martedì 3 marzo 2015

Public Enemy - It takes a nation of millions to hold us back (1988)


Non ho nessun problema con i Cong, disse Mohammed Alì.
Era il primo Alì, strafottente e gradasso, come solo gli uomini non addomesticati sanno essere; uomini a cui non hanno ancora reciso volontà e radici: africani, indios, pellirosse, terroni.
Essere un ribelle: fascinoso; cool; il rock è ribelle. Essere ribelli, i ribelli, insofferenti al potere. Uno stile di vita che affascina i ribelli per eccellenza, gli adolescenti, e anche i borghesi, perché no, invidiosi della carica eversiva dei giovani, assolutamente scandalosa poiché coincide con la sovversione fisica, biologica, trionfante e beffarda, dei corpi e della menti, liquide e pericolose.

Rebel without a cause, sì, nothung, non serviam, non ci avrete mai, no pasaran.
Ci sono ribelli e ribelli.
I ribelli alla moda si limitano a copiare e incollare l'anticonformismo, come quelli che vanno in giro con la maglietta di Che Guevara o Carlito Brigante. Ribelli da salotto e da tastiera. Una parte è sfilata a Roma l'altro giorno.
Ci sono i ribelli fuori tempo massimo, quelli che fanno fuoco e fiamme a babbo morto, i ribelli dei tempi facili: gl'incendi son domati, il cero dell'odio consunto sino alla bugia, e il potere, ormai, si occupa d'altro. Sono ribelli bibliotecari.
Ci son poi i ribelli veri. Quelli che rischiano la buccia e l'onore. L'esclusione dalla società, le pernacchie, gli sputazzi. Che si schierano quando la fucileria della maggioranza alla moda è in piena azione. Attenti! Il ribelle può avere torto! Non cercate necessariamente il lui la ragione e la ragionevolezza, ma solo la piena sincerità. Il vero ribelle, il ribelle qui e ora, sale in cattedra e di fronte alla platea che si aspetta una sviolinata, si mette a graffiare con le unghie la lavagna e proclama: no, non sono d'accordo, adesso, nella mia patria, davanti a voi e a tutti, nel mondo; sono sincero, non mi convincete, il mio non è forse coraggio, ma solo sventatezza e anima di bastian contrario, iattanza e delirio ... tutto quello che volete, ma questo non lo accetterò mai, ve lo dico, e basta.
Mohammed Ali disse questo, lo disse in piena guerra del Vietnam, e pagò. 25 maggio 1967: revoca della licenza e del titolo mondiale.
Lo disse nel 1967, non vent'anni dopo; e non fece neanche il passo a metà: son d'accordo, ma ... oppure: dico questo, ma, attenti, senza esagerare ...
Poteva fare questo, vendersi a metà, lucrare una rendita: soldi, onore e una vita tranquilla. Dopo vent'anni avrebbe potuto scrivere una bella biografia fasulla spacciandosi per quello che avrebbe voluto essere, e non era stato, per vigliaccheria. Avrebbe potuto farlo, ma non lo fece. Si giocò tutto e subito. Puntò sui cattivi, e perse.
Ma noi su cosa puntiamo?
Ditemelo voi. Le due fiches che vi rimangono su quale casella le gettate?
Ancora il quieto vivere? 
Cosa dobbiamo fare? Sfilare contro Salvini?
Cosa dobbiamo dire? Che il cattivo è Berlusconi, Calderoli, Grillo?
Abbiamo il coraggio di affermare che gli sgherri dell'Unione bancaria e il crucco paralitico hanno fatto più morti di Priebke e Kappler? O che Obama è solo uno dei tanti sanguinari tiranni della storia? Avete il fegato di puntare su questo? O siete barboncini della rivoluzione?

2 commenti:

  1. Non ci tiene nessuno a sapere la verità. Hanno l’orticaria, le persone alla sincerità. Gli basta una canzoncina allegra, per giustificare tutto. Ne va della loro igiene mentale.

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  2. Niente, bisogna gettare la spugna come i medici gettano la spugna davanti a un corpo ormai inerte.

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