martedì 17 marzo 2015

Estinguere l'ascoltatore/1

E così, lungamente atteso, è arrivato il sorpasso.
L'altra mattina.
Con un misto di odio e disprezzo, di blanda indulgenza per le proprie doti di previsione ("entro un anno ..."), nonché di insana allegria - quel sentimento indefinibile che regala la disfatta: quando tutto è perduto, insomma, le vie di scampo sono sbarrate, e al superstite non rimane che scegliere fra l'ultimo assalto o la resa.
Ammettiamolo: nelle sconfitte ci si può crogiolare. "L'avevo detto io ...", "E vai, sempre più in basso ...", "Peggio di così ...", "Maledetto Jovanotti ...", e via andare.
Per farla breve: alla mia edicola di riferimento - sempre meno edicola sempre più bazar di ciarpame importato - il numero delle riviste di tatuaggi ha superato quello dei periodici musicali.
Musicali: jazz, classica, vintage, rock. Delle rockeggianti sopravvivono Blow up, Rumore e Rockerilla (mi pare; Rolling Stone no, quello è un guazzabuglio mainstream come Vanity Fair, Cronaca Vera e Sorrisi e Canzoni).
Delle riviste concorrenti (e vincenti, seppur tutte uguali, con la sorca tatuata on the cover) ce n'era persino una tematica: solo tatuaggi di teschi.
Si può obiettare che il target tribal-feticista sia transeunte, fluido e disposto a mollare la moda alla prossima ondata (magazine su chip sottocutanei?). E, viceversa, il lettore melomane/audiofilo costituisca uno zoccolo duro pronto a risollevarsi. Non è così, però. 
Intanto, madamine, il catalogo è questo: ci sono più investimenti editoriali sui tatuaggi che sulla musica.
E poi, ancora una volta, è l'aria che tira a decidere: e tira aria di smobilitazione.
Non della musica; dell'intelligenza.
E l'intelligenza non sopravvive all'ignoranza: può estinguersi. Interi popoli sono scomparsi. Intere tradizioni culturali. La tigre dai denti a sciabola, l'ittiosauro, il Navajo e l'Inca.
Ancora una volta lo affermo: questa pingue immane frana è dovuta alla mancanza di una guida ... cooptare dei perfetti imbecilli nelle redazioni, abolire la terza pagina e, di fatto, l'unica critica possibile, quella che distingue il bello dal brutto, non ha reso un gran servigio alla qualità e, quindi, alla quantità ...
Ma è tutto l'Occidente ad aver abdicato alla bellezza, a  un canone estetico ... in nome di cosa? Di qualche tallero in più subito?  E poi?
L'Occidente, questa parodia della psicopatia americana (una vecchia colonia impazzita dell'ultimo vero Impero europeo, quello britannico) non mi ha mai così disgustato.

In Italia ... ah, l'Italia ... ma che ne parliamo a fare di questa espressione turistica ... una magione patrizia, ricca di echi e memorie millenarie, e di mirabili affreschi, di recessi incantevoli e scintillanti fontane ... svenduta a qualche parvenu camorrista ... in vista d'una riclassificazione catastale (very cool) a luogo di ristoro e conforto new age ... per qualche lurido verme ... ricco, ovvio ... ricco come si può essere ricchi oggi ... del nulla dell'usura ...

In attesa d'un sorpasso da parte di culturismo e fitness ... salutandovi indistintamente ... Vostro ...

Vlad Tepes

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