martedì 31 gennaio 2012

Earth - Extra-capsular extraction (1991)/Earth 2 (1993)


dedicato a Webbaticy, in attesa del ritorno in pista

Fondati da Dylan Carlson a Olympia (Washington State), gli Earth rappresentano, forse, l'ultimo grado di trasmutazione dell'hard rock.
I loro ascendenti più o meno prossimi sono Black Sabbath, Sleep e Melvins*, ma gli inni pachidermici di questi vengono dilavati della loro parte di empatia melodica e privati dei testi sino a svilire, di conseguenza, il ruolo della voce attrice e dei relativi ricaschi spettacolari antibrechtiani (gigionerie, atteggiamenti da guitar hero, riferimenti letterari e sociali, riecheggiamenti di altre tradizioni musicali). Sul campo gli Earth lasciano nude concrezioni sonore in cui i componenti basici appartenenti a quel genere definito vengono isolati e riprodotti catatonicamente sino alla dimenticanza della loro funzione originaria.
Il risultato è una sorta di electric-doom per chitarra che conduce la forma classica dell'hard sino allo sperimentalismo minimale. Queste plaghe sterminate e desolatissime sono composizioni d'una liturgia postmoderna, litanie ad un dio inesistente capaci, tuttavia, in virtù della reiterazione ossessiva, di aprire nuovi stati di coscienza. L'EP Extra-capsular extraction annovera già Ouroboros is broken (18'20'') quale brano manifesto, ma sono le tre composizioni di Earth 2 (rispettivamente 15'36, 26'04'' e 30'01'') a consacrare la pratica rituale di Carlson in cui, come detto, gli elementi rock classici, isolati e amplificati sino allo sfiancamento, perdono il loro senso pristino sino a caricarsi di valenze aliene e cupissime; i lunghi bordoni elettrici, il ritmo rallentato e titanico, i riff che girano come criceti nella ruota, sono parte di una tecnica sciamanica, già propria di un certo minimalismo, atta ad indurre nell'ascoltatore l’abbandono dell’abitudinarietà e predisporlo a nuove associazioni mentali, a nuove metafore dell'esistenza. Like gold and faceted, peraltro, sembra rinunciare anche a tale ultimo finalismo: ambisce all'entropia totale, alla propria perdizione, al rumore di fondo eterno.
Eccentrici, difficilmente fruibili; abitano presso le colonne d'Ercole di cui loro stessi sono artefici.


* Il bassista Joe Preston passerà proprio ai Melvins. 

domenica 29 gennaio 2012

Krautrock party vol. 1 - Maschine no. 9 - Headmovie (1974)/AA. vv. - Lehrlinge Zusammenhalten (1971)/AA.vv. - Get off my kraut! (2011)




Caduto in depressione aggressiva dopo la vicenda Megaupload (più per l’universa calata di brache al primo refolo di vento che per la prevaricazione stessa) ho deciso di rivitalizzarmi con queste tre bizzarrie tedesche anni Settanta. La foto dei Floh de Cologne che potete ammirare sopra mi ha ulteriormente consolato: il bianco e nero, l’aspetto barbuto, i relitti automobilistici, la tetragona mancanza di espedienti modaioli hanno rinsaldato le esigue speranze per il futuro (questi cinque hanno provato a resistere nonostante tutto; io ci proverò sino alla fine).
Headmovie, più che un disco, è un collage di suoni, recitativi, citazioni nobili, spezzoni di trasmissioni radio orchestrati, fra gli altri, da Georg Deuter. C’è anche Renate Knaup. Unico e raro.
Lehrlinge Zusammenhalten è una raccolta di canzoni anticapitalistiche (incitamento alla lotta comune) con tanto di breviario marxista in retrocopertina. Ci sono i sommenzionati Floh de Cologne.
Get off my kraut! è una selezione di rarissimi brani dell’underground germanico 1968-1975 - selezione approntata dal benemerito sito http://spurensicherung.blogspot.com, che ringraziamo ancora una volta. Nel file in download vi è anche un breve documento di presentazione dei gruppi, redatto dai curatori del sito anzidetto.

Lehrlinge Zusammenhalten

01 - Die Conrads - Hoch Vom Dach
02 - Floh De Cologne - (He) Hallo Stift 

03 - Interpol - Schaffen Sie Sich Einen Lehrling
04 - Vorschlaghammer - Ballade Von Den Bösen Lehrlingen 

05 - Vorschlaghammer - Armer Anton 
06 - Die Conrads - Nach Dreißig Jahren
07 - Die Conrads / Hannes Stütz - Dick Und Doof in der Fabrik 

08 - Dieter Süverkrüp - (Das) Lied Vom Nutzen
09 - Floh De Cologne - Lehrherr Unser
10 - Interpol - Ich Bin So Glücklich
11 - Die Conrads / Dieter Süverkrüp - Was Ein Lehrling Alles Lernt 

12 - Die Conrads - Betriebsgeheimnis
13 - Lerryn / Dadazuzu - Lehrlings-Machtgebeat 

14 - Die Conrads / Dieter Süverkrüp - Lehrlingsbilanz
15 - Münchner Songgruppe - Lehrlinge Zusammenhalten
16 - Die Conrads / Dieter Süverkrüp - Wer Hat Den Lehrling Gemacht 

17 - Floh De Cologne - Wir Werden Immer Mehr 

Get off my kraut!

01 - Rover Group - She’s a fire
02 - Hide and Seek - Sad song
03 - Coram Publico - Broadway
04 - Tuning Fork - To fly with a dream
05 - The Tombstones - Otherwise happiness part 2
06 - Cannock - Dark twist
07 - The Hush - Giny
08 - The Broadway Matadors - Walking in space
09 - Eruption (Svizzera) - The walls of hell
10 - Joint - Remember
11 - Hoax - Gipsy woman
12 - Don Adams - Don’t talk to me
13 - Acid - Movie star
14 - Stonewall - Neighbour
15 - Message - Painted lady
16 - Galaxis - True experience
17 - Krokodil - Camel is top
18 - Anthony - Gloria
19 - Eruption (Germania) - Elevator scene
20 - Oratorium - I feel free
21 - The Living Stones - Christen und Heiden

venerdì 27 gennaio 2012

Ozric Tentacles - Pungent effulgent (1989)/Erpland (1990)/Strangeitude (1991)


