venerdì 31 agosto 2012

70s progressive in Italy vol. 11/11 - Compilation 1/Compilation 2/Compilation 3

Demetrio Stratos
Errori, dimenticanze e curiosità alimentano questa ultima puntate nel progressive italiano.
Non mancano i pezzi grossi, dagli Area, band davvero internazionale, ai supergruppi Telaio Magnetico (Battiato, Lino Capra Vaccina, Juri Camisasca), Venegoni & Co. (Gigi Venegoni dagli Arti e Mestieri), Il Volo (Vince Tempera, Alberto Radius, Mario Lavezzi …); non mancano sorprese (Blue Phantom ovvero il violinista Armando Sciascia), i Prima Materia (vocalità tra new age e influenze orientali), il grand jazz-rock di Roberto Colombo e di Spirale, St. Tropez (ovvero Ciro Perrino), Raul Lovisoni e Francesco Messina, coadiuvati dai soliti Camisasca e Battiato. Attenzione ai Reale Impero Britannico, già Cherry Five e futuri Goblin.

I

Area - Are(A)zione
Area - La mela di Odessa
Area - Arbeit Macht Frei
Area - Cometa rossa
Area - Gioia e rivoluzione
Area - Luglio, Agosto, Settembre (nero)
Area - Mirage!
Beia Come Aba (Torino) - Confetti di colomba
Black Spirit - Crazy times
Blue Morning (Roma) - Danza dei palombari lottatori
Blue Phantom (Lanciano) - Diodo
Blue Phantom - Dipnoi
Blue Phantom - Distillation
Braen’s Machine - Flying
Cadmo (Alghero) - Boomerang
Capitolo 6 (Viareggio/Livorno) - Frutti per Kagua
Capricorn College - Adamitico sound
Capricorn College - Orfeo 2000

II

Claudio Fucci (Milano) - Viaggia la speranza
Emilio Locurcio (Sicilia) - L’attesa
Francesco Cabiati (Piemonte) - Chok
Franco Leprino - Integrati … disintegrati 2^ parte
Free Wave System (Torino) - Nonostante tutto
Free Wave System - Oltre il tempo
Marcello Capra (Torino) - Aria mediterranea
Mass Media (Torino) - La libertà
Mirageman (Ravenna) - Lightning
Nascita della Sfera - Nascita
Officina Meccanica (Roma) - Via non esiste
Officina Meccanica - Nel grattacielo delle idee il pensiero più alto è la pazzia
Officina Meccanica - Primo turno
Paride egli Stereo 4 (Viterbo) - Naufrago in città
Prima Materia (Roma) - La coda della tigre
Raul Lovisoni-Francesco Messina (Cremona-?) - Amon Ra
Rustichelli & Bordini - Natività

III

Reale Impero Britannico (Roma) - Edda
Reale Impero Britannico - R.I.B.
Richard Last Group (Napoli) - Dharma for one
Richard Last Group - He has gone away
Roberto Colombo (Milano) - Sfogatevi bestie
Roberto Colombo - Sono pronto
Spirale (Roma/Napoli) - Cabral, anno 1
Spirale - Peperoncino (cose vecchie cose nuove)
St. Tropez (Liguria) - Icarus
St. Tropez - Segnale limpido
Telaio Magnetico - Gela parte IV
Telaio Magnetico - Gela parte V
Telaio Magnetico - Reggio Calabria parte III
Trans Europa Express - Il gatto dagli occhi di giada (sequenza 1)
Trans Europa Express - Il gatto dagli occhi di giada (sequenza 8)
Venegoni & Co. - Memoria
Venegoni & Co. - Morti di ideologia
Venegoni & Co. - Opa

mercoledì 29 agosto 2012

Nurse with Wound list vol. 11 (Chillum/Henry Chopin/Chrome/Jean-Cohen Solal/Collegium Musicum/Roberto Colombo)

Marián Varga. NWW vol. 11

57. Chillum (Gran Bretagna) - Chillum (1971). Gruppo nato dale ceneri dei Second Hand. Kieran e Elliott assoldano il chitarrista McGill e danno alle stampe questo unico album in cui si accentuano i tocchi psichedelici e di improvvisazione, evidenti soprattutto nella jam Brain strain (21’42’’). Tony McGill, chitarra; Ken Elliott, tastiere George Hart, basso; Kieran O’Connor, batteria.

58. Henri Chopin (Francia) - Audiopoems (1971). Chopin (1922-2008) fu uno dei rappresentanti francesi più in vista della cosiddetta poesia concreta, ovvero di quella letteratura che non metteva in risalto il semplice significato testuale, ma anche il valore tipografico, sonoro e, soprattutto, interpretativo. Fu tra i primi ad usare registratori per deformare la vocalità e ordire giustapposizioni sonore in modo da creare un’atmosfera evocativa altrimenti inesprimibile con la declamazione classica.

59. Chrome (USA) - Half machine lip moves (1979). Inutile dilungarsi su uno dei maggiori capolavori di sempre. Helios Creed, chitarra e parecchio altro; Damon Edge, tastiere e parecchio altro.

