sabato 29 novembre 2014

Un film un disco vol. 6 - Andy & Lana Wachowski, The Matrix

They live we sleep. Alcuni profeti (Platone, Cartesio, Dick, Schopenhauer, Shakespeare, Calderon) hanno intuito la verità (o parte di essa): tutti, però, continuano come se il mondo avesse una dimensione solida e precisa. La nostra esistenza si svolge sbadata e immemore mentre i re del mondo ci osservano, con calma.
Matrix, il film di cui ricorre il quindicesimo compleanno, è solo l'ultima incarnazione di una intuizione antichissima: che la nostra vita è un sogno oppure, ipotesi moderna e terribile, un sogno indotto dai nostri padroni.
Se non avete pazienza potete saltare direttamente alla data fatale: 1928, anno in cui nacque il vero Morpheus.
Buona lettura, dormienti.

IV secolo a.C. Platone, VII libro de La Repubblica
“Si immaginino degli uomini chiusi fin da bambini in una grande dimora sotterranea, incatenati in modo tale da permettere loro di guardare solo davanti a sé. Dietro di loro brilla, alta e lontana, la luce di un fuoco, e tra il fuoco e i prigionieri corre una strada con un muretto. Su questa strada delle persone trasportano utensili, statue e ogni altro genere di oggetti; alcuni dei trasportatori parlano, altri no. Chi sta nella caverna, non avendo nessun termine di confronto e non potendo voltarsi, crederà che le ombre degli oggetti proiettate sulla parete di fondo siano la realtà; e che gli echi delle voci dei trasportatori siano le voci delle ombre”.

IV-III secolo a. C. Aneddoto del maestro Zhuāngzǐ:
"Una volta Zhuāngzǐ sognò di essere una farfalla, una farfalla che svolazzava qua e là spensierata.
Non sapeva di essere Zhuāngzǐ.
Improvvisamente si svegliò ed ecco che era di nuovo Zhuāngzǐ.
Ma ora non sapeva più se era Zhuāngzǐ che aveva sognato di essere una farfalla oppure se era la farfalla che stava sognando di essere Zhuāngzǐ".

54 d. c. San Paolo, Prima lettera ai Corinzi, 13, 12
Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto”. (Videmus nunc per speculum in aenigmate, tunc autem facie ad faciem; nunc cognosco ex parte, tunc autem cognoscam sicut et cognitus sum)

I secolo d. C., Vangelo secondo Giovanni, 14, 30
"Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il Principe di questo mondo ..."

III secolo d. C., Ipostasi degli Arconti (dai codici gnostici di Nag Hammadi).
Sophia crea, da sola (senza Gesù Cristo), Yahwhe (Samael, Yaldabaoth) ovvero Satana, il Demiurgo ingannatore, creatore del mondo materiale:
"E prese la sua forma dall’ombra ed è diventato una Bestia Arrogante che assomiglia ad un leone. Ed è androgino, perchè è dalla materia che proviene.
Aprì gli occhi e vide un grande quantità di materia senza limiti, ed egli divenne arrogante, dicendo: 'Sono io che sono Dio, e non c’è nessun altro a parte me'".

1610 circa. William Shakespeare, La tempesta, atto IV, scena I
"Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d'un sogno è racchiusa la nostra breve vita".

1635. Pedro Calderon de la Barca, La vita è sogno, atto II, scena 19
Sigismondo: "È proprio vero! reprimiamo dunque questa fiera indole, questa furia, quest'ambizione, perché forse stiamo sognando. E faremo così, dato che viviamo in un mondo tanto singolare che il vivere non è che un sognare, e l'esperienza m'ha insegnato che l'uomo che vive sogna di essere quello che è, fino a quando si desta. Il re sogna d'esser re, e così ingannato vive esercitando il comando, disponendo e governando; ma gli ossequi che riceve come in prestito può scriverli sulle ali del vento, e la morte li muta in fredde ceneri... Sventura immensa! ... 


È possibile che ci sia chi cerca di regnare, se pensa che poi dovrà ridestarsi nel sonno della morte? Il ricco sogna le sue ricchezze che gli procurano tante preoccupazioni; il povero sogna di soffrire la sua miserabile povertà; sogna colui che comincia a prosperare; sogna chi s'affanna a correr dietro agli onori; sogna colui che insulta e offende... In conclusione, tutti in questo mondo sognano di essere quel che sono, se anche nessuno se ne rende conto!... Io sogno d'esser qua oppresso da queste catene; ma ho sognato che mi vedevo in altra condizione ben più lusinghiera ... Che è mai la vita? Una frenesia. Che è mai la vita? Un'illusione, un'ombra, una finzione ... E il più grande dei beni è poi ben poca cosa, perché tutta la vita è sogno, e gli stessi sogni son sogni!"

