mercoledì 30 gennaio 2013

Early psychedelia vol. 9 (Fever Tree/Mouse & The Traps/Doors 1^ parte/Doors 2^ parte)

Mouse & The Traps

Fever Tree (USA, Houston, Texas) - Fever Tree (1968). Si comincia con un'infelice volgarizzazione di Bach (Imitation situation - Toccata and fugue), si prosegue con una buona composizione di beat psichedelico (Where do you go, con tocchi dal Bolero di Ravel!, replicati in Filligree & shadow), poi i ragazzi rimettono i piedi a terra, virano sui Beatles (Day tripper) e trovano il loro peculiare registro con le ultime due tracce, la notevole Unlock my door e l'intimista Come with me (Rainsong). Dennis Keller, voce; Michael, chitarra; Rob Landes, tastiere, flauto, violoncello; E. E. Wolfe III, basso; John Tuttle, batteria, percussioni.

Mouse & The Traps (USA, Tyler, Texas) - The Fraternity years (1997; recordings 1965-1968). È nato prima l'uovo (A public esecution dei Mouse Traps) o la gallina (Like a rolling stone o, meglio, il Bob Dylan elettrico)? Ovviamente la gallina, mi affretto a dire con i piedi lambiti dalle fiamme infernali direttamente attizzate da Jimmy 'Aleister' Page di cui ho leso la maestà blues. Certo che l'interpretazione vocale di Weiss e il folk elettrico à la Byrds sono, a tratti, affini in modo sconcertante ai coevi (1965) esperimenti del Vate. Alto il livello, piacevole la varietà (influssi orientali, blues etc etc). Una sorpresa. Mouse (Ronnie Weiss), voce, chitarra; Bugs Henderson, voce, chitarra, banjo; Doug Rhone, voce, chitarra; Tim Gillespie, tastiere; Randy Fouts, tastiere; Robin Hood Brians, tastiere; David Stanley, basso; Don Levi Garrett, batteria; Ken Murray, batteria.

Doors (USA, Los Angeles, California) - Live at The Matrix (2008; recordings 1967). Registrata fra il 7 e il 10 Marzo 1967 al Matrix di San Francisco, questa è una delle migliori esibizioni del miglior periodo dei Doors. Da ascoltare e basta. Jim Morrison, voce; Robbie Krieger, chitarra; Ray Manzarek, tastiere; John Densmore, batteria.

lunedì 28 gennaio 2013

Early British punk from A to Z vol. 3 (Basczax/Bears/Bee Cee Cee/Belsen Horrors/Bernie Tormé Band/Blanks/Bleach Boys/Blitz/Blitzkrieg Bop/Blunt Instrument/Boomtown Rats/Boys/Bullets/Buzzcocks)

Buzzcocks

Basczax (Teesside) - The best of Basczax (2009; recordings 1979-1980). Alan Savage, voce, chitarra; John Hodgson, tastiere; Jeff Fogarty, sassofono; Mick Todd, basso; Alan Cornforth, batteria.

Bastard (Crawley/Brighton). Una manciata di singoli introvabili. Alan Ward, voce; Yves Kengen, basso; Nobby Goff, batteria.

Bears (Watford) - On me (1978; 7'')/Insane-Roots of punk (1986; recordings 1977). Mick North, voce; George Gill, chitarra; Kris Kershaw, chitarra; Ron West, basso; Cally Cameron, batteria.

Bee Bee Cee (Edimburgo) - You gotta know girl/We ain't listening (1977; 7''). Dave Gilhooley, voce; Callum McNair, chitarra; Blackie, tastiere; Bob Gilhooley, basso; Zokko, batteria.

Belsen Horrors (Edimburgo) - Virginia plain/Pin up boy contenute nella compilazione Look to the future vol. 1. Lenny Helsing, voce; Steve Fraser, chitarra; Mark Patrizzio, basso; Keith Wilson, batteria.

Bernie Tormé Band (Dublino) - I'm not ready (1978; 7’’)/Weekend (1979; 7’’).