60. Cohelmec Ensemble (Francia) - Next (?). Introvabile.

61. Jean Cohen-Solal (Francia) - Flûtes libres/Captain Tarthopom (1972-1973). Flautista di vaglia, compositore per il cinema, insegnante ed autore di soli due dischi, qui raggruppati. Nel primo, un classico del progressive francese, la maestria strumentale non è mai invasiva e, anzi, in Quelqu’un (17’10’’) cede il posto alla ricerca di atmosfere arcane. Il secondo è giocato su arie più distese e meno problematiche, a parte l’eccellente trittico finale. Da ascoltare.

62. Collegium Musicum (Cecoslovacchia) - Konvergencie (1971). Un altro classico europeo, questa volta del progressive sinfonico. Omaggi a Johann Sebastian Bach e Josef Haydn, ma anche (nella versione ampliata in CD) un profluvio di grande musica orchestrata dalle tastiere di Marián Varga, ben più di uno Wakeman, ben più di un Emerson. Ma chi lo sa? Ludovít Nosko, voce, chitarra; Karel Witz, chitarra, Marián Varga, tastiere; Fedor Frešo, basso; Dušan Hájek, batteria.

63. Roberto Colombo (Italia) - Sfogatevi bestie (1976). Jazz-rock italico al suo meglio; Roberto Colombo, tastierista milanese, già con l’etichetta di Ricky Gianco, sforna un’opera levigata, ma energica (e aperta alla sperimentazione), coadiuvato da una formazione di prima scelta (Ricky Belloni alla chitarra; Claudio Fasoli, sassofono; Paolo Donnarumma, basso; Gigi Belloni, basso; Walter Calloni, batteria; Flaviano Cuffari, batteria).

martedì 28 agosto 2012

Hlidolf - V01d (2002)

Hlidolf è il moniker del chitarrista norvegese Vidar Ermesjo; V01d, il suo miglior lavoro, vive di un'unica traccia di quasi settanta minuti, una teoria di accordi accennati, echi, pulsazioni e riverberi che si susseguono ininterrottamente generando una cupa e sterminata composizione, gelida ed evocativa: gli Earth di Dylan Carlson la più immediata matrice musicale.
E' un'opera non per tutti - che abbisogna, per accostarla, di una certa predisposizione intellettuale e, oserei dire, d'affinità emozionale. Difficile definirne le qualità, impossibile ricrearne a parole le suggestioni. In un film di Tarkovskij del 1972, Solaris, tratto dal romanzo omonimo di Stanislaw Lem, un oceano (autocosciente?) occupa l'intera superficie d'un pianeta lontano anni luce dalla Terra; un avamposto di scienziati-astronauti ne studia le creazioni plasmatiche: alcune trascurabili, altre estese per centinaia di chilometri; precedute da sommovimenti che durano giorni o mesi, esse sono di durata variabile. Impossibili da definire secondo la geometria plastica terrestre, tali escrescenze planetarie vengono ribattezzate coi nomi più fantastici ed evocativi: montalberi, longhi, perfunghi, mimoidi, simmetriadi, asimmetriadi, vertebroidi, agilanti. Improvvisamente nella base appaiono degli ospiti in forma umana, anch’essi generati da Solaris: Kelvin, il protagonista, vede materializzarsi la moglie suicida, Snaut il figlio morto: il pianeta realizza le sensazioni profonde degli uomini, le loro nostalgie, ma anche, come nel caso di Sartorius, le più recondite depravazioni.
Allo stesso modo l'oceano di Ermesjo ha la capacità di stimolare qualsiasi suggestione in noi: cavità interstellari, pianure immense a volo d'aquila, un gesto perduto, un profumo che ha la stessa realtà di quando lo vivemmo: il sostrato sonoro del norvegese, quasi un tono di basso continuo che trasmuta impercettibilmente rinnovandosi su se stesso, è davvero musica per evocazioni personali, quasi una liturgia atea.

domenica 26 agosto 2012

Nurse with Wound list vol. 10 (John Cage/Can/Capsicum Red/Captain Beefheart/Chamberpot/Checkpoint Charlie/Théâtre du Chêne Noir)

John Cage. NWW list vol. 10
50. John Cage (USA) - Variations IV (1965). Registrate nell’Agosto 1965 presso la  Feigen/Palmer Gallery di Los Angeles (con l’ausilio di David Tudor), le variazioni possono aprirvi un nuovo mondo o ricacciarvi definitivamente fra i neomelodici. Rumori di fondo, registrazioni radiofoniche, interferenze, brandelli di dialogo, squilli telefonici, clangori d’orchestra, marcette, scampanii, brani di musica colta e leggera sovrapposti … Cage miscelò alto e basso in modo da minare alla base l’apprezzabilità estetica. A Lascia e raddoppia, nel 1958, si presentò come esperto di funghi: vinse cinque milioni di lire, poscia si esibì in una performance (per vasi da fiori, vasche da bagno, radio e pentole a vapore) che lasciò Bongiorno allibito. Più alto e basso di così. Un vero terrorista.
 