1639. Cartesio, Prima meditazione metafisica:
"Tutto quel che sino ad oggi ho stimato come assolutamente vero, l'ho ricevuto dai sensi o mediante i sensi; ho però appreso che questi talvolta ingannano ed appartiene alla prudenza non dar mai completa fiducia a chi anche una sola volta ci ha tratto in errore ... Quante volte, infatti, la quiete della notte non mi persuade che son qui, vestito, seduto accanto al fuoco, tutte cose abituali, quando invece, dopo essermi spogliato, giaccio sotto le coltri? ... Non ricordo forse di esser stato altre volte ingannato da simili pensieri mentre stavo dormendo? Quando rifletto con più attenzione su queste cose, vedo tanto chiaramente che non si danno mai indizi certi per poter distinguere la veglia dal sonno che rimango attonito e questo stesso stupore quasi mi rafforza nell'opinione che sto dormendo ... Supporrò dunque che vi sia non un Dio ottimo, fonte di verità, ma un qualche genio maligno e nel contempo sommamente potente e astuto, che abbia posto tutta la sua operosità nell'ingannarmi: stimerò che il cielo, l'aria, la terra, i colori, le figure, i suoni e tutte le cose esterne non siano altro che illusioni dei sogni con cui 'quel genio' ha teso insidie nella mia mente”.

1669. Blaise Pascal, Pensieri:
"La vita è un sogno appena meno inconsistente"; poi, ammettendo lo scacco della ragione, cerca di salvare capra, lupo e cavoli:
« ... Sappiamo di non sognare; per quanto siamo impotenti a darne le prove con la ragione, questa impotenza ci porta a concludere per la debolezza della nostra ragione, ma non per l'incertezza di tutte le nostre conoscenze ..."

1818, dicembre. Arthur Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, I, 5
“Noi abbiamo sogni; non è forse tutta la vita un sogno? – o piú precisamente: esiste un criterio sicuro per distinguere sogno e realtà, fantasmi ed oggetti reali? – L’addurre la minor vivacità e chiarezza dell’immagine sognata rispetto a quella reale non merita alcuna considerazione; dato che nessuno ancora ha avuto presenti contemporaneamente l’uno e l’altro per confrontarli, ma si poteva confrontare soltanto il ricordo del sogno con la realtà presente ...
La vita e il sogno sono le pagine di uno stesso libro. La lettura continuata si chiama la vita reale. Ma quando l’ora abituale della lettura (il giorno) è terminata e giunge il tempo del riposo, allora noi spesso seguitiamo ancora pigramente, senza ordine e connessione, a sfogliare ora qua ora là una pagina: ora è una pagina già letta, ora una ancora sconosciuta, ma sempre dello stesso libro. Una pagina letta così isolatamente è invero senza connessione con la lettura ordinata: tuttavia non rimane molto indietro a questa, se si pensa che anche il complesso della lettura ordinata comincia e finisce parimenti all’improvviso, e si deve quindi considerare solo come un’unica pagina più lunga.
Anche se, dunque, i singoli sogni sono distinti dalla vita reale in quanto non entrano in quella connessione dell’esperienza, che costantemente continua per tutta la vita; anche se il risveglio rivela questa differenza; tuttavia è proprio quella connessione dell’esperienza che già appartiene, come sua forma, alla vita reale ed il sogno stesso mostra anch’esso una connessione, che si trova a sua volta in se stesso. Se, dunque, per giudicare scegliamo un punto di riferimento esterno ad entrambi, non troviamo nella loro essenza nessuna distinzione precisa e siamo cosí costretti a concedere ai poeti che la vita è un lungo sogno.
Nella stessa opera il terribile tedesco riferisce di Kant: “Kant risolve cosí il problema: ‘Il rapporto delle rappresentazioni fra di loro secondo la legge della causalità distingue la vita dal sogno’. Schopenhauer è costretto a chiosare, miseramente: "L'unico modo per distinguere realtà e sogno è quello empirico del risveglio ...".

1894, novembre. Léon Bloy riflette sul precedente passo di San Paolo: "Ricordo una delle mie idee più antiche. Lo Zar è il capo e il padre spirituale di centocinquanta milioni di uomini. Atroce responsabilità che è solo apparente. Forse non è responsabile, davanti a Dio, che di pochi esseri umani.


Leon Bloy
Se i poveri del suo impero sono oppressi durante il suo regno, se da questo regno derivano catastrofi immense, chi sa se il servo incaricato di lustrargli gli stivali non è il vero e solo colpevole? Nelle disposizioni misteriose della Profondità, chi è veramente Zar, chi è re, chi può vantarsi di essere un semplice servo?".

1912. Si pubblica L’anima di Napoleone, sempre di di Léon Bloy. “Non c'è sulla terra essere umano capace di affermare chi egli sia, con certezza. Nessuno sa che cosa è venuto a fare in questo mondo, a che cosa corrispondono i suoi atti, i suoi sentimenti, le sue idee, né qual è il suo nome vero, il suo imperituro Nome nel registro della Luce ... La storia è un immenso testo liturgico nel quale le iota e i punti non valgono meno dei versetti o dei capitoli interi, ma l'importanza degli uni e degli altri è indeterminabile e sta profondamente nascosta".
Gli esseri umani, insomma, sono pedine inconsapevoli di un disegno di cui sfugge (e sempre sfuggirà) la trama complessiva. Giusto. Unica obiezione: Dio, il Dio di Bloy, non esiste; esiste, invece, il suo opposto: Ubik, il Demiurgo malvagio, Azathoth, Satana.
Siamo pedoni, torri, alfieri e regine – pezzi che non sanno di essere giocati su una scacchiera la cui unica ratio è il caso, l'infelicità e la Morte.


J. L Borges, Scacchi

Debole re, pedone scaltro, indomita
regina, sghembo alfiere, torre eretta
sul bianco e nero del tracciato cercano
e sferrano la loro lotta ramata.