Ozric Tentacles è un ensemble raggruppato attorno al chitarrista inglese Ed Wynne e rappresenta una delle più travolgenti riedizioni dello space-rock dai tempi delle sbornie strumentali degli anni Settanta.
Il loro debutto ufficiale su vinile, Pungent effulgent, irruppe nelle radio romane alla fine degli anni Ottanta; il primo estratto, Dissolution, fece subito sensazione: un lento innesco strumentale, operato da chitarre e percussioni, culminava nella deflagrazione spaziale che liberava l'eccezionale assolo di Wynne e le folate interstellari di voce e tastiere. Questo andamento, ritmato ed eccitante, informa tutto il disco vieppiù arricchito, oltre che da toni dub (The domes of G'Bal, Ayurvedic), da influenze world (Phalarn dawn; Shaping the pelm; la stessa Ayurvedic, ispirata, evidentemente, alle raccolte religiose indiane del Yajurveda, Veda delle preghiere e delle formule); il risultato è, perciò, variegato, ma assolutamente compatto nel tono, grazie proprio a quel sostrato evidenziato nel primo pezzo, una sintesi fra Gong e kosmische krautrock aggiornata ai ritmi ballabili insorgenti a cavallo delle due decadi.
Il successivo Erpland non aggiunge nulla al fascinoso equilibrio del primo album: il folclore indiano, sudamericano (Toltec spring) e addirittura mediorientale (Mysticum arabicola) viene impastato e rielaborato da una strepitosa sezione ritmica, con accenti dub e capace di potenti accelerazioni; dal liquido sottofondo space di sintetizzatori e campionatori, ricco, come detto, di echi etnici e financo tribali; dai meravigliosi intarsi chitarristici di Wynne. L'operazione è simile a quella dei coevi Black Sun Ensemble, ma i tentacolari riescono ad assemblare gli spunti diversissimi evitando, non solo, la giustapposizione meccanica, ma, anzi, riuscendo nella creazione di un suono peculiare e riconoscibile.
In Strangeitude i Nostri rischiano la maniera, ma il sincretismo sonoro (affiorano con più consistenza allusioni arabeggianti, come in Saucers) rimane coinvolgente e mai stucchevole grazie a mirabili cambi di tempo, dettati da un Pepler sempre più essenziale, e alla consueta dialettica tra il bisturi chitarristico di Wynne e l'alveo acquatico in cui fermentano i vari stili, guidati dalle tastiere (paradigmatica, in questo ultimo senso, la borbogliante Sploosh!). Più evidente un certo filtro elettronico.
Jurassic Shift, registrato due anni dopo, donerà agli Ozric fama mainstream e vendite meritatissime; i successivi dischi, orbati dalle defezioni decisive di Pepler e Hinton, suoneranno, purtroppo, derivativi sia rispetto alla tradizione seventies così nobilmente rinverdita che alla loro stessa iniziale produzione.


* Il cerchio magico comprende John Egan (flauto); Nick Van Gelder (batteria); Tom Brooks (tastiere); Roly Wynne (basso), Paul Hankin (percussioni); Joie Hinton (tastiere); Merv Pepler (batteria).

 

giovedì 26 gennaio 2012

Melt Banana - Scratch or stitch (1995)


Scratch or stitch ovvero poco meno di mezzora per ventidue canzoni: una raffica di ventidue proiettili che stenderebbero Godzilla come un piccione.
Formati a Tokyo* da Yasuko Onuki e Ichirou Agata, furono ben presto sotto l'ala protettrice di Steve Albini a Chicago (per intermediazione di KK Null dei Zeni Geva, quelli di Total castration, tanto per capire a cosa si va incontro) dove realizzarono il loro primo album, Speak squeak creak. La terza opera, Scratch or stitch, è il loro apice sonoro: difficile, peraltro, capire cosa ci potrebbe essere oltre. A parte le meraviglie chitarristiche di Agata (che, grazie alla particolare tecnica affinata, a volte sembra davvero scratchare variando lo speed-noise di base con una sorta di hip hop nucleare) e la nervosissima sezione ritmica guidata da Rika, 'the goddess of bass guitar', è la voce di Onuki a caratterizzare compiutamente il sound del gruppo: una serie di gorgheggi brevissimi e acuti, fonemi scanditi alla velocità della luce su cui, spesso, la nostra bambola manga s'inceppa catatonica riempiendo davvero 'la cisterna vuota dell'insensatezza'**.
L'esiguità di alcuni episodi, che si risolvono in pochi secondi, accentuano il carattere franto dell'operina, un catalogo di schegge di vetro davvero difficili da trattare. Sick zip everywhere, Scratch or stitch, Iguana in trouble i gioiellini; non manca l'ironia (il finale di Eye-Q tracker) e il tono, iperbolico, è sempre divertente.
I Melt Banana possiedono anche un'altra straordinaria virtù: tendono a sparire, abbastanza repentinamente, dai programmi di upload. Bene affrettarsi, quindi.

  
* Yasuko Onuki (voce); Ichirou Agata (chitarra); Rika (basso); Toshinaki Sudoh (batteria). 
** C.E. Gadda, Teatro in La Madonna dei filosofi, 1931. In realtà Gadda dice: “Ogni faccia [degli attori nell'opera], maschera della follia, defecava la sua voce totale nella cisterna vuota dell'insensatezza”. L’odio dell’antitaliano Gadda per il melodramma nazionale. Curioso che tale sfogo facesse il paio con le devastazioni antioperistiche di Groucho Marx in Una notte all'opera (A night at the opera, 1935).

martedì 24 gennaio 2012

American punk-hardcore 1980-1986 vol. 5 (Arizona-New Mexico-Texas-Utah-Colorado)



Conflict (Phoenix) - Feedback symposium (1984)
Conflict (Phoenix) - Who will (1984)
Feederz (Phoenix) - Jesus entering from the rear (1981)
JFA (Phoenix) - Beach blanket bongout (1981)
JFA (Phoenix) - Do the Hannigan (1984)
JFA (Phoenix) - Skateboard (1982)
Meat Puppets (Phoenix) - In a car (1981)
Meat Puppets (Phoenix) - Tumblin'  tumbleweeds (1983)
Mighty Sphincter (Phoenix) - Beast of Belsen (1984)
Mighty Sphincter (Phoenix) - Temple dog (1984)
Soylent Greene (Phoenix) - Pledge (1984)
Sun City Girls (Phoenix) - Hit man boy-Rappin' head (1984)
Zany Guys (Phoenix) - No way dude (1984)