51. Can (Germania) - Tago Mago (1971). Inutile dilungarsi su uno dei maggiori capolavori di sempre.

52. Capsicum Red (Italia) - Appunti per un’idea fissa (1972). Dopo Mike Bongiorno un altro caposaldo dell’Italia più microscopica: i Pooh. Allora, però, Red Canzian aveva le idee meno chiare e qualche aspirazione in più. Appunti per un’idea fissa non si discosta da limiti e pregi del progressive italiano: accenni colti (la Patetica di Beethoven, Corale), sbrachi nel melodismo facile (She’s a stranger) o stupido (Tarzan), buone invenzioni (Equivoco, Lo spegnifuoco) e professionalità indubbia. Difficile spiegare, tuttavia, perché il disco è in lista. Bruno ‘Red’ Canzian, voce, chitarra; Mauro Bolzan, tastiere; Paolo Steffan, basso; Roberto Balocco, batteria.

53. Captain Beefheart (USA) - Mirror man (1971). Già recensito qui.

54. Chamberpot (Gran Bretagna) - Chamberpot (1976). Ensemble d’improvvisatori dedito ad una musica da camera libera ed irta di aculei. Il primo brano (Sleak and healthy a hippo strolls along the river bank, 20’21’’) rende ragione della copertina ed esemplifica l’arte del quartetto, guidato da Wachsmann, già con John Cage, e studioso di Berio e Varèse. Richard Beswick, oboe, corno inglese; Simon Mayo, clarinetto; Philipp Wachsmann, violino; Tony Wren, contrabbasso.

55. Checkpoint Charlie (Germania) - Grüß Gott mit Hellem Klang (1970). Il Checkpoint Charlie era il posto di blocco situato fra le due parti, occidentale e sovietica, di Berlino. I Checkpoint (esibiscono un Paolo VI in copertina) affiancano Floh de Cologne e Ton Steine Scherben fra i gruppi più impegnati politicamente a sinistra, autori di un cabaret polemico in linea con la tradizione tedesca del Novecento. Recitativi e sberleffi si alternano ad accensioni elettriche e quasi cacofoniche. Uwe V. Trotha, voce; Malte Bremer, chitarra; Werner Walten, chitarra; Joachim Krebssalat, tastiere; Harald Linder, voce, basso; Werner Heß, batteria.

56. Théâtre du Chêne Noir (Francia) - Chant pour le delta, la lune et le soleil (1976). Il gruppo teatrale prende il nome dall’omonimo teatro di Avignone, presso la cappella medioevale di Santa Caterina, in cui s’installò nel 1971. Nonostante l’assenza della plasticità delle immagini per cui la musica fu ideata, il progressive della Quercia Nera funziona bene anche da solo, lento e liquido come un racconto incantato. Gérard Gelas, musiche e testi; Nicole Aubiat, voce, narrazione; Philippe Puech, voce, vibrafono; Monik lamy, voce, percussioni; Daniel Dublet, piano, violoncello, congas; Jean-Louis Cannaud, voce, flauto, sassofono, percussioni; Pierre Surtel, voce, sassofono, vibrafono; Christine SchaffterThierry Bergerot, tastiere; Abel Valls, basso, contrabbasso; Christine Schaffter, voce, sassofono, percussioni; Jean-Pierre Chalon, batteria, percussioni.

venerdì 24 agosto 2012

Bonzo Dog Doo-Dah Band – Doughnut in granny's greenhouse (1968)


I Bonzo Dog (Vivian Stanshall, voce, tromba, ukulele; Neil Innes, voce, chitarra, tastiere; Rodney Slater, sassofono; Roger Spear), nati a Londra verso la metà degli anni Sessanta, rappresentano un brillante tentativo di trasportare nella nuova musica le eterogenee macchiette del vaudeville.
Essi non hanno alle spalle un retroterra culturale come quello americano: il loro sangue non ha assimilato quell'impasto inimitabile di riti sociali e menzogne pubblicitarie che hanno informato il sardonico disprezzo, tinto di nostalgia, di Frank Zappa; non possiedono, inoltre, il profondo pessimismo continentale, proprio di quelle correnti artistiche - Dadaismo – che vengono a loro spesso accostate. Il Dadaismo, nato durante il più grande sfracello umano del Novecento, la Prima Guerra Mondiale, si può esprimere nelle parole di André Gide: “Tabula rasa. Ho spazzato ogni cosa. Fatto! Mi levo nudo sulla terra vergine, dietro il cielo da ripopolare”. Dietro questa semplice frase s'eleva il rifiuto della logica classica, del linguaggio, della coscienza e dell'estetica: da-da erano, peraltro, i primi bisillabi che pronunciavano gli infanti ignari di ogni pensiero pregresso. Tale rifiuto era accompagnato da uno scetticismo assoluto: “Misurata col metro dell'eterno ogni azione è vana” declamava Tristan Tzara, il fondatore; e Breton rincarava: “E' inammissibile che un uomo lasci una traccia del suo passaggio sulla terra”.
I Bonzo Dog hanno poco in comune con tali terroristi se non un certo gusto della provocazione e dello scherzo. Essi attingono a numerose tradizioni musicali, francese (My pink half of the drainpipe), swing (Hello Mabel), blues (Can blue man sing the whites), rock (We are normal) e non per sbeffeggiarle, ma per imbastire una collezione di nitide canzoncine dal tono cabarettistico di netto stampo britannico, alla Monthy Python.
Più eclettici commedianti che anarchici, inclini ad una certa compostezza melodica, essi inscenarono un teatrino che dileggiava gli aspetti borghesi del proprio tempo, ma senza metterlo in discussione. In fondo, di quel ceto, ne facevano parte. D'altra parte non riuscivano a vedere neanche lo strappo metafisico sul cielo che ci protegge, continuo e rassicurante; furono intrattenitori brillanti e sagaci e sbarazzini.

