giovedì 31 dicembre 2015

Nurse With Wound list vol. 44 (Tolerance/Tomorrow's Gift/Ton Steine Scherben/Transprovisation/Spacebox/Twenty Sixty Six & Then)

NWW list vol. 44. Twenty Sixty Six & Then

256. Tolerance (Giappone) - Anonym (1979). Tastiere minimali, chitarra blandamente schizofrenica, cauti effetti elettronici, la voce pacata e straniante della Tange: tanto basta a creare un’atmosfera sospesa e morbosa, sorta di piano bar per alienati in stato di sedazione. E va bene: ci sono pazzoidi leggendari e citatissimi (a caso: i Suicide); e poi ci sono i Tolerance. Da ascoltare subito. Masami Yoshikawa, chitarra; Junko Tange, voce, tastiere.

257. Tomorrow's Gift (Germania) - Goodbye future (1973). Brillante inizio con Jazzy jazz, con toni da fanfara che si mutano in marcia progressive; Der Geier Fliegt Vorbei, innervato dalla linea di basso, è un capolavoro; Allerheiligen si lancia verso i territori Canterbury con tastiere à la Ratledge; Naturgemäss ci dona, invece, una psichedelia fluttuante e sommessa, con rare accensioni. Officia il tutto uno dei massimi pontefici del kraut, Conny Planck, qui sotto le spoglie di Maestro Conrado Di Planca. Serve altro? Da ascoltare. Maestro Conrado Di Planca, flauti, percussioni; Manne Rurup, tastiere; Bernd Kiefer, basso; Zabba Lindner, batteria.

258. Ton Steine Scherben (Germania) - Wenn die Nacht Am Tiefsten ist (1975). Terzo disco della lista per Ton Scheine Scherben (son già presenti con Mannstoll - NWW47 - e Paranoia - NWW145 - assieme, rispettivamente, a Brühwarm Theater e Kollektiv Rote Rübe), gruppo affine a Checkpoint Charlie (NWW55) e Floh de Cologne (NWW88) e, perciò, devoto a quel cabaret satirico di sinistra, spietato e aspro sino alla crudeltà (Rainer W. Fassbinder operava in questi anni). Questo doppio Wenn die Nacht, tuttavia, seppur ben suonato, oltre a superare quell'esperienza, scolora desolatamente nell’ordinario; si riprende nella seconda parte (Wir sind im Licht; la jam di Steig ein), ma ben altri son gli eroici furori. Nikel Pallat, voce; Rio Reiser, voce, chitarra, tastiere; R.P.S. Lanrue, chitarra, cori; Jörg Schlotterer, flauto; Werner Götz, sassofono, basso; Funky K. Götzner, batteria; Uli Hammer, percussioni; Angie Olbrich, cori; Britta Neander, cori; Gabi Borowski, cori.

Transcendprovisation (Stati Uniti) - Trans (1976). Occhio: al trombone sovraintende Tim Reed, ovvero il Reverendo Fred Lane, uno dei debosciati sobillatori del NWW226, ‘Ron Pate’s Debonaire. Qui però c’è poco di patafisico; siamo in piena follia improvvisativa: stridori, spetezzi, tastiere insensate, chitarre grattugiate. Non per tutti, insomma, anche se Vlad il disco se lo è ascoltato per intero, senza colpo ferire; e ne ha tratto piacere. Una conferma di ciò che affermava Padre Scaruffi: invecchiando l’ascoltatore ‘forte’ si ritira in zone sonore sempre più inaccessibili, inusitate, metafisiche; desidera, forse, annegare come Ulisse, oltre le Colonne d’Ercole dell’udibile. Davey Williams, chitarra, sassofono; James Hearon, chitarra, violino, clarinetto; Theodore Timothy Reed, flauto, tromba, trombone; Bowen, sassofono, oboe, basso, percussioni; LaDonna Smith, voce, tastiere, viola, batteria.

