Laurent Thibault (Francia) - Mais
on ne peut pas rêver tout le temps (1978). Primo bassista dei Magma, Thibault fu autore solo di questo lavoro a cui partecipano altri
reduci di quell’esperienza (Francis Moze, Lisa Bois, Richard Raux). Se l’uso
delle voci e, a tratti, i ritmi sostenuti si ricollegano al canone zeuhl, il tono è, tuttavia, più sognante
e variegato (grazie anche a intarsi etnici di rilievo). La copertina (L’incantatrice di serpenti di Henry
Rousseau) racconta parecchio sulle virtù dell’opera. Bello. Lisa Bois, voce;
Lionel Ledissez, voce; Jean-Claude Delaplace, voce; Amanda Parsons, voce;
Laurent Thibault, chitarra, basso; Serge Derrien, voce, flauto; Jacqueline
Thibault, tastiere; Anne-Sophie, tastiere; Guy Renaudin, sassofono; Richard
Raux, sassofono; David Rose, violino; Francis Moze, basso; Dominique Bouvier,
batteria.
Runaway Totem (Italia) - Andromeda (1999). Nonostante i nomignoli, i trentini Runaway Totem,
attivi sin dalla fine degli Ottanta, attuano un potente progressive memore dei Dream Theater e dei King Crimson più
induriti. Lo zeuhl affiora nelle
parti più cosmiche (Kontakt, cantato
in kobaiano). La preparazione e la compattezza ne fanno uno dei gruppi italiani
più interessanti su questo versante. Da ascoltare. Cahål De Bêtêl, voce,
chitarra; Mimhïr De Bennu; Vîrhür, tastiere; Nezah, basso; Tipheret, batteria.
Shub-Niggurath (Francia) - Les morts vont vive (1986). Ispirati alle creazioni
letterarie di H.P. Lovecraft (Shub-Niggurath è una divinità aliena del pantheon dell’americano), i francesi si
caratterizzano per le atmosfere minacciose ed oblique (meritevoli, in tal
senso, i fiati e la voce della Stewart). La
ballade de Lénore, probabilmente tratta dal poema di Gottfried August
Bürger, sottolinea i toni gotici pur rielaborati secondo i filtri dell'avanguardia più perturbante. Un piccolo capolavoro. Ann Stewart, voce; Franck W. Fromy,
chitarra, percussioni; Jean-Luc Hervé, tastiere; Véronique Verdier, trombone;
Alain Ballaud, basso; Franck Coulaud, batteria.
Andrea Tich - Masturbati (1978). Here's a great Cramps records release from 1977. I couldn't get much info about Andrea Tich as most of those found were in Italian language (and it's not my strong point for sure).The record is a weird Zappa-esque twisted rock and ballads with much progressive blend and experimental hints, well hidden behind compositions. I guess Italian people and those speaking Italian language will enjoy it more as they will understand the lyrics which are satyrical referring to gay life (that's all I could understand, from descriptions, with my poor italian).
Overall a very essential LP.
Ataraxia - Prophetia (1990). Ataraxia is an Italian trio which occupies the fine-art end of the neo-gothic spectrum and produces a rich tapestry of music and song incorporating folk, mediaeval, renaissance, baroque, and classical elements.
Formed in 1985, it consists of Francesca Nicoli (vocals, lyrics, flutes, drum machine), Vittorio Vandelli, (classical, acoustic, electric and synth guitars; drum-machine; lyrics) and Giovanni Pagliari (keyboards, synth, piano, pipe-organ, lyrics).
The group's performance is characterised by the prominence of Francesca's strong voice which is blended with both modern and traditional instruments. Her accent has a distinctively strong 'r', which is of course a feature of Italian but also strangely suggestive of English rural accents. In some songs her voice rises into little screams in punk fashion: in others she hits the high notes with a Kate Bush-style warble.
They have produced a number of tapes and CDs and a vinyl, and have featured on numerous compilations including My Castle's "Onore Alle Arti". Francesca also provided vocals for three of the tracks on Camerata Mediolanense's "Musica Reservata".
