La giusta fortuna del disco è riposta senza dubbio nei ventidue minuti della composizione Blend, capolavoro-suite strumentale che inaugura l'opera; Blend è una sorta di raga orientale (suonato da un americano di New York!) in cui la musica, nella sua concrezione più alta, si svela per ciò che è, da sempre: una imitazione (ed evocazione) inconscia di ritmi e pulsioni ancestrali, stratificati in noi dopo centinaia di migliaia d'anni d'evoluzione biologica. Quando il ritmo degli strumenti (chitarre, percussioni) riesce a ripetere (e, quindi, a render manifesto) ciò che in noi dorme o pulsa sotterraneo da tempi immemori, ecco, abbiamo la musica nella sua forma più pura.
Una musica, in tale accezione, priva di qualsiasi caratteristica che la definisca come genere o come tratto distintivo d'una particolare cultura (o, peggio, d'una particolare nazione).
Quando ciò accade desideriamo che tale miracolo si protragga per sempre: venti trenta minuti, ore ... non interessa ... in tali frangenti siamo davvero uomini del mondo.
Le altre quattro tracce del disco sono più individuabili; vi è persino una fantasia dedotta dai Carmina Burana di Carl Orff: troppo facile.
E tuttavia quei ventidue minuti non possono ignorarsi: questa è la musica, questo il monumentum aere perennius, l'arte universale, indistruttibile.
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Mi piace congetturare che i Doors di The end ascoltarono con profitto Blend.
Quando canta senza strumenti ha inflessioni che ricordano il Beefheart dei blues più sanguigni e beffardi (l'iniziale Marjory Razorblade) ... in generale sembra un Van Morrison senza pretese da crooner mistico ... un onesto cantore di scene umili e dimesse.
Verrebbe da dire: sono solo canzonette (venti, per la precisione; ventidue nell'editio maior) eppure l'insieme è indimenticabile.
Dog latin, Nasty, House on the hill, Jackie and Edna, Good boy formano una delle collezioni cantautoriali più calde ed empatiche mai realizzate. Occorre rimetterlo sul piatto un paio di volte ... ma ben presto ogni traccia prende una propria forma nella mente, definendosi lentamente ... e cosa abbiamo? Canzoni un po' blues, un po' folk, declinate con uno stile libero da qualsiasi impaccio tradizionale (Scaruffi: "cantate con una voce orrenda", ma è un complimento) e con sorgivo piglio anarchico.
Thirsty Moon (Germania) - You'll never come back (1973). Già recensito qui.
This Heat (Gran Bretagna) - This Heat (1979). Webbaticy: "Ciò che lo rende comunque all'altezza del secondo [Deceit] è la formidabile ecletticità della proposta: il noise-rock dissonante di Horizontal hold, la cantilena pastorale dell'orrido di Not waving, la desolazione spoglia di Twilight forniture, l'ottusa danza industriale di 24 track loop. Tutto il resto è sperimentazione brada e senza possibilità di controllo. Essenziale". Un capolavoro essenziale. Charles Bullen, voce, chitarra, clarinetto, viola; Gareth Williams, voce, chitarra, tastiere, basso: Charles Hayward, voce, tastiere, percussioni.
Jacques Thollot (Francia) - Quand le son devient aigu, jeter la girafe à la mer (1971).
Thrice Mice (Germania) - Thrice Mice (1971). Karl-Heinz Blumenberg, voce; Werner von Gosen, chitarra; Wolfram Minnemann, tastiere; Wolfgang Buhre, sassofono; Rainer von Gosen, basso; Arno Bredehöft, batteria.
Throbbing Gristle (Gran Bretagna) - The second annual report (1977). Webbaticy again: "... questo debutto terrificante finì per diventare l'atto primo della musica industriale ... Da qui è partito più o meno tutto il filone (e anche la dark-ambient, con i 20 minuti catacombali di After cease to exist) di menti deviate, di rifiuto totale della standardizzazione musicale, di sperimentazioni ardite ... la vocalità angosciante e manipolata di Orridge, le spirali corrosivo-convulsive della Fanny-Tutti e i lavori terroristico-elettronici di Carter e Christopherson, qui colti quasi esclusivamente in sede live, furono veramente protagonisti di una rottura indicibile, un passaggio di frontiera irreversibile". Capolavoro definitivo. Genesis P-Orridge, voce, chitarra, violino, clarinetto; Chris Carter, tastiere, programmazioni; Cosey Fanni Tutti, voce, chitarra; Peter Christopherson, tromba, programmazioni.
Paolo Tofani (Italia) - Indicazioni (1977).