Spacebox (Germania) - Spacebox (1981). Cos’ha in testa il buon Uli Trepte, bassista dal curriculum mostruoso (Guru Guru, ovviamente, ma anche Faust e Neu!)? Non si capisce gran che: blues bofonchiato? Free jazz? Avanguardia? O magari no wave (con quella chitarrina slabbrata)? Non lo so, non voglio saperlo; mi risultano difficili, inoltre, le classificazioni per genere. Posso garantirvi, però, che, lentamente, il disco entra nel sangue e si dichiara per quello che è: un atto d’amore disperato e residuale (siamo negli Ottanta) per lo spirito anarchico della musica. Con cautela, da ascoltare subito. Julius Golombeck, chitarra; Edgar Hofmann, sassofono, flauto, violino, armonica, nadaswaram; Uli Trepte, voce, basso; Lotus Schmidt, batteria, percussioni; Winfried Beck, batteria, percussioni

Twenty Sixty Six and Then (Germania) - Reflections on the future (1972). Hard-progressive di pregevole fattura, dall’eccitato fascino vintage. Come tutti i prodotti non anglosassoni risente della mancanza di un pezzo davvero caratterizzante e melodicamente indimenticabile (e infatti tutti, quarant’anni dopo, s’intignano a ricomprare e riascoltare Selling England by the pound), ma questo non è un problema; un piccolo problema è, invece, l’interpretazione vocale di Harrison, che tende a normalizzare l’insieme, neutralizzando le spinte più eversive latenti nel versante germanico del gruppo. Buone le parti strumentali, ottimo Mrozeck alla chitarra. Vale un ascolto. Geff Harrison, voce; Gagey Mrozeck, voce, chitarra; Veit Marvos, tastiere; Steve Robinson, voce, tastiere; Dieter Bauer, basso; Konstantin Bommarius, batteria.


lunedì 28 dicembre 2015

Fascisti, rivoluzionari, sconfitti - Musica e destra nei Settanta (Compagnia dell'Anello/Massimo Morsello/Amici del Vento)


Osservate bene la foto (potete ingrandirla).
C'è tutta l'Italia.
Lo squallore della locandina pornografica, New Luna Club Privé, appiccicata abusivamente su un cassonetto di raccolta indumenti usati; cassonetto, forse, altrettanto abusivo; a sinistra altri cassonetti - più o meno differenziati - lerci, disastrati, abbandonati nell'incuria; a destra le saracinesche di un supermercato di surgelati dismesso da almeno dieci anni, e ridotto a uno spettrale deposito di immondizie.
Corruzione, idiozia, cattivo gusto, declino economico, malgoverno. C'è di tutto, l'avevo detto.
Osservando la scena, poco prima della fotografia, mi sono venuti in mente i fascisti. Perché?
A pochi metri dal cassonetto fatale si trova la sede de Il Foro 753, un'associazione di destra. Se ricordo bene, uno dei promotori del Foro è Giampaolo Mattei. Giampaolo Mattei era (ed è) fratello di Virgilio e Stefano Mattei, vittime di un attentato incendiario avvenuto, nella zona, il 16 aprile 1973. Il padre di Giampaolo, Virgilio e Stefano - Stefano aveva otto anni - era un attivista missino e, come tale, divenne bersaglio di sei gaglioffi di Potere Operaio; fra di loro Achille Lollo, Marino Clavo, Manlio Grillo. Solo Achille Lollo, se ricordo bene, fece un po' di galera.
Quale il lascito di tanto dolore? Nulla.
A destra, ogni 16 aprile, c'è una sfilata di commemorazione nel quartiere. E basta.
Qualche giorno prima, nel medesimo quartiere si celebra - anno dopo anno - una commemorazione simile. A sinistra, stavolta; in onore del comunista Mario Salvi, ucciso da un poliziotto il 6 aprile del 1976, con un colpo alla nuca, durante una manifestazione antimperialista a Via Arenula.
Se volete sapere qualcosa dei fratelli Mattei, leggete il libro di Giampaolo (http://www.ibs.it/code/9788820045531/mattei-giampaolo/notte-brucia-ancora.html).
Se volete sapere qualcosa su Mario Salvi leggete me (http://pauperclass.myblog.it/2015/04/10/storia-mario-salvi-lindiano-sconfitto-la-alceste/)
Comunisti, fascisti, rivoluzionari; contropotere, antagonismo, alternativa, tradizione; popolo, operaio, camerata.
Di tutto questo strepito rimane solo cenere. E frugando tra la cenere si trovano solo morti. Morti per nulla. Per nulla, sono morti per nulla. L'Italia è quella della foto, non c'è niente da fare.
Degli anni Settanta mi ricordo "come per suonno". In sogno. Vorticano colori, suoni, parole, persino odori, ma remoti, e dilatati; irreali; di quelle passioni non arrivano che i sussurri della rovina e della sconfitta.  
Abbiamo perso. Su tutta la linea. Fascisti, comunisti.
Per questo, davanti a quell'immagine, a me, ex comunista, sono tornati in mente i fascisti. Ormai, guardando a ritroso, trovo ch'essi siano stati, come me, reclute e commilitoni di un battaglione votato a morte certa; comandato da generali inetti, o spietatamente collusi col nemico - generali a cui credevamo con fiducia cieca, ma che si son rivelati i nostri primi traditori.
Che altro? Lasciamo perdere. Se volete, leggete pure questo (http://mvl-monteverdelegge.blogspot.it/2014/04/mi-sa-che-io-alla-fin-fine-sono.html), e al diavolo tutto quanto.


