domenica 31 agosto 2014

Trilogia della collera/2 ovvero L'estinzione dell'Italia ovvero Charged GBH - City baby attacked by rats (1982)


La trilogia propone alcune riflessioni enigmatiche accompagnate da un terzetto musicale (nascosto dal consueto fogliame) suggerito dal blog Detriti di Passaggio: Exploited, GBH, Discharge.
Oggi la seconda puntata.

* * * * *

Ogni popolo segue il proprio destino.

Da Bombay a New York, ad Alessandria, Oslo, Plovdiv, Mosca; da Buenos Aires a Canberra a Shanghai a Roma, il pianeta è avvolto da una ragnatela che abbatte le distanze, le incomprensioni, le lingue.
L'utopia di millenni è forse realtà? L'umanità che si scioglie in un abbraccio universale.
Interconnessi, veloci, fluidi, omogenei, uniformi, informatissimi, globali, ecumenici, fratelli.
Non è questa la pace perpetua? La vittoria somma della civiltà, il culmine di ogni profezia benigna?
Fig. 1 Affreschi ancora visibili
Oppure dietro tutto questo si cela un vincitore di parte?
C'è un prezzo da pagare?
E chi è il debitore?
Noi ovviamente, l’Italia.
E non si esige una libbra di carne, ma il nostro passato, la nostra lingua: tutto ciò che dona un senso a volti, mura, torri, campagne, panorami, città.

Si è finalmente compresa questa guerra eterna a Iraq, Iran, Egitto, Palestina, Siria, Russia, Cina, Grecia e, ora Italia? Capite il suo fondo limaccioso?
Iraq, Iran, Egitto, Palestina, Siria, Cina, Grecia, Italia …
Ovvero Mesopotamia, Persia, Canaan, Catai; e Latini e Greci, i fondatori dell’Occidente.
La Storia.
Signori, questa è una battaglia contro il passato, contro la tradizione, la diversità, la lingua.

Ecco Walter Kurtz/Brando: "Drop the bomb. Exterminate them all". E Walter Kurtz/Conrad: "Exterminate all the brutes". 
Siamo noi i selvaggi.
Siamo messi a morte.

Chi non ha passato non ha futuro; non è in grado di prevedere, pianificare, opporsi; e chi non comprende la propria lingua non controlla la realtà.
Senza la storia e il linguaggio si generano omiciattoli devoti al qui e ora, ossequiosi, conformisti, inoffensivi, paghi delle miserabili granaglie di una finta libertà civile; ecco il piano.

Fig. 2 Gli affreschi trafugati
Abolizione del passato. Ci dicono: il passato appesantisce gli stivali tecnologici delle sette leghe; il passato è una memoria d'orrore, la storia non è più magistra vitae: a cosa serve? Rinunciate!
Ma col passato si cancella il futuro, ci si condanna alle minutaglie dell’attimo, all’eterno presente, all’autismo di massa, ai ceppi da servi.

Abolizione della lingua. L’italiano succube del nuovo esperanto: un cicaleccio universale e imbastardito dall'uso internazionale, fitto di tecnicismi, abbreviazioni, ammicchi, gergalità professionali; efficace per comunicare le stesse cose a qualsiasi latitudine, con la stessa espressione e il medesimo, estenuante e meschino simbolismo: di fatto un pastone generico, slabbrato; povero, poverissimo. Senza parole si sacrifica una parte della personalità. Senza parole ci si consegna alla monodimensionalità. Senza parole si pensa entro i confini della riserva. 
Quali sentimenti e intelligenza può avere un essere umano senza parole?
Solo quelli standard, confezionati; quelli pronti all’uso, in comodi pacchetti da acquistare online.

E questa sconfitta epocale cosa rende in cambio?
Rinunciamo a noi stessi, al nostro popolo, a millenni di luce in cambio della pace perpetua, della terra promessa?
Ve lo dico: questo è l’inferno. L’inganno del principe delle tenebre.
Dove la felicità se un pugno di uomini ha in mano le sorti del pianeta?
Quale progresso se ogni paese è schiacciato dal potere dell'oro, da un feudalesimo nichilista e tecnocratico?
Quale libertà se l'informazione viene costantemente distorta e fa a capo a poche e consuete sorgenti avvelenate?
Fig. 3 Parete a destra