Tokyo Kid Brothers (Giappone) - Golden bat (1971).
Prima o poi, mi dicevo, riuscirò a postare qualcosa che si ascoltava assieme (e con gusto) al liceo. Assieme in tal senso: sia da parte di un gruppetto di asociali e incattivi misantropi rock (fra i quali il sottoscritto) che da parte degli altri, i meno militanti, almeno fra quelli più svegli e meno zombificati dai gusti di regime.
Billy Idol era parte del terreno comune.
Era molto orecchiabile, duro, ma melodico, e quindi popolare e godibile anche fra i meno avvezzi a Neil Young, Jefferson Airplane e Iron Maiden.
Al contempo anche noi, avvezzi a Neil Young, Jefferson Airplane e Iron Maiden, consentivamo che, a ben ascoltare, Billy Idol era accettabile ... poteva andare, insomma ... non era male (per così dire).
Certo, a distanza di anni, si può dire che l'ossigenato Idol era già una resa totale di tutto ciò che era davvero outlaw e frontista, nel punk nel folk nell'hard rock; Billy era solo merce, pacchi di vinili e musicassette pronti a essere sbolognati a folle rintronate dalla propaganda, un eroe del nulla buono solo per MTV e Videomusic; e fu Videomusic, infatti, da vera battona della musica leggera, a lanciare in orbita una sequela di bambolotti inglesi (fra cui il nostro Billy) che ancor oggi muovono nostalgie e umidori di ciglia: la nostra nazione, giova ripeterlo, era colonia anglosassone e tanto Videomusic doveva (gli americani, rispettosi delle zone d'influenza, dall'Italia giravano un po' al largo).
Ma non voglio essere cattivo: il buon William Michael Albert Broads in fondo il successo se l'è meritato; Catch my fall, Rebel yell, White wedding e Flesh for fantasy ancora oggi suonano bene; il resto, inclusi Dancing with myself e il romanticume di Eyes without a face, è, come dire, andante; come certe ragazze che non sono belle, ma neanche brutte, eppur nemmeno carine: simpatiche, insomma; andanti.
Questo accadeva trent'anni fa, però: ora sono tutte carine per default. Una sedicenne (pardon: diciottenne) di oggi è, naturalmente carina; ne vedete una davvero brutta? Alte, snelle, gambe diritte, viso e capelli curatissimi, fare discretamente strafottente; basta guardare le foto del mio liceo primi anni Ottanta o i bianco e nero dei nostri genitori per scoprire come, risalendo nel tempo, cresca inesorabile l'intensità della coticheria (da 'cotica', donna racchia; noto anche coll'accrescitivo, coticone).
Vedete voi quali miracoli opera il benessere capitalista basato sul credito facile combinato col welfare ben temperato delle socialdemocrazie occidentali: raddrizza le gambe, snellisce i fianchi, rassoda le braccia, ingentilisce i nasi, arrotonda vezzoso le natiche; è così e basta. I poveri sono brutti. Per riprova basta confrontare le cinesi immigrate a Roma nei primi Ottanta con le loro nipoti attuali: i tratti di quei musi da contadine traccagnotte e storte sono stati trasfigurati (appena tre decenni!) in linee delicate e morbide, che assecondano un sorriso amabile quanto il loro dialetto romano.
Tutto questo in attesa di ridiventare gradualmente racchie ... i cicli del capitalismo sono inevitabili: espansione-contrazione, espansione-contrazione ...
Ma cosa stavo dicendo di Billy Idol? Buono, andante; passabile, via. Anche su di lui, però, grava l'onere del tempo (critico implacabile) e presto ne resterà ben poco; a parte l'effetto nostalgia sui vecchi coticoni come me.
Una guerra non sia mai ... una guerricciola ... qualche ferito, urla, un paio di schiaffi e tutto torna sulle rotaie dell'ovvio.
Il sindaco Pulcinella si è dimesso. L'arroganza delle sue minuscole menzogne e millanterie non è altro che la protervia tipica delle acque scure del sinistrismo post sessantottino. Paolo Mieli, il Titanic del giornalismo italiano, fu genialmente soprannominato 'champagne e molotov'; notate come in tre parole si condensi un quarantennio almeno di politica italiana da sinistra; attenzione: da sinistra non significa che sia di sinistra. Per sinistra post '68 s'intende la massa di figli benestanti di quelli che la sinistra l'hanno messa in piedi davvero: i figli - i contestatori: Marino, Ferrara, Mieli, Cacciari, D'Alema, Vendola - l'hanno solo messa col culo per terra, la sinistra; i nipoti, come l'Arlecchino di Firenze, si son limitati a liquidarla.