* * * * *

Compagnia dell'Anello - Terra di Thule (1983)

Massimo Morsello - Per me ... e la mia gente (1978)

Amici del Vento - Girotondo (1978)

Per un altro gruppo storico di destra, Janus consultate il link:
http://isle-of-noises.blogspot.it/2013/03/fascisti-ma-progressivi-janus-1976-1981.html

giovedì 24 dicembre 2015

Beyond the (Italian) boundaries - Post rock vol. 13 (Mario Bertoncini/Mario Nascimbene/Walter Branchi & Mauro Bortolotti)

Mario Bertoncini
Indice generale/General index

Auguro a chiunque segua il blog un Natale e un 2016 sereni

Mario Bertoncini - Arpe eolie (2007; recordings 1973-1974). Co-fondatore di Nuova Consonanza (1959; era l’associazione nata per promuovere l’avanguardia italiana), assieme a Macchi, Evangelisti, Bortolotti; fra gli altri. Arpe eolie è un capolavoro (in cui è sfruttata, appunto, l’arpa eolia, le cui vibrazioni sono originate dal vento) di cui Bertoncini è esecutore e artefice assoluto. Echi remotissimi e avvolgenti, e sempre minacciati dalla casualità, come una fiamma mossa dalle correnti più capricciose, tengono in scacco estatico l’ascoltatore. Inevitabile.

Mario Nascimbene - Atti degli Apostoli (2004; recordings 1969). Mario Nascimbene fu autore di numerose colonne sonore, ancora da valutare. Al sottoscritto egli è caro soprattutto per la collaborazione con Roberto Rossellini; con il Rossellini televisivo, magnifico e tardo, in cui la ricostruzione storica accurata, l’ansia divulgativa e la calda empatia delle immagini vanno di pari passo. Di tale collaborazione è rintracciabile, per ora, solo la presente testimonianza ove si ritrovano parte dei dialoghi dello sceneggiato, a detrimento della musica vera e propria. Ma non è un ostacolo all’apprezzamento, anzi: il delicato tema iniziale, sottolineato in modo indimenticabile dal flauto di Severino Gazzelloni, si costituisce subito quale sfondo sonoro e morale del disco (ricco di eccellenti spunti etnici), e va a fondersi perfettamente al testo; in tal modo Nascimbene rende alla perfezione la Stimmung del quinto Vangelo: qui lo smarrimento per la morte del Cristo e la mestizia convivono con un fervore spirituale incrollabile e la viva speranza per un mondo ulteriore che renda giustizia all’iniquità di questo. Da sentire il disco, da vedere lo sceneggiato; bruti astenersi.