NEW MEXICO

Jerry's Kidz (Albuquerque) - Marionetts (1983)
Jerry's Kidz (Albuquerque) - That's life (1983)
Jerry's Kidz (Albuquerque) - Insanity (1983)

TEXAS

AK-47 (Houston) - The badge means you suck (1980)
Bang Gang (Austin) - Dickhead (1983)
Bang Gang - Dickhead (1982)
Big Boys (Austin) - Lesson (1983)
Big Boys (Austin) - Brickwall (1983)
Big Boys (Austin) - Assault (1984)
Bomb Squad (Dallas) - Bomb Squad (1983)
Bomb Squad (Dallas) - Fight fight fight (1983)
Butthole Surfers (San Antonio) - 16100 million people dead (1984)
Butthole Surfers (San Antonio) - Hate my job (1983)
Doomsday Massacre (Houston) - R-u-ready (1983)
Doomsday Massacre (Houston) - Annihilation (1983)
Ejectors (Dallas) - Hydrohead (1982)
Hates (Houston) - No talk in the Eighties (1980)
Hugh Beaumont Experience (Dallas) - Moo (1983)
Marching Plague (San Antonio) - Rock 'n' roll asshole (1983)
Offenders (Houston) - Face down in the dirt (1984)
Offenders (Houston) - I hate myself (1984)
Offenders (Houston) - Fight back (1983)
Prenatal Lust (San Antonio) - Entertainment tonight (1983)
Really Red (Houston) - Nobody rules (1983)
Really Red (Houston) - Ode to Kurt Kren (1982)
Really Red (Houston) - I was a teenage fuckup (1983)
Stickmen with Rayguns (Dallas) - Christian rat attack (1983)
Watchtower (Austin) - Meltdown (1983)

UTAH

Massacre Guys (Salt Lake City) - Cold storage (1983)

COLORADO

Bum-Kon (Denver) - Bum-Kon (1983)
Bum-Kon (Denver) - Giving in (1983)
Frantix (Denver) - My Dad’s a fucking alcoholic (1983)
White Thrash (Denver) - Ballad of Ronnie Raygun (1983)
White Thrash (Denver) - Nazis in  my neighborhood (1983)

lunedì 23 gennaio 2012

Steve Roach - The dream circle (1999)


Con The dream circle Steve Roach perfeziona la sua profonda analisi della cultura aborigena australiana donandoci un altro tassello musicale pari o addirittuta superiore, nella sua essenzialità, a Dreamtime return.
Ancora una volta la parola sogno ricorre nel titolo; il sogno, nella concezione aborigena, è  il punto di contatto con gli antenati mitici, luogo in cui sono annullate le differenze tra vegetale ed animale e dove il tempo – occidentale – è insignificante. Questi  esseri, giganteschi e immani, hanno fondato il presente, le strutture sociali, i costumi, gli usi cultuali, i rapporti da tenere con la Natura. Il sogno in cui sono avvolti è un altrove indefinito, lontano, inclassificabile secondo il nostro computo, ma che ha lasciato tracce visibili sino a noi. Difficile ricreare la semplice maestosità di questa concezione per l'uomo occidentale; la nostra religiosità è inquinata da troppe mediazioni gerarchiche, dalla dannazione matematica del tempo strutturato in decadi, secoli, ricorrenze. Solo nel sincretismo d'alcune genti neoconvertite (anglosassoni e africani) la religiosità occidentale si avvicinò alla potente ingenuità aborigena.
La vera contrapposizione profonda infatti è questa: la furia classificatoria dell'Occidente che definisce e matematizza il mondo e il tempo (relegandoli sempre più alla mera funzionalità economica); la fluidità della mentalità primitiva, regno delle metamorfosi, della contraddizione bifronte, della sospensione. E' inevitabile, quindi, che la nuova musica, ambientale, sperimentale o post-rock, acceda a queste ultime riserve di humus poetico: Voice of Eye, Bardo Pond, Arcanta seguono tale strada; i Trollman av Ildtoppberg sono ispirati dalla letteratura fantastica di genere; i Lightwave scovano figure pre-scientifiche come Tycho Brahe e Athanasius Kircher; sto citando solo i pochi autori già trattati, una minima parte del totale. Questa fuga dalla modernità non significa fuga dalla scienza, anzi: la scienza, come amore per la verità, è essenzialmente poetica*; il nemico è la tecnica come ancella del potere a una dimensione.
L’arte - la musica - per garantirsi la sopravvivenza deve, quindi, necessariamente ritirarsi dall'Occidente e da un'estetica configurata per garantire distrazioni all'homo oeconomicus (canzonette, innocue stupidaggini lounge, musica da supermercato, continue rimasticature del passato più o meno recente, scandali pour epater les cretins), completamente deprivati di un senso profondo o alternativo.
L'unica traccia di The Dream circle (73'57'') è un fluido impasto di pulsazioni profonde, risonanze misteriose, echi di voci sconosciute, e la traslitterazione musicale di quel tempo mitico a cui si accennava; un lavacro ristoratore in cui immergersi immediatamente senza l'urgenza di capire.

* L’astronomo Galileo scrisse che la matematica è l’alfabeto in cui Dio ha scritto l’universo; l’antiscientista Leopardi scrisse una storia dell’astronomia.

sabato 21 gennaio 2012

Rodan - Discografia completa (Aviary, How the winter was passed, Rusty, Peel sessions)