Estinzione del passato, dell’Italia.
Una chiesa medioevale del centro Italia. 1200 circa.
Affreschi più tardi, di scuola umbra, fra Quattrocento e Cinquecento.
Nella fig. 1 in una foto degli anni Ottanta. 
Dopo mezzo millennio, nonostante le incurie e il menefreghismo, erano ancora visibili.
Eccoli oggi (figg. 2/3/4).
Trafugati, svaniti, annientati.
Il tetto della chiesa ha ceduto, l'altare è in macerie, l'acquasantiera è stata estirpata dalla parete, i fregi rubati; l'entrata è ostacolata da un enorme fico, l'intero vano è invaso da cespi di erbe selvatiche.
Il passato svanisce, svanisce il popolo che il passato teneva unito e in vita.
Fig. 4 Gli ultimi residui degli affreschi
PPP: “I monumenti, le cose antiche, fatte di pietra o legni o altre materie, le chiese, le torri, le facciate dei palazzi, tutto questo, reso antropomorfico e come divinizzato in una figura unica e cosciente, si è accorto di non essere più amato, di sopravvivere. E allora ha deciso di uccidersi: un suicidio lento e senza clamore, ma inarrestabile. Ed ecco che tutto ciò che per secoli è sembrato ’perenne’, e lo è stato in effetti fino a due tre anni fa, di colpo comincia a sgretolarsi, contemporaneamente. Come cioè percorso da una comune volontà, da uno spirito. Venezia agonizza, i sassi di Matera sono pieni di topi e serpenti, e crollano, migliaia di canali (stupendi) in Lombardia, in Toscana, in Sicilia, stanno diventando dei ruderi: affreschi, che sembravano incorruttibili fino a qualche anno fa, cominciano a mostrare lesioni inguaribili …”
Gioia e rivoluzione

Estinzione della lingua, dell’Italia. Il testo che leggete è apparentemente in italiano. In realtà è scritto nel gotico internazionale dei conquistadores. Garcilaso de la Vega, l’Inca sconfitto, scriveva nella lingua dei vincitori, lo spagnolo. Io stesso scrivo pensieri Inca, che il sangue ancora vivifica, ma la prosa, e il concetto che la doma, appartiene agli spagnoli del nostro tempo. Di fatto sono un traditore. Pensare secondo il volere dei barbari rende barbari; o inoffensivi. E patetici. Volete fare la rivoluzione via sms? Impossibile. La lingua è il pensiero. Se non ci appartiene, siamo noi che apparteniamo agli altri. Gli Incas lo sapevano bene:

“Appare un altro idioma ... decade la nostra lingua patria …” 
“Avrai perduto, uomo, la tua sapienza profonda, la tua scrittura …”
 “La tua storia, senza la tua lingua, sarà come immondizie raccolta"
“I barbuti uomini bianchi saranno i padroni anche della tua lingua?”

La piramide massonica della felicità
L’utopia menzognera esige dunque il nostro passato, la nostra lingua, l’anima dell’Italia.
Questo il demoniaco tributo.
In cambio di niente.
E noi ci consegn(i)amo, solerti.
Tutti uniti come nello spot della Coca Cola, ecumenici, libertari, pacifisti e innocui – disposti a piramide a cantare il ritornello dei fessi.

Lettera di Charles Darwin a Lyell, 1859: “In qualche periodo futuro, non molto distante se misurato nei secoli, le razze civilizzate dell'uomo stermineranno e rimpiazzeranno le razze selvagge in ogni parte del mondo … Le razze intellettualmente più deboli vengono [infatti] sterminate …” (The less intellectual races being exterminated)
We, the brutes.

Il nostro nemico è troppo potente. Ci ha già dissolti; e dissipato la nostra cultura, i costumi, la storia.
Rendersi conto di una sconfitta così gigantesca è un debole conforto. D'altra parte non c'è rimedio. L'Italia si appresta a diventare, con propria gioia, una nota a pie’ di pagina dei nuovi mercenari. Certo, rimane la possibilità di farsi ascari o kapo, cosa di cui la maggioranza si compiace, fessa o criminale com'è.
Poveri italiani, rinchiusi nelle riserve, ubriachi, rincretiniti, costretti a una lingua che gli fa pensare cose impensabili sino a qualche decennio fa; poveri babbei italiani, marci, corrotti, spaesati; che si coprono le orecchie non sapendo da dove arriverà il prossimo colpo. Ignoranti, afasici, istericamente felici. 
Felici come nelle pubblicità subliminali e surreali dell'Unione Europea: prima era il male, ora invece, tutti fratelli ... ordine, progresso, libertà, sorrisi ...
Felici e, sì, traditori.

Ci faranno aprire un casinò come i Navajos dell'Arizona? Il gioco d'azzardo va forte. Ci avete mai pensato? Lotterie, riffe, bet win, bingo, gratta e vinci: una babilonia del rischio. D'altronde non è ciò che facciamo di continuo? Giocare per passare il tempo? Giocare col pc, gli emoticon, le telefonate, la televisione, le email - interconnessioni del nulla.

