Fondati dal chitarrista Richard Pinhas nel 1974, gli Heldon sono tra le realtà più memorabili della musica francese dei Settanta.
La personalità di Richard Pinhas, accademico, studioso di Gilles Deleuze e Robert Fripp, appassionato di letteratura fantascientifica (la repubblica di Heldon compare nel romanzo The iron dream* di Norman Spinrad) coincide di fatto con il gruppo, al netto di collaborazioni eccellenti: tra i tanti, Gilbert Artman, dagli Urban Sax e Patrick Gauthier, reduce dei Magma.
La musica degli Heldon non si discosta da color a cui Pinhas rende artisticamente tributo, Glass, Eno, i minimali tedeschi a lui contemporanei. Nonostante la varietà dell'ispirazione, tuttavia, riesce a costruire due dischi notevoli come It's always e Agneta Nilsson.
Se gli esordi furono interessanti, ma abbastanza acerbi e risaputi (specie Electronicque guerilla), nel doppio It's always rock 'n' roll Pinhas, accanto a composizioni d'elettronica classica, Ics Machinique, Doctor Bloodmoney** (16'49''), Aurore (18'15'') o la più aggressiva Cocaîne blues, vara esperimenti come Ocean boogi o Virgin Swedish girls in cui le tastiere si contrappuntano alla chitarra: le atmosfere si rallentano e dilatano e, nel secondo episodio, si sconfina nei modi cosmico-psichedelici. In Zind destruction, ma anche nella fascinosa Cotes de cachalots à la psylocybine), forse i vertici del lavoro, il duetto fra il sintetizzatore e le distorsioni della sei corde si fa taglientissimo, sino a sfociare in una sorta di pre-industrial da camera: la mancanza delle percussioni, infatti, impedisce vie di fuga e la progressione si affida a tale continua eruzione sonora.
La batteria appare, invece, in Perspective IV (21'45''), la traccia più significativa di Agneta Nilsson: siamo in un pieno e trascinante trip elettronico e psichedelico in cui la chitarra di Pinhas è affilatissima. Perspective I, sonata grave e maestosa per tastiere, e Perspective III, in cui riecheggiano i duetti fra i cicli dei sintetizzatori e la sei corde abrasiva del leader esauriscono l'estetica degli Heldon: tre anni di sperimentazioni riassunti in poche tracce.
La personalità di Richard Pinhas, accademico, studioso di Gilles Deleuze e Robert Fripp, appassionato di letteratura fantascientifica (la repubblica di Heldon compare nel romanzo The iron dream* di Norman Spinrad) coincide di fatto con il gruppo, al netto di collaborazioni eccellenti: tra i tanti, Gilbert Artman, dagli Urban Sax e Patrick Gauthier, reduce dei Magma.
La musica degli Heldon non si discosta da color a cui Pinhas rende artisticamente tributo, Glass, Eno, i minimali tedeschi a lui contemporanei. Nonostante la varietà dell'ispirazione, tuttavia, riesce a costruire due dischi notevoli come It's always e Agneta Nilsson.
Se gli esordi furono interessanti, ma abbastanza acerbi e risaputi (specie Electronicque guerilla), nel doppio It's always rock 'n' roll Pinhas, accanto a composizioni d'elettronica classica, Ics Machinique, Doctor Bloodmoney** (16'49''), Aurore (18'15'') o la più aggressiva Cocaîne blues, vara esperimenti come Ocean boogi o Virgin Swedish girls in cui le tastiere si contrappuntano alla chitarra: le atmosfere si rallentano e dilatano e, nel secondo episodio, si sconfina nei modi cosmico-psichedelici. In Zind destruction, ma anche nella fascinosa Cotes de cachalots à la psylocybine), forse i vertici del lavoro, il duetto fra il sintetizzatore e le distorsioni della sei corde si fa taglientissimo, sino a sfociare in una sorta di pre-industrial da camera: la mancanza delle percussioni, infatti, impedisce vie di fuga e la progressione si affida a tale continua eruzione sonora.
La batteria appare, invece, in Perspective IV (21'45''), la traccia più significativa di Agneta Nilsson: siamo in un pieno e trascinante trip elettronico e psichedelico in cui la chitarra di Pinhas è affilatissima. Perspective I, sonata grave e maestosa per tastiere, e Perspective III, in cui riecheggiano i duetti fra i cicli dei sintetizzatori e la sei corde abrasiva del leader esauriscono l'estetica degli Heldon: tre anni di sperimentazioni riassunti in poche tracce.
* Titolo italiano: Il signore della svastica.
** Il titolo deriva dall'omonimo romanzo di Philip K. Dick del 1965 (ma scritto nel 1963), incentrato sulla vita di una comunità americana dopo l'olocausto nucleare. Più esattamente esso suona: Dr. Bloodmoney, or how we got along after the bomb, ossia Dr. Bloodmoney, o come riuscimmo ad andare d’accordo con la bomba. Il titolo italiano, meno sarcastico, fu Cronache del dopobomba. Stanley Kubrick, nel 1964, aveva diretto Dr. Strangelove or: how I learned to stop worrying and love the bomb, noto in Italia come Il dottor Stranamore ovvero:come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba.
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