Formatisi a Louisville, Kentucky, i Rodan (Jason B. Noble, chitarra; Jeff Mueller, chitarra; Tara Jean O'Neil, basso; Kevin Coultas, batteria) durarono lo spazio di un album e di un singolo, ma originarono almeno tre grandi gruppi.
Il loro contributo come Rodan si riduce a una dozzina di brani; lo stile, a parte Shiner, un bruciante episodio di pochi minuti, consiste in un rock essenziale e dilavato memore (come potrebbe essere altrimenti?) dei fasti di Spiderland. Se l'iniziale Bible silver corner è giocata interamente su accordi tintinnanti in cui la quasi inesistente progressione possiede un peculiare fascino cullante, The everyday world of bodies si biforca nettamente nei due corni ispiratori dei Rodan: un iniziale tratto energico si alterna ad una fase di ristagno da cui il primo andamento riemerge poi con rinnovato vigore; questo gioco bifronte è parallelo a quello vocale: alla linea principale, urlata con disperato trasporto hardcore, fanno da contrappunto i recitativi quasi bisbigliati degli altri componenti del gruppo; in tal modo si crea, con spettacolare economia di mezzi, una dialettica fra la voce attrice e il flusso interiore del 'coro' sottostante che dona alla traccia una drammaticità inusitata. Un capolavoro. Lo stesso schema è applicato, più pedissequamente, in Jungle Jim e, con pari efficacia, in Gauge dove fanno capolino brevi elementi d'improvvisazione. Non fa eccezione, a questi intenti compositivi, la finale Tooth fairy retribution manifesto: qui, però, più che a una ciclica riproposizione delle due fasi, si assiste ad un meraviglioso crescendo: su un iniziale suono di percussioni si innestano i dialoghi delle chitarre (come in Bible silver corner) che, repentinamente, accelerano in una fuga elettrica che consuma il pezzo. Notevole anche il 7’’, specialmente in Milk and melancholy che replica il doppio registro di The everyday world of bodies; interessanti i quattro brani registrati nel 1992 in Aviary (che includeva prime versioni sia del 7’’ che di Rusty).
Dopo tale raccolto, apparentemente esiguo, i quattro componenti fertilizzarono la scena kentuckiana: Jason Noble formerà i Rachel’s, Mueller i June of ’44: entrambi gli Shipping News; Coultas e O’Neil i Sonora Pine (e la seconda seguirà un proprio percorso solista di tutto rilievo).

venerdì 20 gennaio 2012

God Bullies - Discografia 1989-1995 (Mama mama womb-Plastic eye miracle-Dog show)/(War on everybody-Kill the king-Join Satan's army-Millennium)

Da Kalamazoo, Michigan, i God Bullies* misero a ferro e fuoco il Midwest per circa un lustro e cinque album prima di venire probabilmente inghiottiti da un crepaccio infernale.
Essi organizzarono una serie di sarabande elettriche contrassegnate dall'interpretazione di Hard (più che un cantante un candidato alla camicia di forza) materiata da urla trattenute, gemiti distorti, singulti recitativi; dal lavoro di Livingstone, ricco di riff pesanti e ripetitivi; da inserzioni sonore spurie (dialoghi ripresi dalla televisione, comizi, finti annunci ...). Il risultato è una bolgia sferragliante, con echi di Cramps e Sisters of Mercy, densa di episodi sonori degni di una camera imbottita, spesso ispirati dal grand-guignol cinematografico, e tuttavia sempre melodicamente riconoscibili e dotati di una propria interna ironia (raggelante). Nel capolavoro Mama womb womb non ci sono cadute, da Act of desire a Creepy people, da All I want is my mamma a Shit (in cui un Hard assolutamente antipetrarchesco piagnucola: “you're ugly and I love you oh shit”) sino a Follow the leader (allude a Jim Jones, il predicatore che si suicidò nella Guyana assieme a 911 adepti).
I successivi Plastic eye miracle e Dog show (1990) non allentano la tensione, anzi. Nello stesso anno viene inoltre pubblicato il doppio 7'' Join Satan's army che vale davvero come manifesto. I God Bullies aggiungono code di rospo e denti di lupo al loro fumante calderone: It's over, She's wild, Let's go to hell, Do it again, I am invisible sono eccezionali rock 'n' roll (con tocchi hard) depravati ed eccitanti in cui il tono franto e scheggiato del primo album è abbandonato a favore di una sepolcrale compattezza che si abbandona persino alla ballata (Abigail). Il livello è sempre alto. Il successivo War on everybody non molla la presa: la sezione ritmica è più pesante e marziale (Automaker), Hard ripristina l'interpretazione vecchia maniera, minacciosa e filtrata (Book report time), e si ritrovano le incastonature di materiale sonoro diverso (Senojmot), tanto più inquietanti poiché immesse in un contesto in cui la scorza più facile e gigioneggiante sottintende un tono da tragedia universale irrimediabile (vedi anche il dialogo Pretty on the inside, nell'ultimo, imperdibile, Kill the king, sottolineato da distorsioni chitarristiche e litanie alla Goblin).
Come spesso accade in terra americana anche i God Bullies, dietro una figura truce e più facilmente riconoscibile nella sua sovversività, rivelano in filigrana un disagio profondo, sociale e metafisico, che è la fonte prima e reale delle loro devastazioni sonore.

* Mike Hard (voce); David Livingstone (chitarra, tastiere); Mike Corso (basso); Adam Berg (batteria), questi ultimi due sostituiti rispettivamente da Eric Polcyn e Toni Oliveri dal terzo album in poi.

martedì 17 gennaio 2012

Eastern Europe in the 70s vol. 3 (Romania-Bulgaria) - Compilation 1/Phoenix - Cantafabule (1975)


La scena romena e bulgara sembra, apparentemente, la più povera fra quelle esaminate. Apparentemente, poiché il materiale esaminato è veramente esiguo (tra i quindici e i venti album). Il gruppo eminente sono senz'altro i Phoenix il cui Cantafabule è degno di figurare tra i dischi europei più rimarchevoli dei Settanta (lo includo integralmente assieme alla consueta compilation). Interessanti anche i Progresiv TM, autori di un prog-rock robusto e piacevole.

