Ma sì, solo due strumentali componevano, a quanto mi risulta, la colonna sonora dei quattro episodi dei Racconti fantastici, sceneggiati trasmessi dalla RAI nel 1979, e tratti liberamente dalle opere di Edgar Allan Poe.
La regia di Daniele D'Anza, e la scrittura di Biagio Proietti (il duo che ci ha assicurato il capolavoro televisivo Il segno del comando), regalano agli episodi (Notte in casa Usher; Rewind (Ligeia forever); Il delirio di William Wilson; La caduta di casa Usher) un sicuro tono autoriale. Eppure ...
Eppure si era alla fine dei Settanta e la qualità e l'originalità, inesorabilmente, venivano meno. Di poco. Una cesura quasi inavvertibile. Gli attori sembrano meno convinti di fare arte, la regia osa di meno, i dialoghi si fanno più grossolani e sbrigativi; gli stessi Pooh (che, ricordiamolo, sono i Pooh) suonano già anni Ottanta: chef di rilievo (il moog di Fantastic fly è di chi sa dove mettere le mani) e, al contempo, efficienti camerieri di sciacquatura per piatti.
Ho caricato questa sciocchezzuola per tre motivi: non era pronto il post sui Built to Spill; ho un umorismo macabro; desideravo mostrare come la qualità artistica di un definito periodo storico non sia mai duratura.
La qualità, infatti, necessita di un humus particolare, di fortunate congiunzioni astrali. Quando i pianeti più non si posizionano con certe particolari quadrature c'è poco da fare: è finita. Al massimo rimane il mestiere (che è importante), ma la liquida essenza, insondabile e magica, che ha donato vigore a un'intera epoca, scompare. A volte riemerge, diversa, come un fiume carsico, carica di tutto ciò che ha strappato nelle viscere della terra: ed è un miracolo.
A volte non riappare più.
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