma il lavoro di Bowie e Brylawski, pur incessante, appare ancora più fratturato rispetto a quello del gruppo di Thurston Moore, composto com'è di cambi di direzione, saliscendi, ritorni, brevi riff brucianti. Dopo l'ascolto, a nostra memoria, rimane poco, se per memoria s'intende, volgarmente, la memoria d'un particolare ritornello o gioco di bravura, tanto le brevi tracce sono articolate al loro interno e articolate secondo un disegno non manifestamente riconoscibile. Solo Can I ride (forse per questo uno dei loro pezzi più conosciuti) può far eccezione.
L'anno dopo i Nostri licenziano Today's active lifestyles che, già dall'iniziale Thermal treasure, ripropone, irrobustita e senza pudore, l'attitudine del lavoro precedente. Attacchi sbilenchi, strozzature, riprese e reiterazioni strutturano il complesso organismo della traccia: quattro minuti e mezzo! Ascoltare i Polvo è come passeggiare, con scarpe leggere, per un serpentino acciottolato di campagna: una svolta improvvisa, un sasso più irregolare degli altri che attenta alle caviglie, un cespuglio che nasconde il prosieguo del sentiero, una diramazione che finisce nel nulla, uno sgombro rettilineo polveroso, una breve sosta all'ombra. L'iperblues elettrico e trasfigurato dei Polvo si ferma un attimo prima del precipizio, della destrutturazione piena: siamo in zona Beefheart; e certe partiture sembrano suonate da Zoot Horn Rollo e Antennae Jimmy Semens. Stinger (five wings), Sure shot, Lazy comet, Gemini cusp aggiungono gloria all'intera operazione.
Nonostante l'incedere del tempo (e dei tempi) i Polvo faticheranno a normalizzarsi concedendoci almeno tre notevoli opere, Exploded drawing, Shape e il recente In prism (2009; vedi la recensione di Webbatici).

domenica 11 marzo 2012

Public Image Limited - Second edition (1980)/Flowers of romance (1981)

I Public Image Limited (John Lydon, voce; Keith Levene, chitarra; Jah Wobble, basso; Jim Walker, batteria, poi sostituito da Martin Atkins) segnarono il dissolversi del frenetismo punk nella glaciale psicopatia postmoderna; qualsiasi opposizione al Sistema, seria o velleitaria, era dismessa: l'uomo massa si preparava ad affrontare il decisivo assalto alla propria residua affettività.
Fra le ingenue provocazioni di Never mind the bollocks e Second edition (pubblicato l'anno prima come Metal box) passano solo due anni, ma un'intera generazione musicale (la nuova dark wave, insulare e poi continentale, ricca di freddi ritmi martellati, ballabili, decadenti, cfr. French coldwave).
La prima traccia di Second edition, Albatross, rimane un caposaldo della nuova musica pensata dal vecchio Rotten. Più che ad una canzone si assiste ad una confessione straziante, ma sorvegliata,  resa in un paesaggio sonoro desolato e grigiamente uniforme che di quella confessione è il correlativo oggettivo. La chitarra fratturata di Levene e la voce di Lydon, svincolata da qualsiasi cantabilità empatica e calorosa, sono i creditori di tale architettura catatonica; il basso pulsante di Wobble, d'altro canto, dona una ritmica accattivante a quella forma altrimenti scostante nella sua freddezza nichilista e consente di plasmare una sorta di dark-dub inaudito. Pop tones, No birds, Graveyard, The suit oppure Bad baby (straniata da tastiere spettrali) sono ulteriori manifestazioni di questa poetica dilavata dalle emozioni.
Are we men?. We are P.I.L.” potrebbero rispondere i Nostri; a differenza dei mattacchioni di Akron, Lydon e compagni, però, non hanno vasi da fiori in testa e latitano nella goliardia; il loro programma, da intellettuali consapevoli, è quello di restituire artisticamente il disseccamento spirituale degli attori della postmodernità ridotti oramai ad automi scossi esclusivamente dalle scariche galvaniche della pubblicità e della propaganda. Le pareti fra l'umanità libera e quella rinchiusa nelle camere imbottite sono rette solo dalla convenzione.
Il secondo volume di questa tragica presa d'atto, Flowers of romance, abbandona, in parte, il ritmo pastoso del basso di Wobble e punta sulle controllatissime percussioni di Atkins (Flowers of romance, Under the house), che scandiscono come tamburi funebri le filastrocche psicopatiche di Lydon, come in Banging the door e nell'eccezionale Four enclosed walls, flusso di coscienza per batteria e voce.
Come un paziente reduce da un elettroshock, Lydon declama inascoltato l'avvento di un Moloch disumano.

venerdì 9 marzo 2012

Velvet Underground - Velvet Underground live with Lou Reed (1969)