Blanks (Peterborough) - The Northern ripper (1979; 7’’). Neil Singleton, voce; Andy Jackson, chitarra; Allen Adams, basso; Andy Butler, batteria.

Bleach Boys (Hitchin) - Singles and some (recordings 1976-1982)/Stocking clad nazi death squad bitches (1983; 12’’). Frankenstein, voce; Thermo, chitarra; Jimmy Jesus, basso; Nuke, batteria.

Blitz - Strange boy/London is not for tourists (demos). Ruth Carr, voce; Jez Hartley, chitarra; Big George Webley, basso, tastiere; Ed Butler, batteria.

Blitzkrieg Bop (Cleveland) - Top of the Bops (1998; recordings 1977-1978). Blank Frank, voce; Mickey Dunn, chitarra; Gloria, chitarra; Mick Sick, basso; Nicky Knox, batteria.

Blunt Instrument (Londra) - No excuse/Interrogation (1978; 7’’). Robert Sandall, voce, chitarra; Bill Benfield, chitarra; Ed Shaw, basso; David Sinclair, batteria.

Boomtown Rats (Dún Laoghaire; EIRE) - Boomtown rats (1977). Bob Geldof, voce, arpa; Gerry Cott, chitarra; Garry Roberts, voce, chitarra; Johnnie Fingers, voce, tastiere; Albie Donnelly, sassofono; Pete Briquette, voce, basso; Simon Crowe, voce, batteria.

Boys (Londra) - I don’t care (1977; 7’’)/The Boys (1977). Matt Dangerfield, voce, chitarra; Honest John Plain, voce, chitarra; Casino Steel, voce, tastiere; Duncan ‘Kid’ Reid, voce, basso; Jack Black, batteria.

Bullets (Birmingham) - Girls on page 3/Grammar school (1978; 7’’).

Buzzcocks (Bolton) - Spiral scratch (1977; 7’’)/Orgasm addict (1977; 7’’)/Singles going steady (1979). Howard Devoto, voce (1976-1977); Pete Shelley, voce, chitarra; Steve Diggle, chitarra, basso; Garth Smith, basso (1977); Steve Garvey, basso; John Maher, batteria.


domenica 27 gennaio 2013

Nurse With Wound list vol. 23 (Ibliss/L'Infonie/International Harvester/Iskra/Island/Martin Davorin Jagodic)

NWW list vol. 23. Island

133. Ibliss (Germania) - Supernova (1972). Incroci psichedelici e jazz-rock fortemente ritmati (soprattutto per merito di Hammoudi, già con gli Organization): un impasto dal sapore fortemente Seventies. L’ultima traccia, la migliore, dai toni distesi e ammalianti, sfiora il liquido registro dei Popol Vuh. Basil Hammoudi, voce, flauto, percussioni; Wolfgang Buellmeyer, chitarra, percussioni; Norbert Buellmeyer, basso, percussioni; Rainer Buechel, flauto, sassofono; Andreas Homann, batteria, percussioni.

134. L’Infonie (Canada) - Volume 333 (1972). Free-jazz, progressive, improvvisazione, si susseguono felicemente in questo rimarchevole lavoro proveniente dal Quebec canadese. Provocazioni alla John Cage, progressive cerebrale di derivazione Canterbury, Beethoven, Zappa, concessioni all’elettroacustica (Boudreau è ammiratore di Stockhausen, Xenakis, Ligeti) compongono un pout-pourri inesauribile. Raôul Duguay, voce; Michel Lefrancois, chitarra; Yvon Trudeau, chitarra; Jacques Beaudoin, basso; Jacques Valois, basso; Gilles Henault, tastiere; Michel Gonneville, tastiere; Andre Pelchat, sassofono; Walter Boudreau, sassofono; Jean Grimard, sassofono; Pierre Daigneult, sassofono; Jacques Beaudoin, contrabbasso; Ysengourd Knörh, percussioni.

