dedicato a Webbaticy, in attesa del ritorno in pista
Fondati da Dylan Carlson a Olympia (Washington State), gli Earth rappresentano, forse, l'ultimo grado di trasmutazione dell'hard rock.
I loro ascendenti più o meno prossimi sono Black Sabbath, Sleep e Melvins*, ma gli inni pachidermici di questi vengono dilavati della loro parte di empatia melodica e privati dei testi sino a svilire, di conseguenza, il ruolo della voce attrice e dei relativi ricaschi spettacolari antibrechtiani (gigionerie, atteggiamenti da guitar hero, riferimenti letterari e sociali, riecheggiamenti di altre tradizioni musicali). Sul campo gli Earth lasciano nude concrezioni sonore in cui i componenti basici appartenenti a quel genere definito vengono isolati e riprodotti catatonicamente sino alla dimenticanza della loro funzione originaria.
Il risultato è una sorta di electric-doom per chitarra che conduce la forma classica dell'hard sino allo sperimentalismo minimale. Queste plaghe sterminate e desolatissime sono composizioni d'una liturgia postmoderna, litanie ad un dio inesistente capaci, tuttavia, in virtù della reiterazione ossessiva, di aprire nuovi stati di coscienza. L'EP Extra-capsular extraction annovera già Ouroboros is broken (18'20'') quale brano manifesto, ma sono le tre composizioni di Earth 2 (rispettivamente 15'36, 26'04'' e 30'01'') a consacrare la pratica rituale di Carlson in cui, come detto, gli elementi rock classici, isolati e amplificati sino allo sfiancamento, perdono il loro senso pristino sino a caricarsi di valenze aliene e cupissime; i lunghi bordoni elettrici, il ritmo rallentato e titanico, i riff che girano come criceti nella ruota, sono parte di una tecnica sciamanica, già propria di un certo minimalismo, atta ad indurre nell'ascoltatore l’abbandono dell’abitudinarietà e predisporlo a nuove associazioni mentali, a nuove metafore dell'esistenza. Like gold and faceted, peraltro, sembra rinunciare anche a tale ultimo finalismo: ambisce all'entropia totale, alla propria perdizione, al rumore di fondo eterno.
Eccentrici, difficilmente fruibili; abitano presso le colonne d'Ercole di cui loro stessi sono artefici.
I loro ascendenti più o meno prossimi sono Black Sabbath, Sleep e Melvins*, ma gli inni pachidermici di questi vengono dilavati della loro parte di empatia melodica e privati dei testi sino a svilire, di conseguenza, il ruolo della voce attrice e dei relativi ricaschi spettacolari antibrechtiani (gigionerie, atteggiamenti da guitar hero, riferimenti letterari e sociali, riecheggiamenti di altre tradizioni musicali). Sul campo gli Earth lasciano nude concrezioni sonore in cui i componenti basici appartenenti a quel genere definito vengono isolati e riprodotti catatonicamente sino alla dimenticanza della loro funzione originaria.
Il risultato è una sorta di electric-doom per chitarra che conduce la forma classica dell'hard sino allo sperimentalismo minimale. Queste plaghe sterminate e desolatissime sono composizioni d'una liturgia postmoderna, litanie ad un dio inesistente capaci, tuttavia, in virtù della reiterazione ossessiva, di aprire nuovi stati di coscienza. L'EP Extra-capsular extraction annovera già Ouroboros is broken (18'20'') quale brano manifesto, ma sono le tre composizioni di Earth 2 (rispettivamente 15'36, 26'04'' e 30'01'') a consacrare la pratica rituale di Carlson in cui, come detto, gli elementi rock classici, isolati e amplificati sino allo sfiancamento, perdono il loro senso pristino sino a caricarsi di valenze aliene e cupissime; i lunghi bordoni elettrici, il ritmo rallentato e titanico, i riff che girano come criceti nella ruota, sono parte di una tecnica sciamanica, già propria di un certo minimalismo, atta ad indurre nell'ascoltatore l’abbandono dell’abitudinarietà e predisporlo a nuove associazioni mentali, a nuove metafore dell'esistenza. Like gold and faceted, peraltro, sembra rinunciare anche a tale ultimo finalismo: ambisce all'entropia totale, alla propria perdizione, al rumore di fondo eterno.
Eccentrici, difficilmente fruibili; abitano presso le colonne d'Ercole di cui loro stessi sono artefici.
* Il bassista Joe Preston passerà proprio ai Melvins.
Nessun commento:
Posta un commento