Compilation 1

Chinari (Bulgaria) - Nestinari
Diana Express (Bulgaria) - Diana Express 

Diana Express (Bulgaria) - Rodopchnka
FSB (Bulgaria) - Three
FSB (Bulgaria) - Unisons
Phoenix (Romania) - Dansul codrilor 

Phoenix (Romania) - Mugur de fluier
Phoenix (Romania) - Muzica si muzichia
Progresiv TM (Romania) - Clepsidra
Progresiv TM (Romania) - Dreptul de a visa/ Poetul devenirii noastre 

Progresiv TM (Romania) - Omul Vatul
Progresiv TM (Romania) - Rusinea soarelui
Sphinx (Romania) - Blana de urs
Sphinx (Romania) - Calatorul prin nori
Sphinx (Romania) - Furtuna cu trup de balour


lunedì 16 gennaio 2012

Colonel Claypool's Bucket of Bernie Brains - The big eyeball in the sky (2004)


Qual è esattamente la relazione fra tecnica, intesa come sapienza artigianale, ed arte? La risposta, grossolana, ma veritiera, è che, nella maggior parte dei casi, l'arte promana necessariamente da una tecnica ben tradita e solida, mentre quest'ultima, la sapienza artigiana, può ben stare in piedi da sola.  Tale regola, quasi aurea, ammette due eccezioni: a) l'arte senza tecnica; b) la tecnica fine a se stessa. a) In particolari momenti storici o quando, felicemente ed insperatamente alcune forti personalità entrano in simbiosi, l'entusiasmo, l'irridente irruenza, l'impegno politico davvero sentito, persino una forte carica passionale possono generare schegge di bellezza artistica: alcuni cantautori, inetti alla tecnica strumentale, interi movimenti spontanei come il punk-hardcore lo testimoniano. Naturalmente tali miracoli bruciano con splendore, ma s'inceneriscono rapidamente con l'esaurirsi della carica emotiva o storica contingente: anche nell'hardcore i soggetti più longevi sono i più meditativi: rompiscatole ed ossessivi come Jello Biafra e Greg Ginn, straight-edge come Ian McKey. b) la tecnica, d'altro lato, non vivificata dal respiro universale del genio (individuale o della tradizione) che la tramuta in arte, può sclerotizzarsi  nel virtuosismo o scadere nell'autoparodia credendosi autosufficiente (certo manierismo pittorico, la letteratura d'appendice, il cinema degli effetti speciali, il teatro dei mestieranti …).
Il disco di Les Claypool, che, ad eccezione di Bootsy Collins, riunisce, anche nel nome dell'ensemble, l'incredibile formazione di Transmutation (Buckethead, chitarra, Bernie Worrell, tastiere, Bryan Brain Mantia), ricade nel secondo caso. Si intenda: è un bel disco, ça vant sans dire, suonato meravigliosamente, capriccioso e sghembo come il carattere del bassista ideatore, ma, a volte, si ha l'impressione di applaudire delle foche che fanno girare palloni sul naso. Si potrebbe obiettare che anche tali piroette siano arte (delle foche o del domatore); forse è così. Federico Zeri faceva rientrare nell'arte anche la panificazione, i francobolli e le copertine degli album. Claypool, peraltro, non cade mai nella stucchevolezza di certi eroi dello strumento (il numero è legione); egli sovraintende alle varie vignette con l’aria dell’imbonitore beffardo che esalta le proprie donne barbute: tale stralunata bizzarria, lontana da qualsiasi organicità o fine, si derubrica in goliardia (a cominciare dal nome macedonia del gruppo) e in un vaudeville mai davvero tagliente.
Accontentiamoci (non è poco tuttavia) dei mirabili squarci tecnici ed improvvisativi.

sabato 14 gennaio 2012

Pink Floyd in Italia - Roma 06.05.1968/Brescia 19.06.1971 1^parte/Brescia 19.06.1971 2^ parte/Roma 20.06.1971 1^ parte/Roma 20.06.1971 2^ parte


Ho limitato la ricerca ai soli anni 1968-1971 perché le altre incursioni dei Floyd in Italia risalgono alla fine degli anni Ottanta quando la loro musica si era ridotta, come scrisse un critico in tempi non sospetti, a magnifiche "polpette colorate". Professionali, ricchissime, ma sostanzialmente fredde ed inutili (a meno che non si vogliano soddisfare pulsioni feticiste).
Non facile la ricostruzione delle apparizioni del 1968, dovuta in toto al profondo e cocciuto lavoro di ricerca di alcuni benemeriti:
Da tale appassionante ricostruzione si evince che, nel 1968, a Roma, i Floyd si esibirono per quattro volte in due giorni al Piper Club (due spettacoli al giorno, uno pomeridiano, l'altro serale); registrarono per la RAI, sempre al Piper, un video promozionale di It would be so nice (visibile qui); si esibirono al Palasport il 6 Maggio nel contesto dell'International Pop Festival.

Piper Club, Roma, 19.04.1968 (2 spettacoli 17.00; 21.00)

Piper Club, Roma, 19.04.1968 (2 spettacoli 17.00; 21.00)

Palazzo dello Sport, Roma, 06.05.1968

- Italian announcer
- Astronomy domine
- Roger Waters interview
- Set the controls for the heart of the sun
- Interstellar overdrive


Brescia, Palazzo delle Manifestazioni Artistiche, 19.06.1971

- Atom heart mother
- Careful with that axe Eugene
- Fat old sun
- The embryo
- Return of the son of nothing
- Set the controls for the heart of the sun
- Cymbaline
- A saucerful of secrets


Roma, Palazzo dello Sport EUR, 20.06.1971

- Atom heart mother
- Careful with that axe Eugene
- Fat old sun
- Embryo
- Return of the son of nothing
- Set the controls for the heart of the sun
- Cymbaline
- A saucerful of secrets
- Astronomy domine


 

