Cosa sovraintende all'apprezzamento di un'opera artistica (e di una manifestazione naturale; o della bellezza)? Il contesto culturale, direte. E sia, in parte è così. In parte, tuttavia.
Contesto personale. Questo è il più facile: i gusti propri di un fruitore musicale, ad esempio. Liberi quant'altri mai: soggiogati dalla latitudine, dagli usi, ma anche (somma contingenza) dalle vicende soggettive: un amore, una vicenda fortunata, il rimembrare la giovinezza legano a doppio filo dischi o brani e li sottraggono alla razionalità della critica.
Contesto tradizionale (famiglia, educazione, nazione etc). L'ascendenza familiare, il genio della nazione sbozzano fruitori estetici predisposti verso timbri, toni, melodie, assonanze e ritmi che, a fruitori altri, paralleli ed estranei, suonano incomprensibili, oppure anonimi.
Contesto epocale. Sottogenere del precedente. Un preciso periodo storico aggruma tendenze, simpatie a cui i singoli fruitori, volenti o nolenti, si acconciano irresistibilmente: rococò, liberty, Biedermeier, funzionalismo, progressive, country rock, grunge, art pompier, techno. Il contesto epocale si accompagna a vezzi, mode, propensioni: la sovrastruttura di tale gusto spesso estemporaneo.
Contesto pubblicitario. Fiammate indotte del gusto: balli di San Vito, pestilenze, isterismi commerciali; con una precisa scaturigine, quasi sempre artificiale e scientifica. La resistenza pare impossibile: maghi e streghe, al riparo delle multinazionali, filtrano i beveraggi per il popolo bue; si punta alla maggioranza silenziosa (la campana di Gauss: i consumatori al centro, i falliti e i piantagrane di lato ...); si centra il bersaglio: da silenziosa la maggioranza diviene quasi sempre ossequiosa (a Lady Gaga, U2, Justin Bieber, Oasis et cetera).
Contesto culturale indotto o acculturazione. Come quello pubblicitario, ma tarato su lunghe distanze temporali al fine di trasformarlo in culturale. Ne parlava (mezzo secolo fa) Pier Paolo Pasolini.
La tradizione di un popolo cede a quella di un altro: l'Italia quale esperimento di colonizzazione angloamericano; il fruitore musicale riceve, sin dall'infanzia, l'imprinting dell'anatroccolo (l'anatroccolo apre gli occhi e segue il primo vivente che cade nel circolo della propria coscienza). E così l'italiano: Elvis Presley, Beatles-Rolling Stones-Who, Frank Sinatra, poi Pink Floyd (Another brick in the wall!), Police, U2, Blur; il resto del mondo sonoro per l'italico cane di Pavlov sfuma da subito in intrico indistinto e indesiderabile: la Virgin Forest; per il consumatore la via è tracciata; la sua vita di ascoltatore anche; i dischi son già pronti sul piatto: per il ribelle c'è pronto Bruce, per il melodico il nuovo wall of sound inglese e così via: per il nazionalista di provincia, ancora, istintivamente, meno globalizzato, si approntano modelli ad hoc: per il ribelle c'è Ligabue e Vasco, per il melodico Pausini e Antonacci.
Questo nel migliore dei casi.
* * * * *
Rock hasta que se ponga el sol fu la colonna sonora del film omonimo diretto da Aníbal Uset nel 1973; si basava sulle registrazioni del Festival Rock di Buenos Aires dell'anno precedente. Nei primi anni Settanta in Argentina regnava un conflitto politico cruento e durissimo fra sinistra e peronisti: esso portò, per l'implacabile coazione a ripetere della Storia, alla richiesta di legge e ordine; l'anelito al viver quieti s'inverò stavolta con le fattezze piccolo borghesi del dittatore Jorge Videla.
Ascoltando il disco pensavo: nonostante la musica sia, fra le arti, quella universale, poiché spiccia da ingombri contingenti; nonostante l'esperanto di chitarra, tastiere e ritmica, che accomuna tutti dall'Artide all'Antartide, cosa posso capire di tale disco? Come posso immedesimarmi in quel contesto culturale (l'ansia di democrazia, l'odio politico etc etc)? Quale la mia comprensione profonda, a quarant'anni e undicimila chilometri di distanza? E tale ignoranza, non dolosa, non si rifletterà sul mio (nostro) giudizio critico?
E ancora: possibile che, dopo tutti questi decenni di ascolti serrati, non avessi il minimo sentore di tale Woodstock sudamericana? Non sarò anch'io preda e vittima di quell'acculturazione indotta, di quell'imprinting che m'induce a riandare esclusivamente alla Woodstock della contea di Bethel (Oh, Richie Havens! Oh, Santana! Oh, Canned Heat!)?
