venerdì 9 settembre 2011

Birchville Cat Motel - Beautiful speck triumph (2004)

          
Ci sono creazioni adatte a qualsiasi situazione ed altre da limitare ad alcune occasioni. Giampaolo Dossena scrisse che Dante è buono anche sotto i bombardamenti, ma non lo è Petrarca (che pure egli amava)*. Incantesimo di George Cukor è un film delizioso, un capolavoro della commedia; anche Salò di Pasolini è un capolavoro, ma risulta davvero inapprezzabile se non si è seguito un particolare cammino estetico. Alcuni fatti artistici, insomma, richiedono luoghi appropriati e preparazioni altrettali: lo esige, con l’addizione di quasi due ore di libertà, l’ascolto dell’opera di Birchville Cat Motel, progetto drone-ambientale del multistrumentista neozelandese Campbell Kneale. La sua assimilazione, doverosa (Beautiful speck triumph è un monolite ineludibile del decennio passato), ripaga, d’altra parte, con la moneta aurea dell’edificazione: per aspera ad astra.
White ground elder (30’32’’) parte con un inquietante bordone distorto a cui Kneale giustappone lentamente, per tutta la mezzora, una crescente sinfonia rumoristica (frinfrinire di fiati, percussioni, grattuge, tastiere) che invade naturalmente lo spazio sonoro. L’ampia durata è necessaria per sviluppare una traccia che è anche la registrazione di un flusso interiore della coscienza.

Il resoconto della canicola di un primo pomeriggio estivo sembra ispirare Trembling forest spires (18’31’’): il verseggiare delle cicale è affiancato, e poi sostituito, da un concerto di campane tubolari da veranda; in sottofondo prendono corpo dei rumori da sobbollimento, quindi il ronzio di una vespa intrappolata, dapprima furibonda, poi lentamente morente, rimane l’unico attore sonoro tramutantesi, nei minuti finali, in un ronzio elettronico avviluppato in uno scrocchiare da vinile polveroso. Questo spunto deborda e si spegne nella successiva Speck fears (19’30’’) per lasciar posto ad un bellissimo tappeto organistico, sottolineato da un possente background ed impreziosito da accenni tipicamente new age. 
It’s more fun to compute (5’56’’), un distorto ed onirico concertino da camera, è il porticato in penombra che prepara alle tenebre gotiche di The romance of certain old clothes (19’51’’): l’ennesimo bordone è la quinta sonora di una silloge di rumori da magione hantée**: cigolii di porte, tramestii, calpestii, voci indistinte ed accenni di pianoforte popolano i venti minuti del pezzo.
Nella pietra miliare Beautiful speck triumph (36’38’’), innervata da un drone cangiante, il concerto fra rumori industriali, un insistito frinire ed un organetto in loop viene gradatamente alluvionato da titaniche distorsioni della sei corde scandite da percussioni rituali e sottolineate dalla maestosità delle tastiere. Il crescendo, veramente eccezionale, raggiunge apici di intensità mistica per poi spegnersi lentamente in un bozzetto campestre accompagnato da radi accordi di chitarra.
La produzione di Kneale, come spesso accade cogli autori sperimentali, risulta polverizzata in numerose registrazioni (alcune di alto livello come Birds call home their dead e Chi vampires), ancora da valutare nel loro insieme; è possibile già affermare, tuttavia, che sarà la svolta doom-metal del progetto Black Boned Angel (2005-2009) a riportarlo, a tratti, sui livelli del trionfo appena esaminato.

* Giampaolo Dossena, Storia confidenziale della letteratura italiana, II, L’età del Petrarca, 1989.
** The romance of certain old clothes è, infatti, un racconto dello scrittore fantastico M.R. James pubblicato nel 1868 (tit.it. La romanzesca storia di certi vecchi vestiti, pubblicata in numerose antologie).

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