mercoledì 14 dicembre 2011

Locrian - The crystal world (2010)


Ispirato dall'omonimo romanzo di James Graham Ballard (tradotto in italiano come Foresta di cristallo), The crystal world è il lavoro più compiuto del duo di Chicago (André Foisy, chitarre; Terence Hannum, synth, corroborati, per l'occasione, da Steven Hess, percussioni) e uno dei migliori dischi dell'anno.
Nell'opera di Ballard, ambientata in Africa, una sorta di lebbra o cancro cristallizza tutte le entità, più o meno organiche: il mondo viene gradualmente immobilizzato in una sorta di mistico annullamento di tempo e spazio. Questa apocalissi (forse benigna poiché ogni cosa è illuminata e trasfigurata come in un'aldilà inveratosi sulla Terra) conclude la quadrilogia catastrofica di Ballard  imperniata sui quattro elementi, aria (Vento dal nulla), acqua (Deserto d'acqua), fuoco (Terra bruciata) e, appunto, terra.
I Locrian ricreano l'atmosfera ambigua e allucinata del romanzo, nonostante tutti i cliches del genere dark ambientale vengano sfruttati. D'altra parte, come scrisse Umberto Eco a proprosito di Casablanca, "un cliché ci fa sorridere, cento ci commuovono". Le urla di Obsidian facades (7'36'') risucchiate da un impressionante vortice chitarristico; Elevation and depths (10'44''), simile alla precedente ma, stavolta, "chiusa dal suono desolato dell’accordion"; i monumentali OM di At night's end (7'19''); la progressione percussiva nel finale di Pathogens (11'01''); il manierismo post-rock del pezzo eponimo (5'37'), formano una costellazione sonora già ascoltata, seppur egualmente affascinante.
Tuttavia è con il tour de force di Extinction (53'43''), materiata da palpiti enigmatici, respiri siderali, pozze elettroniche, chitarre ligetiane ... che i Nostri ricreano i panorami asettici del romanzo dove "le foglie brillano come gemme, i coccodrilli con una seconda corazza navigano in fiumi solidificati e gli uomini, se immobili, si trasformano in statue di ghiaccio fuse con il terreno circostante e incrostate di gemme brillanti" - panorami desolati che possiamo considerare metafore d'un ansia d'immortalità (come detto) oppure d'una impossibilità nell'instaurare rapporti sulla base dell'empatia.
Sebbene meno radicali di Gnaw Their Tongues (a tratti vengono recuperati brandelli di melodismo), i Locrian testimoniano una poderosa incursione nei territori più nichilisti dell'inner space.

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