mercoledì 22 agosto 2012

Nurse with Wound list vol. 9 (Brainticket/Brast Burn/Brave New World/Anton Bruhin/Ton Scheine Scherben/Franz de Byl/Cabaret Voltaire)

Cabaret Voltaire. NWW list vol. 9

43. Brainticket (Belgio/Svizzera/Germania/Italia/Gran Bretagna) - Cottonwoodhill (1971). Autentico collettivo europeo (Bryer e Muir britannici, Vandroogenbroeck belga, Frölich tedesco, Lampis italiano, almeno d’origine), i Nostri raggiunsero il loro vertice creativo proprio con tale esordio. Il disco deve le sue fortune alla suite Brainticket, in tre parti (26 minuti totali), tastiere ripetitive ed ipnotiche su cui sfarfallano effetti sonori bislacchi, registrazioni dal vero e la vocalità orgasmica della Muir. Forse sopravvalutato, ma rimane un classico. Dawn Muir, voce; Ron Bryer, chitarra; Joel Vandroogenbroeck, tastiere; Werni Frölich, basso; Cosimo Lampis, batteria, Wolfgang Paap, percussioni, tablas; Hellmut Kolbe, effetti sonori.

44. Brast Burn (Giappone) - Debon (1974). Ancora una formazione dalla genesi oscurissima, probabilmente da assimilare ai Kaluna Khyal (che pubblicarono sulla stessa etichetta). Due lunghi brani, di circa ventitré minuti, da ascoltare assolutamente: tastiere languide, field recordings, percussioni ieratiche, accensioni psichedeliche, nenie vocali, inevitabili tocchi world. Konimara, voce; ?, chitarra; Masabuni, tastiere; Rey Ohara, percussioni.

45. Brave New World (Germania/Irlanda) - Impressions on reading Aldous Huxley (1972). Frase di William Shakespeare, libro di Aldous Huxley (precursore lucido della globalizzazione come pianificazione e conformismo positivo). Non male. I Brave New World ordirono solo questo disco composto da sette strumentali: atmosfere pacate e debitamente psichedeliche in linea con il livello del tempo; vi sono cadute (Lenina) ed episodi interessanti (Soma, la seconda parte di Alpha, Beta, Gamma, Delta); da ascoltare, ma è il tipico caso di assunzione in gloria a causa della rarità. Esther Daniels, voce; John O'Brien-Docker, voce, chitarra, tastiere, percussioni; Herb Geller, tastiere, flauto, sassofono; Lucas Lindholm, basso, tastiere; Dicky Tarrach, batteria, percussioni; Reinhart Firchow, voce, flauto, ocarina, percussioni.

46. Anton Bruhin (Svizzera) - Die Goldabfischer (1969). Esperimento di folk d’avanguardia in cui il multistrumentista svizzero suona praticamente tutto: armonica, flauto, flauto a fischietto, percussioni, marranzano (lo scacciapensieri, di cui è maestro) e il ch-phon, incrocio mitologico fra un sassofono e un tubo di PVC. Spiazzante e ben più di una curiosità. Lo aiutano Stefan Wittwer alla chitarra e Cristian Koradi al basso e violoncello.

47. Ton Steine Scherben & Brühwarm Theater (Germania) - Mannstoll (1977). Storica formazione berlinese (da sempre militante a sinistra e sbilanciata sui temi dello squatting) qui alle prese coi testi del Brühwarm Theatergruppe (provenienti dal proprio spettacolo Männercharme), imperniate su bozzetti di vita quotidiana omosessuale. Risente dell’impostazione teatrale, ma si lascia sentire. R.P.S. Lanrue, chitarra; Rio Reiser, tastiere; Kai Sichtermann, basso; Britta Neander, batteria.

48. Franz de Byl (Germania) - Und (1971). Volete suicidare il vostro blog? Volete scatenare le forze della DMCA? Mettete un link qualunque ad una delle due rarità di Franz de Byl (l’altro è il disco con Heiner Hohnhaus) e verrete sommersi di reclami, insulti e maledizioni (ha persino attaccato discogs.com). Per il semplice fatto di citarlo (in grassetto rosso!) rischio parecchio. E pensare che Und non è neppure male. Potete trovarlo qui. De Byl, we love you.

