giovedì 28 maggio 2015

Hungarian progressive from the Seventies - Syrius/Deseo Csaba Jazz Quintet/Kolinda

Deseo Csaba
Syrius - Az Ördög Álarcosbálja (Devil's masquerade) (1972). Baronits Zsolt, voce, sassofono; Raduly Mihály, flauto, sassofono; Pataki László, tastiere; Orszáczky Miklós, voce, chitarra, violino, basso; Veszelinov András, voce, batteria.

Deseo Csaba Jazz Quintet - Ultraviola (1977). Csaba Deseo, violino; Gyula Babos, chitarra; György Vukán, tastiere; János Másik, tastiere; Attila Deseo, tastiere, sassofono; Péter Román, basso; Balázs Berkes, basso; Nikos Pogonatos, batteria; István Dely, percussioni.

Kolinda - 1514 (1979). András Széll, voce, violino; Iván Lantos, voce, tastiere, oboe, contrabbasso, cornamuse; Ferenc Molnár, flauto, oboe; Péter Dabasi, voce, chitarra, gadulka, percussioni; Attila Zombori, cembalo, percussioni; Ágnes Zsigmondi, voce, fluato, arpa.

lunedì 25 maggio 2015

ZZ Top - Eliminator (1983)


La domanda del giorno: perché gente di buon gusto, dai modi urbani, dalle scelte letterarie cinematografiche artistiche di buon livello (diremmo: quasi snob), si lascia poi coinvolgere, entusiasticamente, da coattoni di tal fatta?
I barbogi texani (Billy Gibbons, voce e chitarra; Dusty Hill, basso e tastiere; Frank Beard, batteria; Beard è, ovviamente, quello senza barba) presentano spettacoli kitsch, hanno un andatura hard blues desertica già sentita (lievemente virata verso l'elettronica), declinano testi risaputelli eppure ... 
Perché Sharp dressed man è ancora piacevole all'ascolto? 
La interpreto così: il sound di alcuni gruppi riesce a sintonizzarsi su vibrazioni basiche dell'animo umano. Come fa Beefheart o fanno i Can o i Popol Vuh o fa Terry Riley, per nominare i primi che mi vengono in mente ... non ne faccio una questione spirituale o mistica, no ... assolutamente ... anzi, è una faccenda carnale, di trippa, non altro. 
L'ho già scritto.
Le vibrazioni sonore di Sharp dressed man o I got the six (i timbri di quella chitarra, la miscela di voce e basso ... chi lo sa) coincidono irresistibilmente con specifici ritmi biologici e pulsioni umorali dell'homo erectus; con armonie, battiti, respiri sepolti nel paleoncefalo che vengono ridestati, come il serpente Kundalini, da tali moderne consonanze ... mi sa che qui invece di Scaruffi e Bertoncelli occorre scomodare la teoria dei tre cervelli di Paul MacLean ...
Accetto altre spiegazioni.

venerdì 22 maggio 2015

The Real Matrix - Stanley Kubrick's soundtracks: A clockwork orange/2001: a space odyssey/Eyes wide shut


Qui di seguito riporto alcuni stralci di un post di Marco Della Luna, saggista, avvocato e psicologo; il post è stato pubblicato, col titolo Comunitarismo e realismo, il 21 aprile 2015. 
Di rado mi sono imbattuto in un testo più preciso, disperato e realista; in esso viene prefigurato, con stile da pensatore stoico, davvero agghiacciante nella sua pacata disillusione, il nostro futuro. Quello di noi tutti.
Leggiamo:

