Tony Conrad (1940) è una delle figure di spicco dell’avanguardia musicale e cinematografica di New York dei Sessanta, segnatamente di quella forma artistica che, pur nella variabilità del significato, viene definita minimalista.
Essa consta di due elementi essenziali: l’impersonalità, ritrovata nell’utilizzo di materiali basici dilavati dalla fascinazione del colore e delle simbologie nonché da qualsivoglia tocco decorativo o artigianale che possa intaccare la fredda oggettività della resa artistica; la ripetizione, propria delle produzioni seriali industriali, o dei ritmi percussivi ed ossessivi, che strutturano certe sonorità etniche o artificiali.
Nel cortometraggio conradiano The flicker (1966), ad esempio, in circa trenta minuti, egli si serve di sole cinque inquadrature: le prime tre, sottolineate da una musica da two-reels* comico, consistono in semplici scritte (Tony Conrad presenta, The flicker ed un ammonimento**); le restanti due, accompagnate da una drone-music disturbante, sono un campo bianco e un campo nero che si alternano, con tempi variabili, fino alla creazione di una pulsazione stroboscopica.
In campo musicale Conrad fu un membro dei Theatre of Eternal Music (fondati da LaMonte Young e ribattezzati in seguito come Dream Syndicate) assieme a Terry Riley, Angus MacLise e John Cale. Nel 1972, invitato dal produttore dei Faust Uwe Nettelbeck, incide, assieme a tre componenti del gruppo, Werner Diermaier (batteria), Jean-Hervé Péron (basso) e Rudolf Sosna (chitarra e tastiere), uno dei lavori più puri e memorabili dell’arte minimale***.
Esso consiste in due pezzi di circa ventisei minuti, From the side of man and womankind e From the side of the machine. Nel primo pezzo Conrad, sorretto da una nenia percussiva estrema, estrae dal proprio violino, senza mai staccare l’archetto dalle corde, accordi prolungatissimi suonati con una totale assenza di finalismo melodico. Nel secondo, il lavoro della sezione ritmica e delle tastiere si fa più variato; per ciò stesso il lavoro di Conrad viene liberato dal fardello di una potenziale monotonia: una volta abbandonati al flusso della sua linea strumentale, quasi una cornamusa a corde, veniamo indotti in uno stato di trance evocativa. Proprio qui risiede la feconda contraddizione del minimalismo musicale rispetto a quello figurativo od architettonico: esso ingenera, con lentissime variazioni di temi elementari, deragliamenti dalla pura resa oggettiva e consegue coinvolgimenti emotivi di tipo quasi sciamanico****.
L’edizione in CD per il trentennale regala, oltre alla versione completa di From the side, alcuni cascami di quella storica registrazione rititolati The pyre of Angus was in Katmandu, dedicato alla morte di MacLise (avvenuta nel 1979, sei anni dopo), e The death of the composer was in 1962 che, come spesso accade, hanno semplice utilità filologica e non di arricchimento artistico di ciò che fu già edito.
* Letteralmente due bobine; tale era la consistenza di molti cortometraggi comici muti (16 minuti circa).
** Si avverte che l’effetto stroboscopico può causare attacchi nei soggetti predisposti all’epilessia.
*** Il disco fu così titolato poiché eseguito fuori del gruppo The Dream Syndicate.
**** Alcuni autori, infatti, derivano le loro rielaborazioni da musiche etniche, africane o mediorientali.
Hell yeaah!
RispondiEliminaUn disco che ascolto addirittura spesso, e a volte pare strano anche a me. Ma e' come un bagno turco del cervello, prima si svuota, poi si assuefa, poi cominciano a comparure colori, idee, parole. E tutto con quell unico accordo!
Terapeutico.
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