giovedì 29 maggio 2014

Il blues l'hanno inventato tutti tranne gli Americani

Gian Maria Volonté in Vita di Michelangelo
Forse gli Africani deportati in America, preciserete voi. No, neanche loro ... forse gli Italiani.
Vi prego di aprire il seguente video di youtube: è la prima delle tre puntate di Vita di Michelangelo, sceneggiato RAI del 1964. Ascoltatelo dal minuto 2'55'' al minuto 4'04''.


Michelangelo, interpretato dal grande Gian Maria Volonté, si reca presso le cave di marmo di Carrara per scegliere un blocco di materiale per un suo futuro capolavoro: la tomba di Papa Giulio II. Siamo agli inizi del Cinquecento: nel 1504 o 1505.
Gli operai, marmisti e scalpellini, lavorano attorno al genio e cantano: cantano per darsi il ritmo del lavoro, e quindi renderlo meno pesante. Quel canto è una work song.
Ora ascoltiamo John Henry, superclassico delle work song, nella versione prison song, a cappella:


John Henry era probabilmente un lavoratore delle ferrovie e usava il martello. Nelle prigioni usavano la mazza o la falce. Gli operai carraresi gli stessi identici attrezzi: tre secoli prima, però.
Ecco una citazione che ho trovato in rete, forse di Bruce Jackson:

"A Durban, in Sudafrica, chiesi ad uno Zulu, membro di una squadra (gang) di lavoro, se smettendo di cantare i lavoratori non avrebbero avuto più fiato a disposizione. 'No' mi rispose dopo un momento di perplessità 'Se non cantiamo abbiamo meno fiato. Se non cantiamo non abbiamo forza' (...) In Nigeria ad una domanda simile mi risposero: 'Se bisogna tagliare gli alberi, bisogna cantare. Senza una canzone l'accetta perde il filo'. Ad Haiti mi si disse che il canto e le percussioni incoraggiano il lavoratore. In Alabama un lavoratore delle ferrovie mi disse: 'Cantare rende il lavoro più facile. Se non cantassero, non caveresti niente da questi uomini'".

Il lavoro, solo il lavoro, il lavoro manuale, quello degli ultimi, produce il blues. Inevitabile. Le cave di marmo di Carrara furono operative dai tempi di Giulio Cesare, dalla metà del I secolo a. C., quindi. Da circa ventuno secoli producono marmo: e blues.
Obietterete: ma quegli operai non ci hanno dato Big Bill Broonzy o Robert Johnson. Io rispondo: non è detto. Eravate voi tra gli ultimi, tra gli umili nel 1500? Nelle loro case, la sera, riuniti attorno a un tavolaccio, durante quei brevi momenti che precedono il sonno? Sapete di che parlavano, cosa cantavano, cosa suonavano? Magari durante le feste di Carnevale o i matrimoni o i fidanzamenti. Avete mai visto il quadro di Bruegel con la festa dei campagnoli (Banchetto nuziale, 1568)? Ci sono i musici e ci sono i cantanti, ovvio. 


Le parole e i canti di un povero sono arte scritta sull'acqua (quelli di un ricco sul marmo - marmo di Carrara, a volte) e nessuno nella storia ebbe la fortuna di avere un Alan Lomax che gira con il registratore. Chissà quanti schiavi - traci, libici, bitini, galli - lavoravano nelle cave ai tempi di Giulio Cesare, il conquistatore del mondo. Chissà cosa cantavano. A mio avviso cantavano con questi ritmi, ritmi blues ... è inevitabile, lo sento ... chissà cosa cantavano gli Egiziani mentre innalzavano la piramide fatale ... o i poveracci che mettevano mattone su mattone le mura Aureliane o coloro che spianavano la via Appia o bonificavano le paludi malariche.
Se penso a quanti libri sono stati scritti sulle origini del blues ... perché le origini non esistono - sono nate con l'uomo, con il lavoro, con l'ingiustizia del lavoro ... il blues è dei perdenti - degli ultimi, di quelli che non vanno sui libri, di coloro che non gridano.


* * * * * 

Una curiosità. E una conferma. Il lamento dei cavatori di marmo di Carrara che oggi possiamo ascoltare fu registrato (e preservato dalla dimenticanza) proprio da Alan Lomax: guardate il video in esergo al prossimo post ...

12 commenti:

  1. Grande: sono ancora più realistici i canti nella cava perchè seguono ritmo del respiro durante il lavoro.L'accostamento con il canto di prigione, è inevitabile! Però qui la situazione è ricreata:c'è il battito della mani che dà il ritmo, non la respirazione durante il movimento.Il blues è un canto di lavoro che segue l'uomo chissà da quanto tempo, un canto di fatica di sofferenza. Interessanti e suggestive le tue argomentazioni, su cui concordo,Vlad.

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  2. Ricreata, ma verosimile.
    Occorrerebbe uno studio accurato.
    Magari già è stato fatto.
    Alla RAI, nel 1964, lavoravano intellettuali, non guitti.

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    1. Certo, verisimile. Allora ti do' quest'altro esempio:
      http://youtu.be/GpMWelmN34E

      "I pescatori di tonno, tempo fa, durante l'accerchiamento del banco e durante la mattanza, intonavano canti religiosi propiziatori o di ringraziamento: un po' per coordinarsi, darsi un tempo, un po' per "anestetizzare" il dolore ai muscoli dovuto all'eccessivo sforzo per remare, tirare su le reti e caricare su i pesci, dopo averli arpionati, nella camera della morte." (tratto da Nous Filos, la propria mente come alleato per creare una marcia in più.)

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  3. non so quanto sia "musical correct"...ma la suggestione è intrigante, e socialmente interessante..
    le tue originali riflessioni sembrano guizzi di lava di un vulcano sempre in ebollizione:-) e le tue elaborazioni mentali sollecitano sempre la conoscenza di qualcosa...
    ciaoo :-)
    maria

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    1. Di questi tempi un vulcano spento, sono.
      Ciao, ricciolona.

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    2. su fb, dove Patrizia e poi io l'abbiamo condiviso, Marcello Piras ha detto del tuo post: "Paradossale ma non privo di buon senso." ;-) buon tutto :-)

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  4. Grande post, complimenti. Sono quasi sicuro di aver sentito negli anni novanta un disco di canti di lavoro delle cave di marmo di Carrara.

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    1. Mi sa che devi fare uno sforzo di memoria e dirmi qual è ...

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    2. Per ora ricordo un CD dal packaging blu e nient'altro. Appena ho tempo provo a setacciare tra i dischi della biblioteca.

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