"Il comunitarismo, il modello socio-politico propugnato dal sociologo Ferdinand Tonnies, è in astratto desiderabile perché appare un tipo di organizzazione politica e culturale che rispetta le diversità, le identità, le autonomie le libertà dei singoli e dei gruppi o popoli, costituiti e viventi come organismi coscienti e cultori di un proprio bene comune, quindi solidali, etici, in contrasto con il tipo di organizzazione socio politica ed economica che si sta realizzando, fortemente accentrante e omogeneizzante, individualistica e competitiva: Malthus, Darwin … Ma il fatto che l’organizzazione che si sta realizzando ha queste ultime, indesiderabili caratteristiche e non quelle opposte, non è accidentale, bensì conseguenza di fattori facilmente riconoscibili e straordinariamente potenti. In pratica, sta avvenendo una evoluzione del metodo di controllo sociale dovuta allo sviluppo tecnologico, il quale oggi consente alle poche persone che lo hanno a disposizione di organizzare il governo della popolazione in modo zootecnico, interamente controllato, senza quasi più spazi per spontaneità e libertà di scelte, tanto meno autonomie, analogamente a come avviene con bestiame allevato in stalla. Il genere umano già ora si ritrova suddiviso in recinti di contenimento e di gestione più e meno differenziata, recinti che sono gli ex Stati nazionali, entro i quali gli esseri umani vengono monitorati e gestiti praticamente in tutto, dall’alimentazione ai farmaci ai trasporti all’istruzione agli spostamenti ai consumi, attraverso smart grids, reti di distribuzione e controllo di servizi essenziali, reti centralizzate nelle mani di pochissimi grandi gruppi multinazionali che si muovono al di sopra dei governi ... I legami solidaristici, comunitaristici, i valori legati alle comunità naturali e locali, compresa la famiglia, vengono sistematicamente dissolti  o svuotati, resi insignificanti. Non è solo la fine di modelli sociali e politici tradizionali, è la fine della civiltà occidentale e dell’umanità occidentale.
Il dominio sociale nell’antichità era basato sulla manipolazione religiosa, sulla forza, sull’intimidazione. In tempi più recenti, anche a causa dell’affievolimento del senso etico religioso (affievolimento necessario a sostenere i consumi e i profitti industriali), si è affermato lo strumento di controllo sociale finanziario, soprattutto l’indebitamento: Stati, aziende, classi sociali, famiglie, sono comandabili col bastone bancario.
Oggi il dominio sociale è però sempre più attuato mediante strumenti principalmente tecnologici, si avvale di grandi capacità di sorveglianza e tracciamento di persone, beni, attività; ma anche mediante la costruzione di dipendenze rigide da reti di distribuzione monopolistiche. La stessa crisi economica è stata indotta in modo deliberato, programmaticamente, e viene mantenuta anche se si potrebbe uscirne con strumenti monetari disponibili, perché essa è uno strumento di realizzazione del sistema di controllo zootecnico della specie umana, in quanto consente di fare vivere la gente nell’insicurezza e della povertà, creando false e artificiose scarsità, soprattutto monetarie, così da renderla disponibile ad accettare, come condizione per ritrovare un poco di sicurezza e benessere, riforme politiche costituzionali tecnocratiche e un sistema di sorveglianza, tracciatura e condizionamento,  a cui essa altrimenti farebbe resistenza. Insomma, l’astuzia del sistema adopera ai propri fini anche la sofferenza che il suo modello genera.

Questo tipo di organizzazione sociale è per sua natura globale e standardizzante, è il modello universale odierno. Il vero progetto politico  dei nostri tempi, è la sua realizzazione, non la ricerca illimitata del profitto, il quale ormai conta poco in sé, anche perché ha perso significato: oggi è un dato essenzialmente contabile, che viene generato mediante la creazione di strumenti finanziari elettronici, quindi il sistema bancario lo può produrre in modo praticamente illimitato, ad libitum, mediante giochi di scritturazioni elettroniche reciproche: un procedimento in cui lavoratori e consumatori, cioè i popoli, non servono praticamente più, sicché non serve più rispettare le loro esigenze esistenziali né ottenere il loro consenso: sono divenuti superflui e fungibili ...
Essenzialmente, la libertà di cui la gente ha goduto fino ad oggi o fino a ieri, era la libertà delle galline quando erano allevate all’aperto nei pollai e potevano muoversi e razzolare liberamente, beccare i sassolini e le foglioline che cadevano nel recinto – cioè prima della tecnologia per allevarle al chiuso, in batteria, con alimentazione, illuminazione, temperatura, ormoni, vaccini e antibiotici erogati in modo computerizzato.

