mercoledì 12 febbraio 2014

CCCP Fedeli alla linea - Enjoy CCCP! (1994) plus Live in Punkov (1996)



Forse il miglior gruppo rock italiano di sempre. Arrivarono tardi: tardi per il socialismo e il punk e la controcultura; anzi tardissimo: in pieno riflusso, fra la decomposizione dell'Italia profonda nata dalla Resistenza e le maggiorate di plastica del Drive-in, eppure, come scrive Webbaticy, l'esordio Affinità-divergenze tra il compagno Togliatti e noi è "un disco che spezza in due gli anni '80, che sconvolge l'Italia".
I CCCP furono fra i rarissimi gruppi italiani a non patire esteticamente la derivazione: non imitavano nessuno, non adoravano nessuno, non avevano punti di riferimento precisi, non facevano dediche o prediche, non s'inginocchiavano a chicchessia.
Essi riuscirono a miscelare in una sintesi semplice e diretta elementi diversi e apparentemente irriducibili che galleggiavano ormai dimenticati nel brodo di coltura della sinistra comunista: era presente in loro lo sberleffo del Movimento del '77 contro la piccola borghesia e il perbenismo (Battagliero), l'apostolato operaista  (la carne che muove l'acciaio), il compiacimento per l'ortodossia sovietica (la piccola patria che schiacciò il nazismo da Stalingrado in poi: A ja ljublju SSSR), il messianismo apocalittico, il disagio psicotico (Curami, Noia e la scheggia immortale di Io sto bene: "Non studio, non lavoro, non guardo la TV, non vado al cinema, non faccio sport"), l'anticonsumismo (Morire: "Produci, consuma, crepa! ... sbattiti, fatti, crepa!", le parodie pubblicitarie di Profezia della Sibilla), il recupero della provincia emiliana profonda e della tradizione (anche cattolica) alla precisa luce di un antimodernismo pasoliniano (Madre) e, perciò, assimilabile a quello storico di destra (Pound, Mishima, Céline); e tutto veniva filtrato da brucianti accensioni punk (soprattutto agli inizi) e da una teatralità distaccata propria di cabarettisti alla fine del loro viaggio politico (Depressione caspica); "Non si svende non si svende anche se non funziona ... grande la confusione sopra e sotto il cielo osare l'impossibile osare perdere": recita Ferretti in Manifesto sopra il tappeto chitarristico di Zamboni mentre le percussioni battono liturgicamente il crepuscolo degli dei dell'ideologia.
La disperazione dell'inattualità ... la dissoluzione dell'utopia e del rifugio che essa offriva contro l'inaccettabile realtà ... Non sarà un caso che, in seguito, lo sbertucciato Ferretti troverà ricovero presso l'ultimo sistema articolato di valori in ballottaggio con il presente: la Chiesa cattolica. Una mossa urtante, ma assolutamente conseguente rispetto alle premesse antioccidentali.
I CCCP, almeno in Italia, furono la retroguardia sardonica e angosciata di un esercito in rotta, quello del Novecento e del pensiero forte.
Ora su tutte le vette è pace.

14 commenti:

  1. Un enigms tutto emiliano, sublimazione delle terre di Guareschi, come una filiazione degenere di Don Camillo e Peppone (sto banalizzando...) resa in musica con un che di mistico che ha sempre cozzato col pragmatismo delle sigle. In apparenza succubi di certi slogan politichesi (in apparenza), l' unico aspetto che nelle mie gerarchie li colloca appena sotto il Giorgio Gaber di mezzo, del teatro - canzone.

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    1. Don Camillo e Peppone sono metafore piuttosto profonde di certa Italia.
      A differenza di Gaber sono più apocalittici, più continentali e berlinesi.

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  2. Fra l'altro musicalmente occorrerebbe anche recuperare il loro ultimo repertorio, quasi barocco, che sto rivalutando proprio in questo periodo.

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  3. E vi ricordate i primi concerti-cabaret pseudo punk berlinese con Giovanni Ferretti illuminato da uno spot spettrale e i capelli a cresta che cantaparlva con la sua voce stridula, mentre Danilo Fatur - artista del popolo - vagava sul palco grugnendo quasi nudo e Annarella con i suoi abiti fuori moda da ballerina e il cappellone da ufficile dell'armata rossa. Ricordo il primo approccio dal vivo alla festa de L'Unità che ancora non li avevo sentiti nominare (e si che di rock ne masticavo allora costantemente) e rimasi folgorato, ma che film avevo visto sino ad allora, perché mi ero perso questi geniali figli di Reggio e delle sue cataste di maiali sacrificati?

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  4. hai perfettamente ragione : non imitavano nessuno, non adoravano nessuno, non avevano riferimenti precisi.
    un mix azzeccatissimo di punk, balera, feste dell'unità ,cattocomunismo emiliano, socialismo, teatro...dei grandi.
    Mi ricordo quando ragazzino a metà anni ottanta "non studio non lavoro non vado al cinema non faccio sport non guardo la tv" era molto di più che un verso di un brano.
    Forse solo i miei concittadini Negazione e Truzzi Brothers riuscivano ad essere altrettanto affascinanti tra i gruppi italiani.

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  5. Non so se siano il miglior gruppo italiano di sempre, di sicuro sono stati il migliore degli anni 80. "Affinità.." fu il manuale di nichilismo della mia gioventù; gli altri dischi, pregevolissimi, erano sempre una spanna più in alto delle altre proposte nostrane del periodo. Uno dei miei più grandi crucci è quello di non averli mai visti dal vivo :-( .
    Poi vennero i CSI, a parte qualcosina qua e la non mi sono mai piaciuti.
    Dopo ancora vennero i PGR; mi bastò e avanzò il loro primo disco.
    Poi Ferretti fece un disco da solo, Codex, uno dei più brutti che abbia mai ascoltato.
    Il Lindo nazionale dopo i trascorsi filosovietici e filoislamici si convertì e tornò alla Casa Madre. Però attenzione: non il cattolicesimo postconciliare stile messa beat e papaboys, e nemmeno a quello austero tradizionale lefevriano; lui preferì quello alla scoreggiona, filo americano-sionista stile Giuliano Ferrara. Dite quello che vi pare ma tutto ciò significa una cosa sola: Ferretti è un vero punk. Fino al midollo :-)

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  6. Come ultimo repertorio intendevo i dischi dell'89/90, Canzoni preghiere etc. ed Epica Etica etc...

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    1. Epica è un capolavoro.
      CSI e PGR rispettivamente belli e interessanti.
      Quello di Ferretti solista non l'ho sentito: pare sia una ciofeca irrimediabile.

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