Non sanno che il fortuito giocatore
che li muove ne domina la sorte,
non sanno che un rigore adamantino
ne soggioga l'arbitrio e la fortuna.

1928. Nascono a Chicago i fratelli gemelli Philip e Jane Dick. Jane muore dopo un mese. Philip si riterrà, sino alla morte, l'attore principale del sogno della sorella morta.

1954. Frederick Pohl scrive Il tunnel sotto il mondo (The tunnel under the world).
Guy e Mary Burckardt vivono nella tranquilla cittadina di Tylerton. Si svegliano dopo una notte d'incubi: è il 15 di luglio. E così l'indomani e il dopodomani. Altri particolari, nonostante la normalità apparente, insospettiscono Guy: egli teme che un invasore tenga sotto controllo la città per motivi sconosciuti.
In realtà Burckardt, la moglie e tutti gli abitanti di Tylerton sono già morti: una compagnia pubblicitaria li ha ricostruiti roboticamente e li usa come cavie per esperimenti di propaganda aggressiva.

1955. Esce il romanzo di Jack Finney, Gli invasati o L’invasione degli ultracorpi (The body snatchers). Gli abitanti di una cittadina di provincia vengono gradatamente sostituiti da cloni alieni, identici agli originali, ma privi di caratteri empatici. Ne verrà tratto, l’anno seguente, un film classico, per la regia di Don Siegel: L'invasione degli ultracorpi (The invasion of the body snatchers).

1959. Viene pubblicato Time out of joint di Philip K. Dick (Il tempo si è spezzato o L'uomo dei giochi a premio), titolo citazione dall'Amleto. Nel romanzo il protagonista Ragle Gumm conduce una esistenza fittizia: tutti, dagli amici alla sorella, dai vicini agli abitanti della quieta cittadina natale, sono attori incaricati di influenzarne le scelte in vista di un preciso scopo di sicurezza nazionale.

11 marzo 1960. Viene trasmesso L'avventura di Arthur Curtis (A world of difference), ventitreesimo episodio di Ai confini della realtà (The twilight zone).
Arthur Curtis è un deciso e sicuro imprenditore californiano. Mentre è intento, da bravo papà, a organizzare il compleanno della figlioletta, scopre che la sua vita non è che il set di un film in lavorazione: Arthur Curtis non esiste.

1963. Ray Nelson (collaboratore di Philip Dick) scrive Alle otto del mattino (Eight o'clock in the morning), ispirazione per il futuro film Essi vivono.

1969. Philip K. Dick scrive Ubik.
"Io sono UBIK. Prima ancora dell'Universo. Io sono. Io ho creato tutti i Soli. Io ho creato tutti i Pianeti. Io ho creato tutti gli Esseri viventi ed i luoghi in cui vivono; ed Io li comando a mio giudizio. Loro vanno dove Io dico, e fanno ciò che Io comando.Io sono la parola. Il mio Nome non è stato mai pronunciato, perchè è il nome che nessuno conosce. Io sono chiamato UBIK, ma questo non è il mio Nome. Io sono. Io sarò Eterno".

Ubik è il Demiurgo ingannatore, il creatore della realtà falsa e dei sogni e anche la materia stessa da lui creata: prodotti commerciali, prodotti ideologici; propaganda, gadget pubblicitari, inganni, Satana.

1973. Thomas Pynchon scrive L'arcobaleno della gravità (Gravity's rainbow), romanzo sperimentale con diversi agganci a Time out of joint.

1977, autunno. Philip Dick tiene un discorso al Festival di Fantascienza di Metz; fra autobiografia e saggio, rivela alla platea la fallacia della realtà:


"Nei miei scritti ricorre il tema di una ragazza dai capelli scuri che si presenta alla porta del protagonista e gli dice che il suo mondo è ingannevole, che c’è in esso qualcosa di falso … Ella apparve. Era una perfetta sconosciuta. E mi informò di questo fatto: che alcune mie opere di immaginazione erano, in senso letterale, vere. Ho messo per iscritto questi sogni, storia dopo storia, racconto dopo racconto. Per citarne due in cui questo sgradevole presente anteriore è descritto più chiaramente, ricordo La svastica sul sole e il mio racconto del 1974 sugli USA come stato di polizia, intitolato Scorrete lacrime, disse il poliziotto. Ho scritto entrambi questi racconti basandomi su frammentari ricordi residui di un tale orribile mondo di schiavitù. Alcuni sostengono di ricordare vite precedenti; io sostengo di ricordare una vita presente molto diversa ... Noi viviamo in una realtà programmata al computer, e l'unico indizio che ne abbiamo è quando qualche variabile viene mutata e nella nostra realtà ha luogo una qualche alterazione. Potremmo avere l'irresistibile impressione di rivivere il presente (déjà-vu) magari proprio nello stesso modo: sentiamo le stesse parole, diciamo le stesse parole ... La mia impressione è che queste impressioni siano valide e significative. Sostengo anzi che siano un indizio del fatto che, in un qualche punto del passato, una variabile è stata modificata, riprogrammata così com’era in precedenza e che, a causa di ciò, è scaturito un mondo alternativo".

1983. Sophia Stewart scrive Il terzo occhio (The third eye), uno dei pilastri ispirativi, assieme a Dick, del futuro film Matrix.