Mauro Bortolotti/Walter Branchi - Paesaggi intravisti (1987). Walter Branchi è una delle colonne del Gruppo Improvvisazione Nuova Consonanza; Bortolotti fu allievo di Pietro Grossi, pioniere dell’elettronica italiana, co-fondatore di Nuova Consonanza (l’associazione, non il gruppo) e scheggia ideologica dei Corsi Estivi di Darmstadt (Internationale Ferienkurse für Neue Musik, Darmstadt), untori primi della scena sperimentale europea. Paesaggi intravisti consta di due lunghe tracce: inserti dialogati, concretismi, ambient, elettronica convivono in un flusso sonoro accattivante, felicissimo. Lo consiglio, ovviamente. In più, sotto i video dei primi due dischi (su youtube non esistono video dei Paesaggi), aggiungo un imperdibile documentario tedesco (di Theo Gallehr) sul Gruppo Improvvisazione Nuova Consonanza.

Per il download: basta cliccare sul titolo, spuntare la casella e cliccare nuovamente, stavolta sul simbolo universale del download (下載 in cinese) e il tutto si avvierà automaticamente.

martedì 22 dicembre 2015

Wakeman, Wetton, Bruford, Krieger, Moulding, Belew and more - Return to The dark side of the moon (2005)


Badilate di Yes e King Crimson, spruzzi di Toto, Doors e XTC, una presa di zappiani d'annata (Colaiuta e Dweezil), un pizzico di Talking Heads, Santana, Styx, E Street Band, più i super Robben Ford e Toni Levin e la presenza di Malcom 'Arancia Meccanica' McDowell: tanto si è dovuto scomodare per non essere accusati di sacrilegio.
Sacrilegio: ovvero il rifacimento del disco che ha forgiato l'immaginario psichedelico e d'avanguardia della quasi totalità di voi. E di me (e taccio del fascino di quei due poster lunari che ancora conservo con reverenza; quale reliquia del tempo che fu).
Nonostante il dispiegamento di mezzi superiore alla spedizione di Serse contro la Grecia, è inevitabile riconoscere che la molestia esercitata contro tale opera non è stata una buona idea.
Certo, il disco si segue con simpatia (e ti credo, le canzoni son sempre quelle, epocali). Ciò che manca è proprio la passione. Quella è irrecuperabile. E si sente. Si avverte, insomma, la raggelante ombra della goliardia. O del gioco, seppur portato ad alto livello. E la goliardia o il giocare col passato sono moti dell'animo da additare alla riprovazione e al ludibrio, almeno per me.
Un disco inutile, insomma, anche se vale la pena di un ascolto, visti i giganti coinvolti.
Concludo ereticamente: è giusto che The dark side sia tabù negli anni a venire: il passato ha da essere salvaguardato da operazioni consimili; la sua aura leggendaria, però, non deve farci dimenticare che i Floyd fecero di meglio; e che The great gig in the sky è un po' facilotta, quasi kitsch.

domenica 20 dicembre 2015

Piero Ciampi - Andare camminare lavorare e altri discorsi (1975)

Questo non è Piero Ciampi
Il Bomba aveva tuonato: cattiva Germania! Basta le sanzioni alla Russia! Adesso vado là e gliene dico quattro!
Poi si è scoperto, pietosamente, che le sanzioni alla Russia le hanno decise egualmente (gli ambasciatori, manco i Primi Ministri)  e che la cattiva Germania farà quel che le pare, come al solito.
Il messaggio però è passato: adesso vado là e glielo faccio vedere io; insomma la sarcastica canzoncina del Ciampi livornese riadattata ai tempi.

Una regina come te in questa casa?
Ma che succede? Ma siamo tutti pazzi?
Ma io adesso sai che cosa faccio?
Che ore sono? Le 11?
Io fra... guarda... fra 5 ore sono qua,
e c'è una casa con 14 stanze,
te lo faccio vedere chi sono io!

E che sono quei cenci che hai addosso? Ma che...
Ma fammi capire... ma se... ma io...
ma come? tu sei la... sei la mia!
E stiamo in questa stamberga con quei cenci addosso!
Ma io adesso esco, sai che cosa faccio?
Ma io ti porto una pelliccia di leone con l'innesto di una tigre!
Te lo faccio vedere chi sono io!

Senti, tanto però c'è un problema...
Siccome devo uscire me le puoi dare 1.000 lire per il tassì,
di modo che arrivo più in fretta a risolvere
questo problema volgare che abbiamo?
Te lo faccio vedere chi sono io!