135. International Harvester (Svezia) - Sov-gott Rose Marie (1968). Gli International Harvester (il nome deriva da una fabbrica di macchine agricole statunitense) scaturirono dai Pärson Sound, una delle prime radici del progg finlandese, anticommerciale e libertario (non necessariamente riconducibile al prog continentale - una ‘g’). Gli Harvester reagirono ad una trasformazione della società scandinava in atto a cavallo fra i Sessanta e i Settanta tesa all’occidentalizzazione più convulsa (come si può desumere, ad esempio, dai gialli degli svedesi Maj Sjöwall e Per Wahlöö). Nell’album convivono sketch più immediatamente politici e vignette polemiche contro lo sviluppo capitalistico (The Runcorn report on Western progress) assieme a improvvisazioni di più ampio respiro: I mourn you (12’47’’) e le litanie How to survive (11’42’’) e Skördetider (24’59), echeggianti il minimalismo di Terry Riley, cui i Nostri pagheranno un tributo artistico nei lavori successivi. Bo Anders Persson, voce, chitarra; Thomas Tidholm, voce, corno; Arne Ericsson, violoncello; Urban Yman, violin; Torbjörn Abelli, basso; Thomas Gartz, batteria.

136. Iskra (Svezia) - Allemansrätt (1977). Reparto bizzarrie, ma non troppo: tribalismi (Den Ensamme Ciclysten), squittii alla Chipmunks, marcette vaudeville (Halte Kameraden), influssi mediorientali. Sfugge un senso unitario; a meno che questi non sia da ricondurre ad una ribalda anarchia. Iskra fu un giornale pre-rivoluzionario russo che vantò come redattore Vladimir Lenin. Allan Olsson, sassofono, oboe, flauto; Jörgen Adolfsson, sassofono, flauto, vibrafono, percussioni; Tuomo Haapala, basso, tromba, percussioni; Arvid Uggla, basso, tuba, percussioni; Sune Spångberg, batteria, percussioni.

137. Island (Svizzera) - Pictures (1977). Capolavoro indiscutibile del tardo progressive europeo. Tutte le sonorità pregresse del genere sembrano convenire nell’opera: Yes, Genesis, le architetture di Canterbury (lato Henry Cow, NWW21), anche se l’ascendenza più suggestiva è da ricercarsi nelle complesse introversioni dei Van der Graaf Generator. Il tutto vale solo come indicazione, però: la perizia strumentale e la miracolosa fluidità compositiva (per più di settanta minuti), ottenuta senza il ricorso a basso e chitarra, rendono gli Island unici. Benjamin Jäger proveniva dai Toad. Copertina storica di H.R. Giger, creatore di Alien. Benjamin Jäger, voce, percussioni; Peter Scherer, voce, basso, tastiere; Güge Jürg Meier, batteria, percussioni; René Fisch, voce, flauto, clarinetto, sassofono, triangolo.

138. Martin Davorin Jagodic (Jugoslavia) - Tempo furioso (Tolles Wetter) (1975). Pubblicato dall’italiana Cramps, il lavoro risente dell’influenza del concretismo francese; si compone di due lunghe tracce (20’08’’ e 21’58’’) in cui vengono allineati rumori da foresta pluviale, inquietanti interferenze elettroniche, estratti da radio e televisione, rumori di fondo interstellari, monologhi desolati. Il tutto avvolto in una atmosfera incombente da finis terrae. Da ascoltare.

venerdì 25 gennaio 2013

Kevin Ayers at the BBC - 1970/1972/1973-1976


10.02.1970 (broadcast 28.02.1970; Top Gear; Maida Vale 4; Ayers; Wyatt; Bedford; Coxhill; N. Evans; Dean; Dobson; H. Hopper; Ratledge)

- Clarence in Wonderland
- Stop this train
- Why are we sleeping
- You say you like my hat

07.05.1970 (broadcast 17.05.1970; Paris Cinema, Lower Regent Street; Ayers, Bedford, Oldfield, Coxhill, Fincher)

- Love is
- We did it again

20.05.1970 (Alan Black)

- Gemini chile
- Lady Rachel
- Shooting at the moon

09.06.1970 (broadcast 11.07.1970; Maida Vale 4; Ayers, Bedford, Oldfield, Coxhill, Fincher)

- Derby day
- The interview
- We did it again/murder in the air
- Lunatic’s lament

06.01.1972 (BBC in Concert; Ayers, Oldfield, Dufort, Bedford, Coxhill)

- Lady Rachel
- May I
- Clarence in wonderland
- Whatevershebringswesing   
- There is loving
- Margaret
- Colores para Dolores
- Crazy gift of time
- Why are we sleeping?