49. Cabaret Voltaire (Gran Bretagna) - Three mantras (1980). EP diviso in due lunghe composizioni (Eastern mantra e Western mantra, 20’39’’ e 20’12’’), due vere e proprie ipnotiche salmodie elettroniche che prefigurano la nuova avanguardia world degli anni a venire. Giustapposizioni sonore, filtri, ritmi trance, accenni industrial sostanziano uno dei migliori lavori dello storico gruppo di Sheffield (fondato nel 1973). Richard H. Kirk, elettronica; Stephen Mallinder, voce, basso; Craig Watson, elettronica; John Clayton, percussioni.

lunedì 20 agosto 2012

New Bomb Turks - At rope's end (1998)

Nativi di Columbus, nell'Ohio, i New Bomb Turks non hanno inventato nulla; su di loro non può dirsi nulla di quanto non sia stato già detto su formazioni affini; nonostante le asserzioni contrarie di menti eccellenti la loro musica non stimola granché l'allaccio critico con altri gruppi coevi o anteriori; se anche queste relazioni ci fossero non varrebbe la pena indagarle poiché limitate a qualche riff, ad isolati gesti vocali, ad una predisposizione genetica (o forse geografica: i canaglioni principi del Midwest, MC5 e Stooges, potrebbero tranquillamente ricantare Raw law o Streamline yr skull ).
S'intenda: funzionano. Questo è un grande album, forse il loro migliore, con fucilate strepitose, Scapegoat soup, Snap decision, Ally smile, Defiled, ma ispira pochi panegirici; forse è il caldo umido che non favorisce messe a punto affilate? Il clima, d'altronde, è all'origine delle religioni: caldo secco e desertico chiama il monoteismo, la foresta demoni e folletti, il mare e il gelo il politeismo, quindi … Forse, però, mi sorprendo a pensare, è l'armonia delle sensazioni: la fame rende piacevole la sazietà, la guerra la pace e viceversa: infatti, dopo un'oretta di Yanni si apprezzano anche i più triviali punkettoni; dopo un'orata di Diamanda Galas e Unsane la new age più stolida sembra un residuo delle armonie delle sfere celesti; tuttavia, ascoltare la più stolida new age dopo un'oretta di Yanni tende a smussare le capacità ricettive del cerebro: allo stesso modo giudicare i New Bomb Turks dopo Laughing Hyenas e Pussy Galore è ingeneroso: infatti il coltello della volontà ha perso il filo e non riuscirebbe ad affondare in un panetto di burro. Occorre ripristinare, resettare. Ad un tratto un rimedio balena alla mente ormai ottusa; ecco la ricetta: alzatevi dalla poltrona (o dallo scranno), aprite la prima pagina online di qualsiasi quotidiano, scorretelo per un minuto circa; poi accendete la televisione (digitale terrestre), sintonizzavi su un canale qualsivoglia (preferite quelli esclusivamente pubblicitari): stazionatevi qualche minuto, indi recatevi in bagno e aspergetevi il viso con abbondante acqua fredda, sospirate a fondo affacciati alla finestra, ripensate alle tasse pagate o a qualche cartella esattoriale, ritornate alla poltrona, gettate  le cuffie, alzate il volume quanto basta: ecco, adesso i New Bomb Turks funzionano molto meglio, alla grande direi: tutte e tredici le canzoni. La prima parte di questa recensione è, quindi, da evitare. Il volume, alzate il volume! Arrivano i Turchi!   

* Eric Davidson, voce; Jim Weber, chitarra; Matt Reber, basso; Bill Randt, batteria.

giovedì 16 agosto 2012

Grouper - Cover the windows and the walls (2007)

Grouper non è altri che Liz Harris, all'incrocio fra la psichedelia onirica e dilatata di Azalia Snail, Elisabeth Fraser e il paradisiaco incanto di Ashera. La Harris non ha, di certo, il talento melodico di Snail e tende, pericolosamente, alla monocromia: tutte le sue composizioni sono nenie angeliche e tremolanti, aeree e sfumate; solo una volta si sfiora la cupezza (You never come), con un suono più largo e solenne; il tono predominante, invece, è estasiato, melanconico e liquido. Le modulazioni da sirena di Harris sarebbe state perfette nelle scene conclusive del Wild blue yonder di Werner Herzog. Nel film del tedesco, una fantasia fantascientifica, una missione spaziale esplora gli abissi interstellari alla ricerca d'un nuovo mondo abitabile: la Terra, infatti, sta morendo. Gli astronauti trovano un pianeta perfetto, con mari estesi e nuovi esseri viventi: le commoventi riprese finali, sottomarine, svelano una fauna brulicante, dalla vita semplice e miracolosa, resa incantata, rallentata e sognante dal filtro diafano delle acque e dai giochi di luce dei riflettori degli esploratori. Tale scoperta, tuttavia, sarà inutile: al loro ritorno gli astronauti troveranno la Terra spopolata, e riconsegnata (una benedizione?) all'imperio della Natura*.
Per finire: tali lavori possono risultare, per qualcuno, noiosi. Si fa per dire. La noia è un sentimento nobile, da usare per la disperazione metafisica. Noia, in tali casi volgari, significa insofferenza. Quasi impossibile** usarla come parametro estetico: essa esprime, infatti, nel migliore dei casi, la nostra incapacità a rapportarsi con materiali diversi dall'ordinario; nel peggiore significa o scarsa preparazione oppure, quasi sempre, un ottundersi del gusto, reso tale dalla frequentazione con pietanze da dozzina. Un teppista futurista (poco tempo fa ancora alla moda) scrisse addirittura un florilegio di critiche cinematografiche basato sulle sue insofferenze (e non voglio ricordarne il nome, anzi voglio dimenticarlo). Come diceva PPP: “Quanta stupidità … che bolgia di stupidità!”.