Lascia fare a me...
lascia fare a me...
lascia fare a me perchè ti devi fidare!

Ma che cosa ti avevo detto? Una casa?
Ma io sai che cosa faccio?
Io ti compro un sottomarino!
Perchè se qui davanti a casa nostra quelli c'hanno la barca
e rompono le scatole, io ti compro un sottomarino.
Così, sai, li fai ridere tutti questi, hai capito!?

Intanto facciamo una cosa, che fra 5 ore sono qua:
tu metti la pentola sul fuoco,
ci facciamo un bel piatto di spaghetti al burro
mentre aspettiamo il trasloco.
Poi ci ficchiamo a letto e te lo faccio vedere chi sono io!
Ti sganghero!
Te lo faccio vedere chi sono io!

Te lo faccio vedere chi sono io!

Sono un uomo associale, ma sono un uomo che...
Io non ti compero un sottomarino, ti compro un transatlantico!
Basta che tu non scappi!
Stai attenta che se scappi col transatlantico
ti affogo nel ... nell'Oceano Pacifico!
Dai dai coricati che ti sganghero!
Te lo faccio vedere chi sono io!

Avrei voluto, ardentemente, vivere tempi infernali, invece che questi, ve lo assicuro.


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venerdì 18 dicembre 2015

Mother Mallard's Portable Masterpiece Co. - 1970-1973 (1999)

Una pietra miliare dell'elettronica mondiale.
David Borden, Steve Drews e Linda Fisher (sotto l'egida, l'influenza e la supervisione morale e tecnica di Robert Moog - inventore del sintetizzatore) licenziarono l'album originale nel 1973; nell'edizione del 1999 includono altre due tracce (Train e Easter), risalenti - come Cloudscape for Peggy - al 1970.
Il suono viene a situarsi sulla scia delle potenti suggestioni minimaliste di Steve Reich e Terry Riley, di pochi anni precedenti (specie nell'iniziale Ceres motion).
Sul disco c'è poco da aggiungere; basta ascoltarlo.
In linea generale (oserei dire: metafisica) mi piace, invece, azzardare questo: gli americani sono pionieri che amano lanciarsi sulle ali della tecnica: tanto più cresce la tecnica tanto più si estende il territorio delle loro scoperte; i tedeschi, al contrario, usano la tecnica per indagare se stessi; come popolo, anzitutto, e perciò quale parte peculiare di una più comprensiva interiorità europea.
L'elettronica americana si volge all'esterno, bulimica e seriale (nonostante i costanti riferimenti ai mantra orientali); quella germanica esplora l'inner space: non sono, forse, i bordoni di Klaus Schulze più un rendiconto dell'animo tedesco che una immersione nelle meraviglia del cosmo?


mercoledì 16 dicembre 2015

Una giornata (nera) tra fiche e cretini

L'Unità, 16 dicembre 2015
Ho ricominciato ad avere brevi allucinazioni davanti all'edicola.
Ve ne avevo parlato. Una volta, infatti, rimirando un numero di Playboy Italia, scambiai una strappona per Laura Boldrini (http://isle-of-noises.blogspot.it/2015/09/residents-eskimo-1979_10.html).
Stamattina una vertigine simile mi ha colto davanti all'edizione (16 dicembre 2015) del quotidiano fondato (pensate un poco) da Antonio Gramsci. Il caso ha voluto che lo Sventurato (Gramsci, appunto) comparisse proprio sulla prima pagina che ha indotto la mia mente, seppur per qualche frazione di secondo, al miraggio sommenzionato.
Lo ripeto: sono attimi, battiti di ciglia, fugaci aliti, in cui la realtà vien meno, sostituita, forse, dai nostri desideri o dai nostri odii più remoti. In breve: ho creduto di leggere, in luogo d'un innocuo titoletto di politica estera (che annuncia l'invio di 500 soldati per difendere una diga in un paese lontano 5000 chilometri - paese che l'Italia ha contribuito a devastare militarmente per due volte), "La difesa della diga", un più triviale "La difesa della figa"; il cervello opera per vie ancora misteriose: forse speravo, nel mio intimo, che la sinistra, gettata via la maschera dell'ipocrisia e della finzione politica più guitta, si fosse finalmente decisa a una svolta berlusconiana (anche la 'g', in luogo della 'c' - che preferisco - testimoniava a favore del lombardismo). Una svolta che, addirittura certificata dal quotidiano fondato da Antonio Gramsci, avrebbe riappacificato davanti al popolo, senza infingimenti, le due anime - PD e Forza Italia - di quel potere unico che guida la nazione da quasi venticinque anni. E invece ... 

