giovedì 24 novembre 2011

Hash Jar Tempo – Well oiled (1997)/Under glass (1999)


Incontro tra Robert Montgomery e i Bardo Pond, Hash Jar Tempo è il progetto più puro della moderna psichedelia e, sicuramente, uno dei più audaci tentativi di creare un suono universale attraverso gli strumenti propri della musica rock.
Le sette improvvisazioni strumentali di Well oiled, giustamente senza titolo, sono episodi indefinibili in cui le chitarre disegnano panorami ricchi di echi, riverberi, feedback - panorami sostanzialmente immutabili: solo l’uso della batteria, come di consueto, imprime un moto e una direzione e, in questo senso, una finalità classica alle composizioni (finalità lineare, occidentale); negli episodi sostanziati dalle sole chitarre (specialmente 3, 5, 7), invece, i Nostri raggiungono eccezionali punte di astrazione psichedelica; si può davvero parlare di suono cosmico ovvero del rendiconto sonoro d’uno stato psichico in cui l’anima individuale rifluisce nell’universo, vi si immedesima e può contemplare misticamente la totalità in cui non sussiste più né moto né successione temporale. In questo senso gli Hash Jar Tempo sono davvero figli dei Bardo Pond (a differenza di Subarachnoid Space e Doldrums) e degli episodi maggiori del loro Bufo alvarius*: d’altronde il sostantivo bardo rimanda esplicitamente alla negazioni buddiste del reale a favore dell’esperienza di un mondo fantasmagorico sospeso fra vita e morte di cui si parlò a proposito di Transmigration dei Voice of Eye. Non solo, ma il successivo Under glass conferma anche la visione musicale di Robert Montgomery, delineata nell’album This is not a dream: l’australiano, infatti, cercava in quell’opera di ricreare atmosfere fluttuanti ed oniriche e, in vista di ciò, egli alterava sapientemente ogni traccia sino a renderla indefinita come una figura scorta attraverso le smerigliature d’un cristallo: figura, quindi, (e musica) percepita come nello stato di sonno. Non è meraviglia, quindi, che il secondo lavoro degli Hash Jar Tempo si intitoli in tal modo: d’altra parte le esperienze ultraterrene del Bardo Thodol non sono forse fallaci ed evanescenti come sogni?
Anche in Under glass le percussioni sono ridotte alla sottolineatura essenziale** (quasi rituale) come nelle straordinarie Atropine e Präludium und Fuge. A prevalere è il groviglio elettrico ordito dai chitarristi (Gibbons e Montgomery) attorno alla cui massa ruotano assoli e feedback la cui risultante, come detto, è quella di indurre ad una sensazione di stasi nonostante le incessanti, ma ingannevoli progressioni strumentali. Un grado stazionario della musica che aspira a riprodurre l’eternità e l’immutabilità.
           
* Bufo Alvarius e Well oiled furono registrati nello stesso anno.
** Lo stesso vale per le tastiere.


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