domenica 17 giugno 2012

Pussy Galore - Dial M for Motherfucker (1989)/Corpse love (1992; recordings 1985-1986)


Preceduto da altre brutalizzazioni, Right now (1987), Sugarshit sharp (1988) e una serie di singoli tribali degli inizi (raccolti in Corpse love [1992]), Dial m for motherfucker è uno degli apici della distruzione armonica perseguita dal rock sul finire del decennio.
Usare la parola 'tribale' può ingenerare errori pesanti; l'aggettivo è solo un indicazione, anzi una suggestione, valida per suscitare comprensioni immediate in chi legge. Un trucco verbale per trasporre le sensazioni auditive in parola scritta, spesso ingannevole. In realtà il rock non è quasi mai musica immediata (e tantomeno popolare); spesso ricicla suoni popolari (che, a loro volta, spesso, son di seconda mano), ma, anche nel caso dei Pussy Galore*, li media attraverso operazioni intellettuali di assoluto rilievo. Il fatto che tali fenomeni apparentemente grezzi nascano nelle università è una conferma del carattere mediato del rock: d'altronde il leader dei Galore è John Spencer, semiologo e cineasta. Tra i loro solchi ritroviamo echi del Beefheart coevo, Rolling Stones (sentire One hour later con sguaiataggini alla Jagger**), il voodoobilly dei Cramps, i primi God Bullies, ma gli aborti teriomorfi partoriti dai Nostri sono progetti studiati a freddo e scientemente organizzati riutilizzando cascami della musica blues di almeno un paio di decenni. L'impasto fangoso delle chitarre, il canto derubricato a grugnito e strida, le accelerazioni periclitanti, le percussioni ossessive delineano un quadro devolutivo, ma non degenere, in cui il primitivo è frutto di riorganizzazioni e delibazioni intellettuali.
In tal modo il ritorno alle origini è percorso rinnegando non il fatto musicale sorgivo (sicuramente popolare), ma la sua evoluzione, sia essa positiva oppure compiaciuta e stereotipa: solo un accademico intelligente avrebbe potuto far tanto.
Non è casuale, peraltro, che da cotanto concime nasceranno le malapiante più disparate e bizzarre: Jon Spencer Blues Explosion (Jon Spencer), Chrome Cranks e Bewitched (Bob Bert), Boss Hog (Cristina Martinez), Royal Trux (Neil Hagerty), Velvet Monkeys (Julie Cafritz): una serie eccezionale.
Corpse love, edito nel 1992, raccoglie le prime sconcertanti flatulenze di questi finti naïf: titoli come Teen pussy power, Dead meat, Asshole, Die bitch, Shit rain dovrebbero mettere sull’avviso i deboli di spirito: siamo al nadir del buon gusto e del bel canto; l’esecuzione, però, opera di veri cavernicoli, è ancora peggio. Insomma: un capolavoro.

* John Spencer, voce, chitarra; Julie Cafritz, chitarra; Neil Hagerty, chitarra; Cristina Martinez, organo; Bob Bert, batteria; Kurt Wolf, chitarra.
** I Nostri hanno sulla coscienza anche una coverizzazione, letale e completa, di Exile on Main Street, edita su cassetta nel 1986.

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