Tutto questo, restando nel campo dell’ingegneria sociale, cioè senza parlare dell’ingegneria genetica sul genoma umano, che pure è già iniziata e che indubbiamente avrà un crescente e minaccioso peso sulle condizioni di vita generali, assieme alla biometria. Il sogno di ogni dittatore – controllare il mondo ma anche ogni singolo uomo dalla sua scrivania in tempo reale – è reso realizzabile dalla tecnologia.

In un simile quadro, in cui è praticamente certo che la vita umana verrà degradata e resa pessima, indegna di essere vissuta, mentre non ci sarà possibilità di resistenza efficace, è sempre più chiaro che un progetto realistico e razionale è necessariamente un progetto di rinuncia e distacco di tipo buddhista o stoico, che includa anche la preparazione psichica e filosofica al suicidio, ad esser pronti a sfuggire da attacchi e oppressioni insopportabili. Ossia, è giunto il tempo di progettare non la prosecuzione della vita, non la sua riproduzione, non il suo miglioramento, ma la sua ultimazione, la sua liquidazione, la sua estinzione consapevole e volontaria. L’orrore per ciò che sta avvenendo all’uomo impone il mutamento delle mete esistenziali, la scelta di obiettivi possibili seppur diversi da quelli usuali. È tempo di prepararsi ad andarsene. È tempo di prendere coscienza pratica che effettivamente desiderio e attaccamento sono causa di sofferenza e oscurità. È il tempo in cui tormentosamente finiscono i piaceri, e la gioia può rinascere dallo sciogliersi degli attaccamenti e dal lasciar andare le identificazioni tutte, assieme a tutte le paure, a tutte le nostalgie".

In una nota, rispondendo a una commentatrice, egli nota definitivo: 

"E’ vero che ogni sistema di potere, storicamente, si è guastato ed è morto, quindi probabilmente anche quello in via di consolidamento oggi è destinato a finire un domani; ma è anche vero che i sistemi di potere possono durare decenni e secoli, occupando e degradando la vita di intere generazioni; quindi è opportuno prepararsi una via di fuga, non escluso il suicidio".

Un grande testo, dai toni senechiani, a cui voglio rendere omaggio con tre colonne sonore da altrettante pellicole di uno dei più profetici artisti del secolo passato, Stanley Kubrick; uno di coloro che cercarono di metterci in guardia, come Philip K. Dick e pochi altri, dalla dittatura di Matrix. 
Da ultimo ecco alcuni versi di John Keats, da Ode a un usignuolo:

"... ch'io potessi bere e lasciare il mondo non veduto,
e con te vanire via nella foresta opaca:
vanir via lontano, dissolvermi, e affatto dimenticare
ciò che tu tra le foglie non hai mai conosciuto,
il languore, la febbre, e l'ansia
qui, dove gli uomini seggono e odon l'un l'altro gemere".

Ma la poesia esisterà ancora?

martedì 19 maggio 2015

domenica 10 maggio 2015

We are not Pink Floyd vol. 11 - Minor bands of the English Seventies (Fairfield Parlour/Gracious/Fruupp)

Fruupp

Fairfield Parlour - From home to home (1970). Morbido e malinconico, il disco si astiene dagli umori progressive per puntare verso i territori rassicuranti del pop melodico. Non manca qualche buon episodio (Emily, Aries) e qualche felice estroversione (Sunny side circus, In my box): anonimo, ma indubbiamente piacevole. Peter Daltrey, voce, tastiere, percussioni; Eddy Pumer, voce, tastiere, chitarra; Steve Clark, flauto, basso; Dan Bridgman, batteria, percussioni.