21.03.1972 (broadcast 14.04.1972; Studio T1, Transcription Service, Kensington House, Shepherd's Bush; Ayers, Wyatt, Van Derek plus 8) 

- Take me to Tahiti
- Whatevershebringswesing
- Stranger in blue suede shoes
- The interview

17.05.1972 (Bob Harris)

- Lunatic's lament
- Oyster and the flying fish
- Butterfly dance
- Whatevershebringswesing
- Falling in love again
- Queen thing

11.04.1973 (Bob Harris)

- Interview
- Oh what a dream
- Shouting in a bucket blues

09.07.1974 (broadcast 30.07.1974; John Peel; Langham 1; Ayers, Rabbit, Halsall, Legget, Smith)

- Another whimsical song
- Lady Rachel
- Stop this train
- Didn't feel lonely till I thought of you

11.11.1974 (Rock On)

- Stranger in blue suede shoes

27.03.1975 (BBC in Concert; Ayers, Wills, Newman, Halsall, Zoot Money)

- Didn't feel lonely
- Observations
- Stranger in blue suede shoes
- Interview
- Farewell again

13.07.1976 (broadcast 22.07.1976; Maida Vale 4; Ayers, Summers, Zoot Money, McCracken, Townsend)

- Mr Cool
- Love's gonna turn you round
- Star
- Ballad of Mr Snake

30.09.1976 (BBC in Concert; Ayers, McCracken, Townsend, Evans, Summers, Zoot Money)

- Shouting in a bucket blues
- If you want to be a star
- Love's gonna turn you around
- Mr. Cool
- Ballad of Mr Snake
- Blue

mercoledì 23 gennaio 2013

AC/DC - Let there be rock. The best of AC/DC 1974-2008 (2012) 1^ parte/2^ parte


Se è vero che spesso il genio è insondabile attrazione verso gli aspetti più obliqui e malati d'una corrente artistica o d'un personaggio - attrazione poi sancita dal riconoscimento collettivo (a volte inopinato) e, infine, santificata dal conformismo, allora Led Zeppelin IV è un album geniale.
I simboli lovecraftiani, il satanismo velato, gli sbuffi sulfurei di Aleister Crowley, l'accorta gestione pubblica, le radici blues etc etc. Cosa possono contrapporre a tale spiegamento di mezzi una cricca di inglesi e scozzesi da esportazione, capitanati da un urlatore lascivo (prima) e da uno starnazzatore (poi; una gallina spennata senza voce: Pino Scotto dixit), una masnada di volgari rissaioli con un chitarrista di inesauribile buffoneria (e l'altro che sembra sempre alle soglie dell'infarto al miocardio), capaci di estenuare il buon gusto con una messa in scena dal vivo di geometrica potenza kitsch? C'è poi la questione delle radici blues ... Nessuno sa cosa siano le radici blues, forse ne saprebbe qualcosa un bluesman radicale degli anni Dieci, ma, in mancanza della testimonianza, la citazione è d'obbligo per chiunque si voglia incensare. I Led Zeppelin e i Rolling Stones c'hanno le radici blues, anzi gli Stones, abundatis abundantiam, hanno pure quelle rhythm 'n' blues, tanto chi controlla. Gli AC/DC, invece, al massimo hanno copiato i Free. Certo le radici blues non possono competere con le radici e le ascendenze jazz, vogliamo scherzare. Ne Il pendolo di Foucault di un Umberto Eco in vena di resipiscenze politiche e accademiche cosa fa il protagonista? Mentre in tutta Italia (anni Settanta) tutti menano le mani e cercano di scapolare un 18 di tanto in tanto, egli studia indefessamente e ascolta musica. Quale? Biglietto per l'Inferno, Battisti, Claudio Villa? Macché: del buon jazz naturalmente, magari in penombra sul divanetto mentre centellina qualche liquorino scelto. Gli AC/DC col jazz e le radici blues c'entrano poco, bevono birra a canna, le ascendenze musicali le hanno sicuramente bastarde e sono pure coatti. Allora? Allora dobbiamo prendere coraggio a parecchie mani, prendere la rincorsa e, nel nome di un sano ingaglioffimento e di David Lee Roth, dichiarare solennemente che Back in black è pari a Led Zeppelin IV e che Shoot to thrill è strepitosa (e meno smancerosa e piacionica di Hairway to Steven), che la tracklist in questione è strepitosa anch'essa e che comunque se questi hanno venduto più di cinquanta milioni di copie con un solo disco tanto fessi non sono.
Come vedete mi prendo delle responsabilità storiche. 
Buon ascolto.