1988. John Carpenter gira il film Essi vivono. Los Angeles: in un futuro molto prossimo, dominato da un liberismo estremo e antisociale, il disoccupato John Nada scopre, per mezzo di particolari occhiali da sole, che la realtà è assolutamente difforme dall'apparenza: le strade, i palazzi, i giornali, a prima vista di rassicurante normalità, sono, invece, veicoli di messaggi subliminali che incitano all'ordine, all'obbedienza e al consumismo. Gran parte degli abitanti, inoltre, sono stati sostituiti da alieni simili a zombie pronti a dominare il pianeta: i messaggi occulti di tale capitalismo extraterrestre (inumano e plutocratico) sono imposti tramite le trasmissionì di un potente network televisivo.


Nada, assieme ad alcuni rivoltosi, si sacrificherà per distruggere tale sorgente d'irrealtà: solo allora, caduto il velo di Maia, il mondo si risveglierà dall'incanto ideologico.
Il motto della Resistenza: “Essi vivono, noi dormiamo (They live, we sleep)

1998. Peter Weir gira il celeberrimo The Truman show, con Jim Carrey, ispirato fortemente agli scritti di Philip Dick e Frederick Pohl sopra menzionati (il regista ignorerà tale credito artistico).

1991, novembre. Esce Dylan Dog mensile, titolato I vampiri (sceneggiatura di Tiziano Sclavi; disegni di Carlo Ambrosini). Omaggio al film di John Carpenter; fra i vampiri compare George Bush senior, artefice della prima Guerra del Golfo.

1993. Stephen King pubblica Incubi e deliri, raccolta di racconti. Uno di essi è La gente delle dieci (The ten o'clock people). Una razza aliena mostruosa sta sostituendosi, inosservata, ai terrestri. Solo pochissimi riescono a distinguere umani e non umani.


1999. I fratelli Lana e Andy Wachoski (nati a Chicago) girano Matrix, con Keanu Reeves. 
"Il mondo nel quale Neo ha abitato fin dalla nascita in realtà è Matrix, una realtà simulata (... una neuro-simulazione interattiva) costruita su modello del mondo del 1999, sviluppata dalle macchine per poter tenere sotto controllo gli umani".
Gli umani sono allevati in vasche al fine di produrre energia per le macchine: la vita normale e quotidiana che credono di condurre è da essi solo sognata.
Morpheus, paradossale dio del sonno, è il risvegliato: “Che vuol dire reale? Dammi una definizione di reale. Se ti riferisci a quello che percepiamo, a quello che possiamo odorare, toccare e vedere, quel reale sono semplici segnali elettrici interpretati dal cervello. Questo è il mondo che tu conosci. Il mondo com'era alla fine del XX secolo. E che ora esiste solo in quanto parte di una neuro-simulazione interattiva che noi chiamiamo Matrix. Sei vissuto in un mondo fittizio, Neo”.

mercoledì 26 novembre 2014

Love peace and poetry vol. 3/3 - Psychedelic music from the whole world (Asia/Giappone/Stati Uniti/Sud America)


Love peace and poetry vol. 1 (America)

Darius - Shades of blue
New Tweedy Bros! - Danny's song
Arcesia - White panther
Victoria - Ride a rainbow
Damon - Song of a gypsy
Jungle - Slave ship
Hunger - Colors
Trizo 50 - Graveyard
Music Emporium - Nam Myo Renge Kyo
Brain Police - I'll be on the inside, if I can
Michael Angelo - Oceans of fantasy
Zerfas - I need it higher
Lazy Smoke - There was a time
Hickory Wind - Mister man
New Dawn - Dark thoughts
Sidetrack - Wild eyes
Patron Saints - Reflections on a warm day

Love peace and poetry vol. 2 (Sud America)

Almendra - Tema de pototo
Laghonia - Someday
Traffic Sound - I'm so glad
Kaleidoscope  - Colours
We All Together - Tomorrow
Los Gatos - Cuando llegue el año 2000
Kissing Spell - Yellow moon
Traffic Sound - Virgin
Almendra - Obertura
Laghonia - Trouble child
Los Mac's - El evangelio de la gente sola
Los Vidrios Quebrados - Oscar Wilde
Som Imaginario - Super-God
Ladies W.C. - People
Módulo 1000 - Lem - Ed – Êcalg
Los Mac's - Degrees
(St. Thomas) Pepper Smelter - Betty Boom
Dug Dug's - It’s over

Love peace and poetry vol. 3 (Asia)

Teddy Robin & the Playboys - Magic colours
Erkin Koray - Istemem
San Ul Lim - It was probably late summer
Justin Heathcliff - You know what I mean
Baris Manco - Derule
Unknown (Cambodian Rocks) - 아마 늦은 여름이었을거야
Mops - Blind bird
Yuya Uchida & The Flowers - Greasy heart
Three Hur-El - Gonul Sabreyle Sabreyle
Fentones - Simla beat theme
Mogollar - Katip Arzvhalim Yaz Yare Boyle
Confusions - Voice from the inner soul
Quest - 26 Miles
Jung Hyun & The Men - 아름다운 강산

Love peace and poetry vol 4 (Giappone)

