venerdì 22 maggio 2015

The Real Matrix - Stanley Kubrick's soundtracks: A clockwork orange/2001: a space odyssey/Eyes wide shut


Qui di seguito riporto alcuni stralci di un post di Marco Della Luna, saggista, avvocato e psicologo; il post è stato pubblicato, col titolo Comunitarismo e realismo, il 21 aprile 2015. 
Di rado mi sono imbattuto in un testo più preciso, disperato e realista; in esso viene prefigurato, con stile da pensatore stoico, davvero agghiacciante nella sua pacata disillusione, il nostro futuro. Quello di noi tutti.
Leggiamo:

"Il comunitarismo, il modello socio-politico propugnato dal sociologo Ferdinand Tonnies, è in astratto desiderabile perché appare un tipo di organizzazione politica e culturale che rispetta le diversità, le identità, le autonomie le libertà dei singoli e dei gruppi o popoli, costituiti e viventi come organismi coscienti e cultori di un proprio bene comune, quindi solidali, etici, in contrasto con il tipo di organizzazione socio politica ed economica che si sta realizzando, fortemente accentrante e omogeneizzante, individualistica e competitiva: Malthus, Darwin … Ma il fatto che l’organizzazione che si sta realizzando ha queste ultime, indesiderabili caratteristiche e non quelle opposte, non è accidentale, bensì conseguenza di fattori facilmente riconoscibili e straordinariamente potenti. In pratica, sta avvenendo una evoluzione del metodo di controllo sociale dovuta allo sviluppo tecnologico, il quale oggi consente alle poche persone che lo hanno a disposizione di organizzare il governo della popolazione in modo zootecnico, interamente controllato, senza quasi più spazi per spontaneità e libertà di scelte, tanto meno autonomie, analogamente a come avviene con bestiame allevato in stalla. Il genere umano già ora si ritrova suddiviso in recinti di contenimento e di gestione più e meno differenziata, recinti che sono gli ex Stati nazionali, entro i quali gli esseri umani vengono monitorati e gestiti praticamente in tutto, dall’alimentazione ai farmaci ai trasporti all’istruzione agli spostamenti ai consumi, attraverso smart grids, reti di distribuzione e controllo di servizi essenziali, reti centralizzate nelle mani di pochissimi grandi gruppi multinazionali che si muovono al di sopra dei governi ... I legami solidaristici, comunitaristici, i valori legati alle comunità naturali e locali, compresa la famiglia, vengono sistematicamente dissolti  o svuotati, resi insignificanti. Non è solo la fine di modelli sociali e politici tradizionali, è la fine della civiltà occidentale e dell’umanità occidentale.
Il dominio sociale nell’antichità era basato sulla manipolazione religiosa, sulla forza, sull’intimidazione. In tempi più recenti, anche a causa dell’affievolimento del senso etico religioso (affievolimento necessario a sostenere i consumi e i profitti industriali), si è affermato lo strumento di controllo sociale finanziario, soprattutto l’indebitamento: Stati, aziende, classi sociali, famiglie, sono comandabili col bastone bancario.
Oggi il dominio sociale è però sempre più attuato mediante strumenti principalmente tecnologici, si avvale di grandi capacità di sorveglianza e tracciamento di persone, beni, attività; ma anche mediante la costruzione di dipendenze rigide da reti di distribuzione monopolistiche. La stessa crisi economica è stata indotta in modo deliberato, programmaticamente, e viene mantenuta anche se si potrebbe uscirne con strumenti monetari disponibili, perché essa è uno strumento di realizzazione del sistema di controllo zootecnico della specie umana, in quanto consente di fare vivere la gente nell’insicurezza e della povertà, creando false e artificiose scarsità, soprattutto monetarie, così da renderla disponibile ad accettare, come condizione per ritrovare un poco di sicurezza e benessere, riforme politiche costituzionali tecnocratiche e un sistema di sorveglianza, tracciatura e condizionamento,  a cui essa altrimenti farebbe resistenza. Insomma, l’astuzia del sistema adopera ai propri fini anche la sofferenza che il suo modello genera.