Tipico dei figli benestanti della sinistra - Marino, Ferrara, Mieli, Cacciari, D'Alema, Vendola - è il sopracciglio alzato verso chi è migliore di loro, la carriera scapolata grazie a piccole e indistruttibili Massonerie, l'insulto facile (razzista! fassista!), uno sprezzo sistematico della logica e del buon senso, nonché la ricerca, spasmodica, di soldi pubblici da succhiare.
Vi ricorda qualcosa?
Ah, che figli! Che nipoti! Walter Veltroni presenta il suo ultimo libro, Ciao.
Che possiamo dire? Ciao ... e salutame tu' sorella. Di una sola cosa ho orrore ... il fatto che abbia concorso alla carriera di alcuni di questi traditori della Patria. Intanto prosegue, imperterrita, la rimozione degli Italiani.
Vedi il cartello sopra: Via Guglielmo Marconi, Roma, ottobre 2015.
Gli Italianuzzi cominciano ad aver sentore di questo omicidio ai danni della loro persona, ma, ignoranti e rintronati come sono, non capiscono da dove partono i colpi sempre più micidiali che gli spianano le costole.
Sì, gli Italiani, la storia degli Italiani, la loro Costituzione danno fastidio.
Gli Italiani devono morire.
"Abbiamo distrutto l'Italia, ora dobbiamo liquidare gli Italiani" direbbe un Massimo D'Azeglio al contrario: un Mario Monti, ad esempio.
"Ma cosa vogliono questi gaglioffi?", si chiede, tra lo scocciato e l'irritato, il Monti nazionale, il robotico manichino di Bruxelles. "Non gli si può certo consegnare la democrazia; o la chiave delle decisioni finali; no certo ... li si scopi sotto il tappeto ... economia e politica non fanno per loro. Ah, potessi toglierli di mezzo subito! Ma non si può ... allora con calma ... la garrota ... dolcemente ... senza urla isteriche ... e starnazzamenti da gallina pronta al brodo ... neanche se ne accorgeranno ...".
Magari ha ragione lui. Intanto Silvio Bietoloni si prende la Rizzoli. Renzi si prende i suoi scherani, Verdini e compagnia, giusto il tempo di annientare l'Italia, e lui, in cambio, si prende il secondo gruppo editoriale italico.
Scandalo? Certo. Per il prezzo, però.
127 milioni di euro.
Vale a dire la somma sborsata dal Real Madrid per Gareth Bale, pressappoco.
Lionel Messi vale il doppio di quella cifra. Cristiano Ronaldo un pochino di meno, ma siamo da quelle parti.
Il secondo gruppo editoriale italiano, insomma, costa quanto un giocatore della Liga spagnola.
Scandalo? No, logico.
Quando in una delle nazioni più progredite dell'Occidente la quota di analfabeti funzionali assomma al quadruplo dei lettori, tutto ciò rientra nell'ordine della logica più stringente.
C'è poco da fare: il primo dei Roxy Music è un capolavoro.
Ascoltate If there is something, e la svolta sonora al minuto 1'40'' ... hanno preso il glam e gli hanno torto il collo ... anche David Bowie, nel confronto vacilla un pochino ... e, anzi, certe ispirazioni e impennate post Ziggy Stardust sembrano provenire da qui. L'album è da risentire assolutamente. Magari ve lo ricordate poco; dimenticare è, spesso, un atto generoso della natura poiché consente di riascoltare con animo mutato, a distanza di anni, e di riconsiderare la questione critica con imparzialità insospettabile.
Nel live degli 801 (con Eno e Manzanera) c'è Baby's on fire e va bene così.
Il mio funerale avrebbe dovuto essere rumoroso. Parecchio.
Quand'ero molto giovincello dicevo. "Se mi dovete seppellire fatelo con i Black Sabbath. Voglio War pigs".
Quando fui meno giovincello corressi: "Se mi dovete seppellire fatelo con i Black Flag. E cercate di invitare Rollins".
Poi, col tempo ... "Se mi dovete seppellire fatelo con i Melvins. Invitate King Buzzo".
Ma corressi ancora: "Chiamate Pino Scotto. Fategli fare un bel discorso, di quelli che mi piacciono: tre bestemmie e mezzo concetto".
Adesso, che non ho più voglia di fare niente, manco di postare questi post insulsi, mi è venuta voglia di catafottermi nell'altro mondo con Steve Albini.
In fondo Steve Albini è sempre stato con me.
L'inizio sferragliante di Monobrow è depositato nelle mie cellule. Purtroppo non troverete Monobrow fra i dischi che vi offro oggi, ma potete recuperarlo qui: