In Italia i cognomi sono importanti. Una di queste sere vagavo su IMDB, dietro la suggestione della mostra a Roma su Pier Paolo Pasolini; avevo appena visto una pellicola di Mauro Bolognini, La notte brava, di cui Pasolini fu sceneggiatore: grande film, affascinante bianco e nero, attori che, allora, sembravano minori e che oggi paiono giganti: per movenze, classe recitativa, presenza: Jean-Claude Brialy, Laurent Terzieff, Antonella Lualdi, Elsa Martinelli (bellissima), Franco Interlenghi, Anna Maria Ferrero, Myléne Demongeot, Rosanna Schiaffino, un ambiguo e bravissimo Tomas Milian. Mi son detto: che regista sottovalutato (anche Senilità, con Claudia Cardinale, è davvero notevole)!; e quanti film sottovalutati, c’è parecchio da scoprire …
Da sinistra: Terzieff, Brialy, Lualdi, Martinelli, Interlenghi |
Una giornata balorda, ad esempio, mai visto; Un bellissimo novembre, La viaccia (da Pratesi; con Belmondo e, ancora, la Cardinale), Agostino (da Moravia), Metello, da Pratolini, e poi Gli innamorati e Marisa la civetta: l'epoca, insomma, in cui cinema, letteratura, arte e impegno politico formavano un connubio inscindibile, chiamato cultura e, in tal caso, cultura italiana … Marisa la civetta, con Marisa Allasio e Renato Salvatori, perché no … ho imparato che tali filmetti spesso rivelano sulla società del tempo molto più di certi trattati … oltre a essere girati con gusto impeccabile rispetto al neorealismo becero d’oggi (i Dardenne non sono fra noi).
Allasio e Salvatori |
Lo scenografo di Marisa la civetta era Flavio Mogherini; davanti a quel nome fui preso da un raptus profetico; esclamai: “Sicuramente questo è padre di cotanta figlia”. Al coro di noooo, divertiti scetticismi, è tutt’altra cosa!, paranoico!, andai, con calma atarassica, su Wikipedia, digitai Mogherini Flavio e, alla fine della breve scheda, lessi senza stupore e rivalsa: “È il padre della politica Federica Mogherini, Ministro degli Esteri nel Governo Renzi”. E ora Mrs PESC europea, aggiungo (o come si chiama quella carica lì).
I cognomi sono importanti. Ormai ho il sesto senso: non m'inganna neanche l'onomastica da nubile. Anni fa ci si divertiva, da veri lazzaroni, a scoprire i collegamenti parentali dei giornalisti italici: “Vuoi vedere che …” e si vedeva (sempre) che il figlio era figlio di tanto padre o nipote di cotanto nonno o collaterale del famoso X del giornale Y o marito o moglie o nipote del magnifico Z, redattore capo della televisione K. Si è supposto male solo una volta: il giornalista de Il Fatto Quotidiano, Feltri Stefano, non è parente di Feltri Vittorio (lo è, però, Feltri Mattia, già al Foglio e Libero, di cui il padre era direttore). Un bersaglio fallito su centinaia è una bella media, però. Sarebbe delizioso pubblicare tale lista, ma veder irrompere i gendarmi tra il caffè e la saponata mattutina non è cosa auspicabile.
Il prof. Fontecedro |
Per citare un altro esempio: l'amministratore di una multinazionale che intrattiene appalti decamilionari con la RAI, è il figlio di un insinuante, mieloso e potentissimo negus del giornalismo e dell’editoria italiani; quest'ultimo è, a sua volta, figlio del fondatore dell’ANSA (e uno dei primi direttori de L'Unità milanese): nonno padre figlio/nipote.
Non sono casi isolati, ma la normalità. Per stilare una storia del giornalismo italiano occorre essere, infatti, ferrati genealogisti (e vantare robuste infarinature d'araldica).
Sarà proprio l’ANSA, Novembre 2003, a diffondere la notizia secondo cui, nello spettacolo Stanotte per sempre, tenuto presso il Teatro dell'Archivolto di Genova, un Luttazzi nerovestito, impersonante Andreotti, avrebbe sodomizzato sul palco il cadavere di Aldo Moro. Il lancio d’agenzia, ingannevole, divenne verità: probabilmente è restata tale sino a oggi. Questo fu uno dei, numerosi, tentativi d’annientamento di un personaggio di spettacolo mai allineato: cacciato dalla RAI e da LA7, querelato dal quartetto Berlusconi, Fininvest, Forza Italia e Mediaset (41 miliardi di lire per diffamazione!), disgustato da Sky e Rolling Stone, ostacolato dalle amministrazioni locali (di tutti i colori), Luttazzi ha subito il normale cursus dishonorum di chi crede che in Italia ci sia libertà di parola.