giovedì 12 gennaio 2012

Fetchin Bones - Discografia 1985-1989


Originari della North Carolina i Fetchin’ Bones miscelano con felicità vari generi, dal folk country al rock garage. Tale virtù ne decretò il passaggio folgorante, ma inavvertito, nella seconda metà degli anni Ottanta e, anche oggi, epoca di improbabili ripescaggi, continuano a circolare pochissimo, almeno in Europa.
Probabilmente tale disattenzione risiede nella mancanza di vere hits; il gruppo è incapace di coagulare il suono trascinante e concitato in alcuni pezzi facilmente individuabili, gli unici che l’industria dominante (e quindi, spiace dirlo, il pubblico) possa sanzionare con la piena riconoscibilità (e i pieni riconoscimenti in termini pubblicitari e di venduto).
E’ un peccato perché questo loro primo album abbonda di canzoni memorabili: le chitarre di Gary White e Aaron Plotkin s’accendono nervose (Briefcase, Kitchen of life) o indulgono alla ballata (Spinning o la bellissima Too much con inserti preziosi della violinista Danna Pentes) sempre assecondati dalle grandi interpretazioni di Hope Nicholls, nevrotiche e scatenate, eppure sempre in controllo; la sua voce ricorda (ascoltare A fable) indubbiamente la migliore Patti Smith, ma sono sicuro che la grande vecchia, onusta di gloria, non vorrebbe mai che la terribile Nicholls aprisse le sue esibizioni: qualcuno potrebbe fare confronti.
In ultima analisi Cabin flounder, assieme ai due successivi Bad pumpkin e Galaxy 500, ci appare simile a certi romanzi di cui abbiamo scorso con piacere alcune pagine, ma che solo retrospettivamente, si lasciano cogliere nella loro interezza ed eccellenza. Il livello dell'esordio, peraltro, rimane intatto ad onta delle dolorose defezioni, in special modo del chitarrista Gary White.
Il loro ultimo episodio conferma una lenta trasmutazione in un sentire meno immediato e spontaneo e più 'urbano'; anzi, proprio in Monster la purezza irsuta dei primi lavori si derubrica ad un compatto incedere quasi hard rock in vista, forse, di insinuarsi nel montante fenomeno grunge. Si tratta di pecche minori, tuttavia, che non scalfiscono l'assoluta freschezza della loro produzione.


mercoledì 11 gennaio 2012

Kill Kill Kill - From beyond the agave (2011)/Pr.0-Tone - Micro .01-Micro .02 (2011)


Ho ricevuto via mail due interessanti e recentissime proposte musicali, Kill Kill Kill e Pr.0-Tone.
I Kill Kill Kill sono un collettivo californiano che propone eccellente psichedelia in linea con certe sonorità post (Bardo Pond, Doldrums ...). Sono già dei veterani al quindicesimo album (vantano collaborazioni con
Acid Mothers Temple e Brian Jonestown Massacre) e, come spiega il nome, il loro scopo è sopprimere alcuni conformismi della tradizione rock: la struttura canzone, la formazione stabile e ogni affarismo legato alla fruizione della loro musica. Recita uno dei componenti, Eric Stiner: "We are a trip-music-collective in Los Angeles made of many different musicians. A couple of friends started the collective because we were bored of terrestrial drugs and playing standard music and we needed a new psychic energy.  We harnessed all the psychic energy we could find and killed what we new of standard music. We Killed the idea of traditional song structure.... We Killed traditional band makeup... and we Killed any business that has to do with our music... that is where the name Kill Kill Kill came from.  We then sent an open invitation to any part of the universe that feels bored. Over the years the collective has had more than 20 members come and go and come back again. The members include our friends from childhood and more recently collaborations with cosmic brothers and sisters like members from Acid Mothers Temple and the Brian Jonestown Massacre. This is our 15th album and it was recorded in Echo Park in 2011. There is also a split 7" single with our friends Oxbow on our friends record label Hydrahead Industries for this same album".
Per altre informazioni vedi http://kxllkxllkxll.blogspot.com/


Pr.0-Tone sono, invece, un gruppo messicano che miscela piuttosto arditamente elettronica e post-rock-stoner con risultati degni di nota. Come spiegano essi stessi: "Pr.0-Tone (Roentgine, guitar; Polo., bass; Todi., drums) is an Alternative/Post-Rock/Experimental band from Leon, Mexico that takes organic and electronic resources and fuse them trying to generate new sounds to give different kind of shapes to the music they bring with eclectic influences". Durante il 2011 hanno registrato due EP Micro .01 e Micro .02, liberamente scaricabili da qui o dal loro sito http://protone.bandcamp.com/. Altre informazioni e contatti dalla loro pagina Facebook.

lunedì 9 gennaio 2012

70s progressive in Italy vol. 2 (Roma/2) - 1^ parte/2^ parte/3^ parte


Seconda ed ultima incursione nel progressive romano degli anni Settanta (qui la prima). I gruppi presentati, non tra i maggiori, riservano comunque sorprese: gli Albergo Intergalattico Spaziale (con la brava Terra Di Benedetto), influenzati dal primo Battiato e dai Corrieri Cosmici di Germania; i Bauhaus, piacevole miscelatori fusion; i Cherry Five, futuri Goblin, forse il gruppo più preparato dell'intera scena; i Metamorfosi con il loro leggendario album Inferno. Non mancano realtà regionali (i Blocco Mentale, cresciuti nella provincia viterbese) e suoni più vicini al folk che non al progressive vero e proprio come nel caso dei Carnascialia e del Canzoniere del Lazio.
Da ultimo consigliamo, per gli aneddoti sulla formazione dei vari gruppi e sulle vicissitudini dei protagonisti (Franco Maria Giannini ridotto a vivere in una roulotte mentre il suo disco viene venduto a 1200 euri, ad esempio), l
'eccellente blog John's Classic Rock, con notizie di prima mano e giudizi spesso centrati.

I

Albergo Intergalattico Spaziale - Live Pistoia
Alberomotore - Cristoforo Colombo
Automat - Ultraviolet
Bauhaus - Stairway to Escher
Cherry Five - Country grave-yard 
Chetro & Co. - Le pietre numerate
Exploit - Crisi a) Speranza
Franco Maria Giannini - Affresco
Libra - Inquinamento
Metamorfosi - Introduzione-Selva oscura 
Reale Accademia di Musica - Lavoro in città
Seconda Genesi - L’urlo

II

Albergo Intergalattico Spaziale - 4 tracce
Albergo Intergalattico Spaziale – Phasing
Alberomotore - Israele
Blocco Mentale - Capita
Bauhaus - The loniuos gropios
Carnascialia - Cruzeiro do sul
Cherry Five - My little cloud land
Exploit - Crisi b) Crisi
Grosso Autunno - Foschia di pioggia 
Le Stelle di Mario Schifano - Molto alto
Libra - a) Il tempo è buon amico b) Forse è furia
Metamorfosi - Sfruttatori
Metamorfosi - Spacciatore di droga-Terremoto-Limbo 
Reale Accademia di Musica - Vertigine
Seconda Genesi - Vedo un altro mondo

III

Albergo Intergalattico Spaziale - Himalaya
Bauhaus - Ri-fusion
Canzoniere del Lazio - Nu gatto come nu lione
Cherry Five - Oliver
Chetro & Co. - Danze della sera (suite in modo psichedelico)
Exploit - Crisi c) Pazzia
Fholks - Mi scorri nelle vene
Franco Maria Giannini - L’eroe di cartone
Janus - Neapolis
Le Stelle di Mario Schifano - Le ultime parole di Brandimarte
Metamorfosi – Violenti
Seconda Genesi - Dimmi padre



domenica 8 gennaio 2012

Jethro Tull - BBC live sessions 1968-1975/1984-1991


Sessioni non complete: mancano, almeno, due episodi di Top of the Pops (del 29.01.1970 e del 09.12.1976 - si possono vedere su Youtube), e un BBC Sight & Sound del 1977.

