domenica 5 gennaio 2014

Big Country - The crossing (1983)


I Big Country (Stuart Adamson, voce, chitarra; Bruce Watson, chitarra, mandolino, sitar; Tony Butler, voce, basso; Mark Brzezicki, voce, batteria, percussioni), come gli Smiths (e U2, Alarm, Frankie Goes to Hollywood e, perché no, Culture Club, Wham! Duran Duran), rappresentarono uno dei main event dei primi anni Ottanta.
A distanza di trent'anni cosa resta di cotanti innamoramenti? Un album di buona lega, con un hit notevole (In a big country), altri pezzi rimarchevoli (Fields of fire, Inwards) e una sensazione indefinibile in cui convivono la piacevolezza della nostalgia e la simpatia (altrettanto indefinibile) verso un gruppo che cercava di ricollocare il folk entro una cornice elettrica new wave (per merito del compianto Stuart Adamson, in grado, tramite la propria sei corde, di popolare di inesistenti cornamuse e violini le tracce del disco).
Nonostante la bravura di Adamson si nota, però, una certa freddezza nell'insieme. La costruzione a tavolino. Che sia colpa della produzione di Lillywhite, capace di piallare le asperità di U2, Gabriel e Simple Minds sino a renderli incontrastabilmente mainstream? Senza doppi fondi, senza vertigini?
A voi l'ardua sentenza.

5 commenti:

  1. Negli anni 80 manco li consideravo. Ora, in confronto alle porcherie odierne, mi sembrano dei giganti.

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  2. Thankyou as always. Happy New Year. Keep up the great music. Rock on!

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  3. Sottoscrivo il commento di Egli e la tua mini recensione. Anche se, caro Vlad, permettimi una simpatica bacchettata sulle dita che hanno scritto Smiths assieme a Duran & co. ;-)

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    1. Non era mia intenzione ...
      Qui ci sono signorine che minacciano col mattarello per l'affronto, altro che bacchette.

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