01 - It's a long way to the top (if you wanna rock 'n' roll)
02 - Live wire
03 - TNT
04 - High voltage
05 - Ain't no fun (waiting round to be a millionaire)
06 - Dirty deeds done dirt cheap
07 - Problem child
08 - Dog eat dog
09 - Let there be rock
10 - Whole lotta Rosie
11 - Rock 'n' roll damnation
12 - Down payment blues
13 - Gimme a bullet
14 - Riff raff
15 - Highway to hell
16 - Touch too much
17 - Shot down in flames
18 - Hell's bells
19 - Shoot to thrill
20 - You shook me all night long
21 - Back in black
22 - Givin' the dog a bone
23 - Shake a leg
24 - For those about to rock (we salute you)
25 - Evil walks
26 - Flick of the switch
27 - Nervous shakedown
28 - Who made who
29 - Sink the pink
30 - Shake your foundations
31 - Chase the ace
32 - Heatseeker
33 - Stiff upper lip
34 - Thunderstruck
35 - Ballbreaker

martedì 22 gennaio 2013

Genio, follia e hardcore - The Germs complete collection


Scrive Gottfired Benn (1888-1956) in Genio e follia: "Ora sorge una domanda particolarmente importante per la nostra indagine: in quale momento in quale condizione affiora la dote geniale all'interno di una famiglia? ... quando la famiglia comincia a degenerare. Quando, dopo generazioni laboriose, cominciano la decadenza, la bancarotta economica, il suicidio, la criminalità, è anche l'ora del genio ... diciamo piuttosto genio e degenerazione, spiegando ... che la degenerazione è la combinazione di una variante corporea negativa e di un evento psichico che non rende più possibile una vita conforme al tipo della maggioranza della specie e rende problematica o annulla la sopravvivenza dell'individuo". E ancora: "Genio è malattia, genio è degenerazione", ma ciò non basta; occorre il sigillo delle folle, della collettività: quest'ultima compie la trasformazione da malato a genio a causa del fascino demoniaco che la malattia e la psicosi riveste, a causa della morbosa piega dei "tratti misteriosi" di tali figure deviate ed anormali. "La comunità culturale ... cerca questa circolazione di psicopatia e anomalie negative; essa forma ... la moderna mitologia fatta di ebbrezza e decadenza e tutto questo lo chiama genio".
Entro il nostro sangue e i nostri umori più profondi ribolle, nonostante il rigoroso controllo del neoencefalo, l'ammirazione panica per ciò che devia dalla norma, dalle consuetudini; persiste, sepolta dalle cortecce razionalistiche, l'adorazione per la follia, per il sacro, per il rito sciamanico, per lo scatenamento liberatorio, per il mistero iniziatico.
Non è forse questo il vero segreto del rock più profondo? Il cantante avanza sul palco come un Dioniso orientale, scortato da  una pletora variopinta, satiri, pantere, menadi; scatena il furore eccitando pulsioni prima sconosciute; si atteggia come un Dio malato, decadente, androgino, insinuante; lascia intravedere l'unità primigenia rispetto a cui le cure quotidiane appaiono insignificanti e ridicole; possiede i nostri cuori.
Darby Crash (1958-1980), fondatore dei Germs e dell'intero hardcore americano, fu uno di questi dei insani.
Povero Darby, povero Dioniso crocifisso!


domenica 20 gennaio 2013

Un film un disco (e soprattutto un libro) vol. 3 - F.F. Coppola/Carmine Coppola/Joseph Conrad - Heart of darkness (1899)/Apocalypse now (1979)

"He cried out twice, a cry that was no more than a breath: 'The horror! The horror!'"

