lunedì 16 gennaio 2012

Colonel Claypool's Bucket of Bernie Brains - The big eyeball in the sky (2004)


Qual è esattamente la relazione fra tecnica, intesa come sapienza artigianale, ed arte? La risposta, grossolana, ma veritiera, è che, nella maggior parte dei casi, l'arte promana necessariamente da una tecnica ben tradita e solida, mentre quest'ultima, la sapienza artigiana, può ben stare in piedi da sola.  Tale regola, quasi aurea, ammette due eccezioni: a) l'arte senza tecnica; b) la tecnica fine a se stessa. a) In particolari momenti storici o quando, felicemente ed insperatamente alcune forti personalità entrano in simbiosi, l'entusiasmo, l'irridente irruenza, l'impegno politico davvero sentito, persino una forte carica passionale possono generare schegge di bellezza artistica: alcuni cantautori, inetti alla tecnica strumentale, interi movimenti spontanei come il punk-hardcore lo testimoniano. Naturalmente tali miracoli bruciano con splendore, ma s'inceneriscono rapidamente con l'esaurirsi della carica emotiva o storica contingente: anche nell'hardcore i soggetti più longevi sono i più meditativi: rompiscatole ed ossessivi come Jello Biafra e Greg Ginn, straight-edge come Ian McKey. b) la tecnica, d'altro lato, non vivificata dal respiro universale del genio (individuale o della tradizione) che la tramuta in arte, può sclerotizzarsi  nel virtuosismo o scadere nell'autoparodia credendosi autosufficiente (certo manierismo pittorico, la letteratura d'appendice, il cinema degli effetti speciali, il teatro dei mestieranti …).
Il disco di Les Claypool, che, ad eccezione di Bootsy Collins, riunisce, anche nel nome dell'ensemble, l'incredibile formazione di Transmutation (Buckethead, chitarra, Bernie Worrell, tastiere, Bryan Brain Mantia), ricade nel secondo caso. Si intenda: è un bel disco, ça vant sans dire, suonato meravigliosamente, capriccioso e sghembo come il carattere del bassista ideatore, ma, a volte, si ha l'impressione di applaudire delle foche che fanno girare palloni sul naso. Si potrebbe obiettare che anche tali piroette siano arte (delle foche o del domatore); forse è così. Federico Zeri faceva rientrare nell'arte anche la panificazione, i francobolli e le copertine degli album. Claypool, peraltro, non cade mai nella stucchevolezza di certi eroi dello strumento (il numero è legione); egli sovraintende alle varie vignette con l’aria dell’imbonitore beffardo che esalta le proprie donne barbute: tale stralunata bizzarria, lontana da qualsiasi organicità o fine, si derubrica in goliardia (a cominciare dal nome macedonia del gruppo) e in un vaudeville mai davvero tagliente.
Accontentiamoci (non è poco tuttavia) dei mirabili squarci tecnici ed improvvisativi.

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