Ancora sotto shock per quell'involontario calembour (mi si comprenda: avevo appena pagato TASI e IMU) sono entrato nello storico negozio di dischi di Roma Nord Ovest, la vecchia Discoland (chi abita nel quadrante Torrevecchia-Boccea-Primavalle, a Roma, capirà). Storico. Comprai lì i miei primi vinili. Un sacrario ricco di decine e decine di scaffali. Vinili. Divisi per genere; e autore. Anche d'importazione. Vinili. Neri, pesanti, larghi. Decine di migliaia di vinili. Migliaia di gruppi e solisti. E poi le musicassette. A centinaia. E strumenti musicali, di ogni sorta. Spartiti. Stereo. Casse. Equalizzatori. Piatti. Testine di ricambio (per un ricordo di Discoland e dei negozi di dischi a Roma: http://isle-of-noises.blogspot.it/2011/10/black-sabbath-beyond-wall-of-spock-1.html).
Discoland. Se amavi la musica andavi lì. Non solo per comprare. Ma per guardare e saziarti. Mirabile mondo!

Lasciamo stare il passato. Ne abbiamo già parlato profusamente.
Negli ultimi quindici anni (o venti) il negozio è cambiato, per così dire.

Sparita la musica. C'è ancora qualche CD, e persino qualche vinile di ritorno, ma il grosso ora è l'oggettistica. Pupazzi. Ciondoli. Profumi. Zainetti. Giochi. Libercoli. Borse. DVD di cartoni animati.
La cosa avvilente è la dozzinalità - assolutamente micidiale - dei materiali. La sciatteria del design; dei caratteri tipografici. La grossolanità pubblicitaria. La goffaggine invasiva del packaging. Fatico a trovare un solo oggetto degno d'essere acquistato. Anche cinque euro sarebbero mal spesi, qui.
Il minuscolo reparto musicale è occupato manu militari dai manifesti di cartone dei soliti straccioni: Vasco Rossi, Eros Ramazzotti, Biagio Antonacci, Jovanotti.

Anche qui a colpire è la mediocrità crassa. Spessa. Si potrebbe affettare.
Mediocrità quale sinolo - per usare un termine colto - fra stupidità e bassa qualità. Fra pastone per maiali e sciatteria. Cretinismo di massa.
Non si può che rimanere ammutoliti. 
Ragazzi: in un paio di decenni ci hanno asfaltato.
Un cancro ci divora.
Il cretinismo di massa. Pietanza grassa da MCDonald's, scemenza assortita, buonismo idiota, ipocrisia, miopia ... un frullato devastante.

Chi ama la musica - tutta - e ancora ricorda cosa rappresentavano questi luoghi sino ai primi anni Novanta non può che andare in depressione.
Si comincia a diventare vecchi quando sorgono le prime nostalgie.
E però quelle ci rimangono, e poco altro.

Giovanni Allevi crede di mimare un cuore, ma, forse (ah, l'inesperienza), mima qualcosa d'altro.
Una diga?

lunedì 14 dicembre 2015

Moby Dick - Moby Dick (1973)