This is the very first release of this exceptional, much Dead Can Dance inspired band. Listen to the dark medieval soundscapes blended with Francesca Nicoli's wonderful voice.
Note this tape has been ripped as side a and b ... non separated tracks. So here's the tracklisting:
- Visionary side -
Prophetia
Anno Domini MDLVI
In Articulo Mortis
May, 16th 1980
Hommage Funèbre
- Chimerical side -
Kastamonu
Ozymandias
Nocturnal Euthanasia
Teuflische Mosaikarbeit
Boneschi Electronic Combo - Sounds electronic (1973). Great LP of library electronic music that sometimes is funny and naive but in some parts very weird reminding Residents era recordings. No infos found of who is behind this project but rumours want it to be Nino Nardini. A song from here was chosen by Luke Vibert and was included in his Nuggets series.
Facciamo le presentazioni: Zoot Horn Rollo è Bill Harkleroad; Rockette Morton è Mark Boston; Ed Marimba, detto anche Ted Cactus, è Art Tripp III, mentre Drumbo (autore di parte dei testi e delle musiche del primo album) è John French.
Che dire? Questa era la Banda Magica. C'è persino un pezzo attribuito a Donald Van Vliet (Peon); ci son pure altre tracce, notevoli, bruciate dal sole meridionale (She's long and she's lean; A piece of me) e arrotate dalla voce di Sam Galpin: tanto basta per affermare che riscoprire certi dischi è piacevole (almeno il primo dei due). Tutto qui.
L'altra sera, 20 Aprile, sul TG3 nazionale, soffocato tra la consueta fuffa, è partito un servizio (che, forse, voleva essere celebrativo) sul Record Day Store. Hanno intervistato il responsabile di uno dei quattro o cinque negozietti di dischi sopravvissuti a Roma (Roma!). Un ritrovo di scampati (almeno quelli che conosco) in cui capita di incontrare vecchi leoni feriti, nostalgici dall'occhio umido, collezionisti dall'occhio spiritato, qualche celebrità, più il gruppone dei disturbati da stress post-traumatico (quali stress? I più vari: il ritiro di Gabriel dai Genesis, il ritiro di Tarja Turunen, la fine del punk, la fine dell'heavy metal classico, la fine di Kurt etc etc) che intonano i soliti mantra; a caso: Van Morrison non fa più dischi boni, l'ultimo dei Rolling Stones è il miglior disco dell'anno, Chris Cornell è sfiatato dal 1994, Pinco Pallino, uno dei più grandi chitarristi o bassisti o batteristi o tastieristi o cantanti di tutti i tempi stava con gli XYZ, uno dei più grandi gruppi di tutti i tempi, quelli sì che erano chitarristi/bassisti/batteristi/tastieristi/cantanti/gruppi anche se, chissà perché, non se li filava nessuno (seguono varie spiegazioni del disinteresse universale); e ancora: se so' venduti tutti ormai - io lo rispetto, ma cinquanta bombe pe' leonardcoen sò troppe - co sti' MP3 senti la musica co' le cuffie o l'artoparlanti de Big Gimm - Lars Ulrich è il più porco de tutti - quelli? 'Na banda de stronzetti - è inutile la grande musica nun tornerà mai - no, c'è ancora solo che nun la conosci perché te la devi annà a cercà - il vinile forse torna, forse non torna - le radio commerciali demmerda - no, so' le produzioni che appiattiscono tutto, prima c'era un suono più dinamico - io c'ho er Thorens, senza quello che voi sentì - etc etc etc).
In fondo una riserva indiana in cui fumare il calumet insieme per qualche mezzora. E la questione é: siamo legati al passato perché era più pittoresco, umido di nostalgia e controllabile (coi soliti nomi recitati come la Nazionale del 1982) o perché era migliore?
Mentre ci pensate godetevi i reduci della Banda Magica. Hail to the Captain!
158. Magical Power Mako (Giappone) - Magical Power (1973). Prima opera di Makoto Kurita (qualche altra informazione qui), è un collage folle e attraente che spazia continuamente fra tribalismi alla Zappa (quelli di Help I’m a rock e zone limitrofe), percussionismi autistici (In a stalactite cavern), esibizioni a cappella, concretismi, pozze folk melodiche (Flying), rock purissimo (Restraint freedom), immersioni nella musica tradizionale. Da riscoprire subito.