Prima di un film e di una colonna sonora (celeberrimi), Cuore di tenebra fu un resoconto, impareggiabile e definitivo, sul nichilismo europeo e sulla devoluzione spirituale dell’uomo occidentale.
Conrad ci guida verso il nostro cuore di tenebra secondo una Via crucis scandita progressivamente da una prosa precisa, implacabile e, nel contempo, letterariamente ricchissima: in essa convivono per miracolo sia il registro prezioso che l’andamento narrativo.
Il libro (il diario d’una spedizione africana verso una stazione coloniale interna retta da Walter Kurtz) è una gigantesca chiamata in correità (nel tempo e nello spazio) dell’intera koiné europea: nel tempo, poiché il narratore, Marlow, associa nel capitalismo di rapina sia i conquistatori romani dell’Inghilterra che i colonizzatori africani di quasi due millenni dopo; nello spazio, perché nessuno può dirsi escluso: la Società delle Colonie ha sede a Bruxelles; Kurtz è mezzo francese mezzo inglese; l’aiutante di Kurtz russo; Marlow è inglese e si imbarca su di un piroscafo francese e, prima di inoltrarsi nella giungla, incontra danesi, svedesi, olandesi, di nuovo francesi, scozzesi.
L’uomo europeo (e perciò mondiale, globalizzato) è ormai agito non da una divinità furibonda e lurca di sangue, ma “da un demone flaccido, bugiardo, miope, di una follia rapace e spietata”, da “un’ottusa rapacità”; la prefigurazione è quella dell’homo novus attuale, deprivato empaticamente, sordo ai richiami della cultura passata, tenuto in piedi esclusivamente dalla propria voracità criminale di cui peraltro ignora la pulsione profonda e l’utilità (situare la sede di questo virus proprio a Bruxelles è un tocco profetico di prim’ordine).
Il viaggio verso Kurtz (“estenuante pellegrinaggio attraverso un repertorio di spunti per incubi”) è la progressiva scoperta di questa inutile e glaciale follia sterminatrice che pare propagarsi endemicamente colla semplice presenza (in)umana così come nel film The cure di Kiyoshi Kurosawa il male si trasferisce per contatto.
Marlow/Conrad si fa subito gioco di filantropismo, nazionalismo, lumi e progressione sociale, ovvero della menzogna civilizzatrice: “un’idea da esaltare, davanti alla quale inchinarsi e alla quale offrire dei sacrifici …”; “dopotutto ero anch’io parte della grande causa da cui nascevano quelle alte e nobili imprese”; “[non c’era] nessuna moralepiù di quanta ne abbiano dei ladri che scassinano una cassaforte”; più oltre: “sulla stampa e nei discorsi della gente circolavano un mucchio di stupidaggini [sul come] svezzare quei milioni di ignoranti dalle loro orride usanze”; “i principî sono … straccetti graziosi pronti a volarsene via al primo scossone”; “la bandiera [francese] pendeva flaccida” dalla cannoniera; un’altra bandiera è ridotta a “brandelli irriconoscibili e penzolanti”: i conquistatori si mascherano dietro una superiorità ed un paternalismo omicida e tutti i più esaltati e virtuosi labari ristanno quali orpelli rugginosi. L’Occidente avanza come un Moloch insensato: “c’era un tocco di follia in quel modo di procedere, un senso di stramberia lugubre”; gli avamposti hanno nomi come Little Popo o Gran Bassam “[nomi che] che parevano usciti da una sordida farsa messa in scena davanti a un sinistro fondale”; lacerti della produzione capitalistica di guerra giacciono inanimati come i resti perversi di un’orgia innominabile (“un vagone ferroviario abbandonato a terra capovolto con le ruote all’aria”; una congerie infranta di “tubi da scolo”, poi “pezzi di macchine guaste, un mucchio di verghe rugginose”; ancora insensatezze: “una grande fossa artificiale .. lo scopo della quale mi fu impossibile individuare”; “una sorda e pesante detonazione scosse la terra, una nuvoletta di fumo uscì dal picco e fu tutto … Stavano costruendo una ferrovia. Il picco non sbarrava nemmeno la strada, ma queste esplosioni senza scopo costituivano tutta l’attivita presente”.