? (broadcast 23.07.1968; Top Gear; Anderson, Abrahams, Cornick, Bunker) 

- So Much Trouble
- My Sunday Feeling
- Serenade to a Cuckoo
- Cat’s Squirrel
- A Song for Jeffrey
 

05.11.1968 (broadcast 15.12.1968; 201 Piccadilly, Studio 1; Anderson, Abrahams, Cornick, Bunker) 

- Dharma for One
- Beggar's Farm
- Love Story
- Stormy Monday
 

16.06.1969 (broadcast 22.06.1969; Maida vale 4; Anderson, Barre, Cornick, Bunker) 

- Living in the past
- A New Day Yesterday
- Fat Man
- Nothing Is Easy
 

? (broadcast 04.1975; Maison Rouge Mobile, Monte Carlo; Anderson, Barre, Barlow, Evan, Hammond-Hammond) 

- Minstrel in the Gallery
- Requiem
- Aqualung
- Cold Wind To Valhalla
 

09.09.1984 (broadcast 27.12.1984; Hammersmith Odeon; Anderson, Barre, Pegg, Vettese, Perry) 

- Locomotive Breath
- Hunting Girl
- Under Wraps
- Later, That Same Evening
- Pussy Willow
- Living in the Past
- Locomotive Breath
- Too Old to Rock 'n' Roll, Too Young to Die
- The Clasp
- Thick as a Brick
- Aqualung
 

08.10.1991 (?; Hammersmith Odeon; Anderson, Barre, Pegg, Allcock, Perry) 

- Minstrel in the Gallery/Cross Eyed Mary
- This is not Love
- Rocks on the Road
- Heavy Horses
- Tall Thin Girl
- Still Loving You
- Thick as a Brick
- A New Day Yesterday
- Blues Jam
- Jump Start


venerdì 6 gennaio 2012

American punk-hardcore 1980-1986 vol. 4 (Minnesota-Nebraska) - Compilation 1


Final Conflict (Minneapolis) - In the family (1983)
Final Conflict (Minneapolis) - The lines have faded (1983)
Final Conflict (Minneapolis) - Self-defeated (1983)
Ground Zero (Minneapolis) - No marine recruit (1983)
Hüsker Dü (Minneapolis) - Bricklayer (1981)
Hüsker Dü (Minneapolis) - MIC (1981)
Hüsker Dü - (Minneapolis) - Signals from above (1982)
Indecision (Minneapolis) - I wanna be black (1982)
Loud Fast Rules (Minneapolis) - Black ‘n blue (1982)
Loud Fast Rules (Minneapolis) - Propaganda (1982)
Man Sized Action (Minneapolis) - Everybody’s happy (1982)
Man Sized Action (Minneapolis) - I hit girls (1982)
Otto’s Chemical Lounge (Minneapolis) - Shopping on heroin (1983)
Red Meat (Minneapolis) - Power of the minds (1983)
Red Meat (Minneapolis) - Social fuck (1983)
Rifle Sport (Minneapolis) - No money (1982)
The Replacements (Minneapolis) - Ace of spades (1982)
Willfull Neglect (Minneapolis) - Good clean fun (1982)
Willfull Neglect (Minneapolis) - I was drunk (1983)

Nebraska

Power of the Spoken Word (Lincoln) - Decide or die (1984)
Power of the Spoken Word (Lincoln) - Incarcerated (1984)



mercoledì 4 gennaio 2012

American punk-hardcore 1980-1986 vol. 3 - (Florida-Georgia-Kentucky-N&S Carolina-Tennessee-Virginia)




F - Attack (1984)
Gay Cowboys in Bondage - Domestic Battlefield (1984)
Hated Youth (Tallahassee) - Army Dad (1983)
Hated Youth (Tallahassee) - Hardcore rules (1983)
Hated Youth (Tallahassee) - Ted Bundy (1983)
Morbid Opera (Miami) - Eat the rich (1983)
Rat Cafeteria (Tampa) - Kill (1983)
Roach Motel (Gainesville) - I hate the Sunshine State (1982)
Roach Motel (Gainesville) - Florida reptile land (1983)
Roach Motel (Gainesville) - My dogs into anarchy (1983)
Sector 4 (Tallahassee) - White House (1983)
Sector 4 (Tallahassee) - Plaid spaceship (1983)

Georgia

Neon Christ (Atlanta) - Bad influence (1984)
Neon Christ (Atlanta) - Parental suppression (1984)
Neon Christ (Atlanta) - Yoof (1984)

Kentucky

Malignant Growth (Louisville) - Hopeless (1983)

North & South Carolina

Bloodmobile (NC) - Drug related death (1983)
Bored Suburban Youth (SC) - Annihilation (1986)
Colcor (NC) - Nervous wreck (1982)
Colcor (NC) - No work (1982)
Corrosion of Conformity (Raleigh) - Citizen (1984)
Corrosion of Conformity (Raleigh) - Poison planet (1984)
Corrosion of Conformity (Raleigh) - Redneck (1982)
Fear Itself (Charleston) - Born to die (1986)
Fear Itself (Charleston) - Your worst nightmare (1986)
No Labels (Raleigh) - Compromises (1983)
No Labels (Raleigh) - HarDCore (1982)
No Labels (Raleigh) - Not for me (1984)
No Rock Stars (NC) - I hate school (1982)
No Rock Stars (NC) - Thrash (1982)
Stillborn Christians (NC) - Fred (1983)
Stillborn Christians (NC) - New right (1983)

Tennessee

UXB - El Salvador stomp (1981)

