Isle full of noises
Non dovete avere paura. L'isola è piena di rumori, di suoni e di dolci musiche
sabato 25 marzo 2023
Vertø - Krig/Volubilis (1976)
mercoledì 31 agosto 2022
Univers Zero - Univers Zero (1977)
Riprendo la famigerata Nurse With Wound list con immutato piacere; per concluderla, stavolta. A piccole gocce. Glielo devo. Capolavori inconfutabili, bislaccate, sorprese punk, sperimentalismi fini a sé stessi ... c'è tutto in quella straordinaria serie di indicazioni fornite da Steven Stapleton; forse incomplete o addirittura incomprese, ma capaci di ridare per intero la gioia della creatività degli anni Settanta e dintorni.
Gli Univers Zero si formano in Belgio, terra musicale creduta all'ombra della Francia e che, invece, vanta, almeno in tale campo, una propria peculiarità di stile. Per rendere l'idea, metto su un parallelo con la letteratura fantastica dei due paesi: i Francesi sono sicuramente più raffinati, cosmopoliti, decadenti; il Belgio trae spunto, negli autori di punta (Seignolle, Owen, Ray, Prévot) da un immaginario provinciale, umido e nebbioso, obliquo anche se apparentemente prosaico e sicuro.
Gli Univers Zero non fanno eccezione: la loro musica da camera minimalista, orientata dal violino e dal fagotto, si insinua lentamente sottopelle; la marcetta iniziale di Ronde, a esempio, è madida di minaccia: colonna sonora per un horror psicologico o progressive intellettuale (eccellente, nel primo senso, Carabosse)?
Quando si andava al liceo si amava dividere in generi e sottogeneri.
Il progressive, quindi, poteva chiamarsi tale solo se c'era l'organo. I Genesis, insomma, fungevano da pietra di paragone. E se non c'era il maledetto organo? Allora si parlava di progressive-jazz; e, quando le radici sembravano lambiccate o alte (sinfonia, camera), lo si liquidava come cult-progressive ...
Negli anni Ottanta, ovviamente, di cult-progressive ne girava poco (gli Univers Zero in vinile, almeno, mai li vidi, e sì che ho scartebellato migliaia di scaffali), di notizie ne giravano pochine così come di materiale ... a meno che qualche borghesotto ci facesse dono, a noi meschini, di qualche BASF di contrabbando in cui erano riversati brandelli di Gentle Giant, Gong o, addirittura, Wyatt e Matching Mole ... ah, che tempi da pionieri! Quante leggende! E che passioni ... poiché era proprio la scarsezza delle notizie a generare la leggenda e, quindi, l'irrefrenabile passione!
Anche gli Janus venivano considerati progressive, ora che ricordo. Nessuno, però, aveva mai sentito quel disco di fascio-progressive ... ovviamente, pure lì, giravano voci incontrollabili: "Sapete perché non si trova? Il magazzino è andato a fuoco!". "E chi è stato?". "Saranno stati i compagni ...". Anni dopo un altro saputello ebbe a cambiare versione: "Ma quale incendio e incendio! Si sono inventati che le copie erano andate distrutte, così ora se le rivendono sul mercato a una a una ... col prezzo quintuplicato! Hanno creato il mito!".
Così andavano le cose in quegli anni felici.
Il disco degli Janus, Al maestrale, che potete trovare recensito pure su questo blog, l'ho rivisto qualche giorno fa in un mercatino dell'usato. Era proprio lui, col veliero vichingo in copertina: trecento euri. All'incirca la prossima bolletta della luce che vi arriverà nella cassetta della posta.
Bei tempi, quei tempi!
Il primo disco degli Univers Zero, noto anche come 1313, è gratuitamente ascoltabile su Spotify.
martedì 7 dicembre 2021
Bong - Bong (2009)
Ritornare sul luogo dei delitti assomiglia al ritorno di Renzo Tramaglino alla sua casa, dopo anni ... tutto è in sfacelo, la vigna inselvatichita, le speranze perdute.
