Seconda parte della saga James Brown, Live at the Apollo Theatre (di New York): registrazioni che datano alle due giornate del 1967, 24 e 25 Giugno.
Più che un disco, questa è una riprova, sul campo, dell'intrusione di elementi non oggettivi nella valutazione di un'opera; l'abbiamo già affermato: a volte agisce la nostalgia, altre il fascino borderline dell'autore; in questo caso, oltre ai primi due fattori, ben presenti, si assiste alla consacrazione di un capolavoro per merito della pura personalità dell'interprete.
James Brown.
Ventitrè tracce.
Se ne possono saltare ventidue (se non vi piace il genere).
Cliccate su It's a man's man's man's world. 19'12''. Composto l'anno precedente il concerto dallo stesso Brown e da Betty Jean Newsome, il brano (durata originaria: 2'46'') viene dilatato a diciannove minuti a mezzo di sermone erotico semplice e sincero (This is a man's world/But it wouldn't be nothing, nothing/Not one little thing/Without a woman or a girl), a mezzo tra il soul e il talkin' blues; diciannove minuti dal ritmo sgocciolante, trattenuti e nello stesso tempo intensi come un rapporto amoroso, sommessi sin quasi a spegnersi o improvvisamente accesi da grida brucianti. Come si è notato a proposito di stili completamente diversi (i Neu!, Captain Beefheart), James Brown riesce a sintonizzarsi su qualche ritmo biologico fondamentale dell'uomo: la recita potrebbe durare ore, vocalizzo dopo vocalizzo, tra discese e risalite e istrionismi. Un capolavoro assoluto.
E il resto pure.
It's a man's man's man's world è un godimento dalla prima all'ultima nota.Però, ovvio, cantata da lui.
RispondiEliminaLa versione di Van Morrison non è malaccio ...
EliminaNon la conosco e vado a cercarmela, comunque con la voce che si ritrova Van, penso che sia interessante.
RispondiEliminaCercavo il tuo post su Lalli..
http://isle-of-noises.blogspot.it/2012/04/vvaa-cure-for-blues-vol-4-2012.html
EliminaA cure for the blues vol. 4
Letto e ascoltato con interesse. Grazie!
Elimina