mercoledì 1 ottobre 2014

Henry Rollins - Let's have a war. The best 1987-1993 (2014)

Osea, 9,7

Sono venuti i giorni del castigo,
sono giunti i giorni del rendiconto …
Un pazzo è il profeta,
l’uomo ispirato vaneggia -
a causa delle tue molte iniquità,
per la gravità del tuo affronto.

Ci vuole una guerra.
Dolore, lutti, devastazioni, privazioni, chiusura alla speranza, paura.
Lo dico subito: ci pentiremo di aver scritto queste parole; esse ci danneranno. Dovremo trascinarle come un piombo da galeotto per il resto della vita. Calamiteranno infamie. Eppure sono necessarie; dirò di più: inevitabili.
Per la salvezza occorre una guerra: ecco un buon destino per la Patria; per noi tutti.
Arte, bellezza, grandezza, amore, sentimento, purezza: questo viene negato ogni giorno di più; ed è negato e vilipeso poiché ogni maledetto giorno ci allontaniamo dalle fonti del dolore e del lutto.
Si è negata la Morte tenendola a distanza; esorcizzata; derisa. Ma è la nostra Signora e Madre e Benefattrice. Perché non riconoscerlo?
Senza di lei siamo perduti: deboli, stupidi, infrolliti, ridanciani, grossolani, turisti in ciabatte. Ogni moto del cuore mai spontaneo, mediato da un codice di comportamento universale e piatto. Il sentimento è sentimentalismo, l'ardore un focherello da beccuccio del gas; il coraggio spavalderia gradassa; l'amore un andirivieni di salamelecchi; lealtà, perseveranza, fedeltà, magnanimità, ostinazione, fratellanza sono impossibili: non riusciamo a tenerle che per poche ore, poi la volontà si diluisce nella grascia del quotidiano.
La nostra lingua è sparita: attingiamo a una sorgente avvelenata che fa di ogni parola la parola di un altro: ogni invocazione, appena proferita, è già ridicola, eguale a milioni d'altre.
L'arte è sparita. Lontano dal dolore, che rende essenziale il gesto, e moltiplica la forza interiore d'ogni oggetto, ogni fatto artistico può essere goduto non in sé, poiché privo di valore estetico, ma in virtù d'una propaganda che ci sussurra continuamente cosa apprezzare: e noi, obbedienti, non facciamo che testimoniare e ripetere tali istigazioni, credendo d'aver maturato un gusto.
Noi siamo finiti. Finiti. E non d'una fine bruciante e gloriosa, ma spegnendoci nella pura esistenza, giorno dopo giorno, un passo dietro l'altro. Ho misurato la mia vita con cucchiaini da caffè, diceva il profeta.
Abbiamo bisogno di una guerra. Di un aguzzino, di massacri, di bagni di sangue, di odio, fame, sopraffazione.
Per questo il Potere ama la pace perpetua; il Potere recherà la morte solo nei campi di chi non s'arrende, di chi ha storia, orgoglio; contro coloro per cui il no è no e il nesso di causalità è ancora un valore. A noi, invece, i finti vincitori, i perduti, annegati nel liquido amniotico del Lete, Esso riserverà la pace. Eterna e immutabile.
Guai a chi pensa altro! Chi non agogna la pace? Tutti la vogliono. Come è possibile non desiderarla?
Ed eccoci, allora, noi uomini della pace! Ogni passione spenta, i tratti snervati, amorfi, flaccidi; non riusciamo più a distinguere alto e basso; tutto ci va bene, non prendiamo niente sul serio; per noi, in fondo, una cosa vale l'altra; la nostra violenza scoppia improvvisa e ridicola riversandosi da subito nel canale di scolo di una fulminea indifferenza. Ma è sempre più raro questo: in genere amiamo la quiete e sopportiamo tutto - tutto, purché non ci si distolga da questa letargia infinita, drogata! E, soprattutto, non ci distolga dalla pace! Vogliamo stare in pace!
Cosa vuoi dalla vita, servo? La pace, la tranquillità. La serenità.
Persuasi al nulla.
Osservate gli uomini di un recente passato, leggete le loro parole. Parole umili, semplici; parole precise, inequivocabili, adamantine, che significavano qualcosa e parlavano senza inganno a tutti. Dopo le tempeste d'acciaio e sangue, uomini e idee, antichi e nuovi al contempo, rifulgevano d'una vitalità sorgiva, insopprimibile, netta - come antichi monili aurei riaffiorati contro la terra nera dopo una pioggia incessante e rovinosa; e la Natura, nell'aria finalmente pulita e tersa, si offriva nuovamente con le linee definitive della verità - ecco l'attimo da desiderare, il tempo della rinascita!
Non abbiamo scampo. Dobbiamo desiderare la guerra e il dolore.
Ognuno, fra sé, la appellerà come crede opportuno.
Succedere a noi stessi, contro noi stessi, a nostro danno - riusciremo a tanto sacrificio?
Give war a chance.

6 commenti:

  1. Gran bel post! ( Di chances la guerra ne sta avendo tante, non possiamo lamentarci..)

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    1. Non pensavo a una guerra con stellette e divise ... e neanche su ordinazione.

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  2. Sempre più apocalittico.
    In tanti europei si stanno arruolando nell' ISIS, non è mica ùncaso, nè solo una moda...

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    1. Ma quale apocalittico!
      Io trovo apocalittico che dopo tre governi non eletti che stanno facendo a brandelli l'Italia non ci sia ancora una manifestazione nazionale dura e seria ...
      Sull'ISIS concordo: è un sintomo preciso.
      La causa scatenante del post è stata, però, una banale copertina sul Boss con la didascalia: L'Operaio.
      Capite? L'Operaio.

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