Potrebbe capitarvi di effettuare il download da un cloud cinese.
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Questo disco dimostra, eccome se dimostra.
Se un gruppo, italiano di Napoli, ovvero originario d'un paese che ha sempre e naturalmente osteggiato l'hard rock (e tutte le sonorità affini), decide di affidarsi all'ingegnere del suono dei Led Zeppelin (Olympic Studios, Londra), allora il risultato artistico del gruppo sarà, al netto del talento, di rilevanza non indifferente (oltre che decisamente zeppeliniana, ma non è l'originalità che interessa qui).
Con ciò non si vuol dire che Moby Dick sia un disco notevole, ma dignitoso, questo sì; dignitoso, in un campo in cui l'Italia ha prodotto poco e niente negli anni gloriosi (Rovescio della Medaglia, Teoremi, Ut, Sirio 2222 del Balletto di Bronzo, una canzoncina degli Spaventapasseri); e ancor più dignitoso, anzi ben gradevole, per un palato che ama gustare hard rock settantino con voluttà.
Insomma, come disse Totò, la serva serve; al di là del talento sono il mestiere, la professionalità, la tecnica e il duro lavoro dietro le quinte a creare qualità.
Ma noi ci affidiamo ancora allo stellone.


venerdì 11 dicembre 2015

The birth of Italian heavy metal vol. 1 - (Death SS/Strana Officina/Metallo Italia)


Cos'è l'heavy metal? L'ultima fase del disimpegno; o meglio: la fine dell'impegno quale mediazione fra istanze sociali e musica. L'inverarsi di questo processo è palesemente rintracciabile nella parabola sonora a cavallo tra Settanta e Ottanta: progressive escapista, quindi punk improvvisato e frontista e, finalmente, l'assalto tribale e viscerale dell'heavy metal. Attenzione: questo non significa un necessario movimento di riflusso ideologico; significa invece questo: che il folk e il rock (e certo prog colto d'area Canterbury, ad esempio) si cibavano d'una contestazione che nasceva da una analisi più o meno profonda della società contemporanea; l'hard rock e il metal erano, invece, eruzioni immediate, emozionali e irriflesse che si opponevano al buon gusto, alla borghesia e alle storture dell'esistenza occidentali. Da tale punto di vista, pur inevitabilmente grossolano, ha senso quella divisione, altrettanto grossolana, fra rock "di sinistra" o "politico" e rock duro "di destra", machista e testicolare.
L'Italia non fece eccezione. Liquidata la gloriosa parentesi prog-sinfonica e cantautorale, esauriti gli ultimi fuochi del 1977 e i petardi a miccia corta del punk, cominciò subito a formarsi, alimentato dalle ventate del New Wave of British Heavy Metal (NWOBHM), una scena heavy (molto limitata e di culto, ma, come le classifiche possono affermare, anche il prog e il punk erano relativamente limitati e di culto). L'Italia usciva dal gelo degli anni di piombo: e s'apprestava al futuro godimento di numerosi anni di merda, per citare Altan; il melodismo da Sanremo, la disco music e la new wave più trita avrebbero continuato a rifornire d'immondizia le orecchie dei conformisti, e la contestazione, pur ridicolmente esigua, sarebbe stata guidata dai metallari (parliamo dell'Italia, lo ripeto).
I primi alfieri di questo cambiamento furono davvero leggendari e la leggenda fra le leggende, anche in virtù della longevità, fu quella dei Death SS. Nonostante i Nostri abbiano ramazzato il trovarobato horror più risibile (in scena si camuffavano da vampiro, mummia, uomo lupo et cetera: i Kiss non passarono invano), il loro metal nero e obliquo ha lasciato in eredità al genere alcune gemme d'assoluta rilevanza. 

- Death SSThe story of Death SS (recordings 1977-1984; 1988) 
- Strana Officina - Rare and unreleased (recordings 1979-1989; 2014)
- AA. vv.Metallo Italia - (1982; compilazione con brani di Raff, Shout, T.I.R., Vanexa, Crossbones, Synthesis, Steel Crown, Elektra Drive).

martedì 8 dicembre 2015

Pretty Things - S. F. Sorrow (1968)

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Che dire del chitarrista Dick Taylor?
Che è uscito dai Rolling Stones, anzitutto.
E che è autore di uno dei primi concept della storia del rock, proprio questo S. F. Sorrow; che è un nome, il nome del protagonista del disco, Sebastian F. Sorrow. Una storia intrisa di dolore e maledettismo. Che altro dire? Un paio di cose: pare che Pete Towshend ascoltò questo LP a ruota prima di concepire Tommy, il concept album rock per eccellenza (la prima traccia è S. F. Sorrow is born. Ricorda forse It's a boy?); e che gli Oasis, o quel che ne resta, darebbero un braccio per scrivere alcune delle canzoncine qui ricomprese.
Come in parecchie cose importanti del periodo (i Pink Fairies e i Deviants) c'è Twink alla batteria: sarà un caso?

