mercoledì 20 novembre 2013

Iron Maiden - Triumph of the Beast (2013)


Il post previsto era un altro, poffarbacco ... Un Nurse With Wound vol. 32, nientemeno, ma, come sapete tutti, il web è fluido, fluidissimo e, all'ultimo momento, ho trovato un album introvabile e son stato costretto a rifare un po' di cose.
Il post tampone, debitamente coatto, è dovuto alle mie ormai consuete riletture adolescenziali; che preludono alla prostata infiammata. Quando si comincia a provare nostalgia, si comincia ad invecchiare. La canizie, però, non intorbida lo sguardo, anzi.
Lo ammetto, Eddy, il mostriciattolo della Vergine di Ferro, come le labbra di Mick Jagger, il guanto di Michael Jackson e l'occhio di Marilyn Manson appartiene al trovarobato più insopportabile della nuova musica. E nella produzione dei Nostri, dai Novanta in poi, di paccottiglia ne troviamo tanta. Eppure ... i primi due album, col grande Paul Di'Anno reggono ancora botta; Steve Harris, la mente, è un musicista e autore sottovalutato; Bruce Dickinson, l'usurpatore, secondo alcuni, è un brav'uomo, parecchio simpatico; lo si conobbe qualche eone fa mentre presentava un suo album solista in una radio locale romana: chitarra acustica e voce, ovviamente, una voce da far tremare la terra. Davvero. 
Quindi sono indulgente. I Maiden hanno piazzato nelle orecchie di tutti almeno quindici hit strepitosi, da risentire con tutti gli onori: Killers, Murders in the Rue Morgue, The trooper, Number of the beast, Can I play with madness; hanno sdoganato Edgar Allan Poe e Samuel Taylor Coleridge; e non mi sembra abbiano mai affaticato i rotocalchi con vicende men che oneste. 
Non mi pare poco. Che dire? Auguri per il quarantennale del 2015.

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