Gli Swans degli anni Novanta confermano la curvatura purgatoriale del loro leader incontrastato. Michael Gira ha ormai la consapevolezza dell'iniziato: ha assimilato brutture, umiliazioni, trasalimenti; di tutto ciò non restano che ricordi e, come scrisse Rimbaud, “come caldi escrementi d'una vecchia piccionaia/mille sogni in me fan dolci bruciature*”. D'altra parte cos'è un ricordo se non un sogno**?
Michael Gira lascia la disperazione esclusiva e ritmata degli esordi per la forma della ballata; i suoi toni sono di chi ha vissuto intensamente e ora, snervato dalla lunga consuetudine all'orrore, più saggio, forse più debole, può cantare il passato col distacco di Didimo Chierico (“calore di fiamma lontana”) e, addirittura, trasfigurarlo con accenti fantastici, colla carica empatica d'un favolista. Her, The sound of freedom, Identity, The golden boy that was swallowed by the sea i picchi di Love of life: larghe e bellissime ballate che si caricano, a tratti, quasi impercettibilmente, di toni arcani, medioevali.
Tale parabola, di mestizia e lavoro interiore, viene prolungata da The great annihilator; una certa frenesia percussiva (nel gruppo entra William Rieflin dei Ministry) rimanda, a tratti, ai primi album, ma il suono rimane circoscritto all'ambito crepuscolare imboccato da tempo. Ancora meraviglie: In, Celebrity lifestyle, Warm, I am the sun e Mother/Father, modellata dalla voce di Jane Jarboe.
Dopo Die Tür ist zu, sette improvvisazioni dal vivo, in cui risalta un lato sperimentale fino ad allora inaudito (specialmente nei tre brani più estesi, Ligeti's breath, di ventidue minuti, YRP e Soundsection), i Nostri licenziano il taglio finale Soundtrack for the blind. Per l'occasione arruolano Vudi (chitarra, dagli American Music Club), Joe Goldring (basso, dai Toiling Midgets) e Larry Mullins (percussioni).
Il disco è un capolavoro, superiore persino a Children of God. Non è difficile pensare, vista l'eterogeneità del tutto, ad un recupero di materiale preesistente; due ore e mezzo di musica in cui si ritrovano lacerti di canzoni, schegge live, recitativi, elettronica, accenti industrial, lo sperimentalismo di Die Tür ist zu, ballate tradizionali (di Gira: le eccezionali Helpless child, The sound e The final sacrifice, rispettivamente 15'47'', 13'11'', 10'27''; della Jarboe: la bella Hypogirl e, addirittura, Volcano, pezzetto techno, buono per rimescolare ancor più le carte). In carriera Michael Gira ha dapprima dispiegato le cadenze spietate delle sue Songs of experience e poi, raddolcito e avvolto da una luce morente, quasi filtrata da una vetrata gotica, ci ha donato le sue Songs of innocence: l'infanzia brutalizzata, la vita spezzata, e poi una parvenza di salvezza, sono tutte istanze della sua arte che, sparse nei suoi lavori, coesistono nella miscellanea testamentaria di Soundtrack for the blind.
L'inopinata resurrezione degli Swans due anni addietro con My father will me guide up a rope from the sky, guastò una così coerente dissoluzione. Il lavoro riprende i fili dell'ultimo decadentismo di Gira, ma la sincera disperazione sottesa, patente o sublimata, affiora saltuariamente. Rimangono (non è poco!) belle canzoni: No words/no thought, You fucking people make me sick, Eden prison.
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PS. I due EP Blood women roses, 1987, e Shame humility revenge, 1988, pubblicati a nome Skin, sono per gran parte opera di Jane Jarboe e verranno recensiti prossimamente in un post dedicato interamente a lei.
* Arthur Rimbaud, Orazione della sera (Oraison du soir: “Tels que l'escréments chauds d'un vieux colombier/mille rêves n moi font de douces brûlures”)
** Come conferma l'Anonimo Romano. Nel 1325, allora bambino, vide l'entrata in Roma, presso il portico d’Ottavia, di numerosi cavalieri armati diretti verso il Campidoglio. Nel rimembrare l’avvenimento così si esprime: “queste cose me recordo como per suonno”.
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