Happenings Four - Happenings theme
Food Brain - Liver juice vending machine
Apryl Fool - Tomorrow's child
Speed, Glue & Shinki - Run and hide
Yuya Uchida & Flowers - Hidariashi No Otoko
Blues Creation - Brane braster
Shinki Chen - Freedom of a mad paper lantern
Jacks - Gloomy flower
Tokedashita Garasubako - Kimi Ha Darenanda
Justin Heathcliff - You all should think more
Speed, Glue & Shinki - Keep it cool
Apryl Fool - The lost mother land (Part 1)
Masahiko Sato & Sound Brakers - A white dove in disguise
Kuni Kawachi & Friends - Kirikyogen
Mops - Asamade Matenai
Beavers - Koishite Aishite
Happenings Four - I want you

domenica 23 novembre 2014

Julian Cope - Japrocksampler vol. 15/15 (Speed Glue & Shinki/Rallizes Dénudés/Flower Travellin' Band)

Flower Travellin' Band


3. Rallizes Dénudés - Heavier than a death in the family (2002, recordings ?). Li abbiamo incontrati più volte in classifica (JPR31; JPR20; JPR12); una volta ne ho parlato fuori del Japrocksampler (’77 live). Se capite di cosa parlo sapete, quindi, cosa aspettarvi: disastri elettrici e distorsioni per ore: nil novum. Come da consuetudine ci aspetta sia l’audio spietatamente lo fi (è un bootleg, ovvio) che la tenace assenza di notizie attorno la registrazione. Per orecchie pazienti e allenate. Takashi Mizutani, voce, chitarra;  Nakamura Takeshi, voce, chitarra; Hiroshi Nar, basso; Mimaki Toshirou, batteria.

2. Speed Glue & Shinki - Eve (1971). Un power trio per un hard blues tipico dei primi Settanta (coetaneo, ad esempio, di The man who sold the world) e devoto a ogni schema, accensione, riff, assolo proprio di quella stagione (non manca il finale acustico) … Eppure il disco funziona, a distanza di più di quarant’anni. Cosa lo distingue, quindi, dalle legioni d’altri prodotti del medesimo quinquennio (1967-1972)? I Nostri riescono davvero a svincolarsi dalla maniera grazie alla loro bravura strumentale oppure siamo noi ad essere avidi di tale maniera poiché essa, nella prevedibilità, ci riconforta nel caos e nella varietà dell’offerta attuale? Entrambe le cose, forse (e gli inarrivabili timbri strumentali dei Settanta spingono il fattore nostalgia). Non merita il secondo posto, ma va ascoltato.  Joey Smith, voce, batteria; Shinki Chen, chitarra; Masayoshi Kabe, basso.

1. Flower Travellin’ Band - Satori (1971). Dopo l’infuocato Anywhere (JPR28)album di cover che regalò la copertina del Japrocksamper, e una collaborazione con Kuni Kawachi (JPR25), i Flower sfornano un classico: cinque pezzi fra hard rock, riff e processioni blues; tuttavia, se l’apparenza sonora è occidentale, l’incedere e l’atmosfera richiamano la tradizione spirituale giapponese. Ed è tale saldatura (poco percettibile al primo ascolto, poiché perfetta) a garantire al disco, archiviato spesso come prodotto di genere, un fascino enigmatico e durevole. Da sentire, presto. Joe Yamanaka, voce; Hideki Ishima, chitarra; Jhun Kowzuki, basso; Joji Wada, batteria.

venerdì 21 novembre 2014

An anthology of noise and electronic music vol. 2 - Second a-chronology 1936-2003 (2003)

Morton Subotnick
Indice generale/General index

Vladimir Ussachevsky + Otto Luening - Incantation for tape
Luc Ferrari - Visage V
Tod Dockstader - Aerial > Song
Johanna M. Beyer - Music of the spheres
Morton Subotnick - Mandolin
Daphne Oram - Four aspects
Robin Rimbaud/Scanner - Emily
Hugh Davies - Quintet
Alan R. Splet - Space travel W/Changing choral textures
Kim Cascone - Zephirum scan
Sean Booth + Rob Brown/Autechre - Bronchus one
Yoshihiro Hanno/Multiphonic Ensemble - On/Off edit
Meira Asher + Guy Harries - Torture - Bodyparts
Lasse Steen/Choose - Purzuit ov noise
Woody McBride - Pulp
David Lee Myers/Arcane Device - Lathe
Laibach - Industrial ambient
SPK - Slogun
Percy Grainger - Free music #1 (for four theremins)
Sun Ra and The Arkestra - Imagination
Captain Beefheart & His Magic Band - She's too much for my mirror/My human gets me blues

martedì 18 novembre 2014

Beyond the boundaries - Post rock vol. 8 (Arcane Device/Azonic/Suteck Hexen)

David Myers

Arcane Device (Usa, New York) Engines of myth (1988). Arcane Device è David Myers, sorta di Ulisse solitario tra i flutti delle colonne d’Ercole del feedback e della dissonanza (Myers fabbrica in proprio i dispositivi - devices – qui adottati). Nelle punte del disco (Terra incognita e il capolavoro Lathe) egli torce il collo alla consueta retorica dell’avanguardia raggiungendo corde assolutamente remote: qui i suoni non consistono semplicemente nella negazione della tradizione o del buon senso millenari (che è facile), ma attingono a pozze neglette dello spirito, sepolte negli anditi del decorso evolutivo dell’uomo. Stimolare ciò che esiste da sempre, risvegliare l’inconoscibile e, per ciò stesso, riguadagnare un fascino arcano e sacro all’arte quale 'motore del mito'. Da ascoltare.