Quella terra, oggetto di distruzione e sfruttamento, rimane peraltro incomprensibile ai conquistatori: “eravamo tagliati fuori dalla comprensione, viandanti in una terra preistorica”; l’unico rimedio è annientare: “in quella vuota immensità di cielo, terra e acqua … [la cannoniera francese] se ne stava là, incomprensibile, a sparare contro un continente”. Tutti coloro che si oppongono a questa volontà di potenza sono nemici, ribelli, criminali e assimilati al vuoto che li riduce in schiavitù: il prigioniero negro “fissava il vuoto in un modo intollerabile e spaventoso” … “gli occhi affossati mi guardarono, enormi e vacui, una specie di cieco bianco guizzo nelle orbite profonde, che lentamente si spense” … “in un contorto abbandono”, la “testa lanosa” sul petto; un inferno glaciale, un “quadro di massacri e pestilenze”, la morte in vita: questa è la Libia, il Congo belga, l’Eritrea, il Sudafrica, il Cile, l’Iraq, l’Afghanistan, la Siria, il Mali; Conrad, a più di un secolo di distanza, ci inchioda alla complicità.
Si arriva finalmente a Kurtz, uomo di oggi, apolide e senza precisa incombenza (lo descrivono via via come pittore musicista poeta politico e autore del libello “Soppressione dei costumi dei selvaggi”), concrezione e simbolo della prevaricazione cieca che si rinnova di rapina in rapina, di omicidio in omicidio; egli vuole tutto, incessantemente, vuole il potere, la terra, l’avorio: egli stesso è avorio (calvo e bianchissimo), è volontà inesausta di possesso, insensata e bloccata in un giga irrazionale che non trova requie: ”aprì la bocca come se avesse voluto inghiottire tutta l’aria, tutta la terra, tutti gli uomini”. Siamo alla fine del viaggio, nella scaturigine stessa del novello Occidente, della tenebra che ha abbuiato i vecchi cuori e forgiato nuove tigri d’acciaio. Kurtz muore (“Mistah Kurtz. He dead”) e, nell’agonia, ha rivelazione della malattia epocale che l’ha imprigionato e agito sin lì. Marlow alfine ne prova ammirazione: Kurtz infatti è una ricapitolazione intatta e gigantesca del male, una figura priva delle ridicole finzioni del nazionalismo, del progresso, della civiltà, della magnifiche sorti; è crudeltà, arrivismo, ingordigia, ma senza sordidezze o macchinazioni. Omicida e santo, egli è un puro; per lui Marlow, disilluso come un Buddha che ha esperito l’orrore della vita, arriverà a mentire.
Coppola derubrica l’universale infamia dell’Occidente alla scaramuccia che gli Americani ebbero nel Sud-Est asiatico; tradisce a tratti la fonte originale, slitta nel didascalico (il bric-a-brac letterario di Kurtz, troppo scoperto: Eliot, Weston, Frazer), si affida a scene facili (la cavalcata degli elicotteri) e spettacolari, ma, specie nella versione lunga, trova i bagliori eccezionali del capolavoro: l’episodio delle conigliette di Playboy, l’avamposto nostalgico dei francesi, i monologhi di Marlon Brando, le scene di desolazione fluviale, l’inizio al ritmo dei Doors, la battaglia colorata con fuochi d’artificio lisergici.