"Nel settembre 2013, la LTF, ditta francese costruttrice della linea TAV Torino-Lione, annuncia una denuncia contro lo scrittore Erri De Luca, per le dichiarazioni rese all’Huffington Post Italia e all’Ansa. La denuncia viene effettivamente depositata il 10 settembre 2013 presso la Procura della Repubblica di Torino … il 5 giugno 2014 si è svolta la prima udienza preliminare, a porte chiuse. Il 9 giugno 2014 viene stabilito il rinvio a giudizio, per il 28 gennaio 2015. L’accusa è di aver ‘pubblicamente istigato a commettere più delitti e contravvenzioni’."
Questo il resoconto, parziale, ma scarno ed esatto, degli antefatti che hanno causato il rinvio a giudizio dello scrittore Erri De Luca.
Il processo è, perciò, in pieno svolgimento.
Ho precise opinioni su Erri De Luca, quale artista e uomo.
Ne ho altrettali, ben radicate, sull'opera comunemente conosciuta come TAV, acrostico di Treno Alta Velocità (tratta ferroviaria Torino-Lione), oggetto di contrasti durissimi.
Queste opinioni e convincimenti, tuttavia, qui non valgono; le metto tra parentesi, le ignoro; non servono ai fini della valutazione dell'episodio in esame, ovvero il rinvio a giudizio di uno scrittore e intellettuale italiano per una riga di intervista.
Spero che anche voi deponiate tali pregiudizi.
Ed ecco il casus belli, l'intervista di Erri De Luca all'Huffington Post, 1 settembre 2013. Versione integrale.
Erri De Luca, ha ragione il procuratore capo di Torino quando paventa il terrorismo No Tav?
Caselli esagera.
Forse esagera, ma in macchina i due ragazzi arrestati avevano caricato molotov ...
(sorride ironicamente) ... Sì, pericoloso materiale da ferramenta. Proprio quello che normalmente viene dato in dotazione ai terroristi. Mi spiego meglio: la Tav va sabotata. Ecco perché le cesoie servivano: sono utili a tagliare le reti. Nessun terrorismo.
Dunque sabotaggi e vandalismi sono leciti?
Sono necessari per far comprendere che la Tav è un'opera nociva e inutile.
Sono leciti anche quando colpiscono aziende che lavorano per l'Alta Velocità come quella di Bussoleno, chiusa per i continui danneggiamenti? Non si rischia un conflitto tra lavoratori e valligiani?
La Tav non si farà. È molto semplice.
La posizione è chiara. Ma è antitetica a quella presa dal governo.
Non è una decisione politica, bensì una decisione presa dalle banche e da coloro che devono lucrare a danno della vita e della salute di una intera valle. La politica ha semplicemente e servilmente dato il via libera.
Di questo passo, afferma Caselli, arriveremo al terrorismo. Lei invece quale soluzione propone?
Non so cosa potrà succedere. Mi arrogo però una profezia: la Tav non verrà mai costruita. Ora l'intera valle è militarizzata, l'esercito presidia i cantieri mentre i residenti devono esibire i documenti se vogliono andare a lavorare la vigna. Hanno fallito i tavoli del governo, hanno fallito le mediazioni: il sabotaggio è l'unica alternativa.
Politicamente come si risolve?
Arriverà un governo che prenderà atto dell'evidenza: la valle non vuole i cantieri. E finalmente darà l'ordine alle truppe di tornare a casa.
Questo l’intervista. Ed ecco l'articolo del codice penale (art. 414) di cui si sostanzia il corpo dell'accusa.
“Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell'istigazione:
1) con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti;
2) con la reclusione fino a un anno, ovvero con la multa fino a duecentosei euro, se trattasi di istigazione a commettere contravvenzioni”. Et cetera
Per istigatore s'intende colui che suscita e rafforza in altri individui specifici propositi criminosi.
Spiega, infatti, il magistrato Andrea Padalino: "Quell’intervista aveva la capacità di suscitare dei comportamenti, che poi in concreto si sono verificati ...".
E poi aggiunge, con un velo di sarcasmo:
"[De Luca] diceva che quelle cesoie servivano. È un purista della lingua e sa bene usare l’imperfetto. Si riferiva a un’azione passata mentre alcuni antagonisti stavano per andare a tagliare le reti. Lui dice che quellazione deve continuare, è questo il senso di quell’imperfetto".
Abbastanza chiaro. Ci si potrebbe dilungare in considerazioni da leguleio sull'apologia di reato o l'accordo per commettere reati (art 115 C.P). Sarebbe bello spaccare il capello in quattro e andare avanti per giorni a parlare di nulla.