E poi: con quale prospettiva? Nessuna. In realtà non sto riprendendo in mano un bel nulla.
Mi dava solo un pocolino di fastidio l'ultimo post, quello con cui salutavo il magro pubblico (ogni blog dedicato al rock ha un pubblico assai striminzito): a rivederlo tutte le volte che aprivo questa pagina (una volta all'anno) mi pigliava un vago sconforto, come di chi avesse abbandonato una propria creatura indifesa nel mezzo di un oceano in tempesta.
Lo retrocedo, perciò, di un gradino (il post). Eccovi, perciò, un bel doom d'esordio dei britannici Bong. Senza il download gratuito che allora proponevo, ché oggi, in epoca di spotify, offrire ha poco senso dato che ogni artista è in offerta o saldo o svendita d'occasione.
I miei gusti? Non sono cambiati di un millimetro, anzi si sono forse radicalizzati tanto che non sopporto quasi più niente che non sia alieno da compromissioni e palpeggiamenti commerciali.
Vox clamantis in deserto ... dieci anni fa ancora credevo che si potesse creare una fratellanza in rete di compagni di viaggio. Quanto mi sbagliavo! Si era in pochi gatti, all'inizio. Poi ne morì qualcuno e si rimase in quattro gatti ... oggi di gatti se ne vedono col binocolo rovesciato (forse solo uno: tuningmaze3.blogspot.com). Non sto parlando di uno scadimento del gusto, che pure esiste ed è ciclopico. Parlo di un doppio disinganno.
Primo: quello di credere a una evangelizzazione della musica che ritenevo meritevole d'esser ascoltata: fosse, tale musica, sconosciuta ai più oppure poco nota per vicissitudini produttive o eccentrica rispetto ai centri di diffusione commerciale; oppure, semplicemente, di livello artistico considerevole e, nonstante questo, poco considerata. Il web, sostanzialmente gratuito, lo reputavo il mezzo perfetto col quale farla conoscere a un pubblico da "risvegliare" intellettualmente ... senza snobismi di fondo, però ... La risposta, negli anni, benché mi divertissi a sondare discografie periferiche e poco battute, fu fallimentare. Mi resi conto che l'Italiano, di fatto, non ascoltava più musica. Non ascoltava Bach, Satie, i canti gregoriani; né Schulze, Can, Ash Ra Tempel; nè Bongwater, Hammill o Gentle Giant. Presto non ascolterà più manco Vasco Rossi o i Rolling Stones ... La fuga, continua, inarrestabile, furibonda, dall'intelligenza e da tutto ciò che la ricorda, pur lontanamente, è sotto gli occhi di tutti.
Secondo: la mancanza di voglia d'avventura, di sfida, di ricerca. Trent'anni fa ancora ci si azzuffava su Frank Zappa ... oggi la musica è, soprattutto, tappezzeria, accompagnamento, riempitivo, ornamento. Vicaria di uno spot, d'una battaglia politicamente corretta, di un ascensore, d'uno smartphone o d'una serie televisiva ... tutto è ambient, poltiglia, moda sfacciata ... tanto debordante da aver annientato anche le riserve indiane che ancora resistevano ... i burger musicali si assomigliano oramai in tutto il mondo, assemblati da cuochi che non sanno manco cucinare un uovo al tegamino ... il totalitarismo digitale coincide con il trionfo dell'anonimo, dell'ammicco transeunte e stucchevole, della grossolanità.
Per conto mio vi ammannisco i Bong.
E chi sono, dirà qualcuno.
Quattro inglesi che propongono la consueta zuppa doom: litanie da monaci abissali, bordoni ominosi, percussioni funebri, impasti sonori catatonici ... unica screziatura: il sitar di Benjamin Freeth ...
Tutto già sentito. E, però, come dirvelo?, a me la zuppa piace.