E, dopo decenni di Joe Cocker and Little help from my friends (ascoltati e riascoltati, magnificati, amplificati, sedimentati) l'analisi di Rock hasta que se ponga el sol quale valore avrà?
Le ansie e le palpitazioni dell'arena di Buenos Aires (quanti di loro sopravvissero alla dittatura?) erano forse inferiori ai moti del cuore degli hippies? E la musica? Così insulsa da meritare un oblio tenace e universale? Uno scarto di considerazione così abissale?
No, assolutamente no.
A volte la gloria è di chi se la piglia. Per questo servono i critici: per riequilibrare le sorti della fortuna e dell'inganno commerciale.
Per questo oggi non ne esistono più.
01. Color Humano - Larga Vida Al Sol
02. Color Humano - Coto De Caza (Cosas Rusticas)
03. Leon Gieco - Hombres de Hierro
04. Vox Dei - El Momento En Que Estas (Presente)
05. Vox Dei - Las Guerras
06. Vox Dei - Jeremias Pies de Plomo
07. Gabriela - Campesina Del Sol (con Edelmiro Molinari)
08. Billy Bond Y La Pesada Del Rock & Roll - Tontos
09. Claudio Gabis - Raga (con Isa Portugheis)
10. Orion's Bethoveen - Nirmanakaya
11. Sui Generis - Cancion Para Mi Muerte
12. Litto Nebbia - El Bohemio (con Domingo Cura)
13. Litto Nebbia - Vamos Negro
14. Opiniones Del Publico (interviste)
15. Pappo's Blues - En Las Vias Del Ferrocarril
16. Pappo's Blues - El Tren De Las 16
17. Pescado Rabioso - Ya Despiertate Nena
18. Pescado Rabioso - Corto
19. Pescado Rabioso - Post Crucifixion
20. Arco Iris - Hombre
No, noi non possiamo capire, forse nemmeno giudicare la woodstock argentina, così come non possiamo capire, da bianchi europei, un disco dei Last Poets.
RispondiEliminaPerò possiamo riportarli alla luce e descriverli. Possiamo fruire questa musica così come si guarda la linea d'orizzonte sul mare, lo scrivemmo anche nel 'Manifesto' assieme a Massimiliano.
Non possiamo capire così come non possiamo capire -scusa la digressione- le ragioni di quelli che conosciamo come terroristi, estremisti, integralisti islamici. Mi scuso se questa opinione risulta forte, ma, come nei giorni scorsi è stato preparato il nuovo attacco americano sull'Iraq è rivoltante. Cioè mostrando immagini di povera gente 'cristiana' sfollata, come se l'Iraq tout-court fosse diventata una nazione cattolica. I profoghi palestinesi e cristiani sono entrambi povera gente, credo sarebbe d'accordo anche Brecht; ma le guerre non si fanno per tutti, questo diamolo per assodato. Israele può bombardare, il califfo nero no. Punto. ma del resto anche il nostro buon papa aveva detto che non si poteva continuare in questo modo. E visto che in 5000 anni di storia di diluvi ce n'è stato, forse, uno solo, ecco chiamato l'intervento dei crociati a difesa del santo sepolcro. Perché queste sono ragioni che stanno proprio nel mezzo di quella curva di distribuzione, come il Boss, come Bono, come gli altri.
Io da un po' di tempo mi trovo bene dopo avere letto i 'rari' articoli di Massimo Fini, con cui non sempre sono in accordo ma di cui mi piace l'ardire. C'è anche una app per android a suo nome.
Su Vasxo segnalo un bel post di oggi del Cala su CALA(-)LAND, di cui ora non riesco a postare il link. Vale la pena di dargli un occhio.
Stop.
Ciao a tutti e scusate la logorrea!
Fini lo conosco. Dieci anni fa era considerato ancora un 'fascio'; adesso, con lo spostamento a destra (vero) della sinistra, sembra un 'compagno'.
EliminaSui terroristi che posso dire? Secondo i giornali bene francesi del 1700 Pietro Micca forse era un terrorista; adesso è un eroe; e così Mandela. E Mazzini. E via così. Le armi di distruzione di massa, Osama bin Laden morto o forse no, i siriani cattivoni, i nazisti ucraini liberatori ...
Pensavamo che il web ci avrebbe liberato, invece appare sempre più il veicolo di un conformismo planetario. Figuriamoci la musica.
A proposito di ribelli, qualche giorno fa, nel reparto musicale di una libreria, ho adocchiato un libro su Piero Pelu'. Titolo: "Identikit di un ribelle". Non sapevo se mettermi a ridere o a piangere
RispondiEliminaOrmai la metto sulla risata.
EliminaSe il libro supera i quindici euro, invece, mi metto a piangere.
Se ripenso al libro, al costo e a Piero Pelù (tutti insieme) mi viene voglia di dare fuoco alla libreria.