I Mi Ami, da San Francisco, nascono dalle ceneri dei Black Eyes (il bassista Jacob Long), con l'aggiunta di Daniel Martin-McCormick (voce, chitarra) e di Damon Palermo (batteria).
Un tempo – in un tempo felice per i poveri di spirito – i Mi Ami sarebbero stati catalogati come crossover, incrocio di generi diversi, quando il richiamo ad un genere ancora garantiva la significazione e la comprensibilità. Oggi, perse di vista le bussole orientative (una critica autorevole e riconosciuta come tale, i poli magnetici anglosassoni, i ruoli strumentali definiti ...), si è costretti, per rendere conto al lettore della complessità dei richiami sonori, ad una serie di rimandi che, spesso, rendono il garbuglio ancor più inestricabile; non sempre, infatti, chi legge ha ben presente le sonorità a cui viene indirizzato, per tacere poi delle citazioni mentula canis tra sfoggio esibizionista e provocazione.
Pop Group, Jah Wobble, Contortions sono i vati cui si ricorre per dar ragione dei Mi Ami: il basso pulsante e quasi funky di Long, le percussioni di Palermo, tribali o trottanti, la nervosissima chitarra e il falsetto isterico di McCormick (versione maschile di Yasuko Onuki dei Melt Banana) sfociano negli eccitati quadretti di Watersports, in special modo nei primi cinque pezzi (tra cui rilevano The man in your house ed Echononecho); negli ultimi due, Peacetalks downer e White wife, anche in virtù anche della lunghezza (otto-nove minuti), la frenesia viene attutita e la iniziale carica galvanica, pur conservandosi integra, rimane sottotraccia: sono i momenti migliori del disco.
Steal your face non fa che confermare tale dicotomia: Harmonics, Latin lover, Secrets tengono altissimi i ritmi esacerbati dalla vocalità di McCormick, ma sono la sinuosa Dreamers (8'07'', col cangiante tam tam di Palermo) e la tiratissima Slow (8'44'', in cui la linea della chitarra, abbandonati gli spasmi elettrici di prima, può quasi formalizzarsi in assoli canonici) a rubare la scena.
Presto per ritagliare ai Mi Ami un ruolo preciso nelle gerarchie anche recenti: molte promesse e molti primi ascolti entusiasti svaporano in fretta; l’esordio e il subitaneo seguito sono, tuttavia, davvero rimarchevoli.
Un tempo – in un tempo felice per i poveri di spirito – i Mi Ami sarebbero stati catalogati come crossover, incrocio di generi diversi, quando il richiamo ad un genere ancora garantiva la significazione e la comprensibilità. Oggi, perse di vista le bussole orientative (una critica autorevole e riconosciuta come tale, i poli magnetici anglosassoni, i ruoli strumentali definiti ...), si è costretti, per rendere conto al lettore della complessità dei richiami sonori, ad una serie di rimandi che, spesso, rendono il garbuglio ancor più inestricabile; non sempre, infatti, chi legge ha ben presente le sonorità a cui viene indirizzato, per tacere poi delle citazioni mentula canis tra sfoggio esibizionista e provocazione.
Pop Group, Jah Wobble, Contortions sono i vati cui si ricorre per dar ragione dei Mi Ami: il basso pulsante e quasi funky di Long, le percussioni di Palermo, tribali o trottanti, la nervosissima chitarra e il falsetto isterico di McCormick (versione maschile di Yasuko Onuki dei Melt Banana) sfociano negli eccitati quadretti di Watersports, in special modo nei primi cinque pezzi (tra cui rilevano The man in your house ed Echononecho); negli ultimi due, Peacetalks downer e White wife, anche in virtù anche della lunghezza (otto-nove minuti), la frenesia viene attutita e la iniziale carica galvanica, pur conservandosi integra, rimane sottotraccia: sono i momenti migliori del disco.
Steal your face non fa che confermare tale dicotomia: Harmonics, Latin lover, Secrets tengono altissimi i ritmi esacerbati dalla vocalità di McCormick, ma sono la sinuosa Dreamers (8'07'', col cangiante tam tam di Palermo) e la tiratissima Slow (8'44'', in cui la linea della chitarra, abbandonati gli spasmi elettrici di prima, può quasi formalizzarsi in assoli canonici) a rubare la scena.
Presto per ritagliare ai Mi Ami un ruolo preciso nelle gerarchie anche recenti: molte promesse e molti primi ascolti entusiasti svaporano in fretta; l’esordio e il subitaneo seguito sono, tuttavia, davvero rimarchevoli.