Questo tipo di organizzazione sociale è per sua natura globale e standardizzante, è il modello universale odierno. Il vero progetto politico  dei nostri tempi, è la sua realizzazione, non la ricerca illimitata del profitto, il quale ormai conta poco in sé, anche perché ha perso significato: oggi è un dato essenzialmente contabile, che viene generato mediante la creazione di strumenti finanziari elettronici, quindi il sistema bancario lo può produrre in modo praticamente illimitato, ad libitum, mediante giochi di scritturazioni elettroniche reciproche: un procedimento in cui lavoratori e consumatori, cioè i popoli, non servono praticamente più, sicché non serve più rispettare le loro esigenze esistenziali né ottenere il loro consenso: sono divenuti superflui e fungibili ...
Essenzialmente, la libertà di cui la gente ha goduto fino ad oggi o fino a ieri, era la libertà delle galline quando erano allevate all’aperto nei pollai e potevano muoversi e razzolare liberamente, beccare i sassolini e le foglioline che cadevano nel recinto – cioè prima della tecnologia per allevarle al chiuso, in batteria, con alimentazione, illuminazione, temperatura, ormoni, vaccini e antibiotici erogati in modo computerizzato.

Tutto questo, restando nel campo dell’ingegneria sociale, cioè senza parlare dell’ingegneria genetica sul genoma umano, che pure è già iniziata e che indubbiamente avrà un crescente e minaccioso peso sulle condizioni di vita generali, assieme alla biometria. Il sogno di ogni dittatore – controllare il mondo ma anche ogni singolo uomo dalla sua scrivania in tempo reale – è reso realizzabile dalla tecnologia.

In un simile quadro, in cui è praticamente certo che la vita umana verrà degradata e resa pessima, indegna di essere vissuta, mentre non ci sarà possibilità di resistenza efficace, è sempre più chiaro che un progetto realistico e razionale è necessariamente un progetto di rinuncia e distacco di tipo buddhista o stoico, che includa anche la preparazione psichica e filosofica al suicidio, ad esser pronti a sfuggire da attacchi e oppressioni insopportabili. Ossia, è giunto il tempo di progettare non la prosecuzione della vita, non la sua riproduzione, non il suo miglioramento, ma la sua ultimazione, la sua liquidazione, la sua estinzione consapevole e volontaria. L’orrore per ciò che sta avvenendo all’uomo impone il mutamento delle mete esistenziali, la scelta di obiettivi possibili seppur diversi da quelli usuali. È tempo di prepararsi ad andarsene. È tempo di prendere coscienza pratica che effettivamente desiderio e attaccamento sono causa di sofferenza e oscurità. È il tempo in cui tormentosamente finiscono i piaceri, e la gioia può rinascere dallo sciogliersi degli attaccamenti e dal lasciar andare le identificazioni tutte, assieme a tutte le paure, a tutte le nostalgie".

In una nota, rispondendo a una commentatrice, egli nota definitivo: 

"E’ vero che ogni sistema di potere, storicamente, si è guastato ed è morto, quindi probabilmente anche quello in via di consolidamento oggi è destinato a finire un domani; ma è anche vero che i sistemi di potere possono durare decenni e secoli, occupando e degradando la vita di intere generazioni; quindi è opportuno prepararsi una via di fuga, non escluso il suicidio".

Un grande testo, dai toni senechiani, a cui voglio rendere omaggio con tre colonne sonore da altrettante pellicole di uno dei più profetici artisti del secolo passato, Stanley Kubrick; uno di coloro che cercarono di metterci in guardia, come Philip K. Dick e pochi altri, dalla dittatura di Matrix. 
Da ultimo ecco alcuni versi di John Keats, da Ode a un usignuolo:

"... ch'io potessi bere e lasciare il mondo non veduto,
e con te vanire via nella foresta opaca:
vanir via lontano, dissolvermi, e affatto dimenticare
ciò che tu tra le foglie non hai mai conosciuto,
il languore, la febbre, e l'ansia
qui, dove gli uomini seggono e odon l'un l'altro gemere".

Ma la poesia esisterà ancora?

3 commenti:

  1. Anch'io apprezzo Marco Della Luna, di cui ho letto tre testi (fra cui anche il pesantissimo ma, per certi versi, illuminante Neuroschiavi).
    Che dire? E' un bene che ci sia ancora gente che pensa e, cosa ancora più importante, scrive in maniera indipendente in una logica quanto più possibile avulsa dal politicamente corretto e lontana da quanto ci propinano quotidianamente i media. Ma qual è il seguito e l'influenza che queste persone hanno sulla massa? Vale ancora il discorso sul seme gettato che poi crescerà? Non nascondo di essere pessimista.
    Teniamo duro. O moscio, a seconda dell'età...

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    1. Influenza sulla massa? Quasi zero.
      Ma la rivoluzione non la fanno le masse.

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  2. Commento banalmente, appena per dare visibile segno di presenza e ideale "sottoscrizione": molto interessante.

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