* Il film è più complesso: la narrazione è fatta da un alieno caduto sulla Terra.
** Non nel caso di Nietzsche a cui fremevano le gambe quando ascoltava musiche non di suo gusto. 

martedì 14 agosto 2012

Nurse with Wound list vol. 8 (Biglietto per l'Inferno/Jean-Jacques Birgé-Francis Gorgé-Shiroc/Blue Sun/Raymond Boni-Claude Bernard/Don Bradshaw-Leather/Brainstorm)

Brainstorm. NWW list vol. 8

37. Biglietto per l’Inferno (Italia) - Biglietto per l’Inferno (1972). Uno dei lavori più riusciti del progressive italiano (di Lecco) in cui melodia, aggressività di suono e voglia polemica si miscelano con felicità; nonostante i limiti, quasi inestirpabili, dei Settanta italiani: la mancanza di sperimentazione, di arditezza, di sguardo ‘alto’. Confessione è uno dei brani capitali dell’Italian prog. Claudio Canali, voce, flauto; Marco Mainetti, chitarra; Giuseppe Cossa, tastiere; Giuseppe Banfi, tastiere; Fausto Branchini, basso; Mauro Gnecchi, batteria.

38. Jean-Jacques-Birgé-Francis Gorgé-Shiroc (Francia) - Défense de (1975). Cineasta, compositore di colonne sonore per teatro, radio, televisione, Birgé conta all’attivo circa trenta lavori; all’insaputa di parecchi, verrebbe da dire. Defense de, il primo album edito dalla Grrrr (etichetta fondata da lui stesso) è un ragguardevole tour de force di elettronica jazz sperimentale che, nell’edizione in CD, si arricchisce di altri quattro brani. Birgé e Gorgé crearono anche Un drame musical instantané (assieme a François Vitet), ensemble con cui accompagnarono dal vivo, fra l’altro, numerosi film muti (il Caligari di Wiene, L’uomo con la macchina da presa di Vertov, Il gabinetto delle figure di cera di Leni, il Potëmkin di Ejzenštejn …). Jean-Jacques Birgé, tastiere, flauto, sassofono; Francis Gorgé, chitarra, basso; Shiroc, batteria, percussioni.
39. Blue Sun (Danimarca) - Blue Sun (1971). Gruppo hippie, attivo per tutti i Settanta, e devoto ad un blando, ma piacevole rock dominato dalle melodie dei fiati e da innesti chitarristici. Innocuo. Dale Smith, voce, percussioni; Niels Pontoppidan, chitarra; Soren Berggreen, flauto, sassofono, arpa, percussioni; Jesper Zeuthen, sassofono; Poul Ehlers, basso; Jan Kaspersen, piano; Bo Jacobsen, batteria.
 
40. Raymond Boni-Claude Bernard (Francia) - Pout-pourri pour parce que (1978). Improvvisazioni jazz basate sui duetti fra chitarra e sassofono, registrate l’anno prima a Parigi in due distinti live. Lo stile di Boni fu influenzato da quello di Django Reinhardt, lo zingaro sinti che, ricordiamolo, era di origine belga. Raymond Boni, chitarra; Claude Bernard, sassofono.


41. Don Bradshaw-Leather (Gran Bretagna) - Distance between us (1972). Doppio LP ordito da un gruppo la cui storia e la cui formazione rimane oscurissima. Anche il lavoro, diviso in quattro lunghe composizioni di circa venti minuti, è difficilmente inquadrabile. Percussioni tribali ed ossessive sottolineano la predominanza delle tastiere, impegnate nel ricreare toni gotici da Hammer Films. Più un prodotto germanico che anglosassone. Il nostro Antonio Bartoccetti probabilmente ne è entusiasta. Reparto curiosità, ma merita un ascolto.