Gracious - This is … Gracious!! (1971). I 24 minuti di Supernova partono alla grande: echi di Pink Floyd e un'ottima tensione, poi il quadro si sfilaccia: nonostante la godibilità di alcuni passaggi si avverte troppo la varietà dell'ispirazione (folk, pop) che finisce per diluire lo stile sino all'anonimato. Abbastanza trascurabili i quattro pezzi della seconda facciata. Paul "Sandy" Davis, voce, chitarra, percussioni; Alan Cowderoy, voce, chitarra, percussioni; Martin Kitcat, voce, tastiere; Tim Wheatley, voce, basso, percussioni; Robert Lipson, batteria.

Fruupp - Future legends (1973). Gruppo irlandese interprete di un notevole progressive d'impronta romantica; alcuni brani sono davvero rimarchevoli per la costruzione (ricca di cambi di ritmo) e l'interpretazione strumentale: Decision è un piccolo capolavoro, buoni anche Graveyard epistle Old tyme future. Valgono un ascolto. Vincent McCusker, voce, chitarra; Stephen Houston, voce, tastiere, oboe; Peter Farrelly, voce, basso; Martin Foye,  batteria, percussioni.

venerdì 8 maggio 2015

Marillion - The best 1983-1985

Ma sì, un gruppo feticcio dell'adolescenza.
Fra di noi girava una BASF da 60 con le canzoni di Script for a jester's tear: Chelsea Monday, Garden party e Forgottens sons pompavano alla grande dagli stereo portatili a pile ...
Gruppo neoclassico? AOR? I Queen del progressive? A risentirli oggi sono davvero ambigui i Marillon: senti subito che c'è qualcosa che non va, un'arietta grossolana rispetto alle costruzioni di Genesis e Yes; eppure, a distanza di trent'anni, dopo Beefheart, l'avanguardia, lo zeuhl, l'hardcore, la no-new wave, il pop decadente, quello spastico, quello mistico, il rock etnico, il crossover, il rap, la library e quant'altro, questi singoli persistono nella voluttà dell'immaginario.
Se, dopo una vita di LP CD MP3, si ha voglia di riascoltare Childhood's end e, nel riascoltarlo, si prova piacere, al di là dell'effetto nostalgia (questo elemento imponderabile che vizia inevitabile il giudizio estetico), allora si può concludere che, sì, in effetti, i Marillon, nel loro piccolo, nonostante qualche caduta di stile, goffaggine, furbizia imitativa, e dissacrazione del bel tempo andato, furono una parentesi importante del progressive melodico dei primi Ottanta.
"Furono", e "nei primi Ottanta", perché, dalla dipartita di Fish (sostituito da Steve Hogarth), non ho mai lontanamente pensato a mettere sul piatto un loro disco (magari sono migliori dei primi, chissà).
Così come esiste un prima con Gabriel e un dopo senza Gabriel, esiste un prima con Fish e un dopo senza Fish ... anche in questo i Marillon hanno evidentemente replicato, da implacabili manieristi, la parabola dei loro principali ispiratori.

martedì 5 maggio 2015

Negative Trend - We don't play we riot (1978)


Un intellettuale (al centro) soppesa, con il tarlo del dubbio (che sarebbe degenerato in certezza, lui vivo), una nullità (a destra).
A sinistra un'altra nullità, seppur meno invadente.
Entrambe le nullità diverranno milionarie.
Il secondo figuro vanterà, nel tempo, innocue velleità politologico-trasformistiche (gli piaceva giocare ai soldatini); il primo, oltre a collezionare sconfitte elettorali, accamperà, in età pre-senile, vane pretese artistiche in più settori artistici.
La figura al centro, incolpevole, finirà massacrata su una spiaggia luridissima del litorale romano - litorale oggi trasformato in fiorente anello della catena alimentare del riciclaggio camorristico (sempre lurido, però).
Sotto, il destino dell'Italia.


