L'ingresso di Jane Jarboe, come abbiamo visto, aveva contribuito a trasmutare l'algido nichilismo postmoderno degli Swans in una visione sempre disperata, ma dagli accenti rituali e gotici; e tuttavia il sostrato di Holy money, ad onta di tale cambiamento, rimane, come nel precedente Greed, una sconsolata visione dell'umanità, assolutamente infernale. Nonostante i delicati inteventi della Jarboe (You need me), è il registro profetico di Michael Gira, scandito da percussioni liturgiche, a declamare la desolazione e la fine dei tempi. Follia, claustrofobia, morte in vita, sono lo sfondo da cui germinano queste processioni sonore antimelodiche e nichiliste (A hanging, Another you, Coward).
La svolta, preannunciata in Greed trova, quindi, piena espressione solo in Children of God*: se l'iniziale New mind è una nuova preghiera declamata tra i miasmi degli incensi, la seconda traccia, In my garden, sussurrata dalla sua compagna, è una dolce nenia che assurge a vero contraltare del primo pezzo. Il registro dell'opera si struttura così tra questi due poli che s'alternano sottolineandosi vicendevolmente con maggior forza che se fossero isolati: tale dialettica si rende metafora anche d'un flusso di coscienza disperato e stoico; la via di fuga preclusa dal tono plumbeo di Gira si stempera in soprassalti di speranza, pur vana, di cui il canto di Jarboe, in prima o seconda battuta, è portatrice; A Blood and honey risponde Like a drug, a Blackmail e alla bellissima Children of God la caratteristica Sex, God, sex; altrove le carte sono rimescolate: è il caso di Our love lies, You're not real girl e Real love in cui Gira, svestiti i panni del millenarista, si abbandona ad una languidezza da ballata notturna.
La metamorfosi trova nuova linfa nel successivo The burning world, dove al nucleo storico, (pur privo della vecchia sezione ritmica), s'aggiungono strumentisti di vaglia**: il suono è più accessibile, richiama e presagisce Dead Can Dance o Eden; la tenebra è ormai decantata a favore di un folk disteso e purgatoriale, con screziature medioevali ed orientali. La redenzione (Saved), tuttavia, non cede di fronte alle lusinghe del mainstream più sfacciato; ed i bersagli son sempre quelli, la disfatta d'ogni residuo morale ed umano. White light from the mouth of infinity prosegue con ancor più convinzione su questa via; il monolinguismo delle origini, le visioni da De contemptu mundi, vengono sublimate in ballate in cui l'iniziato Gira, sopravvissuto ai riti purificatori, declina la nuova sapienza con toni elegiaci e dolorosi (Failure, Why are we alive), ma aperti, proprio in virtù di tale nuova consapevolezza, alla chiarità dell'esistenza (Song for the sun, We will survive).
White light, opera interamente di Gira, suggella una netta trasformazione musicale, e sottintende un parallelo cammino spirituale, sinceramente sofferto.
* Michael Gira (chitarra, tastiere); Norman Westberg (chitarra); Jane Jarboe (tastiere); Algis Kizys (basso); Theodore Parsons (batteria).
** Nicky Skopelitis (chitarra); Garo Yellin (violoncello); Bill Laswell (basso); Ravi Shankar (sitar). In seguito s'aggiungeranno Anton Fier (batteria), Jenny Wade (basso) e Vincent Signorelli (batteria).
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RispondiEliminaAnd from the Atlantic islands of Azores, I'd like to show my musical project The Joy of Nature:
http://www.youtube.com/watch?v=9kWTBZqhne0&feature=youtu.be
http://www.youtube.com/watch?v=kYNsCONbkGk&feature=youtu.be