Voglio solo notare questo: si può essere d'accordo con i pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo; e col GUP (giudice udienze preliminari) Roberto Ruscello che ha rinviato De Luca a giudizio.
Le accuse sembrano apparentemente razionali, se non fondate; molto più convincenti, apparentemente, dell'autodifesa di Erri De Luca, che accampa, quale discolpa, le consuete e fruste dichiarazioni a petto nudo sulla libertà d'espressione.
Eppure questo processo è una ingiustizia somma. Anzi: una vergogna.
Lo affermo esplicitamente: è giusto e sacrosanto manifestare, in qualsiasi forma, a favore dell'assoluzione di Erri De Luca; è giusto e sacrosanto ribadire che una sua eventuale condanna, a una pena pur minima, costituirebbe, di fatto e simbolicamente, uno scandalo ripugnante.
Perché? Perché ritengo che chiunque abbia una pur pallida contezza della situazione politica italiana non può non avvertire (sulla scorta di una sincera analisi civile e intellettuale) che tale vicenda è il frutto abnorme di una relazione fra Stato e cittadino basata sulla protervia e l’intimidazione.
Per una serie di motivi.
Anzitutto la sproporzione del volume di fuoco. Da una parte un semplice individuo, dall'altra la macchina burocratica e giudiziaria dello Stato Italiano che muove dalle accuse di una multinazionale.
E poi il contesto. "Accusare un uomo di omicidio quaggiù in Vietnam era come fare contravvenzioni per eccesso di velocità alla 500 Miglia di Indianapolis", afferma Sheen/Willard in Apocalypse now a proposito della sua missione contro Brando/Kurtz, colpevole solo di dire la verità e uccidere il prossimo senza le menzogne della retorica patriottarda. Accusare di istigazione a delinquere uno scrittore? In Italia, nel 2015? Con l'intera penisola nelle mani di associazioni a delinquere, ormai tranquillamente in osmosi col mondo produttivo/industriale e politico/amministrativo politico? Richiedere il rigore della legge, in tal caso, e nella situazione italiana attuale, significa essere ai sacrifici umani.
E ancora il contesto: quante istigazioni a delinquere abbiamo sentito, in Parlamento, nei consigli locali, sui giornali, in televisione, nelle bacheche di commento online, negli ultimi vent'anni? Scioperi fiscali, proiettili per magistrati, vilipendi? Sono stati puniti?
Ma c’è una considerazione che più mi preme.
Un rischio che forse è già realtà.
È possibile che il processo a Erri De Luca non sia che una ritorsione della Ragion di Stato? Che il Moloch repressivo-giudiziario si sia mosso esclusivamente perché alcuni individui dissentono dallo spirito dei tempi? Dal pensiero unico economico-finanziario?
Se il Potere (uso questa parola generica e goffa per pura comodità) ritiene un'opera o un comportamento o una legislazione necessari (come l'intervento nella guerra dei Balcani o il Ponte sullo Stretto o la dismissione del patrimonio pubblico, ad esempio), Esso, tramite la macchina giudiziaria e statale, potrà bloccare o scoraggiare qualsiasi tentativo di opposizione a tale Direttiva Somma o Ragion di Stato. Il ginepraio giurisprudenziale, la forza dell'apparato, si prestano a questo. Chiunque si opponga (con successo o forza crescente) a tale Ragione, a tale fabula dominante, finirà nel tritacarne. Basta aspettare il dissidente come fa il cacciatore con la selvaggina di passo. Chi, viceversa, viola le stesse regole, ma è ritenuto innocuo, potrà tranquillamente scapolarsela.
Erri De Luca ha, forse, istigato a delinquere (e il rinvio a giudizio è, perciò, forse, formalmente impeccabile), ma il prezzo che egli paga o, forse, pagherà non è dovuto alla precisa violazione di articoli del codice, ma alla sua azione contro la Ragione di Stato (che, poi, non coincide certo con le magnifiche sorti dell’Italia, ma solo di alcune lobby finanziarie).
Erri De Luca è una vittima del Potere, ostacolato nel suo puro dispiegarsi, al di là degli interessi comuni.
Per questo deve essere assolto.
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En passant è bello notare la quasi completa assenza del sedicente ceto intellettuale italiano dal dibattito.
Mai visti elementi più mediocri, grigi, conniventi e neghittosi.
Alla faccia dell'engagement! Ovviamente nessuno esige un intervento degli intellettuali italiani a favore di Erri De Luca; se ne esige, invece, uno qualunque: magari a sfavore.
E pensare che fino a qualche settimana fa questi eroi facevano a gara per infilarsi una trombetta nel culo e spetezzare sulla libertà di espressione e di satira.
Ora su tutte le vette è pace.
Mota quietare et quieta non movere, per carità.