Azonic (Usa, St. Louis) - Halo (1994). L’ex chitarrista dei Blind Idiot God Andy Hawkins si cela dietro il moniker Azonic (il vecchio compagno Gabriel Katz, al basso, e, soprattutto, il produttore Bill Laswell lo assistono al tavolo chirurgico). Quattro pezzi per chitarra elettrica: il primo, Beyond the pale (10’18’’), è un fuoco di distorsioni e feedback che si annulla e risorge senza soste dalle ceneri della propria eversione: Star spangled banner, dov’è la tua vittoria? Con i restanti (tutti fra gli undici e i dodici minuti) si replica: gli scrosci elettrici, in assenza d’un fondale e d’una cornice ritmica che li definisca,  perdono ogni connotazione terrena per trasformarsi in una sorta di mimesi sonora d’infuocati rigurgiti interstellari. Un classico.

Sutekh Hexen (Usa, California, San Francisco) - Behind the throne (2012). Seth, o Sutekh, il dio egizio del caos e della guerra e Hexen, streghe (in tedesco), una crasi demoniaca che già definisce i due pezzi (di circa quindici minuti) del disco: se i Nadja avessero deciso di fare black metal sarebbero arrivati da queste parti. I è il grido cosmico del Signore delle Mosche che chiama a raccolta le proprie legioni di morte; II si assesta su un bordone noise irto di soverchianti riverberi ed echi stellari. L’ennesima processione sonora devota al Male: non ne abbiamo mai abbastanza, però. Motivo? Le ultime righe del post su Arcane Device, poco sopra.


sabato 15 novembre 2014

Virgin Forest vol. 8 - Czech prog-jazz (Československý Jazz Rock 1970-1976/Modrý Efekt & Radim Hladík/Energit)

Radim Hladik

Chissà se un giorno Praga verrà riconosciuta quale uno dei principali epicentri del progressive jazz europeo (o del progressive tout court) ... progressive, questa definizione onnicomprensiva che usiamo con tanta disinvoltura ... d'essa, alla fine, posso solo affermare ciò che Sant'Agostino affermava a proposito del tempo: "Se non mi chiedono cosa sia lo so, se me lo chiedono non lo so più". Il progressive non è nemmeno una musica, in realtà, ma l'insieme irripetibile di timbri strumentali, filtri produttivi d'alta scuola, impegno politico e grandi musicisti ... oggi esistono gruppi progressive? Sicuramente, ma siamo restii a chiamarli tali perché si è perso quell'irrecuperabile retrogusto che denotava, come una corrente artistica di portata universale, il rock europeo degli anni Settanta.

Dicevamo dei grandi musicisti: la Cecoslovacchia ne aveva di straordinari. Basta sentire per intero la prima raccolta in esame: qui ritroviamo Fermáta, di cui abbiamo già parlato, Blue Effect (e Modry Efekt), Jazz Q Praha; scopriamo gli ottimi Energit e gli Impuls; i notabili Mahagon, Etc e Jazzrockova Dilna (i cantanti dei Dilna son tutti cecoslovacchi, ho controllato) ... perché ottimi e notabili?
Per questo: se alcuni di loro fossero stati a Woodstock oggi noi li canticchieremmo assieme a With a little help senza esitazioni; la vita è fatta così. Se gli Energit avessero preso il posto di Santana su quel palco fatale ... e (ultima ucronia) se Santana avesse suonato accanto a questi tipi ... probabilmente l'avrebbero incenerito ... Parlo di Energit e taccio dei pezzi grossi, tra cui i Collegium Musicum del grande Marian Várga, su cui ritorneremo prossimamente.
Esagero? No, la pubblicità, signori, crea un conformismo più duro del diamante e il conformismo, si sa, è una droga potente. Provate a dire a un drogato che non potrà più avere i suoi grammi ... poi provate a dire a un nostalgico che Santana è inferiore a Collegium Musicum e Energit ... un inferno.
Altra scoperta il chitarrista Hladik, di cui però ignoro produzioni in proprio ... ma c'è molto da scavare, non ci si ferma qui.
Intanto si cominciano a delineare le prime mappe: Roma Milano Parigi Praga Varsavia Canterbury ... 

Bigbít / Československý Jazz Rock 1970-1976

Blue Effect & Jazz Q Praha - Návštěva Tety Markéty, Vypití Šálku Čaje
Modrý Efekt & Jazzový Orchestr Čs. Rozhlasu -
Jazz Q Praha - Pozorovatelna
Jazz Q Praha - Trifid
Fermáta - Postavím Si Vodu Na Čaj
Energit - Paprsek Ranního Slunce
Energit - Soumrak
CH.A.S.A. - Chasablanca
Impuls - Spirála
Mahagon - Ve Světle Petrolejky
Bohemia - Kam Jdou
Etc … - Mlýn
Jazzrocková Dílna 1975 - Witness to the world

Modrý Efekt & Radim Hladík - Modrý Efekt & Radim Hladík (1975). Radim Hladík, chitarra; Lešek Semelka, voce, tastiere; Josef Kůstka, voce, basso, violino; Vlado Čech, batteria; Jiří Stivín, flauto, sassofono; Martin Kratochvíl, tastiere.