159. Magma (Francia) - Köhntarkösz (1974). Il fascino dei Magma è immarcescibile. Questo è un altro capolavoro dall’incedere liquido e possente, ma, al tempo stesso, denso di inquietudine, come se i Gong fossero minacciati da qualche entità maligna. Grande la sezione ritmica, come nel miglior zeuhl progressive. Stella Vander, voce; Klaus Blasquiz, voce, percussioni; Brian Godding, chitarra; Michel Graillier, tastiere; Gérard Bikialo, tastiere; Jannick Top, voce, tastiere, percussioni, basso; Christian Vander, voce, tastiere, percussioni, batteria. 160. Colette Magny & Free Jazz Workshop(Francia) - Transit (1975). Figura obliqua, attiva sin dagli anni Cinquanta, impegnatissima nei diritti civili, ed eccellente interprete jazz-blues, sempre pericolante, però, verso certi toni anticonformisti a metà fra cabaret politico e sensibilità confidenziale. Fa eccezione la sperimentale La bataille in cui la Magny opera su basi preregistate. Colette Magny, voce, chitarra; Patrick Vollat, tastiere; Rémy Gevron, tastiere; Louis Sclavis, sassofono, clarinetto; Maurice Merle, sassofono; Jean Mereu, tromba; Jean Bolcato, basso; Christian Ville, batteria. 161. Mahjun (Francia) - Mahjun(1973)/Mahjun (1974). I due album omonimi sono qui riuniti. I Mahjun miscelano goliardicamente bizzarrie lunari, marcette, valzer, con lo stile lieve di Kevin Ayers (bella Les enfants sauvages). Si fanno preferire però sui brani lunghi (Chez Planos, 13'21''; La ville pue, 13'41'') laddove il tono svagato si fissa su un più diluito progressive memore del lato colto di Canterbury. D. Barouh, voce; Mouna, voce; J.L. Lefebvre, voce, chitarra, flauto, violino; Haira, tastiere; P. Rigaud, sassofono, tromba; P. Beaupoil, tastiere, basso, percussioni; J.P. Arnoux, batteria, percussioni.
162. Mahogany Brain (Francia) - With (junk-saucepan) When (spoon-trigger) (1971). Rock free-form con tutti gli strumenti in libera uscita e impossibile a coagularsi in una frase melodica neanche per pochi secondi. Siccome l’anno è il 1971 parecchi riannodano l’esperienza a Captain Beefheart, ma, a tratti, pare di essere dalle parti dell’avanguardia di New York, anni Novanta. Da ascoltare. Dominique, voce; Benoît Holliger, chitarra; Mine, chitarra; Gilles Mézière, tastiere; Zéno Bianu, flauto; Michael Bulteau, flauto; Claude Talvat, violino; Patrick Geoffrois, basso; Yves Berg, percussioni. 163. Malfatti-Wittwer(Austria/Svizzera) - Thrumblin'(1976). Quattro duetti free fra gli spetezzi del trombone di Radu Malfatti (austriaco; ancor oggi attivo sul versante dell’improvvisazione e del minimalismo) e i disastri elettrici di Stephan Wittwer (svizzero; collaboratore di Steve Lacy e Jim O’Rourke, fra gli altri). Avete presente: "Le bionde trecce, gli occhi azzurri e poi"? Questo è il contrario. Stephan Wittwer, chitarra; Radu Malfatti, trombone.
Il primo massacro azteco, quello al Grande Tempio, ricade non su Fernando Cortés
(assentantosi per combattere Pánfilo de Narváez, che voleva togliergli il
comando), ma su un suo luogotenente, Pedro de Alvarado, biondo e prestante, una
sorte di Aguirre herzoghiano. Dell’episodio diamo il resoconto di parte azteca:
“Stando così le cose,
mentre si sta godendo la festa e il ballo è incominciato, e anche il canto, e i
canti si allacciano l'uno con l'altro, e i canti sono come un fragore di onde,
in questo preciso momento gli uomini di Castiglia prendono la decisione di
uccidere la gente. Subito vengono sin qui, vengono tutti in armi da guerra.