42. Brainstorm (Germania) - Smile a while (1972). Brillante gruppo di jazz-progressive che vien giù dai rami dell’albero di Canterbury, ma, sostenuto da un‘ottima tecnica esecutiva (bravo il multi strumentista Schaeffer), si avventura anche in campi zappiani (Snakeskin tango) o più mainstream (You are what’s gonna make it last). Un classico, peccato la copertina. Roland Schaeffer, voce, chitarra, sassofono, clarinetto; Eddy von Overheidt, voce, tastiere; Rainer Bodensohn, basso, flauto; Joachim Koinzer, batteria, percussioni.

domenica 12 agosto 2012

New York prefers no(t) - No New York (1978)/N. Y. new wave (2003)

La frase di Bartleby, “I prefer not”, lo scrivano di New York, il suo rifiuto esistenziale di vivere può essere una chiave per comprendere l’ondata nichilista della no wave, di breve vita, ma irriducibile e influentissima; essa nacque schiacciata fra punk anglossassone e hardcore americano (e new wave propriamente detta; nascevano i favolosi Ottanta): la caratteristica precipua, però, non fu lo scontro diretto, il dileggio, le bambinerie a tavolino, ma una potente qualità anamorfica che deformava la musica, l’ambiente civile, l’ideologia dominante creando, a volte inconsapevolmente, un’immagine espressionista della realtà a loro contemporanea.
Con l’hardcore essi ebbero in comune lo straniamento indotto dalla vita metropolitana, un disagio diffuso dovuto al presentimento di un nuovo corso della vita americana intenta a liquidare gli ultimi residui della controcultura; rifiutarono, però, qualsiasi spontaneismo o frontismo; anzi, i loro suoni furono assolutamente mediati dall’intelletto, antitradizionali e antipopolari: in tal senso, antiamericani.
Come detto, la negazione di Bartleby può essere considerata un ghiotto antecedente, ma va ridimensionata a ipotesi complementare. Il cuore dello spaesamento (déracinement) è da ricercare nel cuore della comunità ebraica di New York: Lydia Lunch (Lydia Koch), James Chance (James Siegfried), Alan Vega (Boruch Alan Bermowitz), China Burg (Connie Burg), cantante e chitarrista dei Mars, sono gli elementi di punta del fenomeno no wave; essi, forse, ritrovarono nel proprio sangue il sentire degli ebrei europei di inizio secolo, dalla musica (Arnold Schoenberg, Alban Berg, Guido Adler) alla psicologia (Sigmund Freud, Alfred Adler) alla pittura (Georg Kaiser, Carl Einstein, Chaim Soutine …) alla letteratura (Arthur Schnitzler, Karl Kraus …); tutti artisti o studiosi che, illustrando il caos o la frantumazione del reale, presentivano la dissoluzione della comunità europea. E se i no wavers non fossero stati che i profeti della fine della nuova Gerusalemme d’Israele, la Nuova York d’America? O meglio: la fine di ciò che l’America ha cercato di far credere d’essere sino ad allora: libertà ed opportunità per tutti? Apocalittici e atonali? Perché no.
La prima compilazione (No New York) è celeberrima: fu assemblata da Brian Eno e comprende sedici composizioni, quattro per ciascuno dei quattro artisti presenti: Arto Lindsay (DNA), Lydia Lunch (Teenage Jesus & the Jerks), James Chance (The Contorsions), Mars.
La seconda compilazione include, oltre ai summenzionati, i Suicide e una donna di cui è impossibile non innamorarsi, la francese Lizzy Mercier Descloux (1956-2004), da sola e in coppia col chitarrista Didier Esteban (formavano i Rosa Yemen): le sue canzoncine sghembe in terra americana, ma anche la susseguente evoluzione in un funky-sinth-pop-dance sono da ricordare e rivalutare.

venerdì 10 agosto 2012

Early Psychedelia vol. 3 (Notes from the Underground/Druids of Stonehenge/Other Half/Frumious Bandersnatch)

The Other Half

Notes from the Underground (USA, Berkeley, California) - Notes from the Underground (1968). Formazione attiva sin dal 1963, subisce rimaneggiamenti e defezioni, ma tiene ferma la barra politica (concerti nei grandi parchi, love in, free happenings …). Il tono predominante è quello folk psichedelico (Bella Who needs me), seppur estremamente vario (le influenze anglosassoni, lato beat, si fanno sentire). Fred Sokolow, chitarra, banjo, mandolin; Mark Mandell, chitarra, voce; Skip Rose, tastiere; Mike O’Connor, voce, basso; Peter Oswald, batteria. 

Druids of Stonehenge (USA, Los Angeles, California) - Creation (1967). Formazione oscura dei sobborghi losangelini, i druidi pubblicarono questa unica prova, ricca di energia blues, ruvida e sincera. Accanto alle solite cover (I put a spell on you, It’s all over now baby blue) la coppia Budge-Hauser firma Speed e Pale dream, a loro modo dei piccolo classici. David Budge, voce; Carl Hauser, chitarra; Billy Tracy, chitarra; Tom Paine Workman, basso; Steven Tindall, tastiere, batteria.