Energit - Energit (1975). Luboš Andršt, chitarra; Emil Viklický, tastiere; Rudolf Ticháček, sassofono; Jan Vytrhlík, basso; Anatoli Kohout, batteria; Josef Vejvoda, batteria; Karel Jenčík, batteria; Jiří Tomek, percussioni

Energit - Piknik (1978). Luboš Andršt, chitarra; Milan Svoboda, tastiere; Rudolf Ticháček, sassofono; Bohuslav Volf, trombone; Michal Gera, tromba; Zdeněk Zahálka, tromba; Jan Vytrhlík, basso; Jaromír Helešic, basso, percussioni; Jiří Tomek, percussioni.

mercoledì 12 novembre 2014

Fabrizio De André - Volume 1 (1967)/Volume 3 (1968) ovvero Storia di Rosa, la fanciulla rapita dal Tevere che ispirò Fabrizio De André

La canzone di Marinella è uno dei brani più celebri della canzone italiana, senza alcun dubbio. Pubblicato nel 1964, senza alcuno strepito, come lato B di un 45 giri (Valzer per un amore era il lato A), esso fu portato al successo, tre anni più tardi, dall'interpretazione di Mina.
La canzone narra di una morte, della morte di una ragazza; e deve il fascino profondo, oltre alla calda scansione di De André, al modo in cui tale tragedia, irrimediabile, viene addolcita da toni delicati e malinconici.
Trentacinque anni più tardi, in un’intervista, il cantautore rivelerà: “La canzone di Marinella non è nata per caso, semplicemente perché volevo raccontare una favola d’amore. È tutto il contrario. È la storia di una ragazza che a sedici anni ha perduto i genitori, una ragazza di campagna dalle parti di Asti. È stata cacciata dagli zii e si è messa a battere lungo le sponde del Tanaro, e un giorno ha trovato uno che le ha portato via la borsetta dal braccio e l’ha buttata nel fiume. E non potendo fare niente per restituirle la vita, ho cercato di cambiarle la morte».
Ma chi era Marinella, nella realtà?
Forti di tale dichiarazione (Ipse dixit) alcuni esegeti si son messi in caccia e, dopo lunghe ricerche, son arrivati alla soluzione del tenue enigma.
Da Wikipedia:

“Il celebre brano potrebbe trarre ispirazione da un fatto di cronaca realmente accaduto nel 1953 e precisamente il ritrovamento nel fiume Olona tra Rho e Milano del corpo crivellato di colpi di una ballerina/prostituta, una certa Maria Boccuzzi. Secondo lo psicologo astigiano Roberto Argenta la vicenda avrebbe ispirato il brano musicale … Nata l'8 ottobre 1920 nel piccolo centro calabrese di Radicena … Maria Boccuzzi emigrò assieme alla famiglia a Milano all’età di nove anni, in cerca di un lavoro migliore. Nel 1934 iniziò a lavorare sul posto di lavoro conobbe uno studente spiantato, Mario, di cui s'innamorò … Le difficoltà economiche e l’impossibilità di riallacciare i rapporti con la famiglia portarono alla fine del rapporto amoroso. Dopo appena un anno, i due si lasciarono. A questo punto, senza dimora e senza lavoro, decise di intraprendere la strada di ballerina di varietà col nome d’arte di Mary Pirimpò. Qui conobbe Luigi Citi, di cui divenne l’amante, che la 'cedette' a Carlo Soresi … di professione protettore, che l’avviò alla prostituzione ... Iniziò a prostituirsi in una casa chiusa a San Salvario (Torino), poi a Firenze, per approdare a Milano … La notte del 28 gennaio 1953 Maria Boccuzzi venne uccisa a revolverate e spinta nell'Olona forse ancora agonizzante”.

Il caso filologico pareva chiuso.

domenica 9 novembre 2014

Fleetwood Mac - Blues jam at Chess (1969)

