venerdì 24 agosto 2012

Bonzo Dog Doo-Dah Band – Doughnut in granny's greenhouse (1968)


I Bonzo Dog (Vivian Stanshall, voce, tromba, ukulele; Neil Innes, voce, chitarra, tastiere; Rodney Slater, sassofono; Roger Spear), nati a Londra verso la metà degli anni Sessanta, rappresentano un brillante tentativo di trasportare nella nuova musica le eterogenee macchiette del vaudeville.
Essi non hanno alle spalle un retroterra culturale come quello americano: il loro sangue non ha assimilato quell'impasto inimitabile di riti sociali e menzogne pubblicitarie che hanno informato il sardonico disprezzo, tinto di nostalgia, di Frank Zappa; non possiedono, inoltre, il profondo pessimismo continentale, proprio di quelle correnti artistiche - Dadaismo – che vengono a loro spesso accostate. Il Dadaismo, nato durante il più grande sfracello umano del Novecento, la Prima Guerra Mondiale, si può esprimere nelle parole di André Gide: “Tabula rasa. Ho spazzato ogni cosa. Fatto! Mi levo nudo sulla terra vergine, dietro il cielo da ripopolare”. Dietro questa semplice frase s'eleva il rifiuto della logica classica, del linguaggio, della coscienza e dell'estetica: da-da erano, peraltro, i primi bisillabi che pronunciavano gli infanti ignari di ogni pensiero pregresso. Tale rifiuto era accompagnato da uno scetticismo assoluto: “Misurata col metro dell'eterno ogni azione è vana” declamava Tristan Tzara, il fondatore; e Breton rincarava: “E' inammissibile che un uomo lasci una traccia del suo passaggio sulla terra”.
I Bonzo Dog hanno poco in comune con tali terroristi se non un certo gusto della provocazione e dello scherzo. Essi attingono a numerose tradizioni musicali, francese (My pink half of the drainpipe), swing (Hello Mabel), blues (Can blue man sing the whites), rock (We are normal) e non per sbeffeggiarle, ma per imbastire una collezione di nitide canzoncine dal tono cabarettistico di netto stampo britannico, alla Monthy Python.
Più eclettici commedianti che anarchici, inclini ad una certa compostezza melodica, essi inscenarono un teatrino che dileggiava gli aspetti borghesi del proprio tempo, ma senza metterlo in discussione. In fondo, di quel ceto, ne facevano parte. D'altra parte non riuscivano a vedere neanche lo strappo metafisico sul cielo che ci protegge, continuo e rassicurante; furono intrattenitori brillanti e sagaci e sbarazzini.

2 commenti:

  1. As if you read my mind...just last week I was looking for a good introduction to the Bonzos, after listening to some Viv Stanshall, and now you post this lovely album! Many thanks!

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