Vengono a
chiudere le uscite, i passaggi, le entrate:
l’entrata dell'Aquila nel palazzo piccolo; quella di Acatliyacapan [Punta della
Canna], quella di Tezcacóac [Serpente di Specchi]. E dopo che le ebbero chiuse si
appostarono in ciascuna di esse: nessuno poté più uscire.
Disposte
così le cose, immediatamente entrano nel Sacro Patio per uccidere la gente.
Vanno a piedi, portano i loro scudi di legno, ma alcuni li hanno di metallo, e
le spade.
Immediatamente
accerchiano quelli che ballano e si avventano sul posto dei timpani: diedero un
fendente a colui che stava suonando: gli tagliarono tutte e due le braccia. Poi
lo decapitarono: lontano andò cadere la sua testa tagliata.
Subito
tutti accoltellano, colpiscono la gente con lance e fendenti, con le spade li
feriscono. Alcuni li aggredirono alle spalle; immediatamente caddero a terra
disperse le loro viscere. Ad altri spaccarono la testa; tagliarono loro la testa,
completamente in pezzi restò la loro
testa. Ma ad altri diedero fendenti sulle spalle: spaccati, lacerati, rimasero
i loro corpi. E a quelli fericono i muscoli, a questi i polpacci, quelli più in
là pieno addome. Tutte le viscere caddero a terra. E c'erano alcuni che ancora
invano correvano: si trascinavano dietro gli intestini e sembrava che vi
inciampassero con i piedi. Ansiosi di porsi in salvo non sapevano da che parte
dirigersi. Alcuni tentavano di uscire: e lì all'entrata li ferivano, li
pugnalavano. Altri davano la scalata ai muri; ma non riuscirono a salvarsi.
Altri si rifugiarono nella casa comune: e lì si posero in salvo. Altri si
mescolarono ai morti, si finsero morti per sfuggire. Facendo finta di esser
morti si salvarono. Però allora se qualcuno si alzava, lo vedevano e lo
accoltellavano.
Il sangue
dei guerrieri, come fosse acqua scorreva: come acqua ristagnante, e il fetore
del sangue si levava nell'aria, e quello delle viscere, che parevano strisciare.
E gli
Spagnoli andavamo dovunque in cerca delle case della comunità: e dovunque
colpivano a stoccate, cercavano cose:
per vedere se c'era qualcuno nascosto; andarono dovunque, rovistarono tutto.
Nelle case della comunità cercarono da tutte le parti”.
La reazione azteca fu veemente: metà del piccolo esercito di
Cortés viene annientato. Ma lo spagnolo riorganizza le proprie forze e, con l’aiuto
di 80000 tlaxcaltechi, etnia ostile agli Aztechi, assedia México-Tenochtitlan, la
meravigliosa capitale dell’Impero che sorgeva sulle acque, già prostrata per le
pestilenze, e la rade al suolo sistematicamente.
Sulle
strade giacciono dardi spezzati;
i
capelli sono sparsi.
Scoperchiate
sono le case,
tinte
di rosso hanno le mura.
Vermi
pullulano per strade e piazze,
e
sono le pareti macchiate di cervelli.
Rosse
sono le acque, come le avessero tinte,
se
le bevevamo, erano acqua al salnitro.
Percuotevamo
i muri di creta nell’ansia
E
ci restava in retaggio un traliccio bucato.
Gli
scudi furono la nostra difesa,
ma
gli scudi non fermano la desolazione.
Abbiamo
mangiato pane ammuffito,
abbiamo
masticato gramigna salnitrosa, pezzi di creta, lucertole, topi,
e
terra fatta polvere e anche vermi.*
Nel solo Messico centrale la civiltà fece 20 milioni di
morti in un secolo.
Vanishing
peoples.
