domenica 2 febbraio 2014

Alan Sorrenti - Aria (1972)


Ascritto con perdurante pervicacia al progressive (anzi, fra i più alti esiti di quella stagione, oggi rimpianta sino al fanatismo), Aria rimane, invece, una manifestazione unica di psichedelia folk. Psichedelia poiché insiste, specie nella prima omonima, celeberrima traccia, sulla dilatazione atmosferica ottenuta dai vocalizzi del cantante (a mezzo fra Buckley e Hammill) uniti a testi evocativi e vagamente esotici. Folk perché fu quello il punto d'appoggio su cui fare leva per dipartirsi verso fughe sonore incorporee e fascinosamente liquide.
A differenziarlo dalla media del periodo fu anche l'estrema cura della produzione e una line up eccellente: fra gli altri Tony Esposito alle percussioni, Luciano Cilio al piano e Jean-Luc Ponty al violino (nella suite iniziale, 19'53'').
Il lato cantautoriale prevale nella seconda traccia, Vorrei incontrarti (non a caso il singolo tratto dall'album), ma già con La mia mente e Un fiume tranquillo (bellissima) si riparte: Sorrenti, grazie alla propria voce, attinge a momenti d'eccezionale intensità che richiamano, nell'immaginario dei Settanta, le fluviali sortite introspettive dei Van der Graaf Generator.
Alan Sorrenti, però, non è mai derivativo; lo si potrebbe definire, al contrario, un innovatore, in grado di trasfigurare ciò che, nelle mani di altri, sarebbe da derubricare a tritume sentimentalistico.
Come spesso accade, la sua potente originalità, deviando dal ceppo melodico italiano (sfruttato, invece, da altri eroi di quell'età prolifica, PFM su tutti), non venne raccolta da nessun epigono.
Sorrenti stesso la rinnegò consegnandosi, di lì a poco, a un destino commerciale parecchio lucroso, seppur non indegno.

8 commenti:

  1. L' ho comprato, finalmente, la settimana scorsa. Peccato che in quel periodo qualunque cosa non passasse a San Remo e avesse i crismi dell' underground venisse etichettata 'progressive' a prescindere.
    Anzi, a pensarci bene, non è nemmeno stato un difetti di quegli stessi anni quanto di quelli successivi, il che è ancora più grave... per quanto possa essere grave parlare di musica...

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  2. Allora era scusabile ... Adesso ... Non amo le categorie, tuttavia una minima risistemazione si rende necessaria.

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  3. Lo tengo come una reliquia, mi fu regalato 40 (quaranta) anni fa per il mio compleanno. L'ho ascoltato fino alla nausea ma ancora adesso (su Cd o mp3) riscopro qualcosa di emozionante.
    Anche "Come un vecchio incensiere..." è parte della mia "storia" musicale.

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  4. Bravo Vlad, finalmente qualcuno si ricorda del Sorrenti non ancora figlio delle stelle. Uno dei migliori dischi italiani (progressive o no poco conta...).

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    1. Per Silvano: vero, è un disco che non si esaurisce e, soprattutto, è bello dall'inizio alla fine.
      Per Egli: sono d'accordo. In quanto al genere progressive: non mi piace etichettare, ma sotto quel nome c'hanno messo troppa roba, compreso il beat. Mea culpa, peraltro: nelle mie serie sul progressive ho inserito tutto anch'io.

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    1. Osanna, Orme, Area, Banco, e va bene.
      Riascoltare oggi Sorrenti mi ha fatto, però, una grande impressione: un gran disco, quasi commovente, uno dei vertici degli anni Settanta.

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  6. Non sembra quasi lui (in senso positivo) Questa musica oggi si ascolta meglio di tanto altro spacciato per 'nuovo'. 'Come un incensiere..' è un altro gran bell'album.

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