Il problema di Luttazzi, però, a parte credere nella libertà di parola, è uno solo: il cognome; il suo vero è, infatti, Fabbri; il che rimanda a origini artigiane e, purtroppo, a nessuna comunità sociale privilegiata, a nessun generone, a nessuna linea dinastica; egli stesso, peraltro, pare restio a farsi numerario (Luttazzi è laureato in Medicina), aggregato o soprannumerario dell’Opus Dei oppure membro del Grande Oriente d’Italia oppure tesserato presso una formazione qualsiasi della poltiglia dell'attuale arco costituzionale … è spacciato insomma. Ecco la combinazione nefasta: se non si fa parte dei cenacoli anzidetti e si ha fede nella libertà di parola i guai cominceranno a fioccare inevitabili. Il popolino, fesso come sempre, crederà che tali guai siano dovuti alla responsabilità del malcapitato, ovvero siano disgrazie casuali, ma non è così, non funziona così; almeno in Italia. La riprova: gli stessi guai (ben peggiori, anzi), a chi fa parte delle massonerie sopra citate, tendono a scivolare negligentemente addosso, come acqua su una cerata, sino a perdersi in rivoli silenziosi che seccheranno cautamente al calore della complicità. Invece a Luttazzi le disavventure capitano in serie (se lo merita! Mangia la merda in televisione! Fa inculare Moro da Andreotti! Parla male di Padre Pio! e via andare …): querele, accuse di plagio, richieste miliardarie (poi milionarie in euro) per danni, teatri chiusi, televisioni spente, radio e giornali serrati. In Italia, lo ripeto, funziona così. O si diventa come Pif.
Non sono casi isolati, ma la normalità. Per stilare una storia del giornalismo italiano occorre essere, infatti, ferrati genealogisti (e vantare robuste infarinature d'araldica).
Sarà proprio l’ANSA, Novembre 2003, a diffondere la notizia secondo cui, nello spettacolo Stanotte per sempre, tenuto presso il Teatro dell'Archivolto di Genova, un Luttazzi nerovestito, impersonante Andreotti, avrebbe sodomizzato sul palco il cadavere di Aldo Moro. Il lancio d’agenzia, ingannevole, divenne verità: probabilmente è restata tale sino a oggi. Questo fu uno dei, numerosi, tentativi d’annientamento di un personaggio di spettacolo mai allineato: cacciato dalla RAI e da LA7, querelato dal quartetto Berlusconi, Fininvest, Forza Italia e Mediaset (41 miliardi di lire per diffamazione!), disgustato da Sky e Rolling Stone, ostacolato dalle amministrazioni locali (di tutti i colori), Luttazzi ha subito il normale cursus dishonorum di chi crede che in Italia ci sia libertà di parola.
Il problema di Luttazzi, però, a parte credere nella libertà di parola, è uno solo: il cognome; il suo vero è, infatti, Fabbri; il che rimanda a origini artigiane e, purtroppo, a nessuna comunità sociale privilegiata, a nessun generone, a nessuna linea dinastica; egli stesso, peraltro, pare restio a farsi numerario (Luttazzi è laureato in Medicina), aggregato o soprannumerario dell’Opus Dei oppure membro del Grande Oriente d’Italia oppure tesserato presso una formazione qualsiasi della poltiglia dell'attuale arco costituzionale … è spacciato insomma. Ecco la combinazione nefasta: se non si fa parte dei cenacoli anzidetti e si ha fede nella libertà di parola i guai cominceranno a fioccare inevitabili. Il popolino, fesso come sempre, crederà che tali guai siano dovuti alla responsabilità del malcapitato, ovvero siano disgrazie casuali, ma non è così, non funziona così; almeno in Italia. La riprova: gli stessi guai (ben peggiori, anzi), a chi fa parte delle massonerie sopra citate, tendono a scivolare negligentemente addosso, come acqua su una cerata, sino a perdersi in rivoli silenziosi che seccheranno cautamente al calore della complicità. Invece a Luttazzi le disavventure capitano in serie (se lo merita! Mangia la merda in televisione! Fa inculare Moro da Andreotti! Parla male di Padre Pio! e via andare …): querele, accuse di plagio, richieste miliardarie (poi milionarie in euro) per danni, teatri chiusi, televisioni spente, radio e giornali serrati. In Italia, lo ripeto, funziona così. O si diventa come Pif.