Phil May, voce; Dick Taylor, voce, chitarra; Wally Waller, voce, chitarra, tastiere, basso; John Povey, voce, chitarra, sitar, percussioni; Twink, voce, batteria.

venerdì 4 dicembre 2015

Italian post industrial vol. 1 - Atrax Morgue - Exterminate (2000)

Solo recentemente sono venuto a conoscenza di questo volume misconosciuto: Rumori sacri, in cui si parla di quattro protagonisti, italiani, della scena post industriale: Ain Soph, Atrax Morgue (Marco Corbelli), Rosemary's Baby e Sigillum S.
I primi ascolti effettuati delineano un ambito sonoro sospeso fra elettronica, doom e noise, e accomunato dal rifiuto feroce, più o meno consapevole, di ogni consuetudine, ordine e aspirazione distillati dalla tradizione, dalla ragionevolezza e dalla serenità classiche (o borghesi, vedete un po' voi).
I post industriali italiani (e i loro maestri nobili) sono, insomma, decadenti; ma non di quell'intensità decadente propria, ad esempio, di un Baudelaire o Huysmans. Sarebbe troppo poco; Baudelaire o Huysmans reagivano all'arte tradizionale coi metodi dell'arte. I nostri non vogliono l'arte; e aborrono ogni euritmia e regolarità; in breve: odiano la bellezza così come ci è stata tramandata nei secoli. E amano il brutto (in quanto categoria opposta a quella bellezza codificata): necrofilia, orrore, strage, perversioni sessuali, incubi, satanismo, magia nera, mostruosità esoteriche: l'alito del maligno soffia incessante da questi recessi musicali virtualmente inesplorati.
Ciò che affermò Terenzio: "Nulla di ciò che è umano mi è estraneo", per loro ha un valore negativo: tutto ciò che è inumano per noi ha rilevanza, sembrano dire. E al diavolo il passato!
Atrax Morgue/Corbelli non fa eccezione; guidato dal proprio personale disgusto per l'umanità, compone tre ossessivi pezzi elettronici per sintetizzatori scorticati: senza speranza, in attesa di avviarsi al nulla.

mercoledì 2 dicembre 2015

Damo Suzuki Band - Vernissage (1998)

Risulta sempre difficile valutare un artista o una singola opera; altrettanto difficile, a volte, valutare una formazione che si è evoluta nell'arco di decenni.
Chi deve qualcosa? E a chi?
Questo il problema.
Quell'artista che ci piace tanto non dovrà qualcosa al destino? Spesso è così: intere carriere si basano su colpi di fortuna.
E ancora: cosa deve un artista o un gruppo a un'epoca? Se i Jefferson Airplane si fossero incontrati dieci anni dopo cosa avrebbero prodotto?
E soprattutto: cosa deve un artista o un gruppo alla tradizione del proprio paese?
La prima domanda ha una risposta facile: se i Can non avessero rimorchiato Suzuki in un bar di Monaco la leggenda Suzuki non sarebbe mai nata: un colpo di fortuna.
Alla seconda domanda abbiamo già dato risposta: i Can (e Suzuki) furono grandi ANCHE perché agirono durante quei favolosi anni a cavallo fra Sessanta e Settanta, gravidi di furore e innocenza.
Per la terza domanda si potrebbe consultare un saggio di Thomas Eliot: Tradition and individual talent: cosa deve il talento individuale al patrimonio culturale d'una nazione? Cosa devono i Can alla Germania? Se Czukay e Liebezeit, con il medesimo e intatto talento, fossero nati in Cambogia avremmo avuto i Can?
Cosa aggiungere? Questo: che Vernissage, forse, non è memorabile, ma - attenzione! - la suite di ventisei minuti che incastona Halleluwah e Mushroom ancora balugina di lontane meraviglie. E alla batteria c'è Jaki Liebezeit.