Non credo d'aver mai menato scandalo nella mia vita. Qualche sparata ogni tanto. Soprattutto negli ultimi tempi.
Negli ultimi tempi molte cose che in passato mi regalavano piacere (o meglio: eran piacevoli abitudini) sono scadute, ai miei occhi (o meglio: ai miei sensi) a noiosissime incombenze; tanto da averle cassate dall'esperienza quotidiana. Son diventato, insomma, insofferente; a tratti oltremisura. Dei libri non parliamo; più ne leggo meno mi piacciono. Ho fucilato parecchi autori, dismesso interi settori della biblioteca. Col tempo si diviene essenziali, forse. Fatto sta che ormai sopporto poco e se un disco, uno scritto, un quadro devono appesantire il mio piatto, i miei scaffali o le mie pareti devono essere il risultato di un vaglio spietato.
Ma dicevamo delle sparate. Sparate per delle questioni musicali ne ricordo poche, ma buone. Una volta tentai di strappare una EKO dalle mani importune di un tizio che tentava i primi accordi di Hey Jude. Ancora: mi torna in mente un battibecco a proposito dei Led Zeppelin. Uno screzio a causa di Elton John e Lou Reed. E ricordo gli inevitabili scontri con i cultori delle Corporazioni, ovvero coloro che ammettono dignità solo al genere preferito: i melomani classici (da cui discendono gli odiosissimi audiofili), i proggaroli, i metallari (forse i più fanatici), i jazzaroli (alcuni sono irritanti), e i bluesaroli. Con un bluesarolo ebbi un amabile diverbio qualche centinaio d'anni fa. Sostenevo, in buon ordine e accettabile italiano, questa tesi: l'unico blues degno di rilievo è quello che promana necessariamente dalla sofferenza e dal disagio (sentimento che, infatti, contraddistingue i  bluesmen radicali - nati alle radici del blues - oppure personalità d'eccezionale rilievo). Ed è necessario che sia così, poiché tale musica, a causa della propria stessa struttura, risulta chiusa e devota a uno schematismo ben riconoscibile; quindi, se manca tale elemento, essa si risolve o nella prevedibile maniera o nel virtuosismo più stucchevole. Ne concludevo che Blues jam at Chess era un buon album, piacevole e caldo, ma anche datato, ripetitivo, manieristico, e tutt'altro che entusiasmante - un disco il cui alone leggendario (gli inglesi di Mayall a Chicago! C'è Peter Green! E Buddy Guy e Willie Dixon!) riposava sull'eredità di recensioni e considerazioni d'alto conformismo.
Lo sventurato rispose.
E ci attaccammo con foga. 
Erano bei tempi. Pensate un poco: due ventenni che si accapigliano per i Fleetwood Mac prima maniera!
Erano bei tempi.
Ma dove sono le nevi dell'altr'anno?

giovedì 6 novembre 2014

Zamrock rules - Seventies rock from Zambia vol. 2 (W.I.T.C.H./Amanaz/Rikki Ililonga)

W.I.T.C.H.
Ancora una notevole tripletta dallo Zambia.
Rock puro (con inflessioni funk nel caso di Ililonga), essenziale, tanto da apparire povero (a causa anche della produzione, molto spartana); internamente, tuttavia, può avvertirsi una carica sanguigna e sorgiva che difficilmente si ritroverà nella musica occidentale dagli Ottanta in poi. Da ascoltare.


W.I.T.C.H. - Lazy bones (1975). Chris Mbewe, voce, chitarra; John Muma, voce, chitarra; Gedeon Mulenga, basso; Boidi Sinkala, batteria; Emanyeo Jagari Chanda, voce, percussioni.

Amanaz - Africa (1975). Isaac Mpofu, voce, chitarra: John Kanyepa, voce, chitarra; Jerry Mausala, voce, basso; Watson Lungu, voce, batteria; Keith Kabwe, voce, percussioni.

Rikki Ililonga - Soweto (1978). Rikki Ililonga, voce, chitarra, percussioni; Francis Njorege. tastiere; Peter Giraudo, basso, tastiere; Franco Otieno, batteria; Tutuga Yeni, cori.

lunedì 3 novembre 2014

Genesis - Viva Italia! Live in Reggio Emilia, 20 gennaio 1973/Live in Roma 22 gennaio 1973

Me ne stavo leggendo bel bello la poesia di William Wordsworth, Erravo solitario come una nuvolauna delle più celebri composizioni in lingua inglese, quando ebbi a catturare, con la coda dell'occhio interiore, l'inevitabile primo rigo del testo originale: I wandered lonely as a cloud.
E sorse la domanda: ma non è questo anche il primo rigo di The colony of Slippermen, da The lamb lies down on Broadway? E risposi: certamente che lo è ... ma che domande mi faccio ... domande retoriche, oziose ... finte domande ...
Oggi leggo Webbaticy su Tuningmaze 3.0: "E' davvero interessante notare quanto le preferenze possano cambiare nel corso del tempo: un disco che si pensava da isola deserta, da colossale punto di riferimento ed ardentemente amato, può sorprendentemente invecchiare ed essere sottostimato (quasi mai capita il contrario, invece). L'esperienza può fare anche questi scherzi: man mano che si continua a scoprire e scavare, le coordinate possono spostarsi in più direzioni.
Per quanto mi riguarda, col tempo ho appurato che i miei gusti si allontanano sempre di più dal melodismo e vanno ad approcciare lidi scontrosi, di sostanziale sperimentazione ed ostinatamente contro".
Che dire? Sono d'accordo con lui. L'ho già detto in un mio post, peraltro. Posso solo aggiungere che certo melodismo, a volte, torna a essere apprezzato, come succede, per esempio, a The colony of Slippermen, recuperato grazie all'occasione letteraria ...
Si torna allo stesso punto della cicloide, si torna ai Genesis, come quando si aveva quindici anni, ma ci si torna spostati di qualche migliaio di anni luce ... con parecchia sapienza e cicatrici in più ...
Anche questo mi sembra d'averlo già detto: l'importante è il viaggio.

Palazzo dello Sport, Reggio Emilia, 20 gennaio 1973

Watcher of the skies
Story of Henry & Cynthia
The musical box
The fountain of Salmacis
Story of two ladies
Get 'em out by Friday
Inspiration story
Supper's ready
A humourous sketch
The return of the Giant Hogweed
The knife


Palasport, Roma, 22 gennaio 1973

Watcher of the skies
The musical box
The fountain of Salmacis
Supper's ready
The return of the Giant Hogweed
The knife