Cosa devono i Velvet Underground al mentore Andrew Warhola (1928-1987)? Quasi nulla.
L'importanza storica del creatore dell'arte popolare per ricchi fu incalcolabile; il suo impatto sul costume postmoderno enorme; il suo rilievo artistico assomma a zero*.
Egli nacque come grafico pubblicitario e si mosse tutta la vita in quell'ambito effervescente e volatile. Comprese, prima di tutti, la potenza della persuasione occulta e la sfruttò con cinica determinazione. Questo il primo, decisivo, impulso alla sua carriera folgorante. L'America, terra promessa, terra senza storia, già abbondava di icone pubblicitarie, ovvero di individui e oggetti trasformati, per il puro esercizio commerciale, in simboli che potessero muovere la classe media al consumo. Egli si impadronì di tali feticci, li riprodusse serialmente e li fece propri segnandoli con vivaci coloriture (impiastricciandoli di colori primari come usa tra gli infanti). In tal modo l'effetto pubblicitario originale risultava non raddoppiato, ma reso al quadrato. Attori hollywodiani, barattoli di zuppe o biscotti, politici, mogli di politici defunti, bevande, egli stesso (negli autoritratti), furono le cavie di tale moltiplicazione mortuaria in cui egli rivendeva ciò che era stato pensato (da menti eccelse) per essere venduto al mondo intero. Tali reiterazioni non erano assolutamente al servizio d'una polemica anticapitalista o d'una, pur blanda, destrutturazione della società contemporanea; anzi egli voleva in tal modo glorificare la democrazia e, in special modo, la vorace, ossessiva democrazia americana: l'ultimo degli Americani e il loro Presidente bevono la stessa Coca-Cola: questo era per lui il segno della partecipazione egalitaria dei cittadini ad un progetto millenarista di prosperità e benessere. D'altra parte come poteva egli smentire la struttura sociale che l'aveva accolto e ricoperto di dollari, lui, povero immigrato ruteno che, a stento, a scuola, compitava inglese?
Fu appoggiato entusiasticamente da una critica militante e fanatica che elaborò sottigliezze filosofiche sul nulla (una volta i Pink Floyd portarono sul palco un sacco di patate e con quelle presero a percuotere i gong. I gonzi rimasero estasiati e trovarono, stavolta dal sacco della propria ignoranza, significati inesistenti: Waters, intanto, sghignazzava dietro le quinte).
Il ricco pubblico della Nuova York, la capitale del mondo, impazzì: finalmente un movimento artistico genuinamente americano: basta con i succubi di quell'Europa pesante di storia che reclamava, pur in modo residuale, la tirannia delle scuole e dell'apprendistato decennale. S'avanzi il concetto sbarazzino, la trovata. I mercanti si misero al lavoro, trovarono complici universali. I dollari cominciare ad affluire in massa: Warhol organizzò una factory, un gruppo di fricchettoni che, oltre ad indorare di una patina bohemienne la propria fama, gli consentì di liberarsi dal molesto gravame del lavoro**; quando una delle più brillanti menti di bottega, Valerie Solanas, cercò di accopparlo, i suoi affari non risentirono di quella momentanea défaillance, anzi crebbero: la 'fabbrica' lavorava in sua vece, sfornando idee e manodopera a costo zero.
Come cineasta agì da sovvertitore piccolo borghese: le sue frasi (voglio essere un occhio, una macchina da presa …) sono puro suono. Le pellicole (sfiancanti inquadrature di grattacieli, di un uomo che dorme, di un pompino fuori campo) valgono solo come curiosità buone pour epater les cretins. In questo fece scuola: oggi la pubblicità si basa proprio sulla 'trasgressività', ovvero sulla falsa sensazione, ingenerata nell'uomo di massa, di varcare i limiti del pudore: in realtà si tratta di crasso conformismo. Le cose migliorarono quando lasciò la regia in favore di un cineasta vero come Paul Morrissey: egli si ritrasse in veste di produttore lasciando il lavoro serio agli altri, ma vampirizzandone, al solito, i meriti - da mecenate interessato qual era.
Fu grande organizzatore di eventi multimediali, mondano intelligente, tessitore instancabile di relazioni promozionali: di lui si ricordano gli squisiti biglietti d'invito ai vernissage, l'algida fascinazione, l'esangue e proliferante corte bizantina, le scintillanti provocazioni nella capitale di una nazione in ascesa inarrestabile, pronta a unificare il gusto del mondo intero e a rifornirlo incessantemente dei propri incubi.
Si limitò ad immergere i Velvet Underground in un contesto umano irripetibile (quello del film Chelsea girls), vi trasfuse il fascino obliquo della modella tedesca Christa Päffgen e concepì la copertina del loro primo disco (secondo una grossolana allusività poi ripetuta ad infinitum dagli epigoni pubblicitari).
Il resto, quasi tutto, lo fece il talento di John Cale e di Lewis Reed.

* Un anno dopo la sua morte fu organizzata, da Sotheby's, un'asta dei suoi beni. Annota un agiografo: “E i barattoli dei biscotti? Dovevano esser costati a Warhol, tutti quanti, forse intorno ai 2000 dollari. Quando il martelletto del banditore batté l'ultimo barattolo, l'ammontare del lotto aveva raggiunto i 247.830 dollari”. Più avanti l'inghippo: “Non devono certamente esser stati pochi quelli che, tornando alla fredda luce del giorno, sono rimasti delusi dai loro acquisti e si sono sentiti perfino imbrogliati. Quando tutto è ormai stato detto o fatto, anche un barattolo di biscotti di Andy Warhol resta pur sempre un barattolo di biscotti”.
** Si obietterà che anche i laboratori di Bernini, Verrocchio e Rembrandt procedevano allo stesso modo; spesso il Maestro dipingeva solo teste e mani o, semplicemente, si riservava d'apporre la firma se l'opera era di suo gradimento. Molti capolavori sono espressione non dell'artista, ma della bottega. Un'obiezione solida e sensata. Certo, né a Bernini, né a Verrocchio, né a Rembrandt  è saltato in testa di colorare scatole (o ciotole) di zuppa.