Virginia

Death Piggy (Richmond) - Fat man (1984)
Death Piggy (Richmond) - Nympho (1984)
Graven Image (Richmond) - Close your eyes (1983)
Graven Image (Richmond) - Double life (1983)
Honor Role (Richmond) - An hour behind (1984)
Honor Role (Richmond) - Your hope (1984)
Th’Inbread (WV) - Scene death (1985)
Th’Inbread (WV) - The shitpile (1985)
Unseen Force (Richmond) - Fear (1986)
Unseen Force (Richmond) - True story (1986)
White Cross - Fascist (1982)
White Cross - No straight edge (1982)



lunedì 2 gennaio 2012

Praxis - Transmutation (mutatis mutandis) (1992)


Ennesima reincarnazione di Bill Laswell, Praxis si avvale della collaborazione di Bootsy Collins (basso), Bernie Worrell (tastiere), entrambi nei Parliament e nei Funkadelic, Bryan Mantia (batteria; già in Primus e Godflesh), AF Next Man Flip (mixer) e dell'inverosimile stuntman della sei corde, Buckethead.
La labirintica produzione di Laswell (che svaria dal rock più duro, al jazz, al funky ipertecnico, all'improvvisazione) si rispecchia quasi compiutamente in questo lavoro dove la formazione all-star riesce a far coesistere spinte stilistiche apparentemente inconciliabili.
Spesso i generi si incrociano all'interno della stessa traccia: in Shock victim la prima parte quasi hard rock collassa in un hip hop inopinato; il funky nervoso di Animal behaviour si distende in una seconda parte meditativa; in Seven laws of Woo l'assolo dell'organo prepara ad uno scatenamento da guitar-hero di Buckethead (così bravo che non sempre si capisce cosa stia combinando); in After shock  l'iniziale e consueta mistura fusion è sostituita da tastiere ed effetti elettronici spettrali con varie inserzioni sonore …
Laswell è un artista preparato e multiforme, siamo d'accordo; Transmutation è un disco eccellente, vario e splendidamente suonato; eppure proprio tale ecletticità, unita alla perizia sopraffina, sua e dei suoi collaboratori, finisce per costituire un limite. Alcune volte il sincretismo sonoro pare preordinato ed insincero, le acrobazie strumentali fini a se stesse e, forse, compiaciute; non a caso il pezzo più memorabile, a distanza di anni, rimane The interworld and the new innocence, ennesima traccia bifronte, in cui i semplici toni elegiaci della prima parte (su uno sfondo sonoro da panorama marino) si accendono nel susseguente assolo, retto magnificamente dallo space bass di Collins. Tale concessione, abbastanza facile in verità, al sentimento che prevarica, per una volta, sulla tecnica strumentale sembra, a sua volta, abbastanza preordinata …
Rimane, comunque, la miglior testimonianza di un ensemble d’eccezionale levatura, un’ora di fusion sperimentale con brandelli melodici, stasi e ripartenze micidiali, assoli strabilianti.

domenica 1 gennaio 2012

J.A.Seazer - Jashumon (1972)

Personaggio naturalmente eccentrico ed enigmatico, J.A. Seazer (nato Terahara Taka'aki) riesce, all'analisi occidentale, ancor più insondabile a causa dell'ostacolo linguistico, della farragine discografica nipponica (già riscontrata a proposito dei Rallizes Dénudés) e dei fumi degli incensi leggendari (in parte, pare, autoprodotti).
Seazer nasce nel sud del Giappone, nelle isole di Kyushu; appena quindicenne, abbandona il luogo nativo per raggiungere Tokyo: fascinoso, aggressivo, con tendenze suicide e criminali, perdigiorno e avido di vivere alla giornata, Seazer si attagliava alla figura sociale denominata futen, originariamente sinonimo di uomo inconvenzionale, senza legami familiari o lavorativi (in realtà egli viveva come cantastorie itinerante); in seguito il termine passò ad indicare un artista bohémien operante nell'ambiente di Shinjuku, quartiere di Tokyo, ricetto di hippies e contestatori.
Alla fine degli anni Sessanta, infatti, benché alle primissime armi, fu cooptato personalmente da Shuji Terayama (1935-1983) nella propria compagnia teatrale Tenjo Sajiki, che vantava una propria sezione musicale, Kangokutai. Ben presto Caesar fondò un proprio personale ensemble, Akuma no le, con il quale compose numerose colonne sonore per i lavori di Terayama (Odissey 69, mai registrata; Sho o suteyo, machi e deyo ovvero Throw away the book, we're going in the streets, manifesto libertario adolescenziale contro i lacci del conservatorismo nipponico; Jashumon ovvero Eresia; Barumon, sulla liberazione omosessuale; Shin toku maru, vendetta necrofila en travesti; Denen ni shisu; Ahobune). Molte delle sue opere non furono mai edite su disco (rimasero incise su cassetta solo per le esigenze lavorative della compagnia o come suo merchandise); le poche ad esser divulgate (fissate durante campagne teatrali in Olanda, Francia, Jugoslavia, Danimarca, Iran) sono testimonianze di works in progress in quanto soggette a continua revisione ed adattamento; lo stesso Seazer scrisse probabilmente alcuni testi trascegliendo versi della sua precedente produzione da poeta errante.
Anche Jashumon* risente di tale contingenza (un accompagnamento live registrato il 30 Gennaio 1972) ed è lontano dalle compiute produzioni occidentali. Nonostante tale limite si avverte, nel poco più ventenne Seazer, una brillante poliedricità che riesce ad assecondare le complesse trame di Terayama spaziando dal rock classico al folk alla psichedelia, generi sì riconoscibilissimi, ma tutti straniati, oltre che dai recitativi in lingua madre, dall'uso della strumentazione giapponese tipica, dalle percussioni (gong e tamburi) ai cordofoni (il biwa e lo shamisen, liuti d'ascendenza cinese e il koto, salterio da tavolo).
L'album, quindi, rappresenta un primissimo assaggio di come l'influenza della musica leggera occidentale si innestò sulla consuetudine nipponica: Terayama e Caesar segnarono, infatti, una netta cesura con liriche e tematiche tradizionali, utilizzando, però, nel contempo, aspetti propri del teatro Nō (lo shamisen e il koto, che accompagnano il canto, ne sono gli strumenti principe). Un aspetto dell'evoluzione dell'arte giapponese del dopoguerra che aspetta, almeno da noi, ancora una soddisfacente sistemazione generale.

* Il dramma verte sul rigetto dei legami familiari come inibitori per lo sviluppo pieno della personalità.