Spianate le colline, dissipati i confini, sbriciolati i fianchi delle montagne, oltrepassati i fiumi, resi innocui i marosi dell'oceano, domati il caldo ardente e il gelo che rende secche le membra, ogni uomo - un servo eguale all'altro - si congiunge mano nella mano, nell'estasi dell'ebetudine.

La Storia è finita.

6 commenti:

  1. Se metti assieme Darwin, Mendel, la genetica e pure la termodinamica, il futuro ci può riservare solo un'unica razza mista e meticcia, e un'unica cultura; una lingua che potrebbe essere spanenglish o indocinese.
    Scompaiono le piccole patrie, le piccole lingue, le nicchie; si standardizzano le soluzioni urbane, eliminazione e antropizzazione controllata di ogni ecosistema. Entropia, lenta e inarrestabile.
    Torno un attimo alla musica. Ma il "rock", in tutto questo non ci ha poi mica tanto aiutato! Per anni ha propagandato falsi eroi, false rivoluzioni, svenduti secondo un modello consumistico esasperato, anzi elevando ad arte un certo compiacimento di decadenza borghese, sempre usurando gli stessi identici cliché (razziali, sessuali, generazionali...) da centralismo imperiale americano.
    Mica tutto. Ma quello che 'numericamente' e monetariamente conta, in gran parte si...

    Sulla cultura, che svanisce. Ma se ritenete che Vlad qui abbia ragione (per certe cose ne ha da vendere...) allora dovete spiegarmi come mai ci sono sempre file eterne all'ingresso delle mostre, agli Uffizi, alla Sistina... come mai tutta quella ressa nelle città d'arte?
    Anche a Gaber le file di gente "col panino" davanti al museo mettevano tristezza; lo fanno anche a me.
    Vanno a vedere cultura, o presenziano a qualche evento cool ribattuto dalla stampa? LA cultura muore con le file davanti all'ingresso, questo è crudele.

    Dispiace anche che, apparentemente, solo apparentemente, questi post sembrino "snobbati".
    Consiglio a Vlad di fare una bella monografia sui Pink Floyd, o sugli U2. Avrà la fila davanti.

    Salutoni

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    1. Non sono d'accordo con te per due motivi:
      1. L'entropia riguarda tutte le molecole atomi etc etc. Questa entropia sociale, invece, ha i colori del liberismo pseudodemocratico americano che non vive di storia (a meno che non sia la sua, quella più immediata, con cui ci ha hollywoodianamente lavato il cervello: tutti sanno chi è Custer e nessuno Pietro Micca). Parlerei quindi di acculturazione finale e totale (oltre questo modello, infatti, non è concepibile nulla).
      2. Gli uomini e, soprattutto gli uomini organizzati, non sono molecole. Anche il genetista darwinista Dawkins riconosce alla cultura un ruolo evolutivo pari al gene. Potremmo resistere se lo volessimo perché, da tale acculturazione, noi (e la Cina, la Grecia, la Palestina, l'Egitto ... la storia, insomma) abbiamo più da perdere.
      T'invito a riconsiderare la metafora di indiani, aborigeni e pigmei strappati al loro ruolo culturale tradizionale, inurbati e occidentalizzati: ridotti a ubriachi o criminali o parodie. Ridotti a niente. Herzog ha dedicato la vita a tale shock da civilizzazione.
      Inutile poi dire: anche gli Spagnoli, i Tartari, gli Assiri facevano così ... Sappiamo tutti che, oggi, con un click si uniformano intere popolazioni ... Non scherziamo ...
      Sulle file ai musei posso dire: quanti italiani ci sono in fila? Gli Uffizi, i più visitati, stanno sul milione e mezzo all'anno ... Più di metà sono turisti, toglici le scolaresche ... Senza contare l'effetto lemming del turismo di massa ...

      http://mvl-monteverdelegge.blogspot.it/2014/08/il-racconto-della-domenica-richard_24.html

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    2. Sono tutti 'movimenti' contrastabili, si. Però serve energia per farlo: energia fisica, culturale, economica. C'è questa energia? Soprattutto, c'è la volontà di investire in questa energia? Potrebbe esserci, ma 'potrebbe' è molto diverso da 'può'. In questo contesto i mezzi secondo me non ci sono, e forse, si la storia (nostra, della nostra abitudine...) è davvero finita

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  2. Triste verità quello che scrivi: pur vivendo a venti minuti di treno da Firenze ho alunni diciottenni che sono stati a Londra o a New York e in compenso non hanno mai varcato la porta degli Uffizi.

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    1. Conosco settantenni romani che non hanno mai visitato il Colosseo.

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