Inessenziale, ai fini di questo post, chiarire se mi piaccia o meno Luttazzi. Inessenziale anche per voi.
Money for dope si compone di dieci brani, composti nell’arco di ventiquattro anni (1979-2003); la canzone eponima (proprio del 1979) è molto bella: fu dedicata dall’autore a una ragazza morta di overdose; ecco come la racconta: “Nella Romagna degli anni '70 arriva l'eroina e fa una strage. Anni dopo ci si rese conto di come le speranze di una generazione vennero conculcate prima dalla droga poi dal terrorismo. Una nostra amica morì di overdose. Quando la eseguivamo, il pubblico ammutoliva, tanto era carica di dolore”.
Fratello mio, dove sei?
La storia del cinema ,della musica ecc.. in italia l'hanno scritta i radical click, (letto bene) . gente che ha manipolato a proprio piacimento l'informazione..poi un giorno è arrivato internet, e per questi tizi la pacchia è finita. Adesso devono fare i conti con gente come Vlad . Gente libera per davvero.
RispondiEliminaP.S.Stefano Feltri.... ma quanto mi sta sulle palle sto tizio .....
9
Purtroppo i radical click hanno ancora un certo seguito.
EliminaSarà una battaglia all'ultimo click ... cercheranno di farcela pagare ...
Basta vedere cosa ti è successo ... evento minuscolo, ma indicativo.
P.S. il bocconiano non riscuote neanche le mie simpatie.
Grande post. C'è molta gente che è stata distrutta in RAI e FININVEST, perchè assolutamente fuori dagli schemi.Luttazzi è un'intelligenza libera, dovevi comprare a scatola chiusa, non potevi limitarlo..Un pò come successe a Dario Fo, ai tempi di Mistero Buffo, che gli valse il biglietto di noN ritorno alla RAI. E' molto difficile essere disallineati, miscredenti,LIBERI nel campo della comunicazione controllata. La canzone è molto bella ed anche il video, però un album per intero penso sarebbe impegnativo, per me, da ascoltare.Preferisco Daniele come attore recitante.
RispondiEliminaEra difficile, ora è impossibile.
EliminaGuarda gli sceneggiati RAI ... Uno scolaro delle elementari ha più forza di sovversione. Speriamo la gente si stanchi di questa mediocrità estenuante; la vedo dura a breve termine.
..anche a lungo termine, anzi penso che questo condizionamento riguarda non solo spettacolo e informazione ma la nostra vita privata, sempre meno privata..
RispondiEliminaE' un paese di merda questo Vlad,un paese in cui comandano i mafiosi. Ed io di mafia qualcosa conosco. Non per niente vivo in Sicilia . Siamo in mano a gente decotta,putrida,siamo in mano al nulla. Hai ragione, non c'è via d'uscita da tutto questo,non c'è via d'uscita..purtroppo.Ma io mi sento meno solo, perchè c'è ancora gente vera che gira in questo paese.siamo in pochi.. ma se ci contassimo!!!! un abbraccio amico Vlad ti sono riconoscente. ciao
RispondiEliminaPer fortuna in Sicilia rimane ancora la bellezza.
EliminaEntrare a Siracusa e a Palermo è ancora un avvenimento che rallegra il cuore.
La stessa emozione viene data da Napoli.
Nordico in gioventù sto invecchiando da sudista.
In bocca al lupo.
Consiglio vivamente di dare un occhio a questo www.moneyformoths.wordpress.com . Trovato per caso ma sembra ricco di informazioni sul caso luttazzi. Non ho ancora capito se si tratta di dati reali o di diffamazione. Voi cosa dite?
RispondiEliminaUn lavoro davvero coraggioso.
EliminaChiedigli se ne hanno uno anche contro i mammasantissima di rai, mediaset, rcs, espresso repubblica.
O contro i grandi scrittori italiani che si fanno scrivere i romanzi dai negri.
Le considerazioni del post, comunque, esulavano dai temi trattati dal sito in questione.