Formatisi a Los Angeles a metà degli anni Ottanta, i Djam Karet (Gayle Ellett; chitarra; Mike Henderson, chitarra; Henry Osborne, basso; Chuck Oken, batteria) propongono un progressive-rock strumentale basato sull'improvvisazione.
Se i loro primi lavori furono influenzati dal prog europeo dei Settanta, di questo afflato, almeno in questo lavoro, rimane solo l'ascendente, davvero sporadico, dei King Crimson più duri, dilavati da un certo alone 'romantico' e, come avviene nelle loro prove più deboli, sinfonico. Province 19: the visage of war parte con un breve recitativo alla One of these days, ma il tono vira da subito verso la memorabile cadenza di 21st century schizoid man; l'umore dominante del disco, tuttavia, a parte alcuni brevi momenti dell'altro capolavoro Grooming the psychosis, risiede piuttosto in una prog-rock condotto esemplarmente dai due chitarristi, abbastanza lontano dalle complicazioni e dalle ambiguità feconde di quello europeo; anzi, a riguardare retrospettivamente il disco dopo l'ascolto, la sensazione generale è quella di un'opera costruita sul felice gioco improvvisativo di Ellett e Henderson, dalle linee chitarristiche terse e ben definite, dense di un semplice ed efficace lirismo (Feast of ashes o i larghi assoli del pezzo eponimo, davvero splendidi); fan eccezione, forse, gli eccitati arabeschi iniziali di At the mountains of madness (ennesimo omaggio a Lovecraft!).
Un'opera non rappresentativa della loro produzione, ma efficace come introduzione a essa.
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