* Testi tratti da Miguel León-Portilla, Il rovescio della Conquista, 1974
Clear Blue Sky - Clear Blue Sky (1970). Eroico
power trio che entra nella storia dell’hard rock con il primo lato dell’unico
disco. La suite tripartita Journey to the inside of the sun è tuttora sorprendentemente godibile: diciotto minuti di filo spinato elettrificato. Corazzate
sonorità vintage, ma speziate da
aperture melodiche e accelerazioni strutturate secondo intenti progressivi. E
il secondo lato non è da meno (You
mistify, Heaven man). Da
recuperare subito. John Simms, voce, chitarra; Mark Sheather, basso; Ken White, batteria.
Cressida - Asylum (1971). Atmosfere eleganti e
rilassate a metà fra progressive
melodico e sinfonico, di marca assolutamente anglosassone. A tratti
impeccabile, e memore dell’incedere Caravan, soprattutto per le tastiere di
Jennings. Troppo timido, però, e mancano sia una Nine feet underground che una Golf
girl. Angus Cullen, voce, chitarra, percussioni; John Culley, chitarra; Paul
Layton, chitarra; Peter Jennings, tastiere; Harold McNair, flauto; Kevin
McCarthy, basso; Iain Clark, batteria, percussioni.
String Driven Thing - The machine that cried (1973).
Eccellente prodotto folk, traversato da una vena malinconica che, a tratti, diviene
nostalgicamente ossessiva, grazie soprattutto al violino di Grahame Smith; tocchi
di psichedelia pastorale e i delicati intrecci vocali (quasi alla Jefferson Airplane) completano il quadro. A sentirli
bene sembrano più americani che inglesi (o scozzesi quali sono). Da riesumare
pure loro. Pauline Adams, voce, percussioni; Chris Adams, voce, chitarra;
Grahame Smith, violino, viola; Bill Hatje, basso (Colin Wilson); Billy 'The
Kid' Fairley, batteria, percussioni.
Il primo vinile acquistato, più di trent'anni fa, dopo una lunga serie di avanscoperte (senza una lira). Poi la decisione, e l'esborso sanguinoso di Lire 8500 in cambio di uno dei dischi capitali dei Settanta (rigorosamente non incellofanato) e di ore di ascolti e di contestuali smaneggiamenti della custodia (stereo medio livello: piattone Technics; casse 40 W RCF; radio Technics; amplificatore Scott; registratore AIWA; mobiletto CIATTI).
Uno degli argomenti decisivi in favore del vinile: la custodia. Chi non conosce a memoria quelle dei Genesis, Pink Floyd, Lou Reed etc etc? Chi negherebbe che quel pezzo di cartone era un valore aggiunto alla qualità del contenuto? E poi: siamo sicuri che, in generale, le copertine non influiscano sul godimento della plasticaccia interna? Un Ungaretti con brossura rosa a strisce verdi è sempre Ungaretti? Anna Kareninacon Belen in coperta (che occhieggia l'arrivo del Milano-Roma)? Un emoticon invece che lo storico mostro di Bomarzo influirebbe sulla vostra considerazione di In the court of the Crimson King?
I migliori rifacimenti di Ziggysono quelli di Bauhaus, Fox, Elliott Brood che non cadono troppo lontano dal tronco dell'albero. Fa eccezione il tentativo di Ariana Delawire. Non fa eccezione Moog Cookbook, una delle cover più stupide e fastidiose all time.
Oooh yeah
Ziggy played guitar, jamming good with Weird and Gilly,
and the spiders from Mars. He played it left hand
But made it too far
Became the special man, then we were Ziggy's band
Now Ziggy really sang, screwed up eyes and screwed down hairdo
Like some cat from Japan, he could lick 'em by smiling
He could leave 'em to hang
'came on so loaded man, well hung and snow white tan.
So where were the spiders, while the fly tried to break our balls
With just the beer light to guide us,
So we bitched about his fans and should we crush his sweet hands?
Oh Ooh oh
Ziggy played for time, jiving us that we were voodoo
The kid was just crass, he was the nazz
With God given ass
He took it all too far but boy could he play guitar
Making love with his ego Ziggy sucked up into his mind
Like a leper messiah
When the kids had killed the man I had to break up the band.