I Dirty 3 (Warren Ellis, violino; Mick Turner, chitarra; Jim White, batteria), da Melbourne, sono i gli attori di un folk strumentale dove le assolate e sterminate pianure australiane hanno sostituito i bassipiani del meridione americano.
Ellis è il protagonista
indiscusso: il violino, suonato in estese jam, senza nessun iato, guida
tutti i nove strumentali, a partire dall'iniziale 1000 miles, dove gli
arabeschi dello strumento si sommano sino a creare complesse architetture
emozionali; Red, il finale in crescendo di Sue's last ride, I
remember a time when once you used to love me sono gli episodi più eccitati
dell'album, ma dove i Nostri trovano il loro vero registro sono le parti
più distese, il capolavoro Hope, Warren's lament, Horse;
qui Ellis può dispiegare la propria arte strumentale che si impreziosisce per
accumulo, non per singoli momenti, né per brillantezza di assoli. Il
correlativo oggettivo di queste tirate: la natura australiana o, meglio, quella
miscela di sensazioni, struggenti e sublimi, che i desolati ed infiniti panorami
australiani ingenerano e che il violino evoca e ricrea nel nostro animo. Siamo,
insomma, abbastanza vicini alla definizione di folk da camera felicemente coniata per il trio; musica da camera, però,
spogliata d’ogni intellettualismo (nonostante la formazione accademica di Ellis)
ed eseguita in sale da concerto vaste come il deserto o l’oceano.
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