The Other Half (USA, Los Angeles/San Francisco, California) - Mr. Pharmacist (recordings 1968-1969). La storia degli Other Half coincide con lo strepitoso talento del chitarrista Randy Holden, capace di dominare la scena come pochi al suo tempo, caratterizzando, al tempo stesso, il suono energico, potente e nervoso del gruppo (basta ascoltare la versione di Feathered fish di Country Joe). Holden apparirà nel terzo disco dei Blue Cheer, poi licenzierà lo sperimentale e storico Population II (per chitarra e batteria), poi, in bancarotta si dileguerà sino alla resurrezione di metà anni Novanta. Uno dei grandi dimenticati della sei corde. Da ascoltare e rivalutare subito. Jeff Nolan, voce; Randy Holden, voce, chitarra; Geoff Westen, voce, chitarra; Larry Brown, basso; Danny Woody, batteria.

Frumious Bandersnatch (USA, Berkeley, California) - A young man’s song (recordings 1968-1969 circa). Assieme a Country Joe e Notes from the Underground uno dei gruppo più politicizzati dell’area universitaria, i Frumious, già con il primo EP omonimo (l’unico pubblicato), si rivelano per una delle formazioni più caratterizzanti del nuovo suono acido californiano. Chesire, What is Bandersnatch?, Can-a-bliss reggono il paragone con alcune composizioni dei fratelli maggiori. Da rivalutare. Bob Winkelman, voce, chitarra; David Danny, voce, chitarra; Jimmy Warner, voce, chitarra; Ross Vallory, voce, basso; Jack King, batteria.

giovedì 9 agosto 2012

Nurse with Wound list vol. 7 (Banten/Franco Battiato/Han Bennink/SteveBeresford/Berrocal-Coster-Ferlet/Philippe Besombes)

NWW vol. 7. Philippe Besombes

31. Banten (Olanda) - Banten (1972). Gruppo apparentemente oscuro (non li cita neanche discogs.com), ma, in realtà, formato da eccellenti musicisti jazz ancora in attività, a cominciare da Reijseger, autore delle colonne sonore dei film di Werner Herzog, The wild blue yonder e The white diamond (L’ignoto spazio profondo e Il diamante bianco). Da riascoltare i pezzi più tirati, in special modo l’iniziale Music for Nita e Bert e Dig Dick. Henny Vonk, voce; Rob Van Der Broeck, piano; Ernst Reijseger, violoncello; Jurre Haanstra, batteria; Arnold Dooyeweerd, contrabbasso. 

32. Franco Battiato (Italia) - Pollution (1972). Che dire? Uno dei pilastri dell’avanguardia italiana, mistura personalissima di musica alta, space rock, esistenzialismo, tastiere germaniche, moniti distopici (accenni al Mondo nuovo di Aldous Huxley), scioglilingua misterici. A quarant’anni di distanza non ha perso il proprio fascino.

33. Han Bennink (Olanda) - Solo (1972). Dalle note di copertina : “Using drums, dhung, rkangling, khène, oe-oe, "soft" trumpet, a fiddle-like instrument, prepared trombone, tape recording of Brazilian jungle, mokugyo, rolmo, silnyen, kazoo …”. Batterista e multistrumentista, già con Dexter Gordon, Sonny Rollins e Wes Montgomery e il connazionale Ernst Reijseger dei Banten, in Solo egli si affida in toto all’improvvisazione solitaria più estrema. Da ascoltare, con cautela.

34. Steve Beresford (Gran Bretagna) - The bath of surprise (1980). Ancora un multi strumentista improvvisatore, già sodale proprio di Han Bennink, nonché di Flying Lizards e di His Majesty John Zorn. Il lavoro è frantumato in veloci sberleffi sonori, ma è davvero efficace nelle tracce più articolate (A cup of tea and a bun e, soprattutto, Spring clips) dove si evita il compiacimento della destrutturazione.

35. Jacques ‘Jac’ Berrocal-Dominique Coster-Roger Ferlet (Francia) - Musiq musik (1973). Il trio organizza, con l’aiuto di Jef Gilson, quattro pezzi tra avanguardia e world music. Il disco sfiora il capolavoro nel pezzo finale (Cryptea) quando l’enorme e inusuale varietà strumentale viene utilizzata non per stupire, ma per costruire atmosfere enigmatiche. Jacques Berrocal, trumpet, bells, percussion, trombone, horns [pakistani, Tibetan conch shell], shenai, vocals, harmonium; Roger Ferlet, cornet, vocals, percussion, horns [Tibetan conch shell, horn of Ramadan], bells, strings; Dominique Coster, trombone, bells, whistle, cymbal, vocals, horns [double horn]. 

36. Philippe Besombes (Francia) - Celi est cela (1979). Già con Hydravion (il primo lavoro riscosse un inattesso successo in madrepatria), Besombes vira, a fine anni Settanta, verso l’elettronica. Qui vengono raccolte tracce risalenti al periodo 1972-1979, alcune delle quali concepite per compagnie di balletto parigine. Come ingegnere del suono assistette Nono e Stockhausen al Festival d’Arte Contemporanea di La Rochelle. Manca la prima traccia, Princess Lolita, un’imposizione della casa discografica che esigeva un pezzo commerciale. Poco male.