domenica 3 maggio 2015

Red Hot Chili Peppers - Red Hot Chili Peppers (1984)/Freaky Style (1985) ovvero: svaghiamoci prima di chiudere bottega

Riemergo da quattro giorni di isolamento dalla metropoli.
Incredibile come la quasi totalità della vita digitale, cittadina, a certi ritmi campagnoli si riveli per quella che è: inessenziale.
Davvero: siamo immersi in una continua melma di cui non rimarrà traccia alcuna.
Di questa fanghiglia (a volte merda a volte melassa) mi son arrivati, nonostante la lontananza, alcuni schizzi: il discorso di un capoccia di uno dei maggiori sindacati italiani, uno che, da solo, basterebbe a rivalutare Cesare Lombroso; alcune note dal concerto del 1° maggio, assolutamente stucchevole, falso, melenso, ideologicamente insopportabile; e l'inaugurazione dell'Expo, una pagliacciata di dimensioni planetarie, come solo il capitalismo riesce a metter su: inutile, stupida, faraonica, dispendiosissima, rigonfia di tangenti; seppure utile al potere. 
Utilissima.
Gli schemi propagandistici, eseguiti con sacchiana precisione, son sempre gli stessi.
Schema 1 (schema vorrei-cantare-insieme-a-voi-in-magica-armonia): servirsi dei diritti civili e delle parole d'ordine di libertà e progresso per ottenere l'effetto contrario, ovvero un deciso avanzamento dell'ingiustizia economica e sociale (con il consenso di coloro che verranno privati di giustizia economica e sociale). Condensato: predicare bene e razzolare male. Esempio: Bisogna combattere la fame nel mondo! E come facciamo? Occorre razionalizzare, pianificare e intensificare la produzione di cibo! E come facciamo? Con gli OGM! La cooperazione internazionale sovranazionale! La cessione della produzione locale allo Stato che la delegherà alle grandi multinazionali! Siete d'accordo? Siiiiiiiiiii ... vorrei cantare insieme a voi in magica armonia ... et cetera et cetera ... già visto.
Schema 2 (schema Luke Skywalker): servirsi di cattivacci vestiti di nero per far divenire bianco e accettabile ciò che non lo è affatto. Condensato: se credete che noi siamo malvagi provate a vedere questi altri. Esempio: noi stiamo qui all'Expo per cercare una soluzione ai problemi della fame nel mondo, mica fischi! Certo siamo multinazionali amorali, potentati che badano solo al soldo, che distruggono intere nazioni per trarne il succo sanguinoso di rapine e sopraffazioni, ma guardate un poco chi sono i nostri antagonisti: i black bloc! Ma vi rendete conto di quanto sono pericolosi? Hanno bruciato ben due auto! Un cassonetto è stato rovesciato! Una vetrina è stata infranta! A una nonnina alla finestra è preso un infarto! Una vigilessa è ricoverata con un'unghia rotta! Assassini! E quelle scritte No Tav! Proprio mentre ci diamo da fare per risolvere problemi, per il progresso, assieme alla comunità scientifica! Non protestiamo noi! Siamo uomini del fare! Agiamo per il bene dell'umanità! Certo, con i nostri sbagli - siamo pur sempre uomini! - e i nostri errorucci ... ma per il bene di tutti e dei nostri figli! Et cetera et cetera ... tutto già visto e stra-visto. 
E va bene.
Oggi sono rientrato in città ... la solita vecchia Roma, sempre più decrepita, spettrale e lurida ... e sono rientrato nel flusso delle informazioni e delle menzogne ... quasi in tempo reale ...
Ormai non c'è speranza ... viviamo in un Truman Show ... tanto vale sperare in una accelerazione della disfatta ... a tutta velocità ... destination nowhere ... nel frattempo godiamoci un po' di musica ... stavolta ad alto potenziale coatto ... non male dopotutto ... bah!